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    La giovane Europa: timori e speranze


    Italia-Europa a confronto

    Andrea Baldini, coordinatore MGS Europa

    (NPG 2008-09-4)


    DOMANDA

    Come influisce la realtà «Europa» sui giovani, in termini di identità personale e nazionale, e di appartenenza? Vi sentite cittadini d’Europa? Cosa comporta esserlo? Quali le vostre paure, speranze e sogni?

    RISPOSTE
    Andrea
    I giovani cittadini europei non si sentono ancora di appartenere a un’unica patria. L’identità personale è fortemente radicata alle realtà nazionali, talvolta addirittura a quelle regionali o etniche. Spesso l’Europa è percepita come un grande contenitore vuoto, privo di identità. Gli unici aspetti che le si riconoscono sono quello economico – di forte impatto sulla vita quotidiana per via della moneta unica –, e la libertà di movimento assicurata dal trattato di Schengen. Ognuno si sente cittadino della propria terra, o nazione. La speranza più grande è che la realtà «Europa» crei nuove possibilità di incontro, confronto, scambio. La conoscenza genera rispetto, il rispetto accoglienza.
    La paura più grande è che questa «scatola vuota» imploda, riportando allo scoperto odio e divisioni mai veramente sopiti.

    Angela
    Personalmente mi sento più cittadina italiana che europea. Mi capita più spesso di confrontarmi con temi di attualità legati alla mia nazione, temi come l’immigrazione, che mi riportano poi in un contesto mondiale.

    Cristiana
    L’identità è plastilina che si modella con le esperienze, incontri e conoscenze, e che cerca sostegno nelle sue radici: la storia, il passato. L’Europa è una realtà politica concreta, ma ancora astratta per la maggior parte dei giovani. Ci sentiamo ancora italiani, spagnoli, francesi, mentre sviluppiamo progressivamente un’appartenenza comune. Ci identifichiamo nelle differenze che ci contraddistinguono, ma avvertiamo l’esistenza di una realtà più ampia, di uno spazio oltre i confini nazionali, in cui muoverci, comunicare, sviluppare prospettive di lavoro.

    Fernando
    Identità: come giovane ti senti parte della tua generazione, e chiamato a fare qualcosa di grande con l’aiuto di quelli che in futuro divideranno con te la società europea.
    Poter condividere esperienze di lavoro e studio con altri giovani, ti rende personalmente impegnato nella costruzione dell’Europa, dal tuo ambiente. La tua nazionalità è gradualmente rispettata dal resto dell’Unione e riconosciuta in tutti i suoi ambiti, sovvertendo una nazionalità condivisa con chi arriva nel tuo paese, e con i cittadini europei che ti offrono il loro paese quando lo visiti, e cerchi di assorbire le altre culture.
    Le paura e le speranze che implica il sentirsi cittadino europeo non sono distinte da ciò che implica sentirti «giovane» nel tuo paese. Aspetti come la famiglia, il tempo libero, la convivenza, la coppia, l’indipendenza, lo studio, sono comuni a tutti i giovani per il fatto di essere tali, ciò fa sì che, al momento di mettere a fuoco i problemi, tieni conto non solo dei tuoi amici o di chi ti sta intorno, ma pensi alla possibilità di un’Europa come spazio per realizzarti, ampliando i «limiti» geografici razionalmente intesi.

    Guglielmo
    Da una parte cresce la sensazione di appartenere a «qualcosa di più grande», seme che porterà in futuro a una consapevolezza europea; dall’altra aumentano le esigenze e le differenze particolari di ogni regione.

    Lisa
    Per noi giovani, «Europa» spesso significa «benessere». Molti aspirano a studiare, lavorare, magari sposarsi in Europa. In termini di identità, personalmente mi sento cittadina europea quando ho il visto Schengen multiplo. Ma davanti alle procedure per ottenerlo, mi sento «extracomunitaria». Lo sono per la maggior parte dei musei e dei monumenti europei, o in aeroporto, dove i miei amici polacchi passano senza problemi, mentre io devo farmi controllare il passaporto, dichiarare lo scopo della mia visita, e dove sono diretta, mostrare il biglietto di ritorno, e quanti soldi ho.
    Ci chiedono sempre se vogliamo far parte dell’Europa unita, noi moscoviti direi proprio di sì. Mosca è una città europea, è simile alle grandi capitali europee, come Milano e Bruxelles, i prezzi però sono più alti, ma non saremo mai in Europa, a meno che i cinesi non occupino la nostra parte asiatica. E non è detto che non succeda, o almeno così la pensano molti storici e politici.

    Luka
    Un gran numero di giovani oggi è senza identità. Cercano di trovare se stessi, tra mille difficoltà, cambiano facilmente opinione anche a causa della cattiva influenza dei media. Per parlare di identità nazionale è indispensabile averne sana consapevolezza, e i giovani in maggioranza non ne hanno.
    Essere cittadini europei per me significa che come cattolico e croato posso disporre di una certa libertà; ciò comporta anche delle paure, ma più forti sono le speranze, che faccio in modo di trasformare in realtà.

    DOMANDA
    Come vedete gli altri giovani europei?

    RISPOSTE
    Agnieszka
    Io non ho molta occasione di incontrare giovani europei, al di là del movimento giovanile salesiano, in cui ho incontrato persone con idee innovative per sé e per gli altri. Questi giovani europei hanno molte opportunità, specialmente il poter partecipare alla vita della chiesa a un livello alto. Sono vivaci, gioiosi, e in grado di portare grande enfasi e divertimento alle feste e agli incontri.

    Angela
    Come tutti gli altri giovani: persone cariche di potenzialità e piene di fragilità.

    Guglielmo
    Da una parte co-protagonisti della costruenda nazione Europa, dall’altra concorrenti nel mondo del lavoro, sempre più difficile da trovare.

    Andrea
    Non diversi da quelli italiani. Pieni di dubbi, di sfiducia nelle istituzioni, in tutte le istituzioni in generale, ma anche portatori di grande carica, voglia di conoscere e conoscersi, di incontrare e capire, di dare risposte e trovare soluzioni diverse da quelle dei loro «vecchi», che sentono ingiuste e lontane dal loro mondo.

    Luka
    Conosco molti giovani italiani in gamba, bravi e intelligenti, sanno ciò che vogliono dalla vita. Ma in alcune città italiane, ho visto anche giovani diventare sempre più simili ad altri popoli occidentali, giovani in preda alla cultura del capitalismo, e all’egoismo. Questo mi ha rattristato, specialmente perchè l’Italia è un paese di grande religiosità. Questa stessa involuzione sta penetrando però anche nel mio paese.

    Lisa
    I miei amici italiani sono persone sane, con obiettivi e punti di riferimento concreti. Sinceri, comprensivi, aperti, ospitali, pronti ad aiutare il prossimo. Sto bene con loro. Mi insegnano a vedere negli altri delle persone, e non gli ingranaggi di un meccanismo che va avanti divorando i sentimenti. Grazie a loro imparo che ci può essere un altro tipo di rapporto, non basato sull’interesse, ma sul bene comune, perché quando stai bene tu, sto bene anch’io, e se stai male tu, sto male anch’io. Sono fortunata a conoscerli. Attribuisco gran parte di questi «meriti» a una fede e un’educazione ancora profondamente cattoliche. La prova sta nel fatto che quando dopo il mio soggiorno triestino sono tornata a Mosca, ho iniziato a frequentare la comunità cattolica, e mi sono trovata bene, quasi come in Italia.
    Il quadro generale però non è così ottimista. Si sente spesso parlare di giovani che hanno perso la strada, che bruciano i migliori anni della loro vita frequentando certi locali, certe compagnie, e che non pensano al futuro. A 40 anni non si sentono ancora maturi per assumersi le loro responsabilità, e mettere su famiglia. Arrivano quasi alla pensione senza casa, ne figli, magari con un lavoro che è anche ben pagato, ma i soldi non bastano, perché più guadagni più ti viene voglia di spendere. Si lamentano del governo, delle tasse, dei mutui, del precariato, della crisi della famiglia, e non hanno il coraggio di cambiare. Due giorni fa ho sentito alla radio una trasmissione sulle tendenze della vita familiare in Europa e in Russia, conclusione: crisi profonda dei valori. La famiglia non è più un sostegno, ma il relitto di un’epoca passata che non si incastra con i ritmi moderni. Famiglia vuol dire tempo speso insieme a non «produrre» beni materiale, ad apprezzare l’unicità della persona che hai scelto al tuo fianco. Mentre oggi la mentalità comune è piuttosto «Perché tanti sforzi, se posso sempre trovare un uomo, o una donna, migliori di lui, di lei?». Per costruire una famiglia bisogna credere che l’amore umano sia sostenuto da quello divino, e che la vera gioia consiste non soltanto nei momenti di felicità, ma anche nei problemi quotidiani. Ho l’impressione che i giovani, non solo italiani, o non lo capiscono, o non vogliano capirlo.

    Cristiana
    Nei giovani europei, in generale, vedo la curiosità di conoscere mondi e realtà nuove e un gran desiderio di incontro e dialogo con culture diverse dalla propria. In «altri» giovani europei noto una maggiore disponibilità a muoversi, a lasciarsi coinvolgere e cambiare dall’incontro, uno slancio verso le esperienze all’estero. I giovani italiani, invece, penso compiano passi più lenti, ma ben ponderati.

    Fernando
    Dalla Spagna i giovani italiani li vediamo attivi, vivi e anche molto religiosi. Qui da noi prevalgono la secolarizzazione e le correnti areligiose, nelle nostre città non è facile vedere i giovani entrare nelle chiese. In Italia invece si percepisce che il «cristiano» è rispettato e accettato, anche nel lessico giovanile italiano parole come «cristiano», «Gesù», «Cristo» sono ampiamente utilizzate.

    DOMANDA
    È possibile tratteggiare una specie di identità giovanile europea, come nuova cultura di cui i giovani sentono di essere portatori in ragione della loro giovinezza e cultura?

    RISPOSTE
    Luka
    Purrtroppo tra i giovani va creandosi «l’identità della globalizzazione», una sorta di identità fasulla, che nasconde quella vera nazionale, personale e religiosa di ciascuna persona. L’identità giovanile europea deve essere al contrario la consapevolezza della propria identità, e il fatto di sentirla come una ricchezza per l’intera Europa.

    Lisa
    Probabilmente sì, i giovani di tutti i paesi oramai si sentono influenzati da vari trend, dalla moda: ci si veste allo stesso modo, venerdì sera in tutta Europa ci si diverte, si ascolta la stessa musica, si guardano gli stessi film, si leggono gli stessi libri.
    Prima si usava studiare nel proprio paese, adesso c’è grande mobilità studentesca, per cui i giovani assimilano i costumi, le abitudini, le norme di altri paesi. Quindi si può dire che esiste questa nuova specie. E «specie» mi sembra proprio la parola giusta. Perché ogni cultura deve avere i propri valori, e i valori di questa generazione – pur appartenendovi – non li vedo, o non li capisco.

    Guglielmo
    No, troppo presto. Ma deve essere tra gli obiettivi.

    Fernando
    Si vive anzitutto un sentimento di globalità giovanile. Tanto i problemi come le speranze e le aspettative sono comuni e proprie. Il basso costo dei viaggi in Europa, la disponibilità di denaro, sia per un contributo delle famiglie, sia per i lavori nel fine settimana, o per le prime collaborazioni professionali, ancora, le possibilità che offre l’Europa in quanto a corsi di lingua, borse di studio universitarie, e non universitarie in altri paesi, campi interculturali: tutto questo favorisce la mobilità giovanile e la condivisione di esperienze al di là del paese, in paesi inizialmente stranieri, che si vanno conoscendo e facendo propri grazie alla dimensione europea. Nasce così la necessità, dal mio punto di vista, di una tendenza o movimento giovanile di riferimento, che potenzi uno spirito critico di valori umano-cristiani, e crei nuove e più ampie appartenenze e associazioni giovanili di riferimento e condivisione.

    Cristiana
    La cultura di cui i giovani sono portatori è una cultura di amicizia nel significato più semplice e alto del termine. La spontaneità, l’immediatezza, la sincerità dei rapporti tra giovani segna una cultura in cui l’altro non è nemico, non è usurpatore di diritti, non mi toglie nulla, piuttosto è portatore di valori e novità, è ricchezza per la mia vita.

    Angela
    Non conosco bene la realtà giovanile europea. Quella che ho potuto constatare tramite il movimento giovanile di cui faccio parte mi sembra forte. Ammiro i ragazzi di altre nazioni che riescono a portare avanti iniziative con le proprie forze, le stesse iniziative che qui in Italia, per quella che è la mia esperienza, sarebbero impensabili senza «il prete».

    DOMANDA
    Quale responsabilità sentite che l’Europa (le istituzioni, la società…) ha verso di voi?

    RISPOSTE
    Andrea
    Tutte le responsabilità di un padre e di una madre verso i propri figli. Hanno la responsabilità di tramandarci le nostre storia, cultura, e religione. Di insegnarci come dare un’anima a questa realtà «Europa», nella quale siamo nati e stiamo crescendo. Di indurci a partecipare alla vita della realtà «Europa», per portare in essa i nostri tratti salienti, contributo utile alla creazione di un futuro, per noi e le generazioni che ci seguiranno.

    Cristiana
    L’Europa è un bellissimo sogno che deve diventare realtà. Le promesse devono trasformarsi in possibilità. I giovani europei sono investiti di molte attenzioni, molti programmi formativi si concentrano su di loro per favorire incontri e scambi culturali. Ma occorre anche avere dei prerequisiti: chi cresce nelle periferie di alcune città, chi rifiuta lo studio, chi non trova lavoro, chi non riesce a rendersi autonomo, vede avanti a sé un futuro di difficoltà e dipendenza, e stenta già solo a sentirsi cittadino italiano. La responsabilità dell’istituzione è anche quella di garantire a tutti i giovani dell’Europa le medesime possibilità.

    Guglielmo
    Le istituzioni hanno l’obbligo di costruire un’Europa che fonde i popoli europei, non di limitarsi a fondere le banche. La società ha l’obbligo di sottolineare i punti in comune e non le differenze, migliorando la conoscenza reciproca. Sovente è l’ignoranza dell’altro a produrre forme di rigetto e razzismo.

    Agnieszka
    Secondo me le istituzioni europee dovrebbero supportare maggiormente i giovani, la loro educazione e il loro sviluppo sociale. Il numero di quanti sono coinvolti in programmi di formazione europea è ancora troppo ridotto. I giovani non sanno nulla circa le possibilità che l’Unione offre, la realizzazione di molti progetti è spesso affidata a funzionari mal informati e non curanti.

    Angela
    Alle istituzioni religiose chiedo di non dimenticare che l’Europa ha radici cristiane, senza per questo escludere l’importanza dell’ecumenismo. Inoltre mi aspetto che la Chiesa non smetta di far parte del mondo.
    Alle istituzioni politiche ed economiche non saprei che dire sulla questione delle quote latte. È un aspetto, quello politico-economico, difficile da sintetizzare. Chiedo dialogo e trasparenza. Ai giovani non piace essere messi di fronte al fatto compiuto; vuol dire crescere cittadini che sceglieranno sempre di non partecipare ai dibattiti e alle riflessioni.
    Alle istituzioni civili direi che un buon punto di incontro con i giovani sono le azioni in favore della cittadinanza attiva.

    Fernando
    L’Europa ha da offrire uno spazio lavorativo «europeo», in cui i giovani possano «generare» ricchezza attraverso le proprie competenze ed esperienze.
    Deve favorire la realizzazione di incontri internazionali, stanziare finanziamenti e creare nuove infrastrutture civili ed ecclesiastiche.
    Se conosci persone di altri paesi, la loro storia giovanile, siano esse dell’est o dell’ovest, costruisci la tua e loro storia. Se ti interessi della storia nazionale di chi vive in Europa, puoi veramente appartenere allo spazio giovanile europeo. Perché analizzi non solo le tue personali difficoltà e aspirazioni, ma anche quelle di tutti gli altri europei.
    L’Europa deve potenziare ciò che unisce i giovani: incontri sportivi, di convivenza nella natura, gruppi di studio e lavoro, nuove idee, sviluppo di progetti d’impresa.
    Deve offrire un modo di vivere dignitoso ai giovani che vogliono rendersi indipendenti, per mezzo di sovvenzioni parziali finalizzate soprattutto al pagamento degli affitti.

    Lisa
    Le responsabilità? Siamo nati e cresciuti con la convinzione che nessuno è responsabile di niente, soprattutto le autorità qualunque esse siano.
    In Europa dopo la scuola puoi scegliere se iscriverti all’università nel tuo paese o andare all’estero: il titolo di studio è riconosciuto, mentre i nostri studenti, devono fare ancora uno, due anni in una università locale prima di potersi iscrivere a una università europea.
    In Europa se vuoi lavorare in un paese che non sia il tuo, non hai bisogno di pagare un sacco di soldi e aspettare tre mesi per avere il permesso di soggiorno, che arriva solo se hai un contratto di lavoro. E se non ce l’hai? Se il lavoro vuoi cercarlo in un altro paese? Dal mio punto di vista, «dal di fuori», se l’Europa desse a noi ciò che offre ai suoi cittadini, ci basterebbe.

    Luka
    L’Europa deve promuovere i valori morali, non permettere o supportare certi atteggiamenti degradanti per l’uomo. Deve proteggere i giovani. È una sorgente culturale, che può offrire cose migliori di quanto non possano fare altri paesi che non ne fanno parte. Ma l’Europa non è unicamente «Unione Europea»: i politici, le istituzioni, noi tutti siamo Europa, e se chi ne sta a capo non vuole crescere, né migliorare, allora dobbiamo farlo noi giovani unendo le forze.

    DOMANDA
    Quale responsabilità voi sentite verso l’Europa? Quale sentite essere la responsabilità dell’Europa verso il mondo?

    RISPOSTE
    Guglielmo
    Dobbiamo essere i primi testimoni di un atteggiamento di accoglienza e di rispetto verso l’altro di cui l’Europa necessita.

    Andrea
    La nostra prima responsabilità è quella di «esserci», di prendere a cuore questa complessa realtà, che è la nostra realtà. Partecipare, interessarsi, protestare quando qualcosa non va, se vogliono cancellare le nostre radici cristiane e privarci dell’anima, per esempio. «We care», ci interessa! Questo dobbiamo dire con la nostra vita. La responsabilità dell’Europa verso il mondo è «essere» promotrice di dialogo, di capacità di confronto e accoglienza. È difendere quello che i nostri antenati ci hanno lasciato, anche ricordando a tutti che siamo di passaggio in questo mondo. C’è una frase che spesso mi fa riflettere: «Non abbiamo ereditato il mondo dai nostri padri, lo abbiamo in prestito dai nostri figli».

    Lisa
    Termini troppo generici. Puoi chiedermi le mie responsabilità verso la nostra piccola comunità, il mio paese, ma verso l’Europa è troppo. Direi: non violare il regime di visti, non recare fastidio a nessuno.
    Dell’Europa verso il mondo? Vedo piuttosto un ruolo strategico: mantenere l’equilibrio tra gli Stati Uniti e la Cina.

    Luka
    La mia responsabilità è essere un onesto e buon cittadino. Reponsabile nella famiglia, nel lavoro e nella società. L’Europa deve aiutare gli altri continenti, specialmente l’Africa, a diventare solidi, e la via migliore è investire nell’educazione e nella sanità. Se un gorno le nazioni europee sono state coloniali, adesso devono diventare sostenitori dello sviluppo.

    Fernando
    L’Europa ha la responsabilità di aiutare gli europei a tessere una rete di volontariato per lo sviluppo e la ricostruzione delle zone più sfavorite, anche di quelle al di fuori dell’Unione (America, Asia, Medio Oriente, Africa).
    I giovani europei devono essere difensori dei loro valori umano-cristiani: pace, rispetto, ricchezza interculturale, e non sentirsi portabandiera di nessuna cosa, ma operai della «società europea». L’Europa ha inoltre la responsabilità di facilitare l’evoluzione interiore ed esteriore, umana ed economica dei suoi cittadini, serbando il massimo rispetto per tutte e ciascuna cultura, lingua e concezione.

    Agnieszka
    La mia responsabilità nei confronti dell’Europa è utilizzare le possibilità che mi offre, portando avanti la cultura del mio paese, come opportunità di ricchezza per la cultura europea.
    La responsabilità dell’Europa verso il mondo credo sia trasmettere la propria storia avendo cura delle antichità, per essere visitata e ammirata.
    Non di meno ritengo necessario salvaguardare i diritti umani e i principi cristiani.

    DOMANDA
    Quali possibili sfide alla pastorale giovanile dall’essere «cittadini europei»?

    RISPOSTE
    Guglielmo
    Una pastorale unitaria che formi partendo dagli stessi principi e che sia ispirata dalla stessa spiritualità, incarnata nelle diverse culture, per arrivare al medesimo obiettivo: formare buoni cristiani e onesti cittadini europei.

    Cristiana
    Penso che possano essere colte almeno due sfide. La prima nasce dalla diffusa convinzione che la modernità richieda di relegare Dio alla sfera del privato. Il cittadino europeo si (pre)occupa di diritti, economia, pacifica convivenza, ma deve mettere Dio in un angolo. È questa la sfida: presentare la fede come qualcosa che travalichi le opinioni personali.
    La seconda sfida è rivolta alla fede fai da te: il sincretismo religioso, per cui dal crogiolo di tolleranza, compassione, benessere psico-fisico, viene fuori una religione tagliata sulle esigenze del giovane cittadino europeo. Una fede che offre molto e chiede poco, che si nutre di emozioni e grandi eventi, ma che non penetra il quotidiano.

    Luka
    La pastorale giovanile deve educare a riconoscere ciò che è buono e ciò che non lo è, e per riuscire, sforzarsi di capire cosa significhi per noi giovani diventare «cittadini europei». Soffro nel constatare che la chiesa a seconda delle diverse aree europee è più o meno presente e/o visibile.

    Fernando
    Ciò che è fondamentale pastoralmente per i giovani sono i valori umano-cristiani. Il giovane è «audiovisivo», ha bisogno cioè di ascoltare e di vedere nell’immediato.
    È qui che deve agire la pastorale: stimolare all’approfondimento, spiegare i perché della vita a poco a poco nella misura in cui il giovane va prendendo coscenza di sé. Sono fondamentali l’accompagnamento e la vicinanza di animatori o educatori che illuminino nel cammino, impegno che se diventa proprio di una «pastorale europea» porterà a ognuno enormi vantaggi evangelici e pastorali.

    Andrea
    La pastorale giovanile ha un compito grande e arduo: creare un «sentire» e un linguaggio comune. Oggi siamo ancora lontani da questo. Ci sono paesi in cui «pastorale giovanile» non vuol dire niente, o è semplicemente identificata con questo o quel movimento, con questa o quella realtà locale o particolare. Ci sono parole come «animatore» o «educatore» che per alcuni racchiudono un mondo, e per altri suonano vuote.
    La pastorale giovanile deve accogliere, aprirsi, per tornare al cuore della sua missione.

    Lisa
    L’Europa sta perdendo le proprie radici cristiane. È in questo che secondo me consiste la maggiore sfida della pastorale giovanile, nel far capire ai giovani che l’Europa non può esistere senza fede, che i processi di globalizzazione sono OK se non dimentichiamo da dove siamo venuti e sappiamo dove stiamo andando.

    Angela
    Vedo grandi sfide vocazionali. Quanti ragazzi potrebbero essere meravigliosi testimoni e apostoli in un mondo che ha bisogno di forze che oltre a lavorare sappiano pregare. Credo che la pastorale giovanile debba puntare molto sul lavoro di ogni singola nazione. Non dico che il cammino europeo deve essere fermato, perché nei cuori dei giovani sentirsi parte di qualcosa di grande è un incentivo a non demordere, ma ritengo si debba valutare il passo che ogni nazione è in grado di sostenere realmente.

    DOMANDA
    Cosa la Chiesa e il Cristianesimo possono apportare di originale alla costruzione di un giovane cittadino europeo?

    RISPOSTE
    Fernando
    Aspetti vitali come la costruzione del Regno di Dio, che potrebbe trasformarsi per i non cristiani nella costruzione di una nuova società e umanità; o il fatto di vivere la vita con la maiuscola, come Gesù di Nazaret, appoggiando i più poveri e mettendosi al loro posto. Non di meno la capacità di impegnarsi per gli altri, di confidare nel fratello, mettersi al suo posto, essergli sostegno nel cammino. È importante anche educare alla coerenza con se stessi, a valorizzare il positivo nell’altro, ad andare più in la delle personali abitudini e credenze. Infine, valorizzare le persone, soprattutto curandone la dimensione lavorativa, sessuale, di coppia, accogliendo ogni giovane uomo così com’è, perché trovi pace e perdono. E tutto ciò guardando a Dio come «datore della vita», fonte ispiratrice del bene e dell’amore, vale a dire sentendolo molto, molto vicino.
    Agnieszka
    È difficile dare una risposta.
    Se il mondo va avanti, la chiesa non può aggrapparsi a regole vecchie, a credo stantii o finiremo per perdere la fede ed essere totalmente guidati dal denaro e dalla trasgressione. Talvolta sono veramente confusa. L’Europa per me ha sempre rappresentato la storia, l’antichità, i principi, cose per cui valga la pena morire: l’amore, l’umanità, il grande passato. Oggi questa stessa Europa deve guardare al futuro senza dimenticare il passato, e così anche la chiesa deve attuare una connessione tra passato e presente, parlare ad alta voce, opporsi alle catttive abitudini del progresso, spiegarci perché.

    Luka
    La chiesa dà ai giovani la possibilità di crescere e trovare un’identità nella società. Noi non dobbiamo dimenticare che l’Europa è costruita su fondamenti cristiani, anche se sembra che l’Unione Europea lo stia dimenticando dal momento che si parla di escludere tali radici dalla costituzione.

    Andrea
    La consapevolezza che solo in Cristo c’è Via, Verità e Vita, è questo il fondamento della cristianità, è questo che può e deve guidare ogni giovane cittadino europeo nel proprio sforzo di apertura, dialogo, incontro per la costruzione di una società più giusta e umana.

    Lisa
    Mamma mia, che domanda difficile! Di originale-originale, cioè di nuovo-nuovo, niente. A meno che l’essere «persone» non sia diventata una cosa originale per la nostra società. Per me il cristianesimo deve essere la base su cui costruire l’identità individuale e collettiva.

    Guglielmo
    La Chiesa europea necessita anzitutto di unità al proprio interno. Una Chiesa divisa è testimone di divisione e incentivo alla divisione. In un’epoca di edonismo e relativismo la Chiesa deve essere modello di verità.

    Cristiana
    Non so se si possa indicare un elemento di originalità, credo però che in un periodo di esperienze decisive, di incontri importanti come quello della giovinezza, sia l’incontro con Cristo, a cambiarti la vita a donare pienezza all’esistenza. La Chiesa è il luogo in cui si realizza questo incontro, che non resta virtuale, ma diventa concreto, se vissuto come esperienza, scelta, conversione, impegno, vita. Questo incontro incide sulla mia identità, come risposta personale, libera, attiva, mi porta alla realizzazione di ciò che sono. Cosa si può offrire di più ai giovani?

    Angela
    Di originale? «Buoni cristiani e onesti cittadini», uno slogan detto e ridetto: che ne pensate se riuscissimo anche a viverlo?

    Hanno partecipato al dibattito:

    Agnieszka, 26 anni, insegnante, Polonia, Cracovia.
    Andrea, 34 anni, ingegnere, Italia, Prato.
    Angela, 30 anni, statistico, Italia, Cisvago (Varese).
    Cristiana, 33 anni, studente lavoratrice, Italia, Lecce.
    Fernando, 27 anni, insegnante, Spagna, La Coruña.
    Guglielmo, 30 anni, laurea in legge, educatore, Italia, Catania.
    Lisa, 25 anni, studente universitaria, Russia, Mosca.
    Luka, 28 anni, studente, Croazia, Zagabria.

    Grazie a ognuno di loro.


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