Papa Francesco e i giovani - Pensieri ricorrenti /12
Cesare Bissoli
(NPG 2018-06-58)
Si può dire che la relazione di Papa Francesco con i giovani non è soltanto pastorale (nel senso di essere oggetto del servizio dei Pastori nella Chiesa), ma la vedo inserita dentro una relazione esistenziale, ove il Papa rispetta i giovani nella loro libertà, avanza proposte vitali e comunica con vivacità di metodo, mentre costoro corrispondono con atteggiamenti di larga presenza quando sono invitati, di ascolto intelligente e critico, di ammirazione.
Tutti i giovani dicono sì al Papa? No, se si volesse paragonare il loro consenso a quello dato al cantante di turno o alla squadra del cuore. Ma il livello è ben più profondo. Indagini sul campo segnalano una stima e fiducia verso la sua persona che va sugli 80%. Si mostra apertura e attenzione alla sua visione di vita che va più in là di singole proposte particolari; è anche vero che si avverte un silenzio serio, come di fronte ad una concezione di realtà (Dio, uomo, morale, società…) che affascina, ma è difficile, e quindi richiede di pensare prima di decidere, come dopo la semina nel campo: occorre saper attendere la fioritura. Vi è pure una parte di ‘lontani’ che normalmente non partecipano ai raduni, ma stando al di fuori sono colpiti dai gesti del Papa verso gli "ultimi" (poveri, immigrati, carcerati, malati…), ma i loro interessi sono altrove. Più che contrari paiono essere indifferenti, o meglio - per restare nella parabola - sono in attesa del buon seminatore.
Precisiamo ancora di più il modo di sentire e agire di Papa Francesco in questi ultimi tempi. Sottolineo due tipi di eventi. Primo e continuo è l’immancabile incontro con i giovani nei viaggi apostolici. Di recente andrebbero riletti i discorsi fatti loro in America Latina (Cile, Perù). Si potrebbe parlare, in quelle regioni di forti cambi sociali, di un ‘manifesto’ per la gioventù: il guardare decisamente il domani e di avere il coraggio di costruirlo con l’energia del vangelo e delle loro risorse interiori.
Un secondo evento quanto mai originale, anzi inedito, nella sua natura si va delineando in relazione al prossimo Sinodo dei giovani: I giovani, la fede e il discernimento vocazionale (ottobre 2018). Papa Francesco ha voluto una sorta di pre-sinodo effettuato dai giovani stessi. Due dati sono da rimarcare: un questionario nel 2016-2017, inviato a tutte le chiese e a cui esse hanno debitamente risposto, sulla realtà giovanile in relazione al tema. Successivamente, nella settimana prima della domenica delle Palme di quest’anno 2018) si è realizzato un vero e proprio pre-sinodo con una presenza fisica di oltre 300 partecipanti di tutto il mondo e di migliaia di altri on line. Il materiale raccolto andrà a costituire il cosiddetto” strumento di lavoro” che farà da guida ai Padri sinodali. Appare chiaro un preciso scopo: è volontà del Papa che si faccia un sinodo non tanto sui giovani, ma per i giovani e anzi con i giovani essi. Qui la semina del vangelo si distende a tutto campo. Si profila una sfida ardita da cogliere con gioia e trepidazione.
In verità, al di là di Giovanni Paolo II nessun Papa ha mai avuto verso i giovani simpatia, fiducia e speranza come Francesco.
Insomma, “che cosa vede il papa quando pensa a un giovane?”. È la domanda che è stata fatta di recente a Francesco da parte di un giornalista in un bel libro-inchiesta: Dio è giovane (Piemme 2018). Ecco alcune righe della sua risposta:
“Vedo un ragazzo o una ragazza che cerca la propria strada, che vuole volare con i piedi, che si affaccia sul mondo e guarda l'orizzonte con occhi colmi di speranza, pieni di futuro e anche di illusioni. Il giovane va con due piedi come gli adulti, ma a differenza degli adulti che li tengono paralleli, ne ha sempre uno davanti all'altro, pronto per partire, per scattare. Sempre lanciato in avanti. Parlare dei giovani significa parlare di promesse, e significa parlare di gioia. Hanno tanta forza i giovani, sono capaci di guardare con speranza. Un giovane è una promessa di vita che ha insita un certo grado di tenacia; ha abbastanza follia per potersi illudere e la sufficiente capacità per poter guarire dalla delusione che ne può derivare. Non si può parlare di giovani, poi, senza toccare il tema dell'adolescenza, perché non bisogna mai sottovalutare questa fase della vita, probabilmente è la più difficile e importante dell'esistenza. L'adolescenza segna il primo vero contatto cosciente con l'identità e rappresenta una fase di passaggio nella vita non solo dei figli, ma di tutta la famiglia; è una fase intermedia, come un ponte che ci porta dall'altra parte della strada (…).
È la prima rivoluzione del giovane uomo e della giovane donna, la prima trasformazione della vita, quella che ti cambia così tanto da stravolgere spesso anche le amicizie, gli amori, la quotidianità. Quando si è adolescenti, la parola "domani" difficilmente si può usare con certezza. Probabilmente anche da adulti dovremmo essere più cauti nel pronunciarla, soprattutto in questo periodo storico, ma mai come da adolescenti si è consapevoli dell'attimo e dell'importanza che riveste. L'attimo per l'adolescente è un mondo che può stravolgere anche tutta la vita, si pensa probabilmente molto più al presente in quella fase che in tutto il resto dell'esistenza. Gli adolescenti cercano il confronto, domandano, discutono tutto, cercano risposte. Mi preme sottolineare quanto sia importante questo discutere tutto. Gli adolescenti sono desiderosi di imparare, per potersela cavare e diventare autonomi, ed è in questo periodo che gli adulti devono essere più comprensivi che mai e cercare di dimostrare la giusta via con i comportamenti, senza pretendere di insegnare solo a parole (...).
L'adolescenza non è una patologia e non possiamo affrontarla come se lo fosse. Un figlio che vive bene la propria adolescenza – per quanto difficile possa essere per i genitori – è un figlio con futuro e speranza. Mi preoccupa spesso la tendenza attuale a "medicalizzare" precocemente i nostri ragazzi. Sembra che si voglia risolvere ogni cosa medicalizzando, o controllando tutto, con lo slogan "sfruttare al massimo il tempo", e così l'agenda dei ragazzi diventa peggio di quella di un grande dirigente. Insisto: l'adolescenza non è una patologia che dobbiamo combattere. Fa parte della crescita normale, naturale nella vita dei nostri ragazzi vita c'è movimento, dove c'è movimento ci sono cambiamenti, incertezze, c’è speranza, c’è gioia, e anche angoscia e desolazione” (pp. 16-19).