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    I nodi della
    pastorale giovanile

    oggi

    Bruno Seveso


    1. La rivisitazione della storia avverte che l'interagire reciproco di esperienza credente e realtà giovanile accade sul terreno delle condizioni culturali e sociali del momento. In ogni epoca, l'iniziativa ecclesiale nei confronti di ragazzi e giovani si è forgiata, si spera, al fuoco del Vangelo, ma si è insieme modellata nell'impatto con le impostazioni di vita e le mentalità dominanti nei diversi tempi. In questo senso, la pastorale giovanile, nelle sue prefigurazioni e configurazioni nella storia e nelle sue prospettazioni nel futuro, ripete e ripropone le condizioni proprie della vita cristiana.

    L'immissione dell'esperienza credente nello scambio sociale la espone allo sguardo dell"altro'. L"altro' formula attese nei suoi confronti ed elabora valutazioni. Se ne fa un'idea, nel concreto delle posizioni su cui si attesta prima ancora che in modo riflesso. L'esperienza credente avverte questo sguardo e rielabora la propria comprensione di sé. Si produce un riaggiustamento dei posizionamenti reciproci nello scambio sociale. Entra in circolo un'immagine sociale del cristianesimo che si riflette sulla comprensione dell'iniziativa credente. La destinazione mondana dell'annuncio cristiano provoca la vita cristiana a mettere a punto la propria iniziativa nei confronti della situazione mondana. Poiché vive nel mondo e sa che la fede di cui è portatrice è per il mondo, l'esperienza credente volge il proprio sguardo sull"altro' e si confronta con i compiti che gli sono posti dalla presenza dell"altro'. Prende corpo in tal modo una percezione delle modalità di iniziativa che essa riconosce a se stessa entro la cultura ambiente.
    La vita cristiana si configura al punto di interferenza del duplice, asimmetrico rapporto di libertà di Dio e libertà dell'uomo e di libertà del credente e libertà di 'altri'. Essa si gioca nell'incontro e scontro di queste forze. L'esperienza credente si istituisce obiettivamente nel modo del confronto sempre aperto con il dono di Dio e della reazione alla situazione storica del mondo. L'agire credente, in cui la vita cristiana si incorpora, è reazione alla situazione mondana e azione che determina la situazione stessa cui reagisce. Partecipe dei processi storici che popolano lo scenario del mondo, la vita cristiana non può vantare condizioni di superiorità a fronte degli accadimenti storici né, d'altra parte è costretta in condizioni di inferiorità nei confronti di quanto è forgiato dall'impresa umana.1 Nella contestuale reazione all'evento cristologico e alla situazione effettiva la vita cristiana diventa capace di iniziativa nella storia. I comportamenti credenti e gli assetti di esperienza credente nella storia si producono nel modo della reazione contestuale all'"una volta per sempre" dell'accadimento cristologico e al flusso di impulsi che attraversano la storia degli uomini.
    Poiché la vita cristiana si modella intrinsecamente sull'articolazione di azione e reazione rispetto ad altre forze, essa manifesta natura di `dramma'. Il dramma scaturisce dal contrasto di forze all'opera nel mondo. Sotto questo profilo la connotazione drammatica impronta di sé i profili molteplici di vita cristiana, come, del resto, la vita di ogni uomo. Il vivere umano è vicenda che impegna la libertà e la mette alla prova. La sua natura drammatica può essere occultata o rimossa, ma mai annullata. Il 'dramma' costituisce motivo di fondo della vita cristiana.2
    Al 'dramma', in quanto tale, è pertinente anzitutto non la teorizzazione ma la 'narrazione'. Quanto accade e tocca la vita dell'uomo è restituito nelle sue dinamiche e nel suo contesto, proiettando intenzioni, motivazioni, scelte, realizzazioni. La ricostruzione narrativa ripropone l'accadimento nel suo darsi in sequenza temporale e conferisce ad esso un senso che permette all'esperienza dell'uomo di ricuperare un orientamento.
    Quanto alla tonalità della narrazione, sono insistiti attualmente, e vanno di moda il tono e il lessico della 'sfida'. Ma appare più pertinente la risonanza dello 'stupore': apertura del cuore e della mente, percorsa dal duplice sentimento di speranza e timore, a fronte della percezione che lo Spirito e la storia sollecitano i credenti a farsi carico responsabilmente dei percorsi di vita cristiana.3 La forza sempre nuova dello Spirito e la novità della storia impegnano il popolo di Dio, cristiani comuni e gerarchia, a tracciare sempre di nuovo il proprio cammino nel tempo degli uomini. Il confronto con la pienezza del dono di Dio richiama il vivere cristiano a riformulare i contorni del proprio cammino lungo la storia.

    2. L'ordito sul quale si intesse nell'oggi la trama di vita dei giovani è istituito dalle coordinate antropologiche della modernità avanzata. L'intreccio di proposta cristiana di vita e situazioni dell'umano nella (post)modernità, in atto nell'interazione di esperienza credente e vissuto giovanile, stringe taluni nodi che obiettivamente determinano da vicino ogni immaginazione di "pastorale giovanile". I nodi sono nel medesimo tempo luogo in cui un datosi blocca e punto d'aggancio da cui una realtà riparte. Obbligano passaggi e contestualmente liberano potenzialità. Disegnano una rete di riferimenti, sulla ridisegnare l'iniziativa. Questo accade anche per "pastorale giovanile".
    a. Indicatore notevole della posizione attuale della condizione giovanile entro l'esperienza cristiana è l'inceppamento dei processi di trasmissione della fede. Lo choc provocato dal mondo giovanile nella vita di Chiesa coincide con la costatazione della crisi delle procedure mediante le quali la Chiesa pone in atto la propria missione di trasmettere la fede di generazione in generazione. Il fenomeno ha obiettivi collegamenti con il fenomeno più ampio dell'arenarsi dei modelli di socializzazione presenti nel contesto culturale. Il procedere di conserva, pressoché spontaneo, dei due processi sembra essersi bloccato. La circostanza getta una luce cruda sulla condizione giovanile: il giovane sa di non potere e non vuole più dipendere dalle decisioni che altri hanno preso per lui e avverte di non possedere risorse adeguate per una piena padronanza della propria situazione di vita e per prendere decisioni che lo impegnano nella vita. Il fenomeno investe contestualmente il vivere umano e l'esperienza cristiana.
    b. Il corso delle età della vita appare sospeso. La dialettica di insistenza sull'età giovanile e di sporgenza sull'età adulta risulta congelata: il moto complesso di attrazione e repulsione verso l'età adulta, proprio dell'età giovanile, si fissa in un atteggiamento di distaccato disincanto, quando non di rifiuto. Il mondo degli adulti, nella vita quotidiana e nell'esperienza di Chiesa, non è in grado di anticipare al giovane un quadro promettente di vita e di sommuovere, quindi, l'esperienza giovanile. Incertezza, rischio, liquidità, che stanno tra le pieghe della società tardomoderna, producono come effetto indotto una desertificazione dell'esperienza che contagia il mondo giovanile e si ripercuote sulla capacità d'agire del giovane. L'indecisione prende il posto della decisione. La diffidenza toglie spazio alla capacità di affidamento. La rarefazione di prospettive percepite come affidabili insinua nel giovane la tendenza a non credere alla vita e alla sua distensione nel tempo, sia sul piano umano sia a livello di vita cristiana. Importa solo cogliere l'attimo e spremerne tutta l'intensità prima che fugga via.
    c. La relazione fra le età della vita subisce distorsioni. La presa di distanza del giovane nei confronti di una vita adulta sentita come inappetibile si traduce tendenzialmente in una chiusura a riccio del mondo giovanile su se stesso: comportamenti e atteggiamenti, prodotti, si pensa, autonomamente, sono difesi dalle incomprensioni e dalle intromissioni del mondo degli adulti, sentite istintivamente come indebite intrusioni. Prende corpo una "cultura giovanile" che pretende una sua assolutezza. Per l'adulto si fa avanti la trappola del giovanilismo: non solo lasciare i giovani nel loro mondo ma seguire i giovani sul loro stesso terreno e mimarne codici e usanze, abdicando in tal modo alla propria figura di adulto.
    d. La fede del giovane acquista contorni sulla filigrana dell'età giovanile. Poiché non è più la fede del fanciullo, essa vive di forza propria e scaturisce da una decisione propria del soggetto, che intende così prendere in mano la propria vita. Poiché non è ancora la fede dell'adulto, la decisione di fede poggia sull'attesa aperta da una promessa di vita che è ancora tutta da esplorare. Il quadro antropologico dell'età giovanile è formalmente quello di sempre, ma la sua concreta configurazione è inedita. Vi incide di fatto la pratica rimozione della temporalità. Non è scontato che il distacco dalla situazione protetta della fanciullezza e l'esigenza di agire in proprio poggino i loro passi sull'humus di una memoria grata e ammirata per quanto fin qui ha condotto. Ancora più problematica appare l'apertura sul domani: l'entusiasmo e la voglia di osare la propria vita in decisioni franche e cordiali devono vincere le freddezze del disincanto e superare le confusioni dell'incertezza. Diversamente, si generano atteggiamenti e si producono comportamenti improntati all'attendismo e allo sperimentalismo: a fronte di tutte le possibilità che si profilano si opta per il rinvio, soprattutto se pongono davanti a bivi e ad alternative, e, se qualche strada si prende, tutto diventa oggetto di un esperimento senza fine, all'insegna di una provvisorietà permanente in cui un "io minimo" si ritaglia sempre una via d'uscita.
    La figura di fede propria del momento giovanile assume nella sua massima intensità la densità temporale dell'esistenza. Il fremito del presente e l'attrazione fascinosa e conturbante del futuro strappano dall'ancoraggio al passato e immettono nell'avventura del vivere. Dal profondo della sua esistenza, il giovane avverte che decisioni sono da prendere e che i passi che egli pone sono irripetibili e irrevocabili. Il presente vuole decisioni e le decisioni adottate segnano in modo indelebile il cammino di vita. Un agire è da porre perché il presente abbia vita e questo agire anticipa e prefigura il futuro. Incontri ed esperienze che sopraggiungono nel vivere quotidiano chiedono prese di posizione che infondono vita ma anche trasformano la vita. L'incontro con il Vangelo di Gesù chiama a decisione e la decisione di credere al Vangelo dà volto nuovo all'esistenza personale. Non si crede, né si vive, per prova. Contestualmente, il giovane percepisce che il futuro rimane radicalmente sottratto alle sue disponibilità. I passi che egli pone sono avvolti da contingenza e congetturalità non totalmente risolvibili. Il percorso tracciato è passibile di smentita nel futuro. Non è detto che permangano le promesse di futuro di cui è accreditato il gesto posto nell'oggi. Nella vita dell'uomo sorge l'esigenza di ricominciare da capo. L'agire dell'uomo è per sua natura tentativo e assaggio. La decisione di fede è esposta alla necessità di una sua riconsiderazione. A credere, come a vivere, ci si prova. L'inquietudine della ricerca convive con la fermezza dell'acquisizione. Un rapporto complesso di implicazione ed opposizione lega insieme i due momenti della irrevocabilità e della possibilità di smentita che permeano l'agire dell'uomo. Dicono la serietà del vivere. Nel medesimo tempo, rendono conto della fatica ma anche del gusto del credere.
    e. La relazione di fede della Chiesa e vita del giovane nel clima della modernità avanzata risente di questi assetti umani e culturali delle biografie personali. La vita del giovane inquieta la fede della Chiesa e la fede della Chiesa interroga la vita del giovane. Per la comunità cristiana sorge l'impegno obiettivo a propiziare condizioni perché il giovane possa maturare decisioni di vita e, in questo contesto, possa giungere a porre la decisione di fede nella sua situazione biografica. Il compito investe in prima battuta gli adulti nella comunità, ma tocca anche la stessa configurazione della fede cristiana. Il Vangelo di Gesù attende configurazioni viventi nell'accordo armonico di vita del giovane e fede della Chiesa. La questione riprende i tracciati già aperti nella storia: una idealità è da ricomporre e, nel medesimo tempo, una capacità aggregativa è da restituire.
    Per la comunità cristiana, anzitutto nella sua componente adulta, s'impone l'esigenza di porre in atto, sul piano concreto degli atteggiamenti e dei comportamenti storici, figure di vita cristiana coerenti con la parola del Vangelo e promettenti per il desiderio di vita di uomini e donne. In questa impresa le parole dette hanno lo spessore delle cose fatte e le posizioni in concreto assunte hanno l'eloquenza delle proclamazioni di intenti. La chiarezza del Vangelo sta insieme con la concretezza delle situazione. La corrispondenza fra enunciazioni di principio e pratiche effettive chiede contestualmente di osare l'apertura di orizzonti e di sopportare la contrazione dell'eccesso evangelico nella finitezza delle situazioni. Decisioni prese nella complessità della storia stanno alla base delle concrete figure di vita cristiana. È chiamata in causa la competenza della comunità cristiana, adulta in particolare, affinché sviluppi nella Chiesa e nella società figure di vita dense di linfa evangelica e capaci di riprendere il filo della parola nella comunità degli uomini. Viene in primo piano la qualità storica della pratica della fede. Vi sono coinvolte contestualmente la famigliarità intelligente con la parola di Dio e il commercio cordiale, ma non sprovveduto, con la vita degli uomini e delle donne di questo tempo.
    f. In questo scambio rilievo specifico assumono le domande che il mondo giovanile rivolge alla Chiesa. In primo piano è, per lo più, l'istituzione ecclesiastica, ma sullo sfondo sotto tiro è la proposta cristiana di vita. Sono interrogativi taciti, nascosti fra le pieghe di una disaffezione in punta di piedi, e sono polemiche aperte, cariche dell'irruenza giovanile. Di volta in volta, si è in presenza di domande di chiarimento, di contestazione, di protesta nei confronti dell'immagine di Chiesa in cui il giovane di fatto s'imbatte. Reclamano, di conseguenza, che la comunità cristiana adulta renda conto anzitutto a se stessa delle figure di Chiesa di cui è portatrice per poter discernere quanto nella concreta immagine di vita cristiana attiene più da vicino al tessuto evangelico e quindi è da mantenere, quanto è frutto di contingenze storiche e deve essere valutato nel suo profilo storico, quanto è di fatto controproducente rispetto alla testimonianza evangelica ed è da abbandonare senza reticenze. In ogni caso è da rendere ragione dell'unica speranza che la fede battesimale infonde nel giovane e nell'adulto.
    L'acquisizione di capacità di interlocuzione con il mondo giovanile suppone disponibilità ad apprendere forme e figure di una realtà strutturalmente in effervescenza. Il mondo giovanile sorprende, letteralmente. Nel medesimo tempo appare anche scontato. Istanze, comportamenti, attese, atteggiamenti, pretese giovanili proiettano fasci di visioni del mondo che nella loro natura inedita sconcertano assetti stabiliti; sotto altro profilo, ripropongono costanti già note. La presa di contatto con questo mondo accade anzitutto sul piano pratico delle relazioni quotidiane. La sua conoscenza distesa, però, non può essere data per scontata ma è da istruire daccapo riflessamente con intelligenza e spassionatezza. D'altro canto, l'esperienza credente dell'adulto sa di disporre di orizzonti più ampi di vita entro i quali l'esperienza giovanile può ritrovare giuste dimensioni. Nella testimonianza responsabile e determinata della comunità adulta la coscienza credente della Chiesa si propone alla coscienza che il giovane elabora di se stesso quale riferimento nitido e promettente per le attese di verità e giustizia che pullulano nell'animo giovanile.
    g. La frequentazione competente del mondo giovanile comporta il riconoscimento della complessità dell'esperienza giovanile. Si tratta di urgere i tempi della decisione e di dare tempo per elaborare decisioni, in equilibrio dinamico. Decisioni chiedono e ottengono conferma e decisioni sono sottoposte a rivisitazione e a riformulazione. La loro portata si distribuisce su livelli diversi: la ricerca e il coinvolgimento in una vita pienamente umana nella verità e nella giustizia non coincide immediatamente con la decisione di fede propria del cristiano e il credere al Vangelo non si risolve nella fede nell'umanità dell'uomo. Distinzioni sono da rispettare per evitare catture precipitose ed indebite dell'umano nel cristiano; convergenze sono da attivare per promuovere riconoscimenti della dignità cristiana dell'umano, quali stanno nella realtà del Vangelo. L'accedere alla verità del Vangelo non implica per sé il sequestro entro l'istituzione ecclesiastica: ma la mediazione storica della Chiesa è decisiva per la qualità evangelica della vita cristiana. Non si danno luoghi esclusivi per la maturazione dell'esperienza di fede: i luoghi di vita del giovane sono anche i luoghi in cui la testimonianza cristiana che propizia la decisione di fede raggiunge il giovane; contestualmente, però, luoghi dedicati sono da approntare dove il giovane possa sostare in una più intensa esperienza del Vangelo. In questo intrico di percorsi fanno da guida, nel medesimo tempo, l'impazienza di Dio e la pazienza di Dio verso il suo popolo.
    h. Il vissuto giovanile si distende su un arco di anni che appare soggetto a dilatazioni nei suoi estremi cronologici: il distacco dalla fanciullezza accade già attorno ai dieci anni e il passaggio all'età adulta è prorogato fino ai trent'anni, se non oltre. In questo intervallo cronologico le due fasi salienti dell'adolescenza e della giovinezza conoscono al proprio interno ulteriori articolazioni in corrispondenza con il differenziarsi dei percorsi di vita nella modernità avanzata. Nei suoi confronti la comunità adulta predispone quella rete di interventi che danno corpo all'opera dell'educazione: iniziata con la generazione e con la nascita, l'istanza educativa raggiunge la sua acme a fronte del tempo dell'adolescenza e della giovinezza. Ma sono proprio questi spazi educativi ad essere sotto pressione nella condizione attuale, sia nella società sia nella Chiesa.
    3. Momento di vita cristiana, la pastorale giovanile ne ripete le cadenze. Poiché si percepisce nel campo di tensione aperto dalla polarità di sguardo di 'altri' e carica promettente della fede in Gesù di Nazareth, di storia e Vangelo, la vita cristiana è obiettivamente impegnata a rideterminarsi nella storia e ad assumere la propria temporalità. La consapevolezza dei limiti storici di ogni realizzazione cristiana a fronte della giustizia di Dio rivelata in Gesù Cristo impegna a riportare il vivere cristiano all'altezza della propria vocazione e a restituirlo all'ampiezza della promessa di cui è portatore.
    Non si dispone di un modello precostituito di processi di pastorale giovanile, che possa in qualche modo valere come normativo o anche solo come paradigmatico. La constatazione può ingenerare delusione e rammarico, ma è anche salutare messa in guardia da ogni velleità di restaurazione archeologica. Nella storia, occorre sottolineare, non si danno modelli per la pura ripetizione. Esiste per il singolo e per i gruppi umani un margine di libertà nel collocarsi nella situazione concreta del tempo e nel valutare i comportamenti da porre in atto. La definizione dell'iniziativa cristiana, ivi compresa "pastorale giovanile", si dà nelle modalità del pratico, in vista precisamente di un agire, ed è frutto di decisione, per sé sempre aperta ad una sua ripresa nella storia.
    Il credente pone in atto un 'esperimento' con se stesso, in cui mette alla prova la propria libertà e rende conto a se stesso della propria libertà. L"esperimento' è condizione comune dell'agire umano nella storia, in quanto condizione contrassegnata dal duplice momento della irrevocabilità e della possibilità di smentita.4 Ne è partecipe la vita cristiana e vi è coinvolto ogni vivere umano. Ne è investito il vissuto di pastorale giovanile. Gli accadimenti in cui il cristianesimo prende corpo condividono la condizione storica di ogni altro accadimento umano: conseguentemente, 'esperimento' dice la modalità d'essere di comportamenti e gesti che concorrono a plasmare la vita cristiana, poiché indica la modalità d'essere del cristianesimo stesso. L'orizzonte di attese è ridisegnato dall'ingresso della carica promettente del Vangelo e il cammino nella storia quotidiana cerca passi che muovano nella direzione della proposta evangelica. Insieme ad una riformulazione dei codici che sottendono atteggiamenti e comportamenti si mette in moto una rifusione delle simboliche che presiedono all'esperienza credente. Quanto a "pastorale giovanile", ciò si dà nella prospettiva dell'istituzione di condizioni favorevoli affinché chi è giovane possa sentirsi "a casa" nel suo incontro con la vita cristiana e con le sue manifestazioni istituite nella forma di Chiesa.
    Nella drammatica della vita cristiana, di cui "pastorale giovanile" è partecipe, fanno da guida le indicazioni di fondo di matrice scritturistica, quali sono offerte dalla meditazione sulla storia attivata nella Scrittura.5 La giusta e vera condotta storica è la condotta del testimone, che implica fede, carità e speranza. E il comportamento del testimone è caratterizzato da due tratti diversi e conver convergenti: vigilanza e pazienza.

    (Cosa si intende per pastorale giovanile? in AA.VV. Sei domande di pastorale giovanile, I Laterani 2012, pp. 11-30.
    Qui riportiamo solo la seconda parte, tra lasciando l'introduzione ambientativa e la prima parte, di tipo storico)


    NOTE


    1 K. RAHNER, Sulle vie future della teologia, in ID., Nuovi saggi V, Paoline, Roma 1975, 51-93.
    2 H.U. VON BALTHASAR, Teodrammatica IV. L'azioneJaca Book, Milano 1986, 69-89.
    3 H.U. vox BALTHASAR, Abbattere i bastioni (1952) (Nuova Cristianità 26), Borla, Torino 1966, 49.
    4 K. RAHNER, Ober das Wesen des Experimentes im christlich-kirchlichen Bereich, «Internationale Dialog Zeitschrift» 3 (1970), 360-365.
    5 H. SCHLIER, La comprensione della storia secondo l'Apocalisse di Giovanni, in ID., Il tempo della Chiesa, Il Mulino, Bologna 1965, 425-439.


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