Orizzonte giovani /9
Domenico Cravero
(NPG 2014-01-4)
Il Rapporto Giovani 2013, presentato nel volume La condizione giovanile in Italia (Il Mulino, 2013) riferisce i dati dell'indagine promossa dall'Istituto Toniolo su un campione di 9000 giovani italiani dai 18 ai 29 anni. Questa ricerca è dedicata ai “Millennials”, i giovani divenuti maggiorenni nel XXI secolo, una generazione che si affaccia alla vita adulta e che raramente è oggetto di analisi e di proposte.
Il frutto di questo lavoro è uno strumento che gli operatori della pastorale giovanile, gli educatori e le famiglie delle nostre comunità non dovrebbero perdere. La conoscenza che si ricava dall’ascolto attento dei giovani, infatti, è condizione indispensabile per correggere valutazioni superficiali o errate e rinnovare l’azione pastorale negli oratori e negli ambienti di vita dei giovani. Nei loro confronti abbondano, invece, i luoghi comuni di pronto utilizzo che risparmiano la fatica del pensiero. Si parla spesso dei giovani utilizzando quasi immediatamente immagini di passività, a volte di svogliatezza o anche di fuga di fronte alle responsabilità. La ricerca dell'Istituto Toniolo disconferma puntualmente questi pregiudizi, restituendo una fotografia del mondo giovanile che chiede agli adulti e alle famiglie l’assunzione delle loro responsabilità. Interpella subito quindi anche le comunità parrocchiali.
Il primo elemento che emerge dai dati e che interroga la pastorale giovanile è la constatazione che i giovani sono pochi. La percentuale di giovani italiani è tra le più basse (solo il 10% degli abitanti del nostro paese è compreso tra i 15-24 anni). Le condizioni di vita con cui le nuove generazioni sono chiamate a misurarsi sono, invece, di estrema difficoltà come la mancanza di lavoro, la caduta dell’orizzonte della speranza, la frammentazione della vita quotidiana. In questa precarietà i giovani vivono come in uno stato di emarginazione perché non si sentono trattati equamente, né invitati e aspettati dagli adulti.
Sono pochi anche i giovani credenti e praticanti. La ricerca descrive uno scenario in rapida trasformazione, dove l’appartenenza religiosa si fa sempre più diversificata e rarefatta. Assistiamo, infatti, a un tracollo dell’adesione di fede: i giovani che si dichiarano cattolici passano dal 2004 (ricerca Iard) al 2010 (ricerca coordinata da R. Grassi) dal 66,9% al 52,8%. Anche i dati della ricerca Toniolo confermano questo trend: è cattolico il 55,9% del campione (il 61,2% delle ragazze vs. il 50,7% dei maschi). Il Nord-Est è il più in crisi con il cattolicesimo (45,5% vs: 65,9% del Sud). In tutto il Nord, i giovani che si dichiarano cattolici sono sotto la soglia del 50%.
Con il diminuire dell’età i giovani tendono a dichiarare la loro fede con minore frequenza e ad assumere maggiormente una posizione di negazione o di dubbio. Questa tendenza già si avverte nell’adolescenza (secondo i dati dell’indagine promossa dalla diocesi di Fidenza nel 2013) dove gli atei agnostici passano dal 9,1% dei tredicenni al 26,2% tre anni successivi, per scendere al 19,4 nei diciottenni. Questo dato, oltre a confermare il progressivo allontanamento dalla religione cattolica, descrive anche un processo legato all’età evolutiva: alla messa in discussione dell’adesione religiosa, succede una maggiore consapevolezza, con la maturazione adolescenziale.
Aumentano così i giovani cristiani che professano una fede convinta, che partecipano ogni domenica alla messa (15,4%), che accompagnano la pratica religiosa con l’impegno sociale, con attività di servizio e di volontariato. Questi dati insieme al numero di risposte che documentano la riscoperta da parte dei giovani di forme devozionali come i pellegrinaggi e le processioni, rendono evidente un modo di vivere la fede, che passa attraverso l'esperienza personale e richiede un coinvolgimento emozionale e non solo intellettuale [1].
Paradigmatica a questo proposito continua a essere la “riuscita” delle Giornate mondiali della gioventù.
Nella disaffezione verso la chiesa cattolica, sono in crescita quelli che dicono di non credere (15,2%) o si dichiarano agnostici (7,8%) oppure sostengono di essere religiosi ma di non fare riferimento ad alcuna fede (10%). La categoria dei “non credenti” sembra quindi rimandare non tanto a una dichiarazione militante di ateismo, quanto piuttosto una sorta d’indifferenza rispetto alle forme tradizionali di religiosità.
La religione oggi non sembra in grado di dare identità ai giovani. Le nuove generazioni fanno fatica a incontrare il Vangelo, a riportarlo alla loro vita, a identificarsi nella parrocchia, negli oratori, nell'associazionismo, istituzioni nelle quali non riescono sempre a trovare indicazioni realistiche per la loro vita.
Una possibile conclusione da trarre da questi primi dati è che è necessario rinnovare o creare luoghi di accoglienza e di accompagnamento che aiutino i giovani nella costruzione della loro identità, che possano favorire la difficile composizione di una vita frammentata e senza futuro attorno alla speranza del vangelo, per vivere la fede come incontro personale e considerare la vita intera come vocazione. Il cammino religioso dei giovani è sempre meno dettato dall’appartenenza e sempre più frutto di un percorso personale. I giovani hanno bisogno di sentirsi ascoltati e chiamati e dalla comunità cristiana.
La pastorale giovanile cerca di aiutare il giovane a chiedersi il perché della sua pratica religiosa (o del suo abbandono), per fare luce sulle motivazioni di fede e sviluppare consapevolezza e maturità.
Era questo il richiamo costante di papa Benedetto XVI quando chiedeva ai giovani di “conoscere quello che si crede”, di comprendere la fede con la stessa passione e precisione con cui si coltivano gli hobby o ci si affida alla scienza. È indicativo che i dati della ricerca non riportino differenze nei dati sulla credenza religiosa per quanto riguarda l’incidenza del titolo di studio. La consapevolezza intellettuale non nuoce alla fede.
La religione deve però ritrovare il fascino del mistero. Una fede troppo basata sull’insegnamento non può più essere proposta, se non diventa esperienza, anche emozionale. Il primato dell’espressione di sé sulla riflessione e sul pensiero è una sfida da raccogliere, per dare della fede un’immagine che conservi tutto l’incanto della bellezza e della verità, in una forma accessibile a tutti. Questo vale anche per i giovani che già frequentano le comunità. Come i loro coetanei, essi vivono momenti di disorientamento o di crisi religiosa, spesso non trovano il nesso tra gli insegnamenti ricevuti nella catechesi e la risposta da dare alle domande che li inquietano. A volte non sembrano avere neppure i parametri per capire l’importanza di ciò che è ritenuto indispensabile a un’autentica vita cristiana (ad es. la centralità dell’eucaristia domenicale).
Il nuovo corso avviato da papa Francesco – la cui popolarità tra i giovani è molto alta – è come una mano tesa dalla chiesa alle nuove generazioni. D'altra parte, papa Francesco è il primo a spingere le parrocchie a un'azione missionaria più decisa.
NOTA
[1] Dati e riflessioni si possono trovare sul portale dedicato www.rapportogiovani.it