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    L'educazione religiosa
    oggi
    [1]

    Verso un chiarimento concettuale e terminologico

    Emilio Alberich


    I
    l problema dell'educazione religiosa, oggi, appare quanto mai complesso e problematico. E non solo per la difficoltà di trovare metodi e contenuti adeguati, ma anche per l'estrema varietà di pratiche, luoghi e soggetti ad essa connessi. Non ultimo scoglio è anche l'uso di una terminologia molto eterogenea, cambiante, non sempre chiara [2], soprattutto se si ha davanti la panoramica internazionale delle diverse lingue e culture

    Disagio e imprecisione

    Tutto l'ambito dell'educazione religiosa (ER) appare oggi attraversato da interrogativi e tentativi di soluzione, da dichiarazioni di crisi e prospettive di futuro. Il tema è certamente ricco e complesso, e presenta diversi aspetti problematici, non ultimo quello relativo alla terminologia adoperata.
    * Alla base c'è anzitutto una grande varietà di azioni o pratiche educative che si rapportano in qualche modo all'ambito del religioso: insegnamento della religione, educazione cristiana, catechesi, educazione familiare, iniziazione sacramentale, dialogo interreligioso, ecc. E non sempre c'è chiarezza nell'individuare l'identità di queste diverse attività e le loro reciproche distinzioni.
    * Queste diverse azioni o pratiche sono soggette poi a tutto un processo di revisione e di sviluppo della propria identità e compiti, nel contesto delle grandi trasformazioni culturali e religiose del nostro tempo. Riesce perciò difficile fissarne il concetto e il significato.
    * Per di più, queste attività ricevono spesso denominazioni svariate, sia all'interno di una stessa nazione, sia soprattutto nelle diverse aree culturali. Si pensi, per esempio, alle tipiche differenze e affinità esistenti in Italia (educazione religiosa, IR, catechesi, ecc.), nell'area francofona (enseignement religieux, catéchèse, formation religieuse, ecc.), nell'area di lingua tedesca (Religionsunterricht, Gemeindekatechese, Religiöse Bildung und Erziehung, ecc.), nel mondo anglosassone (Religious Education, Religious Instruction, ecc.) e nell'area di lingua spagnola (catequesis, enseñanza religiosa, ecc.).
    * Anche a livello di riflessione scientifica e di statuto epistemologico è grande l'eterogeneità esistente, perché sono in gioco tante discipline interessate o competenti in merito: pedagogia religiosa, catechetica, didattica, teologia pratica, pastorale giovanile, psicologia e sociologia della religione, scienze della religione, ecc.
    Tutto questo genera un certo disagio, in quanto non sembrano chiari i contorni, gli ambiti e le responsabilità relative al campo dell'ER. Ciò sta ad indicare la difficoltà e complessità del tema, ma anche la convenienza di uno sforzo di precisazione, soprattutto di fronte alle nuove sfide che l'ER si trova oggi a dover affrontare. [3]
    Il chiarimento auspicato si rivela anche utile per le sue evidenti ricadute pratiche, sia nell'esercizio della prassi educativa, sia nell'ambito della formazione di operatori e responsabili, sia anche a livello epistemologico e disciplinare.
    In queste pagine vorrei offrire alcune indicazioni che riguardano esclusivamente il livello della prassi educativa, senza entrare nel merito dei problemi epistemologici riguardanti le discipline coinvolte nel tema. Questo se mai potrà essere l'oggetto di uno studio ulteriore.

    Alle radici del problema

    Forse si può evocare schematicamente un certo sviluppo storico che aiuta a capire alcune radici del problema che stiamo trattando.
    Tradizionalmente e per molto tempo tutto l'ambito dell'ER è stato concepito come appannaggio delle chiese o istituzioni confessionali, soprattutto in quei paesi dove il contesto sociale e religioso era di relativa unanimità di appartenenza e di adesione alla fede cristiana. Concretamente, in Europa sono state le grandi confessioni cristiane (cattolici, ortodossi, protestanti, ecc.) e altre confessioni minoritarie presenti (ebrei, musulmani) a «gestire» le diverse realizzazioni di ER, attraverso i soggetti e luoghi tradizionali di socializzazione religiosa: la famiglia, la scuola, la comunità, le associazioni, ecc. [4]
    In questo senso l'ER - mi riferisco ora all'ambito cattolico - si è potuta concentrare di fatto in attività come la catechesi parrocchiale, l'insegnamento religioso nella scuola (IR), l'educazione cristiana in famiglia, l'apporto di associazioni o movimenti, ecc. Addirittura, come vedremo, si sente ancora oggi parlare di ER con significato molto restrittivo, identificata di fatto con la catechesi o con l'IR scolastico.
    Questo indirizzo di fondo non è stato intaccato sostanzialmente -lungo l'età moderna- dal contributo dato a volte dall'autorità civile che, a seconda delle situazioni storiche e giuridiche, hanno fornito forme diverse di appoggio e di collaborazione. Si va dalla forma più impegnata di assunzione di responsabilità diretta da parte dello Stato, soprattutto nei casi di esistenza di una «religione di stato» o di garanzia costituzionale, a forme varie di intesa tra Chiesa e Stato (accordi, concordati, intese, divisione di compiti). Anche in queste situazioni, come nel caso dell'IR scolastico, la gestione dell'ER è stata in gran parte affidata al controllo delle confessioni religiose.
    Man mano che avanzava il vasto processo di secolarizzazione e l'affermazione dell'autonomia delle attività e istituzioni civili, si può dire che tutto il sistema dell'ER confessionalmente gestito è diventato problematico, oggetto di tensioni e di contrasti, fino alle forme estreme, come nel caso tipico della Francia, di rottura tra Chiesa e Stato. Poi sono state le profonde trasformazioni culturali e religiose del nostro tempo a mettere in crisi le diverse forme di ER. Ecco alcuni aspetti significativi della nuova realtà:
    * La situazione di complessità, di cambiamento accelerato e di pluralismo incide fortemente, come sappiamo, sui processi di socializzazione e di trasmissione dei valori, e quindi su tutto il sistema educativo, anche nella sua dimensione religiosa. Si aggiunga inoltre il crescente processo di privatizzazione che, con la sua distinzione tra civile-pubblico e personale-privato, di fatto condanna alla «invisibilità sociale» molti aspetti dell'esperienza religiosa.
    * Le vistose trasformazioni del vissuto religioso presentano aspetti positivi e negativi: diminuzione della pratica religiosa, ritorno del sacro, nuovi movimenti religiosi, soggettivizzazione della religiosità, forme ambigue di esperienza religiosa e di «religiosità invisibile», ecc. (Cesareo 1995). Sono fatti e manifestazioni che hanno una evidente incidenza in campo educativo, e obbligano a un ripensamento profondo delle forme diverse di ER.
    * Si può parlare così di crisi generalizzata del sistema di ER. Di crisi si parla a proposito delle forme tradizionali di ER e con espressioni diverse: crisi dell'educazione familiare, dell'iniziazione cristiana, della trasmissione della fede, del. IR scolastico, dell'associazionismo giovanile, ecc. (Gevaert 1990, 21-33; Feifel-Kasper 1987).
    In definitiva, si può dire che la crisi generalizzata dei processi di ER viene percepita e sentita sia all'interno delle comunità religiose che sul versante educativo e culturale della società:
    - Dal punto di vista delle chiese e istituzioni confessionali, si constata una chiara perdita di rilevanza e di efficacia dei processi tradizionali di ER, in parrocchia, nella famiglia, nella scuola, di fronte all'influsso dei media, ecc. E, se si avverte oggi un ritorno o tenuta dell'interesse religioso, ciò avviene generalmente al di fuori delle appartenenze istituzionali o, in ogni caso, con forte dosi di gestione soggettività e personale (Nanni 1993).
    - Dal punto di vista degli interessi della società civile, la crisi educativa e religiosa del nostro tempo viene anche percepita con preoccupanti risvolti problematici, di fronte per esempio a fatti come: l'ignoranza del patrimonio culturale nazionale, il rigurgito di atteggiamenti intolleranti e nazionalistici, il moltiplicarsi di forme pericolose di immaturità religiosa (dogmatismi, fondamentalismi, fanatismi).

    Per un chiarimento della posta in gioco

    Un primo passo verso la comprensione e soluzione di problemi tanto complessi può essere lo sforzo di arrivare a un certo chiarimento concettuale e terminologico nel mondo delle diverse realtà implicate. E converrà non perdere di vista la doppia prospettiva o punto di vista: quello intraecclesiale delle confessioni religiose e quello profano della società civile.

    Il punto di vista delle confessioni religiose

    È la posizione con cui ci si muove, per esempio, in ambito ecclesiale cattolico, specialmente da parte di quanti si riconoscono nell'istituzione ecclesiale.
    In questa prospettiva, i problemi connessi con l'ER sono visti all'interno della missione della Chiesa e nel quadro della sua attività propriamente pastorale. Tale missione è concepita prevalentemente in termini di evangelizzazione e di servizio alla causa del Regno di Dio, come mediazione di salvezza e di liberazione integrale dell'uomo. In concreto, l'ER si configura ordinariamente come educazione cristiana e viene concepita soprattutto in termini di catechesi parrocchiale, iniziazione sacramentale, insegnamento confessionale della religione, attività pastorali varie (pastorale giovanile, pastorale scolastica, ecc.), educazione religiosa in famiglia, formazione religiosa nelle associazioni e nelle comunità, ecc.
    Sul piano della riflessione scientifica o delle scienze normative, si fa riferimento soprattutto alle diverse discipline teologiche (dogmatica, teologia pastorale o pratica, catechetica, pedagogia religiosa) e all'apporto complementare delle scienze umane (pedagogia, psicologia, antropologia, sociologia, didattica, ecc.).
    Questo insieme intra-ecclesiale di attività e di discipline si presenta poi abbastanza uniforme, ma anche diversificato, nelle varie aree culturali, come più avanti avremo occasione di vedere.

    Il punto di vista della società civile

    Bisogna dire che nell'area profana, anche in quella specificamente pedagogica, il tema dell'ER viene molto spesso sottovalutato o anche semplicemente ignorato, sia perché considerato irrilevante, oppure semplicemente perché, secondo la mentalità tradizionale, si pensa che vada lasciato alla responsabilità delle confessioni religiose.
    Là invece dove il problema viene percepito e preso in considerazione esso appare situato logicamente nell'ambito dell'educazione e nei termini delle sue diverse modulazioni tematiche: educazione, formazione, promozione, socializzazione, insegnamento, istruzione, politica culturale, ecc.
    Più propriamente, l'educazione religiosa (ER) appare come specificazione appunto «religiosa» dei diversi compiti educativi (educazione religiosa, insegnamento religioso, cultura religiosa, ecc.) o in riferimento a interessi educativi connaturalmente collegati con la tematica religiosa: educazione ai valori, educazione alla pace, educazione alla convivenza democratica, dialogo inter-culturale e inter-religioso, ecc.
    A livello di riflessione disciplinare, si fa riferimento alle diverse scienze dell'educazione, della formazione e alle scienze positive della religione (storia, fenomenologia, filosofia, psicologia, sociologia, ecc. della religione).
    Anche a proposito di questi ambiti operativi e scientifici sarebbe possibile distinguere contenuti e sfumature in attenzione ai diversi contesti culturali, ma in questo caso si può forse constatare un uso sostanzialmente uniforme della terminologia, in quanto più legata all'ambito scientifico riconosciuto internazionalmente.

    Un primo tentativo di distinzione e di chiarimento

    Se vogliamo ora tentare un chiarimento terminologico per ricondurre in qualche modo a unità la ricca varietà di pratiche e di denominazioni, forse possiamo operare una concentrazione su tre grandi famiglie semantiche, polarizzate attorno a tre categorie di base: catechesi, insegnamento e educazione.

    Catechesi

    Appartengono a questa famiglia i termini tradizionali che si riconducono al greco «katechein», far risuonare, e che costituiscono un insieme terminologico classico nella tradizione cristiana, soprattutto nelle forme note di «catechesi», «catechismo» e «catecumenato»:
    - Il termine catechesi, insieme agli aggettivi «catechistico» e «catechetico» [5], rimane l'espressione più tradizionale per indicare la funzione ecclesiale di insegnamento e trasmissione della fede cristiana. Una volta, specialmente nell'evo moderno, non era così. Per secoli, infatti, la catechesi e il catechismo, concepiti come opera prevalente di istruzione e di insegnamento, hanno ricevuto le denominazioni ben note di: insegnamento religioso, dottrina cristiana, istruzione religiosa, ecc. Solo recentemente, soprattutto dopo gli anni 50, è stato rivalutato il termine «catechesi», specialmente nei paesi latini, con un significativo ampliamento di significato. Esso viene oggi abitualmente utilizzato nelle aree di lingua italiana, francese, spagnola, portoghese, neerlandese, mentre appare anche rivalutato e adoperato nei paesi di lingua tedesca e inglese che per tradizione preferiscono altre denominazioni («Religionsunterricht», «Religious Education») (Nastainczyk 1983; Westerhoff 1987; Rummery 1974; Groome 1992/93). La «catechesi» è stata oggetto negli ultimi decenni di un serio processo di revisione e riqualificazione (Adler-Vogeleisen 1981; Alberich 1992; Meddi 1994), ma come termine conserva la sua validità e significatività, soprattutto all'interno del mondo cattolico.
    - Catechismo, non per indicare il «libro» catechismo, ma nel senso di forma organizzata di insegnamento religioso, specialmente per i fanciulli (come nelle espressioni: «fare il catechismo», «andare al catechismo») è un termine che appartiene quasi esclusivamente alla storia, legato a forme di istruzione religiosa non più attuali.
    - Il termine catecumenato proviene dall'antica istituzione ecclesiale (sec.II-V) per l'iniziazione alla fede e alla vita cristiana in vista del battesimo e dell'inserimento nella Chiesa. Dopo secoli di abbandono, oggi si parla di nuovo di catecumenato e di catecumenale, sia in senso proprio, a proposito di forme nuove di itinerari di preparazione al battesimo, sia per indicare attività catechetiche di re-iniziazione o in prospettiva evangelizzatrice. [6]
    In conclusione, ci troviamo qui di fronte a tutta una seri- di denominazioni che conservano il loro valore nella tradizione cristiana, ma vengono usate e comprese prevalentemente in ambito intra-ecclesiale. Oggi poi si insiste molto, praticamente in tutte le aree culturali, sulla distinzione tra catechesi della comunità cristiana .e insegnamento scolastico della religione (IR), in attenzione specialmente ai soggetti implicati e agli obiettivi perseguiti. La catechesi, per sua natura, ha luogo all'interno della comunità di fede, coinvolge persone che si riconoscono in una scelta credente e punta verso la maturazione dell'atteggiamento di fede. L'IR invece si svolge nella scuola, riguarda studenti che dal punto di vista religioso hanno atteggiamenti molto differenziati e ha soprattutto il compito di permettere una conoscenza e un confronto, serio col fatto religioso. [7] Anche all'interno della scuola cattolica si afferma con chiarezza la distinzione tra catechesi e IR (Congregazione per l'Educazione Cattolica 1988, n.68; Garda Regidor 1994, 57; Rossiter 1982) ed è ogni volta meno usata l'espressione, una volta più frequente, di «catechesi scolastica». [8]
    Un rilievo importante riguarda la collocazione di tutto l'ambito dell'attività catechistica all'interno del più vasto processo di evangelizzazione, vista oggi in una concezione ampia come annuncio e testimonianza del Vangelo attraverso tutto ciò che la comunità cristiana proclama, fa ed è (Alberich 1992, 40). La catechesi appare così come un momento o fase dell'attività evangelizzatrice (Catechesi tradendae, n. 18).

    Insegnamento

    Il termine insegnamento, insieme con altri ad esso affini (come istruzione, cultura, dottrina) ha avuto sempre una grande recezione nel campo dell'ER, sia perché identificato col compito di socializzazione religiosa, sia perché comunque considerato sempre un aspetto irrinunciabile di ogni sforzo educativo. Troviamo in questo ambito espressioni ben note, anche a livello internazionale, come: insegnamento religioso, istruzione religiosa, insegnamento della religione, cultura religiosa, ecc.
    Questi termini, una volta utilizzati ampiamente per indicare l'insegnamento catechistico o «catechismo», sono oggi applicati preferentemente all'insegnamento della religione nella scuola, come disciplina scolastica, soprattutto nei paesi dove tale insegnamento è radicato nella tradizione: IR (insegnamento della religione), RU (Religionsunterricht), ERE (enseñanza religiosa escolar), ER (ensino religioso). E questo a prescindere dai concreti connotati e contenuti che tale insegnamento riceve, dal momento che dappertutto c'è stato e c'è ancora un processo aperto ,di risignificazione. Ci sono alcune note eccezioni, come l'uso in Francia di «enseignement religieux», tradizionalmente applicato alla catechesi ecclesiale; o la accezione ampia di «Religious Instruction» di J.M.Lee che, anche se riferita preferentemente all'ambito scolastico, comprende tutti i processi di insegnamento-apprendimento della «vita cristiana» («Christian Living»: Lee 1971, 11; 1985).
    Parlando in termini generali, al di là degli usi consacrati dalla tradizione, bisognerà ricordare che, nell'ambito dell'ER, l'insegnamento dovrà rimanere sempre un momento fondamentale di ogni processo di crescita e di maturazione religiosa, dovunque venga svolto. D'altra parte, non si dovrà dimenticare che l'aspetto «insegnamento» non esaurisce il compito dell'ER. Oggi è molto cresciuta la consapevolezza che l'educazione è molto più che istruzione, e questo vale anche per tutto l'ambito e il compito dell'educazione religiosa.

    Educazione

    Ma è soprattutto il termine educazione quello che appare più aperto, ma anche più appropriato a esprimere nella sua più ricca identità e nella varietà dei suoi aspetti tutto l'insieme di pratiche e di interventi educativi che fanno riferimento alla dimensione religiosa dell'esistenza. A questo termine bisogna associare, pur con le debite distinzioni e precisazioni, altri ad esso collegati e sovente adoperati, specialmente: «formazione» (formazione cristiana, formazione religiosa, formazione teologica), «socializzazione» (socializzazione religiosa), «iniziazione» (iniziazione cristiana, iniziazione sacramentale) e «animazione».
    Ci troviamo in realtà di fronte a una serie di termini (educazione cristiana, educazione religiosa, formazione religiosa, ecc.) che solo un esame particolareggiato dei diversi contesti culturali e istituzionali permette di cogliere nella loro precisa identità.
    Vanno tenute distinte, in primo luogo, alcune denominazioni tradizionali confessionalmente qualificate, come sono: educazione cristiana, formazione cristiana, educazione della fede.
    * Educazione cristiana: è un termine tradizionale, molto presente sia in campo cattolico (anche nella forma: «educazione cattolica») [9] che protestante. Il termine «Christian Education» è dí largo uso nel mondo anglosassone, specialmente protestante, con particolare riferimento all'insegnamento della religione nella scuola, [10] anche se non esente da ambiguità e aspetti problematici (Orteza y Miranda 1985/86; Moran 1995, 126). Nella tradizione cattolica, l'espressione «educazione cristiana» indica sovente l'insieme delle attività educative promosse dalle chiese, [11] ma soprattutto il compito educativo della comunità cristiana in ordine alla maturazione umano-cristiana dei credenti. L'educazione cristiana vuol essere anzitutto un'opera di educazione autenticamente e integralmente umana, ma in un orizzonte di fede, all'interno di una crescita verso la perfezione cristiana che include nel suo dinamismo la catechesi, l'iniziazione liturgico-sacramentale, la formazione morale, l'iniziazione all'apostolato ecclesiale e l'educazione all'impegno nella società («Gravissimum Educationis» 2; Groppo 1991, 423-425). Va distinta dall'ER, da una parte in quanto dichiaratamente confessionale, sia in riferimento ai suoi agenti e destinatari (le chiese e i loro membri) che ai suoi contenuti educativi (maturazione umano-cristiana), ma anche perché il suo orizzonte operativo globale, non limitandosi di per sé alla dimensione religiosa, va al di là del compito proprio dell'ER.
    * Formazione cristiana: è un'espressione usata a volte con lo stesso significato di educazione cristiana. In ambito francese, «formation chrétienne» sta ad indicare a volte, sia l'azione catechistica fatta soprattutto con gli adulti, sia la formazione di agenti e responsabili in campo pastorale (cfr.Centro Nazionale 1988).
    * Educazione della fede: è un'espressione usata spesso in riferimento alla catechesi (Alberich 1986; Meddi 1994). A volte viene preferita a «catechesi», specialmente se riferita al mondo degli adulti, come nel Québec (Office de Catéchèse du Québec 1988; Routhier 1996), oppure viene distinta dalla catechesi per indicare un processo educativo più ampio in ordine alla maturazione cristiana. [12]
    Tornando alle denominazioni educazione religiosa e formazione religiosa (éducation religieuse, religiöse Erziehung, Religious Education, educación religiosa, formation religieuse, religióse Bildung, formación religiosa), esse appaiono legate, sia alla concezione che in ogni caso particolare si abbia dell'azione e del compito educativo, sia anche al significato dato ai termini «religione» e «religioso»
    - A volte queste espressioni indicano concretamente l'insegnamento della religione nella scuola (IR), specialmente la «Religious Education» dei paesi anglosassoni. [13]
    - Non mancano situazioni in cui educazione religiosa o formazione religiosa ricoprono chiaramente momenti dell'approfondimento della fede che chiamiamo catechesi [14] oppure sono sinonimi di educazione cristiana, nel senso indicato sopra (cfr.Böhm 1992).
    - Se «religione» e «religioso» si riferiscono concretamente alle denominazioni o confessioni religiose (cattolici, luterani, ebrei, musulmani, ecc.), l'educazione (o formazione) religiosa sta ad indicare normalmente il processo di socializzazione religiosa propria di ogni Chiesa o comunità nei confronti dei propri membri, oppure un approccio più ampio al fatto religioso nelle sue concretizzazioni storiche (Gallagher 1986, 12; García Regidor 1994).
    - A volte si mette al centro dell'attenzione, parlando di «religione» e di «religioso», la dimensione più profonda e trascendente dell'esistenza umana, la «religiosità» o l'«esperienza religiosa» nella sua radicalità, in riferimento ai problemi di fondo dell'esistenza, come sono il senso della vita, la consistenza dei valori, l'origine e il futuro assoluto del mondo, l'apertura al totalmente Altro, ecc. In questo caso l'ER si configura come processo di apertura e sviluppo di tale esperienza e dimensione religiosa, come abilitazione ad assumere seriamente e responsabilmente la problematica religiosa dell'esistenza (Nichols 1978, 16-19; Purnell 1985, 73; Simon 1986). L'ER può essere allora definita come «scoperta, presa di coscienza e risposta vitale alla domanda di senso» (Stachel 1973, 26).
    Anche se «educazione» e «formazione» (Bildung) non hanno lo stesso significato, si può dire che, in rapporto alla problematica religiosa, «educazione religiosa» e «formazione religiosa» molto spesso vengono usati come sinonimi. In Germania si parla ordinariamente, senza introdurre distinzioni, di «formazione e educazione religiosa» («religiöse Bildung und Erziehung»). [15]
    A questo punto può sorgere la domanda: ma, non è possibile unificare i criteri e arrivare a una terminologia uniforme?
    Sembra proprio di no. Nonostante gli sforzi, ogni paese o area culturale rimane condizionata e legata alle proprie tradizioni e usi linguistici. Inoltre, anche all'interno dei diversi contesti sono sempre frequenti le discussioni e divergenze sul significato da attribuire ai diversi termini, e spesso bisogna rinunciare ad ogni tentativo di intesa definitiva. [16]
    Certo, non sarà mai superfluo uno sforzo di chiarezza e di precisione, nel rispetto delle diverse tradizioni culturali e dell'identità di ogni attività educativa, in modo da evitare generalizzazioni indebite, confusioni, giudizi avventati. Vanno individuate convergenze e diversità, in funzione di un proficuo dialogo interculturale nell'ambito dell'ER. È in questo senso che propongo ancora alcune precisazioni e rilievi.

    Nuovi orizzonti per l'«educazione religiosa»

    Nonostante le diverse modulazioni già in parte ritrovate, l'espressione «educazione religiosa» (ER) appare come la più idonea e comprensiva per indicare l'insieme dei processi educativi che riguardano la dimensione e i fenomeni religiosi. Va in questa direzione la riflessione presente in diversi ambiti culturali.
    Un po' dappertutto si parla oramai di ER in termini ogni volta più ampi, quasi come di una categoria globale capace di comprendere al suo interno una grande varietà di pratiche e di modulazioni concrete. È in questa linea che si configura l'oggetto di studio della pedagogia religiosa. Così per esempio si esprime il Marthaler (1986, 542) a proposito della «Religious Education» (RE): «Negli Stati Uniti (USA) non vi è consenso sulla definizione di RE. Come termine generico RE include una varietà di attività pedagogiche associate in un modo o nell'altro con la religione, per es. istruzione formale e informale, studio della Bibbia, educazione morale, socializzazione, educazione teologica, e anche religione nell'educazione pubblica». [17]
    Anche in Francia troviamo una definizione quanto mai aperta di «éducation religieuse»: «Educazione religiosa: insieme delle operazioni pedagogiche che hanno come obiettivo la formazione dei fanciulli e dei giovani nell'ambito religioso, queste operazioni comprendono tanto il discorso, come l'insegnamento propriamente detto delle cose della religione (si parla allora di «insegnamento religioso» o di «istruzione religiosa»), quanto le pratiche che puntano alla formazione della personalità spirituale (e si usano le espressioni «pedagogia religiosa», «educazione» o «formazione spirituale»). L'ambito dell'educazione religiosa si articola così tra due poli: quello del sapere e quello delle pratiche di formazione» (Audinet 1994, 865-866).
    Per ciò che concerne la Germania, le riflessioni sull'oggetto della Religionspädagogik e sull'ambito della Religiöse Bildung und Erziehung (formazione e educazione religiosa) dischiudono un orizzonte quanto mai vasto e ricco. L'ER ha a che fare con tutte quelle realtà «che pongono la questione - che trascende l'io - del senso della vita e del futuro dell'uomo e del mondo e reclamano un compito inevitabile all'educazione» (Wegenast 1973, 109). perciò un compito che investe tutte le età della vita, non solo l'infanzia e la gioventù (B6cker-Heimbrock-Kerkhoff 1987).
    Secondo R.Englert (1986, 428-9), l'oggetto della Religionspädagogikè tutto l'ambito di attività dove c'è educazione e formazione religiosa. E qui vengono comprese, non solo le quattro attività tradizionali contemplate nella formazione universitaria tedesca (IR, catechesi ecclesiale, pastorale giovanile e formazione teologica degli adulti), ma anche altri ambiti educativi emergenti, quali l'educazione religiosa elementare e le forme non istituzionalizzate di ER. La Religionspädagogik si configura come avente per oggetto tutto l'insieme dei processi di apprendimento e di formazione religiosa (die Gesamtheit «religiöser Lern- und Bildungsprozesse», ibid.429; Feifel 1995, 7).
    U.Hemel, nella sua vasta indagine sulla pedagogia religiosa in Germania (1990, 38-39), propone di considerare come oggetto della Religionspädagogik la formula integrativa: «mediazione (o comunicazione) religiosa» (Religiöse Vermittlung), che include ín sé l'ambito dell'educazione e formazione religiosa, le diverse forme di insegnamento e apprendimento religioso e l'agire pedagogico e didattico delle chiese. È chiaro che questa mediazione o comunicazione religiosa va al di là della trasmissione catechetica della fede, che è possibile soltanto all'interno di una opzione personale di fede (ibid.43).
    Lo stesso Hemel (1988), trattando il tema degli obiettivi dell'ER, li riassume nella formula «competenza (o capacità) religiosa» (religliöse Kompetenz), vale a dire: «la capacità complessa, che può essere imparata, di gestire responsabilmente la propria religiosità nelle sue diverse dimensioni e nei suoi cambiamenti lungo la vita» (Hemel 1988, 674). È una competenza globale che include le diverse dimensioni della religiosità:
    - La sensibilità religiosa (religiöse Sensibilität): è l'apertura e attenzione al fatto religioso.
    - La condotta espressiva religiosa (religiöses Ausdrucksverhalten): comprende le tipiche espressioni della condotta religiosa: preghiera, celebrazione, pratica sacramentale, apostolato, ecc.
    - I contenuti religiosi (religiöse Inhaltlichkeit): è l'aspetto del sapere religioso, dei contenuti biblici, dottrinali, storici, ecc.
    - La comunicazione religiosa (religiöse Kommunikation): fa riferimento all'aspetto e alla capacità relazionale dell'esperienza religiosa: relazione e dialogo con Dio, con i credenti, con gli altri (linguaggio, espressione, manifestazione e comunicazione del religioso).
    - Il progetto di vita religiosamente ispirato (religiös motivierte Lebensgestaltung): è l'aspetto vitale, promozionale e esistenziale della religiosità, che punta a garantire una vita riuscita e piena di senso. [18]
    Rilievi simili si possono fare anche nell'area di lingua italiana o spagnola (cfr.Nanni 1995; Orlando 1992). Secondo C.Nanni, l'ER ha davanti a sé un panorama molto aperto di obiettivi educativi: «l'educazione religiosa viene ad avere come compito fondamentale la promozione di personalità mature e libere, aperte almeno alla possibilità di una qualche fede religiosa. Come compiti particolari di essa, vengono indicati ad es. l'educazione della capacità a percepire ciò che è oltre il solito, l'ovvio, l'immediato e che si pone piuttosto come all'orizzonte; l'educazione al linguaggio simbolico, metaforico, parabolico, mitico; l'educazione all'ascolto, al silenzio, al raccoglimento; l'educazione alla partecipazione auto-implicativa a feste e a celebrazioni comunitarie; l'educazione alla dedizione e al coinvolgimento in attività di servizio e di impegno di promozione umana» (Nanni 1992, 9932).
    In conclusione, si delinea così un significato molto ampio di ER, come espressione indicativa di un ambito educativo che comprende al suo interno attività molto svariate e riferite a soggetti e luoghi diversi, come sono:
    - la prassi catechistica delle comunità e chiese, legata a contenuti confessionali e in una prospettiva di approfondimento della fede;
    - i processi di iniziazione e socializzazione cristiana di fanciulli, giovani e adulti;
    - l'IR scolastico, considerato oggi quasi dappertutto come approccio educativo e culturale al fatto relgioso, e quindi diverso dalla catechesi;
    - l'educazione religiosa in famiglia, nelle svariate connotazioni di testimonianza, esperienza, insegnamento, esortazione, ecc.
    - l'attività formativa di associazioni e movimenti, soprattutto a livello giovanile;
    - diverse forme di azione pastorale (pastorale giovanile, pastorale scolastica, pastorale familiare, ecc.) a contenuto e intenzionalità educativi in riferimento alla dimensione religiosa;
    - l'apporto svariato dei media e di tutto il vasto mondo della comunicazione sociale a contenuto o valenza religiosa;
    - gli influssi e interventi della politica culturale sui processi e condotte religiosi.
    È importante sottolineare che nessuna di queste attività si identifica con l'ER o ne esaurisce l'ambito operativo. Ma colpisce oggi il fatto che, pur nella varietà di situazioni e contesti culturali, pare delinearsi con chiarezza una doppia tendenza o istanza, legata ai due termini dell'espressione ER: l'accentuazione della sensibilità pedagogica («educazione») e l'approfondimento e dilatazione del «religioso».

    Una più spiccata sensibilità pedagogica

    In tutti gli ambiti dell'ER si vuole prendere sul serio la dimensione propriamente educativa e promozionale delle attività intraprese, mettendo al centro la persona con le sue esigenze, prima degli interessi della società o delle istituzioni religiose. C'è dappertutto la preoccupazione di sottolineare l'apporto che l'ER può dare nel compito educativo e formativo globale, anche nell'orizzonte dei problemi sociali e politici più vivi (razzismo, giustizia, pace, ecologia, ecc.).
    Nelle stesse iniziative strettamente confessionali, come la catechesi e le attività pastorali delle chiese, se ne sottolinea la portata umanizzante e educativa, al servizio di personalità equilibrate e riuscite (Exeler 1990; Langer 1974 e 1980). La pastorale giovanile si vuol mettere «alla scuola dell'educazione» (Tonelli 1989, 295). Nella catechesi prende rilievo la sua essenziale dimensione impegnativa e promozionale (Alberich 1992, 172-175) e il suo necessario radicamento nella cultura (Gevaert 1993; Fossion 1990). E a proposito dell'IR scolastico emerge con forza l'esigenza di renderlo funzionale alla formazione integrale degli studenti (Schlüter 1995).
    Il primato della sensibilità pedagogica fa emergere nella ER tutta una serie di obiettivi e compiti: promuovere una conoscenza obiettiva e seria dei fenomeni religiosi, in modo da superare la diffusa ignoranza e superficialità che provoca tanti pregiudizi e intolleranze; educare al discernimento critico e all'assunzione di scelte libere e responsabili in campo religioso, evitando ogni forma di indottrinamento o di plagio spersonalizzante; educare soprattutto al dialogo e alla convivenza in un mondo religiosamente pluralista, contro ogni forma di fondamentalismo, di intolleranza o fanatismo.

    Approfondimento e dilatazione del religioso

    I fenomeni religiosi vanno visti oggi in una prospettiva molto più complessa e aperta che nel passato, nel contesto della modernità e della post-modernità. Si fanno sentire molto chiaramente le caratteristiche di una società fortemente pluralista e l'apporto differenziato di nuovi approcci scientifici agli svariati fenomeni e forme del fatto religioso.
    Per ciò che riguarda l'interesse dell'ER, sono da tener presenti queste aperture e nuovi orizzonti:
    * L'ER appare oggi caratterizzata dai tratti della processualità o gradualità, che coinvolge tutti gli stadi della vita (e non solo infanzia o adolescenza), della globalità, che impegna tutte la facoltà umane (e non solo l'intelligenza o l'emotività) e della pluralità operativa, che ricorre a una ricca gamma di mediazioni (e non si ferma solo alla comunicazione discorsiva o parenetica o sacramentale).
    * Non è più possibile chiudersi nei limiti della propria confessione o appartenenza religiosa: l'urgenza del problema ecumenico e la pluralità delle religioni impongono un modo nuovo di concepire i contenuti e gli obiettivi delle diverse forme di ER. Sono innumerevoli gli appelli, in tutto il mondo, alla apertura ecumenica e inter-religiosa nell'esercizio della catechesi, dell'insegnamento della religione, e di tante altre espressioni dell'impegno educativo. [19]
    * Oltre al pluralismo religioso propriamente detto, ci sono pure tante forme svariate e nuove di religiosità: nuove religioni, sette, forme varie di esoterismo, occultismo, sincretismo, generalmente vissute in forma molto soggettivizzata e frammentaria. È tutto un mondo in crescita che lancia tante sfide all'educazione e che chiede di essere preso in seria considerazione in una prospettiva di ER (cfr.Fizzotti 1995, 149-172).
    * La complessità del fatto religioso chiede poi oggi di mettere al centro dell'attenzione ciò che ne costituisce il nucleo vitale, vale a dire l'esperienza religiosa nel suo significato antropologico e culturale. Si può dire che oggi la ricerca religiosa si concentra preferentemente sull'esperienza, trasferendosi man mano dal dato confessionale al sorgere stesso dell'invocazione e del presagio religioso (Marcel 1976; Trenti 1993). Non ci potrà essere perciò un approccio veramente impegnativo e serio al fatto religioso se, al di là delle manifestazioni storiche e fenomenologiche della religione, non si va al cuore stesso dell'atteggiamento religioso, all'esperienza religiosa in quanto lettura in profondità del vissuto, incontro col problema del senso, apertura al trascendente, invocazione e presagio. [20].
    * L'ultimo secolo ha poi vissuto un fatto molto importante per il nostro assunto: lo straordinario sviluppo della ricerca religiosa come riflessione sistematica e scientifica sul fenomeno religioso. Là dove prima si trovavano soltanto le discipline teologiche e bibliche, oggi sono affiancate dall'insieme delle scienze della religione. È vero che esse sono nate, nel secolo scorso, in un clima culturale inficiato di positivismo e di animosità anticristiana, come attesta la creazione a Parigi, nel 1886, della sezione «Sciences religieuses» dell'École Pratique de Hautes Études, in sostituzione delle cinque facoltà teologiche soppresse (cfr.Cent ans 1987). Ma oggi le cose sono molto cambiate, e si deve riconoscere che le scienze della religione costituiscono oramai un approccio indispensabile al fatto religioso. Esse fanno vedere l'apporto importante della religione all'interpretazione dell'esperienza umana e permettono di scoprire nel fatto religioso una possibile fonte di significato.
    La pedagogia religiosa e tutto il campo dell'ER hanno molto da guadagnare dal ricorso serio e equilibrato alle scienze della religione. Esse possono aiutare a scoprire, come legittime «maestre del sospetto», tante forme inautentiche e immature del vissuto religioso, ma sono anche in grado di mostrare la «caduta del sospetto» e l'alto valore umanizzante dell'esperienza religiosa rettamente intesa (Trenti 1993).
    È vero che, nell'ambito delle scienze della religione, rimane sempre aperta la questione dell'identità e limiti del religioso. È conosciuta la ricerca psicologica di J.Fawler sull'evoluzione della fede, là dove «fede» prende un significato talmente vasto da poter essere applicato anche all'uomo non religioso (cfr.Alberich-Binz 1993, 82-86). Ma questo, se da una parte obbliga alle opportune distinzioni, dall'altra sta ad indicare l'essenziale radicamento della religione nel substrato della realtà umana e delle sue più profonde esigenze, e quindi la possibilità di sottolinearne la significatività per l'esistenza.

    Un invito alle chiese: maggior apertura

    A conclusione di questo nostro percorso possiamo ricavare alcune conseguenze impegnative. Se guardiamo il problema a partire dalle istituzioni religiose, vediamo configurarsi un compito di ER molto vasto ed esigente, necessariamente aperto alle sfide di una società complessa, pluriculturale e plurireligiosa (Feifel 1995, 119-134). Non potrà più esaurirsi nei processi tradizionali di iniziazione sacramentale dei fanciulli o nell'attività svolta a scuola. L'ER dovrà inoltre superare le chiusure confessionali, il monopolio delle scienze teologiche (come approccio esclusivo al fatto religioso) e la visione ecclesiocentrica della missione della Chiesa. L'impegno educativo per la crescita religiosa va visto oggi, più che nella prospettiva abituale di esercizio del ministero profetico o della parola, piuttosto come espressione di diaconia, vale a dire, di servizio all'uomo e alla sua promozione integrale (in termini teologici: al servizio della costruzione del Regno di Dio). E questo costituisce oggi uno dei segni più eloquenti ed efficaci del grande compito dell'evangelizzazione.
    Le chiese dovranno valutare meglio il fatto che, nella nostra società, il fatto religioso è diventato chiaramente un problema pedagogico e una sfida culturale. E in gioco la stessa credibilità della religione e delle istituzioni che in qualche modo la rappresentano.
    La pedagogia religiosa, specialmente nel suo versante catechetico e di didattica dell'IR, ha da tempo travalicato i limiti del riferimento teologico per aprirsi all'apporto indispensabile delle scienze umane. Ora si trova anche obbligata a un nuovo compito di inculturazione e di contestualizzazione che la impegna nel dialogo culturale e nel lavoro interdisciplinare col ricorso alle scienze della religione.
    Certo, questo non può significare perdita della propria identità né abbandono delle attività, confessionalmente qualificate, che si addicono alla propria missione religiosa (come la catechesi, i processi di iniziazione, la pastorale giovanile, ecc.). Ma già queste iniziative vanno ripensate nel nuovo contesto pedagogico e culturale, e non sono poche le esigenze di revisione oggi avanzate. Si parla infatti, e con insistenza, della necessità di promuovere un nuovo modello di cristiano, un nuovo tipo di comunità cristiana, un nuovo progetto di Chiesa (Alberich-Binz 1993, 105-117). E anche al di fuori dell'azione propriamente intra-ecclesiale, l'esercizio dell'ER chiede senz'altro alla comunità cristiana di mantenere sempre l'ispirazione evangelica che la qualifica, ma in uno sforzo notevole di «simpatia» culturale (Fossion 1990, 340-343) e di superamento delle chiusure confessionali, soprattutto quando l'azione dei credenti si svolge all'interno delle strutture civili, come nel caso della scuola, o dei media, o delle politiche culturali, ecc. In questi casi la prospettiva deve essere apertamente pedagogica, mettendo al centro, non l'istituzione, ma la promozione umana, e in chiave pluri-confessionale e pluri-religiosa.
    L'apertura verso nuovi orizzonti educativi si impone nel contesto della nostra società pluralista. Nello svolgimento dell' ER, nelle sue svariate forme, anche i cristiani si trovano a doversi occupare di soggetti che non si riconoscono -o non del tutto- nell'istituzione: soggetti religiosamente indifferenti, persone in ricerca, credenti dalla fede molto personale, persone appartenenti a nuove esperienze religiose, ad altre religioni, ecc.

    Un invito alla società: maggior rispetto e sensibilità verso l'educazione religiosa -

    Anche nella società civile si impone oggi un atteggiamento più sensibile e aperto verso il mondo dell'ER, dal momento che il fenomeno religioso conserva sempre una grande rilevanza culturale e pedagogica. Non si giustifica, né la marginalizzazione che sottovaluta o addirittura ignora l'esistenza del problema, né la tradizionale delega nelle istituzioni confessionali, che permette di scollarsi, quasi a scatola chiusa, ogni responsabilità. Troppi beni e troppi mali sono legati ai fenomeni religiosi, e questo obbliga ad una attenzione accurata da parte di tutti i responsabili del compito educativo.
    Certo, bisogna riconoscere che la rilevanza culturale della religione non è più quella di una volta. Se per molto tempo le appartenenze religiose erano legate alle nazionalità etniche o a precisi legami culturali, la grande novità del nostro tempo è il riconoscimento del valore e diritto della libertà religiosa (Fossion 1992; Bourgeois 1986, 55). L'esperienza religiosa rivendica oggi con forza il valore della libertà e il carattere della gratuità: «L'inquietudine, l'istanza di trascendimento, l'aspirazione ad una pienezza totalizzante... caratterizzano l'esistenza: la trascendenza può esservi presagita quale «risposta». Tuttavia assumere Dio come approdo definitivo resta gesto gratuito. L'invocazione è opzione esistenziale: ha ragioni più che sufficienti di credibilità e di legittimazione; e tuttavia non obbliganti. Invoca chi sceglie di invocare; soprattutto dove la religione si affina e si concentra sul Tu, di cui cerca l'intimità, la corsa all'incontro è gesto gratuito» (Trenti 1993, 171)
    In questa prospettiva il fatto religioso perde, sì, il suo carattere dogmatico e impositivo, ma guadagna uno spazio di libera circolazione nella sfera pubblica (Fossion 1992, 392; Coq 1993). Il discorso religioso ha tutte le carte in regola per essere presente nel dibattito pubblico, e tutti hanno il diritto di potersi confrontare liberamente con la religione e di prendere libere decisioni nei suoi confronti (Davin 1991).
    È sintomatico a questo riguardo il recente dibattito in Francia sull'attualità della cultura religiosa e della sua presenza nella scuola, proprio in un paese che considera la laicità come un valore acquisito e connaturale con la propria tradizione culturale (Messner 1995, Coq 1995). L'attenzione al fatto religioso viene invocata proprio all'interno della laicità: «La forza delle religioni e della forma dí cultura da esse veicolato è perché esse riguardano l'ordine del senso, di fronte al quale la metodologia delle scienze rimane incompetente. Sarà necessario allora, per trattare questi temi, aderire a una religione? Assolutamente. Ma la difficoltà è trovare, nell'insegnamento laico, il modo di preparare ognuno, nella propria cultura, ad affrontare queste questioni, qualunque sia la sua religione o la sua mancanza di religione. Ecco ciò che io chiamo sfida simbolica della cultura scolastica» (Coq 1995, 182).
    Non si giustifica, in questa prospettiva, la mancanza cronica di sensibilità all'ER, per esempio, nel contesto delle politiche educative dell'unione europea (Malizia 1991). Siamo di fronte a un tema pedagogico che sembra destinato ad occupare ancora per molto tempo l'attenzione degli operatori e degli studiosi.

    NOTE

    1 Queste riflessioni si inseriscono in un lavoro dí équipe, fatto nell'Istituto di Catechetica della Facoltà di Scienze dell'Educazione dell'Università Salesiana di Roma, al quale hanno partecipato, oltre al sottoscritto, i proff. C. Bissoli, C. de Souza, J. Gevaert, U. Gianetto, L. Meddi, G. Morante, F. Pajer e Z. Trenti. Questo mio studio si appoggia anche ad alcuni degli apporti di questa riflessione comune.
    2 «Ogni tentativo di definire l'espressione educazione religiosa comporta non poche difficoltà. In nessun corpus di letteratura erudita se ne trova un uso che possa ritenersi unanimemente accettato»: Moran 1995, 126.
    3 Un primo tentativo di chiarificazione a livello internazionale, anche se parziale, si trova in Hemel 1984b.
    4 Si tenga presente inoltre che, per molto tempo, non solo l'ambito dell'ER, ma tutto il sistema educativo era organizzato e gestito dalle chiese, prima che la società civile ne prendesse il controllo.
    5 Di per sé, i due aggettivi si riferiscono rispettivamente all'azione della catechesi (attività «catechistica») e alla riflessione scientifica sulla catechesi (attività «catechetica»). Ma in alcuni paesi (soprattutto di lingua francese e spagnola) vengono usati praticamente come sinonimi, specialmente a vantaggio del termine «catechetico», che tende a sostituire l'altro, troppo carico di connotazioni negative e infantilizzanti.
    6 Cfr. Alberich-Binz 1995, cap. È vero che a volte si parla troppo facilmente di «catecumenato» e di «catecumenale» per delle attività che soltanto in senso molto lontano realizzano quel cammino globale e sistematico nella fede che propriamente merita tali nomi.
    7 Cfr. Alberich 1992, 206-217; Pajer 1991, 461; Prenna 1989. Ma in alcune parti si insiste perché la distinzione non venga accentuata, come in Austria e nella Baviera: cf E. J. Korherr, «Austria», in Pajer 1991, 103. Negli USA propugna questa posizione più «morbida» Th. H. Groome (1992/93).
    8 Questa denominazione, tradizionalmente usata nell'area di lingua neerlandese («schoolcatechese»), appare oggi abbandonata o usata con significato molto diverso di prima. Cfr. i contributi su «Belgio» e «Paesi Bassi» in Pajer 1991; Fossion 1980.
    9 «Educazione cattolica» (Educatio catholica) è l'espressione adoperata nel Codice di Diritto Canonico (can. 793) e riferita spesso al compito educativo della scuola cattolica. Cfr. Casotti 1930, Pollard 1988/89, Marthaler 1991/92.
    l0 È significativa al riguardo la rivista «British Journal of Religious Education», nata nel 1934, che si presenta come la rivista del «Christian Education Movement» con lo scopo di promuovere, a livello ecumenico internazionale, l'educazione religiosa e morale nella scuola.
    11 Vedi per es. la collana Christliche Erziehung in Europa, che presenta la situazione di 5 nazioni: Inghilterra, Olanda, Svezia, Francia e Polonia (Schultze-Kirchhoff 1975-77).
    12 È il caso della «educación de la fe» nei documenti ufficiali della catechesi in Spagna. Cfr. Comisión Episcopal 1983, nn. 56-67.
    13 Cfr. Groome 1992/93; Bissoli 1982; Moran 1995, 126. Può essere ricordata la rivista «The Living Light», che ha come sottotitolo: An Interdisciplinary Review of Catholic Religious Education, Catechesis, and Pastoral Ministry. Per indicare la dilatazione del campo dell'ER al di là della scuola si è fatto ricorso all'aggiunta di «catechesi» e di «servizio pastorale».
    14 Può essere citato il caso dell'istituto catechetico «Lumen Vitae» di Bruxelles, chiamato per diversi anni: «Centre International d'Études de la Formation Religieuse».
    15 È questa la prospettiva in cui si muove, per esempio l'importante Handbuch der Religionspädagogik: cf Feifel 1973; Englert 1986, 428-9; Hemel 1990, 36-43.
    16 Si pensi per es. alle eterne discussioni sulle differenze tra «Theologische Erwachsenenbildung» e «Erwachsenenkatechese» in Germania; o tra «Adult Religious Education» e «Adult Catechesis» negli USA; o tra «formatíon religieuse», «catéchèse» e «catéchuménat» in Francia, ecc. (Groome 1980, 20-28; Alberich-Binz 1993, 39).
    17 E una posizione analoga ha Th. H. Groome: «Personalmente, penso ancora che «educazione religiosa cristiana» (Christian Religious Education), pur essendo un'espressione ingombrante, sia il modo più adeguato di denominare ciò che io faccio e ciò che vedo stanno facendo molti altri in ordine all'educazione nella fede cristiana nel contesto nordamericano»: Groome 1992/93, 46).
    18 Hemel 1990, 62. Anche J. M. Lee (1971, 11) adotta uno schema simile, distinguendo cinque dimensioni della religiosità; dimensione ideologica (credenze); dimensione rituale (pratica religiosa); dimensione esperienziale (sentimento religioso); dimensione intellettuale (conoscenze); dimensione consequenziale (risultati).
    19 I rimandi bibliografici sarebbero tanti. Cfr. ad esempio: Moran 1979; Devitt 1991; Education in Europe 1992/93; Nipkow 1992/93; Religionsunterricht und Konfessionalität 1993; Lachmann 1994; Schlüter 1995; Ziebertz-Simon 1995; Prenna 1996.
    20 Cfr. Trenti 1993; Nanni 1992. In questo contesto si colloca l'interesse recente per lo studio del simbolo e della sua didattica, particolarmente vivo in alcuni paesi, come la Germania e la Francia. Cfr. Hertle-Saller-Sauer 1987; Bucher 1988; Stachel 1987; Fossion 1995. Per una visione d'insieme, cf Feifel 1986 e Sauer 1995.


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