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    Confessare che Gesù è il Cristo



    Angelo Amato

    (NPG 1977-01-33)


    LE PROVOCAZIONI CONTEMPORANEE

    Diciamo subito che confessare Gesù come il Cristo, riconoscendo in lui il nostro salvatore assoluto e definitivo, più che conclusione di un umano ricercare, è gratuito dono del Padre (cfr. Mt 16,16-17). Aggiungiamo, però, che è anche la risultante di un nostro personale incontro con Gesù di Nazareth, nella concretezza della nostra storia personale. «Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)» (Gv 1,41), dice Andrea a Simone suo fratello, dopo una breve permanenza con Gesù. Per questo il nostro discorso - se intende essere contemporaneo e fondato - non può evitare due ordini di interrogativi: 1) è ancora possibile oggi un incontro personale e salvifico col Cristo? Ha senso, cioè, oggi confessare il Cristo? 2) E se è possibile, come definirne il contenuto autentico e, soprattutto, come mediarlo al nostro moderno areopago? Ci interroghiamo dunque sul significato e sul valore oggi della nostra confessione cristologica. Ciò che legittima la prima domanda è la provocazione proveniente dalle varie sfide, che il mondo contemporaneo lancia al Cristo e alla sua pretesa di salvezza definitiva e che noi riduciamo sinteticamente a due: l'emancipazione, per cui l'uomo crede di potersi salvare da solo, con la sole forze della ragione, della natura, della storia, della moralità, dell'istinto, e gli umanesimi tecnologici e sociali, che affidano la salvezza totale dell'umanità unicamente alle forze del progresso tecnologico e della rivoluzione strutturale della società. Non intendiamo fermarci su ciò: diciamo solo che questi nuovi orizzonti non hanno portato all'uomo la felicità e la salvezza definitiva, rivelandosi così inadeguati. Schiacciando, inoltre, l'uomo nella sola dimensione terrena, hanno tra l'altro acuito in lui la «nostalgia del totalmente altro». Riceve pertanto pienezza di senso la proposta cristiana della salvezza in Gesù Cristo. Come renderla però valida oggi? Come poter incontrare di uovo Gesù e la sua azione salvifica nei nostri confronti? $ a questa domanda, sul valore e sul contenuto della nostra confessione cristologica che cercheremo di rispondere con delle suggestioni appena accennate.

    L'IMPEGNO DI GESÙ PER LA CAUSA DELL'UOMO E DI DIO: L'ANNUNCIO DEL REGNO

    La totalità dei più recenti e significativi progetti cristologici sia protestanti che cattolici - Pannenberg, Moltmann, Rahner, Kiing, Schillebeeckx, Duquoc - sottolinea in modo inequivocabile la dimensione umana del Cristo, il suo essere uomo con gli uomini e per gli uomini. Con ciò non si fa che evidenziare - dopo un non breve periodo di «disattenzione» al riguardo - un tratto determinante della sua reale parabola terrena. A noi sembra essenziale, per un autentico incontro con lui oggi, ripercorrere brevemente questa dimensione così ben fissata nei vangeli.
    Per il periodo della vita di Gesù, di cui siamo «storicamente» ragguagliati, egli si presenta, infatti, soprattutto come un predicatore di larghissima udienza, che si sposta continuamente al di dentro e anche al di fuori della Palestina in un incessante andare incontro alla gente. E questi incontri tra Gesù e il popolo costituiscono, da una parte, un'occasione per determinare il significato della sua straordinaria personalità (l'in sé) e, dall'altra, si rivelano anche come situazioni concrete di avvicinamento reale del regno di Dio all'uomo nei modi più diversi (il per noi). Sorgono, così, e vengono fedelmente tramandati i vari titoli o qualifiche con cui il popolo e gli stessi discepoli chiamano di volta in volta Gesù, cercando di definirne l'opera e la persona: maestro-rabbi, per l'eccezionale competenza che mostrava nel suo insegnamento; profeta, più grande di Giona e Salomone, per l'inaudita autorità con cui annunziava la venuta del regno di Dio; taumaturgo, o meglio guaritore-esorcista, per la straordinaria potenza delle sue «opere», segni efficacissimi della vicinanza reale e dell'irrompere del regno di Dio su questa terra e del contemporaneo regredire delle potenze antidivine (peccato, malattia, morte); re, per la liberazione totale, anche dai nemici esterni, che egli faceva presagire imminente. In questi incontri con il popolo diventano sempre più chiari alcuni tratti dell'atteggiamento di Gesù, che gli saranno esclusivi, che si riveleranno rivoluzionari, e che, soprattutto, porranno il problema della sua vera identità. Si veda, ad es., il riferimento di profonda discontinuità nei confronti della legge, del tempio, del peccato, di Dio, della sequela. Un tratto, però, che qualifica in modo perentorio l'atteggiamento del Gesù storico è quello della sua relazione assolutamente misericordiosa verso i peccatori. È talmente autentica questa sua caratteristica, che gli evangelisti non hanno potuto fare a meno - per mantenersi nell'oggettività storica - di riportare anche qualche titolo poco lusinghiero per Gesù, chiamandolo, ad es., «mangione e beone, amico di pubblicani e peccatori» (Mt 11,19; Lc 7,34). Al contrario di Giovanni il Battista, asceta solitario e ruvido, fustigatore implacabile del peccato e dei peccatori, Gesù mostra invece un tratto di inarrivabile amabilità soprattutto nei confronti dei cosidetti «peccatori» e dei «poveri» (che, poi, diventano «poveri peccatori», con un giudizio frequente ancora oggi, che confonde bassezza sociale con mancanza morale). Sembra anzi che goda nello stare «in cattiva compagnia». E lo afferma esplicitamente lui stesso: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mc 2,17). Gesù, dunque, e il regno che egli annunzia, è vicino ai pubblicani, alle prostitute, ai samaritani, ai lebbrosi (espulsi per legge dalla società), alle vedove, ai bambini, agli ignoranti (i «piccoli» del vangelo), agli stranieri, ai pagani, agli ammalati, agli indemoniati; in una parola agli indigenti e agli emarginati. Si può, senza timore di falsarlo, ritoccare così il suo annuncio centrale: «Convertitevi e credete al vangelo, il regno di Dio è vicino [ ai peccatori e agli emarginati]». Prova convincente della vicinanza e della predilezione di Gesù per i peccatori è la sua partecipazione al pranzo, alla mensa, che, in linguaggio biblico, implica non solo una certa intimità, ma anche la riabilitazione ufficiale di un «prigioniero» e la formazione di una «comunità» davanti a Dio. Se si pensa che gli esseni di Qumran e, in genere, le varie sette del tempo di Gesù, ritenevano la partecipazione alla mensa come permessa solo ai «puri», si può capire la portata scandalosa e provocatoria di una simile condotta. Tale atteggiamento di Gesù non è solo comprensione psicologica, ma offerta di salvezza e di partecipazione al regno: è, cioè, una gioiosa convivenza di ritorno a Dio.

    In Gesù l'anno di grazia

    Ed è qui, in questo suo originale «essere per» i peccatori, che si apre uno spiraglio anche sull'autentico essere in sé di Gesù. Il regno da lui annunciato si presenta, infatti, come offerta di salvezza all'uomo peccatore (dimensione soteriologica), da parte di Dio (dimensione teologica) nella persona stessa di Gesù (dimensione cristologica). i Gesù allora l'autentica «autobasileia» di Dio (Origene). È nella sua persona, nella sua opera, nel suo atteggiamento, nella sua condotta che il regno di Dio irrompe sulla terra e fra gli uomini, privilegiando i peccatori e gli emarginati.
    Dice bene Luca, quando afferma che con Gesù ha avuto inizio «l'anno di grazia del Signore» (Lc 4,19); con la sua venuta, infatti, si avverò l'antica utopia - mai realizzata prima né dal popolo di Dio né da nessun altro popolo - della signoria assoluta di Dio sul mondo, della fratellanza e della libertà universale. Tale disponibilità incondizionata di Gesù nei confronti dell'uomo in peccato, viene perfezionata ulteriormente dalla «nuova legge» dell'apertura perdonante anche ai nemici (Mt 5,43ss). Per Gesù non ci sono discriminazioni: tutti gli uomini sono i destinatari della salvezza di Dio da lui annunciata ed operata.

    Tutto per Dio e tutto per l'uomo

    Non è difficile, a questo punto, partendo da quest'ultima suggestione, impostare una riattualizzazione contemporanea del significato dell'incontro con Gesù di Nazareth. Egli diventa, infatti, l'orizzonte ineludibile di un autentico interesse totale e universale all'uomo e alla sua salvezza, senza limitazione di settori (non liberazione solo temporale e nemmeno salvezza solo soprannaturale) e senza discriminazioni manichee (non liberazione solo per i buoni, ma per tutti gli uomini, anche per i «peccatori» e i «nemici»). Incontrare il Cristo oggi significa allora disponibilità totale all'uomo, alla sua libertà e alla sua uguaglianza, sul saldo fondamento di fede della bontà provvidente di Dio e in continua tensione al superamento del dinamismo delle differenze sempre crescenti tra gli uomini. Del resto, che le varie situazioni di incontro col Cristo, non siano rievocazioni sterili di una nebulosa anche se paradigmatica presenza del passato, ma si consumino invece nella concretezza dell'umanità bisognosa, lo enuncia chiaramente il vangelo. A chi domanda: «Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?», viene risposto: «In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me» (Mt 25,44-45).
    L'incontro con Gesù di Nazareth è un incontro con colui che, attingendo alle profondità inesplorate della sua unione con Dio, ha amato con cuore d'uomo. Annunciando il regno e battendosi per la «causa di Dio», egli faceva sua in modo incondizionato anche «la causa dell'uomo». Per cui la proclamazione oggi del regno di Dio (l'evangelizzazione) va di pari passo con l'affermazione della causa dell'uomo (promozione umana). Dove la causa di Dio soffre persecuzioni, anche la causa dell'uomo patisce ingiuria. Non c'è, infatti, contraddizione tra regno di Dio e regno dell'uomo, ma, di fatto, intima e insopprimibile relazione.

    GESÙ CRISTO IL «DETERMINANTE» ASSOLUTO

    Le precedenti affermazioni sull'enorme significato di Gesù per la causa dell'uomo, potrebbero, con buona approssimazione, essere sottoscritte oggi anche da parecchi non cristiani. Non parliamo qui della rivalutazione di Gesù da parte delle grandi religioni mondiali, né dell'interpretazione parziale e insufficiente che di lui danno ancora i radicali nostrani (M. Craveri, R. Augstein). Accenniamo qui solo alla comprensione del Gesù storico, così come si è venuta delineando ultimamente in campo marxista. ormai superato l'aforisma marxiano della religione come oppio del popolo e come alienazione, come è tramontata, almeno in sede scientifica, la corrente mitologica, che riteneva il Cristo come un'invenzione e una frode conscia della primitiva comunità cristiana (R.Y. Vipper). Nell'ambito, invece, della più vasta corrente storica, affermatasi soprattutto col Robertson, si sono moltiplicate recentemente le riletture marxiste di piena simpatia del fenomeno Gesù di Nazareth. Sorvolando sui motivi di tale atteggiamento di fondo e tralasciando il dettaglio delle varie e stimolanti interpretazioni dei vari Bloch, Gardavsky, Kolakowski, Garaudy, Machovec, diciamo solo che la nuova ottica neo-marxista considera il Gesù storico non più fautore di rapporti disumani e ingiusti, bensì supporto originale di autentici valori umani, spesso disattesi dallo stesso marxismo (ad es., il valore personale dell'individuo). Gesù diventa così un paradigma di esemplare tensione rivoluzionaria in autotrascendimento continuo verso l'ideale umano assoluto. Egli diventa il «liberatore» dell'uomo. Il contraccolpo di questa lettura revisionista del Cristo si è fatto sentire anche in campo cristiano; si veda, ad es., l'interpretazione che dà del vangelo di Marco l'ex prete cattolico portoghese Fernando Belo e il tentativo di una lettura politica di Luca da parte del valdese italiano Giorgio Girardet.

    La salvezza «nuova» dell'evento-Gesù

    Questo rilancio marxista del Cristo ha questo in comune con tutti i tentativi di significatività esclusivamente «umana» del Cristo: la considerazione, anzi la «riduzione» di Gesù alla sola sfera intramondana, senza alcuna prospettiva - nemmeno in linea di ipotesi - di apertura al Dio trascendente. Ed è qui che ci poniamo l'interrogativo di fondo, che giustamente H. Küng mette come filo conduttore del suo Essere Cristiani. Se, infatti salvezza «cristiana» significa solo salvezza «umana», perché chiamarsi ancora cristiani? Non è sufficiente essere semplicemente e profondamente «umanisti» o tutt'al più «religiosi»? Perché insomma, considerare il Cristo il salvatore assoluto? Non è, invece, uno dei tanti mediatori umani di salvezza al pari di Confucio, Lao-tse, Maometto, Mao-tse-tung? In che cosa consiste, insomma, la pretesa assoluta avanzata dal Cristo? Rispondiamo dicendo, che, se Gesù cifra dell'esistenza umana non può essere considerato il salvatore assoluto, nemmeno può diventarlo il solo Gesù storico - come gli apologeti ad oltranza spesso fanno -, data l'intrinseca e incancellabile ambiguità di ogni avvenimento storico, anche il più decisivo. Il «determinante» (Küng) assoluto del cristianesimo è la fede nel Cristo morto- risorto. E a proposito della risurrezione del Cristo precisiamo subito, che noi ci poniamo, non nella linea di una «fede» dei discepoli che dopo la morte di Gesù avrebbero fatto «rivivere» il Cristo nel ricordo concreto delle loro esperienze salvifiche, ma nella linea di un evento «reale» capitato al Cristo e poi testimoniato dai discepoli, dopo «incontri» col Risorto. È dunque l'evento morte-risurrezione di Gesù, con il suo inequivocabile e trascendente salto di qualità, che inaugura il nuovo corso della storia umana, non più destinata ad ospitare ineluttabilmente la morte, il dolore, l'assurdo, il male, ma, per la creativa libertà e bontà di Dio, aperta in modo definitivo alla totalità della vita. In Cristo morto-risorto l'impossibile diventa possibile, il morto è ora il vivente. In Cristo morto-risorto, la totalità dei beni messianici - pace, libertà, uguaglianza, fraternità, felicità, amore di tutti gli uomini in Dio - sono definitivamente acquisiti alla storia della salvezza umana e cosmica. In lui i tempi nuovi sono veramente cominciati. Egli allora è il salvatore assoluto, l'autentico «Emanuele, il Dio con noi» (Mt 1,23). In lui, morto e risorto, ogni persona umana vede ripercorsa in paradigma assoluto la traiettoria umana di salvezza totale. Conseguentemente è nella realtà della risurrezione, che acquistano significato e valore e soprattutto contenuto definitivo i moderni titoli del Cristo: «cosmico» (Teilhard de Char- din), «grande fratello» (Buber), 1'«uomo per gli altri» (Bonhoeffer), «compagno» (Girardet), «volto umano di Dio» (Robinson), «liberatore» (Boff), «il vivente» (Schillebeeckx), «colui che interpella la mia esistenza» (Bultmann). Se ci allontaniamo da questo quadro di riferimento assoluto il nostro messaggio - anche il più aggiornato e impegnato - rischia di diventare insignificante e di fatto non può dire nulla che il mondo non possa apprendere altrove (Dodd).

    RICONOSCERE IL CRISTO, IL VIVENTE, NELLE MEDIAZIONI STORICHE

    Ma dove incontrare oggi il Cristo morto-risorto? Come professare la nostra fede in lui salvatore assoluto? Nonostante la sfiducia manifestata un giorno da Loisy - «Gesù ha annunciato la venuta del regno di Dio ed è venuta la Chiesa!» - e le mai sopite critiche e polemiche, è la Chiesa il luogo privilegiato e concretamente storico di incontro salvifico dell'uomo con Dio in Gesù Cristo per opera dello Spirito. Lo slogan, pertanto, «Cristo sì, Chiesa no» è infondato, dal momento che è Gesù stesso a costituire «l'intimo midollo della Chiesa» (Moltmann). Così pure va vistosamente ridimensionata la polemica contro la cosiddetta «chiesa istituzionalizzata», che farebbe da schermo all'autentico Cristo: da quanto sappiamo, infatti, dagli studi su istituzione e istituzionalizzazione, si deduce, che una certa struttura è necessaria proprio per proteggere il contenuto essenziale di un movimento o di una rivoluzione. Ed è nella Chiesa che si è perpetuato nel tempo e nello spazio l'annuncio del regno di Dio e del Cristo Risorto, con la sua opera evangelizzatrice, cultuale-sacramentale, di promozione umana e di civiltà Animata da Cristo e dal suo Spirito la Chiesa si è resa universalmente cosciente e responsabile di tutti i bisogni profondi dell'uomo, proclamando l'uguaglianza e la libertà universale, la fratellanza di tutti gli uomini e proponendo nel Cristo la piena significatività della vita, della morte, della felicità, della giustizia, della pace, del bene. $ dunque la Chiesa la prima e più vistosa mediazione storico-salvifica (= sacramento) del Cristo morto-risorto. Ma ci sono altre mediazioni: il fratello, il povero, l'indigente, l'emarginato, i nemici, gli avvenimenti (cfr. Mt 25,44-45), che costituiscono tante «tende» della presenza di Dio nel mondo e nella storia e contemporaneamente tante occasioni di incontro con lui. Professare oggi il Cristo salvatore, infatti, non è mera ideologia o mito, ma incontro nella fede col Cristo vivente nella mediazione storica della sua comunità ecclesiale, di ogni uomo bisognoso e di ogni evento della storia umana, di fatto non più disancorabile dalla logica della redenzione. La fede diventa allora lettura stimolante e mai paga del Cristo nella storia. Di qui la concretezza e la creatività più ampia dei nostri incontri con Lui.
    È conosciuto il gesto suggestivo dei monaci del monte Athos, che applicano l'orecchio al pavimento della Chiesa per ascoltare i battiti del cuore del Cristo, e per affermarne così la signoria cosmica. Estrapolando l'immagine, possiamo con sufficiente approssimazione riferirla all'atteggiamento fondamentale della comunità ecclesiale contemporanea, la cui fede nel Cristo l'abilita a percepirne la continua presenza salvifica in tutti gli uomini e in tutti gli eventi della storia: non ci sono persone o fatti tagliati fuori dal suo abbraccio salvifico. Cristo si fa ancora oggi incontro all'uomo nella sua comunità ecclesiale e nella storia.

    SCHEDE BIBLIOGRAFICHE

    Presentiamo ora alcuni libri di cristologia - discorso storico-dogmatico e sistematico - e alcune vite di Gesù - presentazione essenzialmente «storico-biografica» -, tra le più stimolanti e utili del vastissimo panorama cristologico contemporaneo. Sono tutte recentissime e disponibili in traduzione italiana. Citiamo anche una cristologia del Nuovo Testamento. Non abbiamo tralasciato qualche opportuno rilievo critico.

    Walter Kasper
    GESÙ IL CRISTO
    Brescia, Queriniana, 1975 - pp. 332
    L'Autore è professore di dogmatica presso la facoltà di teologia cattolica dell'Università di Tubingen ed è uno dei teologi più profondi della nuova generazione tedesca. Senz'altro è il più equilibrato. Il volume è frutto di un decennale insegnamento e ripensamento della persona di Cristo e si presenta come un'opera non di ripetizione o di ragguaglio, ma di riflessione sistematica essenziale e nuova. Cogliendo, infatti, le linee portanti della tradizione biblica ed ecclesiale, 1'A. le sa opportunamente confrontare con la complessa realtà dell'odierna cultura filosofico-teologica, per un annuncio altamente attualizzato del Cristo. Come le altre cristologie che presenteremo in seguito, anche questa si inserisce nella linea di una riflessione «storica», piuttosto che aprioristicamente dogmatica, di Gesù Cristo. Il volume ha tre parti. La prima, La questione di Gesù Cristo oggi (pp. 11-71), è di impostazione metodologica: vi si parla degli odierni indirizzi cristo- logici e dei compiti di una cristologia moderna; si risolve il problema della continuità tra il Gesù della storia e il Cristo della fede e si risponde alle varie sfide che la cultura contemporanea pone alla cristologia. La seconda parte, Storia e destino di Gesù Cristo (pp. 73-188), offre una lettura «teologica» della storia di Gesù Cristo, sottolineando l'assoluta storicità di alcuni eventi fondamentali e l'originalità ineguagliabile del comportamento di Gesù, che mostra sempre un «di più» che sfugge a ogni etichetta categoriale. La terza parte, Il mistero di Gesù Cristo (pp. 189-322), presenta una riflessione sistematica sui tre grandi temi, che sono i fondamenti della cristologia: figlio di Dio, figlio dell'uomo, mediatore tra Dio e l'uomo.
    Riteniamo la cristologia del Kasper la migliore tra quelle più recenti, per l'armonia che c'è tra riflessione biblica, tradizionale e sistematica, per il linguaggio assolutamente contemporaneo e per la voluta continuità tra la tradizione ecclesiale e la problematica contemporanea Solo due appunti: 1) il volume risente qua e là degli stimoli culturali tedeschi; per cui il lettore può sentirsi a volte estraneo in alcuni settori di riflessione; 2) nella trattazione «storica» dei miracoli, l'A. si mostra piuttosto riduzionista.

    Leonardo Boff
    GESÙ CRISTO LIBERATORE
    Assisi, Cittadella, 1973 - pp. 263
    È un libro che ha ottenuto un notevole successo ed è tradotto ormai nelle principali lingue europee. Il titolo denuncia chiaramente l'ambito delle riflessioni dell'A.: quello della teologia della liberazione latinoamericana (Gutierrez, Assmann, Galilea), che cerca di dare attuazione pratica alla densità anche politica, insita nel messaggio cristiano. La cristologia, pertanto, non viene avulsa dalle condizioni socioculturali dell'ambiente latinoamericano: è proprio in tale contesto che vengono letti i testi scritturistici e magisteriali. La cristologia della liberazione, quindi, viene ad assumere alcune caratteristiche, che Boff compendia in cinque punti: 1) primato dell'elemento antropologico su quello ecciesiologico; 2) primato dell'elemento utopistico su quello fattuale; 3) primato dell'elemento critico su quello dogmatico; 4) primato del sociale sul personale; 5) primato dell'ortoprassi sull'ortodossia. Ciò premesso, il teologo brasiliano presenta in tredici capitoli il suo Cristo liberatore, cercando di unificare sotto questa categoria così significativa tutto il suo evento salvifico.
    Questa del Boff è una cristologia nuova e ortodossa. La liberazione portata da Cristo è totale; riguarda l'uomo, la società, il cosmo. Le singole problematiche vengono affrontate con equilibrio, con sintetica profondità e con linguaggio moderno. Ci permettiamo un rilievo: l'A., di formazione teologica europea, tradisce ancora mentalità, problematiche e categorie, che, a nostro parere, sono troppo lontane dal contesto che egli cerca di privilegiare. Suggeriamo un'altra sintesi cristo- logica, fatta in chiave di liberazione dal francese Christian Duquoc: Gesù uomo libero. Abbozzo di cristologia (Brescia, Queriniana, 1974), pp. 172.

    Hans Küng
    ESSERE CRISTIANI
    Milano, Mondadori, 1976 - pp. 796

    Edward Schillebeeckx
    GESÙ, LA STORIA DI UN VIVENTE
    Brescia, Queriniana, 1976 - pp. 774
    Sono le più recenti, le più ampie e le più discusse cristologie apparse in campo internazionale. Le presentiamo insieme, non perché siano associate dallo stesso schema di fondo, ma perché entrambe propongono alcune «provocazioni», che, a nostro giudizio, sarebbero da precisare profondamente in sede di sistematizzazione teologica.
    Il libro di Hans Küng intende essere per tutti, «per cristiani e atei, gnostici e agnostici, pietisti e positivisti, cattolici tiepidi e ferventi, protestanti e ortodossi» (p. 7), e consta di quattro sezioni. Nella prima - l'orizzonte - l'A. pone il problema dell'identità cristiana, soprattutto nei confronti degli umanesimi atei e delle grandi religioni universali. È in questa riuscitissima parte, che Küng con un linguaggio abbastanza convincente fonda l'esistenza di Dio, sostegno e fine di tutta la realtà. Nella seconda - la distinzione - e terza sezione - il programma - Küng parla del Cristo come norma del Cristianesimo, gettando ampia luce sulla sua esistenza storica e sulla sua risurrezione. Nell'ultima sezione, infine, egli espone la prassi dei cristiani. Nessuno intende negare al Küng chiarezza di esposizione e modernità di linguaggio, apertura ai moderni umanesimi e alle religioni non cristiane, come anche critica rispettosa alla loro radicale insufficienza e incompiutezza. Si deve, però, anche affermare, che questa summa teologica, così ben inserita nel nostro mondo, presenta anche dei limiti vistosissimi, che, per brevità di discorso, elenchiamo semplicemente (trascurando le frequenti e stantie punte di sarcasmo antiromano così care al Küng e così poco convincenti oggi, in una Roma cristiana lontanissima da quella della dolce vita di Via Veneto): Gesù, dunque, secondo Küng, non avrebbe mai pensato a fondare una chiesa, non avrebbe operato miracoli di risurrezione e di moltiplicazione di pani, non avrebbe inteso il senso salvifico della propria morte. Il teologo svizzero, inoltre, sminuisce la portata testimoniale del sepolcro vuoto, nega la nascita verginale di Gesù e la sua figliolanza divina. A dir poco ambigua è, infine, la sua trattazione della risurrezione. Non possiamo approfondire qui i motivi di queste affermazioni (esegesi radicale e precomprensione fondamenalmente riduzionistica del Cristo); esprimiamo solo il nostro dissenso da questo consuntivo teologico e da questo annuncio del Cristo nettamente riduttivo del suo essere e della sua opera.
    Lo stesso giudizio, in grande approssimazione, dovrebbe essere espresso sull'opera dello Schillebeeckx, anch'essa suddivisa in quattro sezioni: 1) questioni di metodo, ermeneutica e criteri; 2) evangelo di Gesù Cristo; 3) interpretazione cristiana del crocifisso risorto; 4) chi diciamo noi che egli sia? È una cristologia per addetti ai lavori, che nulla concede a un accostamento acritico. Diciamo subito che le riflessioni cristologiche del teologo belga-olandese ci sembrano fortemente orizzontalistiche e riduttive di alcuni fatti qualificanti dell'evento Cristo: nascita, miracoli, risurrezione, figliolanza divina. Le aspre critiche ricevute da queste due opere, dimostrano i loro innegabili limiti, ma anche l'utilità delle loro provocazioni, per un approfondimento adeguato e contemporaneo delle problematiche in questione.

    Etienne Trocmé
    GESÙ DI NAZARET VISTO DAI TESTIMONI DELLA SUA VITA
    Brescia, Paideia, 1975 - pp. 177
    Presentiamo ora due «vite di Gesù» recentemente tradotte anche in italiano, utili per un annuncio più qualificato del Cristo.
    La prospettiva del Trocmé, docente di Nuovo Testamento presso la facoltà teologica protestante di Strasburgo, è quella di una severa interrogazione critica dei testimoni della vita di Gesù. Egli ottiene così, a seconda delle «tradizioni» usate, una galleria di ritratti di Gesù: il Gesù dei «detti del Signore», il Gesù degli «apoftegmi», il Gesù dei racconti biografici, il Gesù delle parabole, il Gesù dei racconti dei miracoli, il Gesù uomo pubblico. Viene giustamente scartata l'ipotesi di assolutizzare una di queste immagini parziali; né viene accettata quella - a nostro parere, veramente unificante - della coscienza messianica di Gesù. L'A. preferisce lasciare storicamente aperta la questione della vera identità del Cristo, che sfuggirebbe ad ogni appropriazione definitoria, data la sua universalità.
    Riconosciamo al Trocmé una vasta conoscenza dei pro- blemi storici ed esegetici orbitanti intorno alla vita di Gesù e il superamento dello scetticismo storico bultmanniano. Non possiamo evitare, però, i seguenti rilievi critici: 1) aprioristica non utilizzazione di alcuni qualificanti documenti evangelici (es.: i racconti delle apparizioni di Mt, Lc e Gv; i discorsi di Gv...) ; 2) immagine finale del Cristo un po' dispersiva: più è ricca la serie dei quadri offertici, più sembra povero il ritratto conclusivo, indecifrabile nel suo contenuto essenziale. Secondo noi è lo scotto che l'A. paga a una considerazione troppo storicistica dell'evento Cristo, non approfondito proprio nella sua caratteristica più qualificante: la sua coscienza messianica e la sua risurrezione.

    Charles Harold Dodd
    IL FONDATORE DEL CRISTIANESIMO
    Torino-Leumann, Elle Di Ci, 1975 - pp. 182
    Quest'opera invece è tutta da leggere e da far leggere. Ne è autore il gallese C.H. Dodd (1884-1973), uno dei nomi più prestigiosi dell'esegesi neotestamentaria britannica, il quale ci consegna in questo saggio un'immagine difficilmente dimenticabile del fondatore del Cristianesimo. Il titolo indica che ci si rivolge a una udienza universale: a credenti e a non credenti. Per questo ci si attiene a una metodologia puntigliosamente storica e non teologica: storia, però, non pregiudizialmente chiusa in se stessa, come sede opaca di accadimenti mondani, ma aperta alla loro intelligenza ultima e, al limite, anche all'irruzione in essa del trascendente. Il suo approccio al Cristo intende essere non azione archeologica o paleontologica rivolta a un organismo morto, ma ricerca contemporanea e viva, dal momento che si rivisita l'origine del fenomeno clamoroso della Chiesa, la cui dipendenza dal fondatore è un dato costante del suo essere e la cui appartenenza alla struttura stessa della società mondiale, nessuno può mettere ragionevolmente in discussione. Dodd passa poi a riferire con sobrietà le componenti più significative della personalità di Gesù: la sua bontà misericordiosa, la sua autorità riconosciuta, la dottrina del regno di Dio, la sua relazione al Padre, la costituzione del nuovo popolo fondato sulla nuova alleanza. Gesù così assume la portata decisiva del messia definitivo, nella cui scelta o ripudio, si consuma l'accettazione o meno della salvezza voluta da Dio.

    Heinrich Zimmermann
    GESÙ CRISTO. STORIA E ANNUNCIO
    Torino, Marietti, 1976 - pp. 224
    Concludiamo con una cristologia del Nuovo Testamento, elaborata da un autore cattolico, il quale punta non ad una ricostruzione storica di Gesù, bensì all'annuncio del Cristo della fede, glorificato e presente nella Chiesa. Compito dell'opera è, infatti, quello di «offrire al lettore la possibilità di conseguire quella conoscenza del Nuovo Testamento che gli permetta di rendersi conto come esso annunci Gesù Cristo nei suoi diversi generi letterari e nelle forme e formule in essi presenti» (p. 7). In pratica, partendo da alcuni brani qualificanti del Nuovo Testamento, l'A. presenta il Cristo morto-risorto per i nostri peccati, costituito espiazione per la giustizia di Dio, fondamento dell'esistenza apostolica e cristiana e della sequela, esempio di misericordia e Logos fatto carne.


    T e r z a
    p a g i n A


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