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    Una responsabilità

    educativa diffusa

    Paola Bignardi

    L'ambiente di vita, con le sue abitudini, i suoi valori diffusi, il suo stile e la società nel suo insieme hanno un'influenza rilevante sulla crescita della nuove generazioni, così come l'hanno sul modo di pensare e di vivere degli adulti, soprattutto quando essi non siano sufficientemente vigilanti e attenti. Il consumismo diffuso, la velocità delle informazioni e il loro carattere sempre più provvisorio e passeggero, oltre ai mass media, influiscono sul modo di pensare, di farsi un'opinione, di valutare, di immaginare la propria esistenza; sul concepire desideri, sul formarsi dell'idea di persona più o meno realizzata.
    I giudizi che corrono sull'onda di tv, internet e giornali contribuiscono al formarsi di una mentalità in modo talvolta piìi efficace e penetrante di quanto non faccia l'educazione esplicita, soprattutto dove non vi sia un'attenzione da parte della famiglia che aiuti i più giovani a conservare il senso di una propria personale e originale modalità di interpretare le cose.
    La concezione del corpo, della vita di coppia, della sessualità, della famiglia, del lavoro hanno subito in maniera molto evidente l'influsso dei media, contribuendo al diffondersi della prospettiva di una libertà sessuale sganciata da ogni regola, di una vita di coppia ancorata solo alla passione, di una famiglia "mobile" in cui non sono più le diverse generazioni a incontrarsi, ma le varie fasi della vita degli adulti, con le differenti relazioni che le hanno caratterizzate: tutto questo si trasmette ai più giovani con la forza dell'esperienza e della narrazione di una storia, spesso liberata nella rappresentazione televisiva dai caratteri faticosi dell'esistenza e presentata come l'immagine del piacere, della felicità, della realizzazione di sé.
    Dalla banalità di certe rappresentazioni della vita i più giovani ricavano un'idea "leggera" dell'esistenza, superficiale, senza consistenza: un'immagine che può conquistare, fino al giorno in cui si affaccia alla coscienza qualche domanda seria, e il disorientamento diviene completo. Il valore di sé sembra legato agli oggetti che si posseggono, non importa se solo una piccola percentuale di famiglie si potrà permettere un certo viaggio, una certa macchina, una certa casa.

    I media e la loro azione sui giovani

    I media influiscono sulla vita di tutti i giorni: «I media interferiscono nel processo educativo, possono assecondarlo e sostenerlo come renderlo più arduo e rischioso» [1]; ci prestano atteggiamenti, stili, espressioni verbali ed è evidente che influenzano la crescita intellettuale, sociale ed etica dei ragazzi.
    La tv ha contribuito a diffondere conoscenze e informazioni, a dare uniformità linguistica e culturale al nostro Paese, quando la scuola non era un'opportunità per tutti. Ha persino insegnato a leggere e a scrivere attraverso Non è mai troppo tardi, trasmissione-simbolo della tv pedagogica. Oggi la funzione della tv è molto cambiata. Il potere della televisione è costituito principalmente dal fatto di «raggiungere con enorme facilità, in casa, praticamente l'intera popolazione di un Paese» [2] e di proporre personaggi circondati da un alone di straordinarietà e di mito che finiscono col diventare quasi compagni di vita ed esempi da imitare.
    La tv, da strumento che serviva anche ad allargare gli orizzonti di bambini e ragazzi, si è trasformata in babysitter, disponibile a intrattenere tanti bambini e ragazzi abbandonati in solitudine davanti allo schermo. In questa condizione, la televisione genera dipendenza, plasma la mente e la coscienza dei ragazzi, comunica loro un modo di vedere la vita. È questo è tanto più vero se si considera il numero di ore che in media un ragazzo passa davanti al piccolo schermo: da due a quattro ogni giorno. E così, fatto qualche calcolo, risulta che un giovane arriva ai vent'anni avendo alle spalle 20mila ore circa di televisione.
    Occorre poi ricordare che ciò che si vede in tv – o in internet – tende ad essere imitato: basti pensare all'effetto di emulazione di alcune vicende di bullismo raccontate con ricchezza di particolari dai media: hanno generato un effetto di amplificazione e l'idea di rifare la stessa cosa nella mente di ragazzi che forse erano rosi dal tarlo della noia e del vuoto interiore.
    Non si tratta di demonizzare i media, di vecchia o nuova generazione; essi sono strumenti e come tali hanno aspetti positivi e negativi. Si tratta di insegnare ai ragazzi ad apprezzare i primi e a difendersi dagli altri.
    Ci si difende dagli effetti manipolatori, soprattutto della tv, se ci si abitua a fare di essa un uso intelligente, regolamentato nel tempo; se i ragazzi guardano i programmi televisivi non in solitudine, ma insieme ad adulti con cui parlare di ciò che vedono, attutendo così l'impatto emotivo di certe scene.
    E poi occorre che ai ragazzi vengano offerte alternative, che rendano non totalizzante l'uso della tv, attraverso altre esperienze, diverse e ugualmente interessanti: un gioco, un incontro con gli amici, la frequenza di un'attività sportiva, o associativa, o di tempo libero: esperienze in cui la socialità abbia un posto importante e l'immagine virtuale venga sostituita da relazioni vere, con persone reali.

    Educazione, responsabilità di tutti

    Nella sua Lettera sul compito urgente dell'educazione,
    papa Benedetto richiama in particolare a riflettere su come la società nel suo insieme influisca sulle scelte e sui comportamenti dei più piccoli: «Le idee, gli stili di vita, le leggi, gli orientamenti complessivi della società in cui viviamo, e l'immagine che essa dà di se stessa attraverso i mezzi di comunicazione, esercitano un grande influsso sulla formazione delle nuove generazioni, per il bene ma spesso anche per il male». Occorre che la società diventi più favorevole all'educazione: talvolta, soprattutto davanti a fatti che lasciano sconcertati e che hanno per protagonisti i ragazzi, la società si fa giudice severo; allora viene il dubbio, parafrasando una frase del Vangelo, che essa voglia mietere dove non ha seminato.
    Per una società, mostrare interesse per i più giovani significa avere a cuore il proprio futuro e credere in esso.
    Penso che tutti coloro che hanno un ruolo pubblico siano d'accordo su questa affermazione: avere interesse per i più giovani. Ma occorre passare dalle affermazioni, che costano poco, alla prova dei fatti e delle scelte concrete, soprattutto da parte di chi ha il potere di influire sulle grandi scelte economiche, politiche, amministrative.
    Occorre promuovere una cultura ispirata al rispetto dei piccoli, al di là delle regole del mercato che talvolta in maniera cinica sfrutta i piccoli, considerandoli solo dei consumatori. Occorre anche mostrare attenzione
    ai più deboli, che sono le persone più sprovvedute, quelle che hanno meno cultura e meno strumenti critici, per difendersi da un'invadenza che potrebbe indurli a comportamenti inaccettabili. Una società civile è una società che sa dare una regolamentazione effettiva ai propri strumenti di opinione, perché non influiscano negativamente sulla crescita dei più piccoli.
    E poi la società ha il dovere di investire decisamente sulla scuola, luogo da cui passano oggi tutti i ragazzi fino a sedici anni. È un periodo lungo, che copre il più significativo arco evolutivo dei ragazzi, che a scuola e con gli insegnanti talvolta passano più ore che con i loro genitori: tanto tempo per costruire interessi, suscitare curiosità, valutare situazioni, allacciare relazioni, rendere pensosi davanti alla vita, dare la fierezza e il gusto di essere se stessi. La società deve mostrare di credere con convinzione nella scuola, promuovendo attorno ad essa l'attenzione che merita, sostenendone l'azione educativa, e non solo quella che riguarda gli apprendimenti culturali.
    E poi serve che la società sia attenta nel promuovere iniziative – e non solo di carattere sportivo o musicale – per i giovani; che condanni tutte le forme di comunicazione che veicolano stili di comportamento che non vorremmo veder riprodotti dai nostri ragazzi; che sappia riconoscere tutti i soggetti che operano a favore dell'educazione dei più giovani e ne sostenga l'azione in modo concreto ed efficace.


    NOTE

    [1] COMITATO PER IL PROGETTO CULTURALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, La sfida educativa, cit., p. 149.
    [2] Ibidem.


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