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    Formazione dei laici e pastorale giovanile



    Egidio Viganò

    (NPG 1988-03-62)


    Il mio apporto si riferisce ad un aspetto: l'importanza di una «Pastorale giovanile» per arrivare alla formazione di un valido laicato.

    Dimensioni comuni differenziazioni specifiche

    Prima di addentrarsi a precisare le distinzioni (e anche per approfondire rettamente) è necessario insistere su ciò che è comune. La grandezza e la dignità cristiana sta per tutti nell'essere figli di Dio, membra del Corpo di Cristo e pietre vive del Tempio dello Spirito: le note che distinguono le varie membra fra loro sono orientate a speciali funzioni e servizi a favore della missione.
    In questo senso tutta la Chiesa, nell'armonia delle sue componenti, è il grande Sacramento di salvezza dell'umanità. L'armonia tra le dimensioni comuni e le differenziazioni specifiche che in essa esistono si può esprimere cosí:
    - tutta la Chiesa è «secolare», ma non tutti i suoi membri sono «laici»;
    - tutta la Chiesa è «consacrata», ma non tutti i suoi membri sono «religiosi»;
    - tutta la Chiesa è «contemplativa», ma non tutti i suoi membri sono «monaci e monache»;
    - tutta la Chiesa è «evangelizzatrice», ma non tutti i suoi membri sono «successori degli Apostoli»;
    - tutta la Chiesa è «sacerdotale», ma non tutti i suoi membri sono «vescovi e preti»;
    - tutta la Chiesa è «regale», ma non tutti i suoi membri sono «pastori»...
    Il fatto, per esempio, che tutta la Chiesa abbia una «dimensione secolare», non contraddice né sopprime, bensì esige ed invita ad approfondire il senso peculiare dell'«indole secolare» (LG 31) propria e specifica dei laici. In modo analogo si deve procedere con ognuna delle altre dimensioni nominate.

    UNA PASTORALE GIOVANILE TRA EVANGELIZZAZIONE E EDUCAZIONE

    C'è, dunque, una duplice linea per riflettere sul mistero della Chiesa. Si tratta, però, di due aspetti complementari e mutualmente indispensabili. In quanto alla pastorale a favore dei giovani, nessuno può dubitare di dover scegliere senz'altro la prima linea di riflessione: quella della vocazione comune. La gioventù, infatti, è quella grande porzione del Popolo di Dio che sta crescendo nella vocazione comune in cammino verso le differenziazioni specifiche.
    D'altra parte la gioventù è anche quella grande porzione dell'umanità che sperimenta connaturalmente, in forma simultanea e costitutiva, gli apporti dell'educazione per una sua graduale promozione umana.
    In entrambi questi aspetti giovanili (di vocazione cristiana e di crescita culturale) si costata oggi una novità: non per nulla si parla continuamente (e non solo per i giovani) di «nuova evangelizzazione» e di «nuova educazione».
    I Pastori sono invitati da questa realtà oggettiva a considerare tutta la complessa condizione giovanile, superando l'interpretazione riduttiva e dualista che vorrebbe identificare la pastorale giovanile con la sola «evangelizzazione» e «catechesi». Essa si deve aprire, invece, anche alla pedagogia, perché è sollecitata dalla realtà stessa ad «evangelizzare educando». Basti pensare a quanto devono fare i genitori cristiani con i loro figli.
    Bisognerà perciò saper assumere nell'ottica della pastorale giovanile (secondo le differenziazioni di età e di sesso) anche il complesso problema culturale dell'educazione, se si pretende davvero di rimarginare il dissidio tra Vangelo e cultura. Il compito preciso sarà quello di formare un cristiano che, appunto perché tale, è un qualificato e responsabile cittadino. Nel n. 47 dell'«Instrumentum laboris» si parla di «evangelizzazione e inculturazione»; ebbene, è fin dall'inizio della formazione della gioventù che questo binomio esige di svilupparsi in simbiosi vissuta.
    Il Vangelo deve presentarsi come fermento e meta trascendente della stessa promozione umana dei giovani.

    LINEE PORTANTI PER UN PROGETTO DI PASTORALE GIOVANILE

    Oggi è divenuto ormai necessario elaborare dei progetti di pastorale giovanile che siano pratici e situati.
    In essi converrà assicurare e precisare quali ne saranno le linee portanti:
    - una «spiritualità giovanile» del quotidiano e della festa, che sia vivace e pluriforme secondo i carismi suscitati dallo Spirito, tendente esplicitamente alla santità. Non una spiritualità dedotta aulicamente da principi speculativi, bensì rivolta a modelli di prassi vissuta e che valorizzi i giovani come protagonisti. Essa comporta simultaneamente la cura dell'«interiorità» e dell'«apostolato», promossi gradualmente con una adeguata pedagogia di santità;
    - una «speciale cura delle vocazioni» costruendo un clima e dei contatti utili al discernimento, rilanciando i benefici della direzione spirituale. Dovrebbe essere, questa, una delle più delicate caratteristiche della pastorale giovanile;
    - una «forte sensibilità per la dimensione sociale e comunitaria». Il processo di socializzazione è uno dei grandi segni dei tempi che comporta revisione tanto nell'evangelizzazione che nell'educazione; dà origine a una vera novità nella pratica della virtù cristiane, facendo emergere nuove prospettive di santità;
    - una «competenza pedagogica» per accompagnare i giovani nella loro crescita culturale e nell'avviamento al lavoro. Qui si affaccia tutto il vasto fronte dell'educazione e della scuola (umanista e tecnica) che non può essere alieno alle preoccupazioni e cure dei Pastori;
    - infine (anche se la lista non si esaurisce qui), «un accompagnamento intelligente e pedagogico delle espressioni di allegria», di attività artistica ludica e musicale, proprie della feconda inventiva della giovinezza.

    Uno spazio d'azione per tanti carismi

    È opportuno, in particolare, far risaltare che lo Spirito Santo, principio animatore della vita della Chiesa, ha privilegiato di fatto questo settore della pastorale suscitando numerosi carismi a favore della gioventù. Sembrerebbe ovvio che tutti, nel Popolo di Dio, considerassero con più attenzione queste iniziative dello Spirito, discernendone i valori, apprezzandone le originalità, rispettando l'assegnazione dei loro spazi di azione. Oggi, una pastorale giovanile aggiornata esige dialogo sia dei carismi fra loro, sia soprattutto, dei carismi con i Pastori: esige anche una certa elasticità «inter- e super-parrocchiale», particolarmente nelle metropoli, per adeguarsi più realisticamente alla condizione giovanile concreta.
    In conclusione, la formazione dei laici è davvero una grossa sfida che presuppone urgentemente l'elaborazione di progetti concreti d'intervento pastorale.
    È stimolante quanto afferma l'«Instrumentum laboris» al n. 33: «in un certo senso - dice - allo stato di vita laicale sono ordinati gli altri due» (quello sacerdotale e quello religioso); come a dire che nella pastorale bisogna puntare assai di più sui laici.
    Il Concilio ci ha messi di fronte a un'impostazione quasi capovolta della Chiesa: prima, si consideravano collocati sulla frontiera il clero e i consacrati; adesso, con la visione del Popolo di Dio fermento dell'umanità, siamo invitati a prender nota che sulla frontiera deve operare appunto il laicato; pur riconoscendo che «da altri punti di vista - come dice il testo citato - allo stato presbiterale e allo stato religioso sono a loro volta ordinati gli altri».
    Questo riferimento e questo simbolo si vedono ancor più chiari nel caso della pastorale giovanile: i Pastori, i religiosi e gli stessi laici adulti sono chiamati a considerare le loro differenziazioni specifiche come ordinate a curare, orientare, promuovere e assicurare i valori della vocazione comune nei giovani perché in loro vadano crescendo e maturando le varie vocazioni, soprattutto quella di laici ben formati.
    Invece di disinteressarci o di sentirci scomodi con i giovani, dovremmo ricordare, con un po' di umore, quanto diceva con furba acutezza il famoso artista Picasso, già entrato in anni: «Per imparare ad essere giovani ci vuole molto tempo!»... come a dire che Pastori, religiosi e laici adulti dovrebbero accorgersi di possedere, per la saggezza degli anni, un prezioso diploma che li abilita ad aiutare pastoralmente la gioventù!


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