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    «Non lasciatevi rubare la speranza»


    La GMG di Rio de Janeiro 2013 e il dopo

    Cesare Bissoli

    (NPG 2013-08-05)


    Ho partecipato pressoché a tutte le Giornate Mondiali della Gioventù (GMG), a partire da Roma 1985 [1] fino a questa di Rio. Ho accumulato una serie di esperienze fatte di sensazioni sempre molto intense che sono maturate in riflessioni,[2] e successivamente in convinzioni che qui intendo esprimere, partendo da una domanda che dopo ogni GMG mi viene rivolta: “Che cosa pensi di tutto ciò?”. Più precisamente e sostanziosamente: “In una lettura globale, che cosa dona e cosa richiede alla pastorale giovanile (= PG) una GMG, questa GMG?”.
    Cerco di rispondere non facendo cronaca (pur arricchendola), ma mettendo a fuoco una serie di punti che ritengo più significativi per operatori di PG.
    Chi ha seguito l’evento anche solo in TV, ha ricevuto una indimenticabile impressione dagli atti (atteggiamenti, gesti, pensieri e parole) di Papa Francesco e dalla visione di Copacabana riempita di giovani. In verità nessun canale mediatico può sostituire l’esperienza vissuta in prima persona lungo diversi giorni. Per cui chi della GMG intende parlare deve fare lo sforzo di conoscerla dal di dentro. In ogni caso corrispondenze televisive e giornalistiche di tutto il mondo, già per il fatto di essere mondiali, hanno evidenziato lo spessore valoriale dell’evento, apportando continue informazioni minute fino al folklore. La testata di Avvenire ha garantito - durante e dopo l’evento - una prospettiva adeguata per comprendere siffatti avvenimenti nella loro radice di Chiesa. Tanti richiami di tipo spirituale e pastorale sono stati inviati e vengono ripresi dai Vescovi per le loro diocesi. Molti giovani poi in questi mesi stanno esponendo - ne facciamo cenno - la loro testimonianza sostanzialmente positiva, spesso entusiasta sul giornale cattolico e ancora più nelle loro comunità. È auspicabile che dopo dodici GMG di questo livello si affermi un dialogo ‘critico’ intra- ed extra-ecclesiale, capace di discernimento di luci e ombre, per maturare il seme religioso e di umanità che viene così largamente gettato.[3]

    1. I TRE ATTORI (PIÙ UNO) CHE FANNO LA GMG

    Inevitabilmente la GMG viene sempre letta - e mai come oggi - con una rimarcata polarizzazione ‘papale’ , cioè come evento in cui il Papa fa da protagonista. Protagonista certo lo è, ma la GMG non è un unilaterale avvenimento pontificio, ma semmai - e nel caso di Rio appare ancora più vero - è l’avverarsi di un incontro tra Papa e giovani, in cui si manifesta il ruolo assolutamente non secondario di questi, stante anche l’imponenza numerica che a Rio ha superato ampiamente il milione e ha rotto le strettoie di paralleli, meridiani e fusi orari, mettendo insieme gioventù di centinaia di paesi.
    Terzo attore protagonista è il contesto: immediatamente carioca (la città di Rio), nazionale (il Brasile) e più estesamente latino-americano che in Francesco veniva ad incontrare il suo primo Papa.
    Come elementi di contesto - cui si rischia di passare sopra - vanno compresi i pastori (oltre un migliaio tra Vescovi, presbiteri e religiosi/e), che possono apparire come elementi di secondo piano eppure sono fondamentali nel farsi dell’evento.
    Vi sarebbe - anzi c’è - un quarto attore, o meglio il regista nascosto di tutto l’evento, lo Spirito Santo che aiuta a comprenderne il significato radicale proprio della fede.
    Ne faremo cenno più avanti.
    In sintesi, la GMG si mostra così come un incontro multipolare, in cui si stabilisce una relazione vitale a modo di rete: il Papa verso i giovani; i giovani verso il Papa; il contesto in cui l’uno e gli altri si incontrano. I tre poli, pur con diverso spessore, si reggono e parlano a vicenda. Vediamone alcuni aspetti che ritengo più significativi.

    «Non fatevi rubare la speranza»
    Il Papa Francesco verso i giovani

    Sottolineo i seguenti punti.

    - Che il Papa sia personaggio essenziale di ogni GMG - almeno finché è così concepita - fa parte della identità di questa iniziativa, voluta - come è noto - da Giovanni Paolo II, per cui ogni GMG è una ‘piazza s. Pietro’ dilatata ad udienza planetaria. Veramente i giovani che nei loro paesi sentono parlare del Papa e magari alcuni - ben pochi - riescono ad incontrarlo, ora tutti diventano interlocutori diretti, fisicamente, sia pur nei limiti inevitabili di ogni evento. Il Papa è lì per loro, essi sono lì per incontrare il Papa. Egli non passa sulle loro teste con un bel discorso, ma passa in mezzo loro con la sua corporeità, quasi a chiedere ospitalità ad ogni ragazzo. Si può dire che la sua prima parola è lo stesso incontro, faccia a faccia, uno per uno, se potesse. Per questo, per sua specifica volontà, le corsie devono restare libere per la sua modesta Papamobile, in modo da vedere e lasciarsi vedere da ciascuno con voluta lentezza (non senza qualche rischioso assembramento, anche per colpa e merito del Papa stesso!).
    “A me piace stare con i giovani” ha detto di recente ai giovani di Piacenza.
    La GMG è un’udienza, un appuntamento concordati da almeno due anni e che ora si fa. Non lasciamoci sfuggire questo predominio della relazione interpersonale, perché vi sono sottintesi alcuni utili stimoli per la PG in ogni Chiesa locale: il Papa intende e quindi vuole l’incontro con le giovani generazioni come momento sostanziale del suo servizio petrino, in quanto esse sono già nell’oggi risorse indispensabili di Dio per la Chiesa e per l’umanità. Sono la loro speranza (e non solo della Chiesa).
    ”Non fatevi rubare la speranza”, è diventato un suo leitmotiv centrale.
    Non si mancherà di notare che questa centralità dei giovani non significa esclusività di essi. Viene opportunamente alla memoria un duplice dato: il bacio del Papa ai bambini, così frequente a Rio, cioè ad una categoria che precede il mondo giovanile (qui calcolabile tra i 16-30 anni), come pure l’insistente richiamo di attenzione agli anziani (a partire dal ‘nonno’ - così da lui citato - Benedetto XVI!). Ne deriva una visione globale integrata delle fasi di vita di una persona e l’invito ad un dialogo intergenerazionale nel momento che si fa dialogo con i giovani.
    In terzo luogo, notiamo che Papa Francesco ha fatto assai più cose che incontrare direttamente i giovani. Tale incontro è avvenuto nel quadro di intensi contatti con la Chiesa locale di Rio e di tutta l’America latina (vedi il pellegrinaggio al Santuario dell’Aparecida), e poi in concreto negli incontri con malati, drogati, carcerati, abitanti delle favelas, come pure con Vescovi, sacerdoti, religiosi nella cattedrale di Rio, e anche con le autorità civili. Tutto ciò potrebbe apparire a qualcuno come un occupare il tempo in attesa della veglia del sabato sera e della messa conclusiva la domenica. In realtà così agendo Papa Francesco ha finito con il dare un orizzonte più ampio e adeguato a questi giovani del mondo, configurando la GMG come pellegrinaggio verso il mondo degli ‘altri’ , specie dei poveri: esso costituisce il mondo della Chiesa.
    A me pare che non di rado nella nostra PG sia debole il respiro dei grandi orizzonti concreti di Chiesa e di umanità così come li vede il Papa. Non sarà anche motivo dell’insoddisfazione giovanile verso l’annuncio di fede? [4]
    - Merita ricordare, sia pur con un solo un cenno, tanto è evidente e quanto mai istruttivo, lo stile del Papa nell’incontro con la gente (giovane). Come abbiamo appena accennato, è riassumibile in un affetto sincero, che si manifesta in un atteggiamento di stima, di fiducia, di riconoscenza, di compassione, di speranza, da cui scaturisce l’invito ad un serio impegno di vita secondo il Vangelo.
    Nulla vi è di smanceria (“un Papa senza piedestallo”, è stato detto) e di esibizionismo (“dobbiamo essere normali”, ha spiegato ai giornalisti in aereo nel ritorno, a proposito della sua borsa contenente il breviario e oggetti personali). In realtà traspare anche dal sincero sorriso del volto una sentita condivisione dei problemi altrui (l’abbraccio di Francesco al ragazzo drogato come è avvenuto a Rio è un vero abbraccio!) che si intreccia con l’incoraggiamento a cambiare, a crescere, ad essere contenti.

    “A me piace di stare con i giovani”
    (Papa Francesco ai giovani di Piacenza).
    “Mi piace questo Papa perché mostra di essere contento di vederti”
    (un giovane dopo Rio).

    L’attenzione alla singola persona, l’amore incoraggiante che manifesta, la sobrietà dei gesti bene dicono la personalità di Papa Francesco verso i giovani. Si può ben dire che il profilo del padre educatore, alla scuola di S. Ignazio, viene alla luce per intero.

    - Un altro aspetto della relazione tra questo Papa e i giovani non può essere dimenticato: non tanto che egli parli di Dio, ma il modo con cui ne parla, quale ‘catechismo dei giovani’ egli vada formulando.
    Anche solo la lettura dei quattro grandi discorsi ai giovani - l’incontro di apertura del giovedì sera, la meditazione alla fine della via Crucis il venerdì, l’intervento della veglia e l’omelia della domenica conclusiva - mettono in rilievo gli assi portanti della fede che ricorda e propone ai giovani. Non vi è nulla di diverso da quanto Papa Francesco dice nei suoi interventi a tutti, ma con una tonalità peculiare per il mondo giovanile.
    Ricordiamone i tratti essenziali:
    * Tutta la realtà (umana) è sovrastata, preceduta, penetrata, animata, ri-animata dall’amore misericordioso di Dio. Questo è l’ultimo, insuperabile orizzonte e clima in cui ogni uomo - in quanto persona umana, senza preclusione di razza, di pelle, di religione, di cultura, di benessere - è coinvolto, sollecitato, atteso. Questo amore in verticale e fontale richiede alla persona una corrispondenza di amore in orizzontale. Amare è dunque dono e comandamento primario.
    * Gesù ne è la testimonianza centrale vivente, colui che attualizza la misericordia di Dio. ”L’io sono con voi, con te” (cf Mt 28, 28).
    * A tale centro - e dunque alla vita come amore ricevuto e trasmesso - si arriva a partire dalle ‘periferie esistenziali’ , dagli ultimi, dai meno-uomo (poveri, disabili, marginali…). Questo è il vangelo di Gesù da sperimentare e portare agli altri.
    * Si vorrà notare che si tratta ben più di un compito etico, ma di celebrare il sacramento dell’amore di Dio nella carne di Gesù sofferente nei poveri. In questa intersezione tra amore di Dio e amore all’uomo in Gesù nasce e vive la Chiesa (la preghiera, i sacramenti, il magistero, l’istituzione, un prezioso contributo ‘politico’ alla polis umana senza mai diventare un partito).[5]

    - Si tratta di una comunicazione di Papa Francesco cui oggi si riconosce l’essenzialità espressa con totale semplicità, per cui si comprende intellettualmente e affettivamente quanto egli annuncia (ricordiamo il suo modo di facilitare il suo discorso in tre punti).
    Vedo come specifica tonalità giovanile, ben trasparsa a Rio, un tratto che sintetizzo in “incoraggiamento missionario”.
    Dire e dare ‘incoraggiamento’ ai giovani significa esprimere una visione paradossale, conturbante e insieme dinamicamente positiva, costruttiva. Stupisce che ad un mondo giovanile che ha di fronte a sé il futuro si debba parlare di futuro come fase della vita in cui avanzare e da cui non scappare o sedersi a lato lasciandosi trasportare da correnti culturali ed esistenziali. In effetti, proprio il mondo della droga che Papa Francesco volle incontrare e liberare a Rio diventa cifra simbolica di un futuro paralizzato. La parola ‘speranza’ traduce concretamente l’amore di Dio in Cristo per il giovane in situazioni difficili. Non dimentichiamo, a scanso di equivoci potenziati da superficiale entusiasmo, i diversi interventi del Papa, tra cui il discorso della Via Crucis, da cui traspare che la GMG a Rio è avvenuta nelle gravi contraddizioni di una metropoli dove il rischio dell’ingiustizia, della violenza, dello scarto, dell’esclusione sono tangibili. E Rio non è da sola, fa da specchio del mondo!
    Coniugare giovinezza e speranza comporta nel linguaggio del nostro Papa il triplice impegno di non avere paura del futuro, ma di entrarvi in compagnia di Gesù nel suo corpo ecclesiale; di avere il coraggio di andare controcorrente rispetto alla proposta suggestionante di ‘piccole speranze’ che da ogni parte si accendono e spengono; di assumere l’impegno della missionarietà, come diceva il motto di questa GMG: “Andate e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19).
    Cosa vuol intendere il Papa con questo impegno? Ne esce una collana di indicatori che sollecitano in particolare movimenti giovanili, presenti anche a Rio: il Vangelo non va imposto, ma proposto; la credibilità che suscita accoglienza sta anzitutto nella testimonianza credibile di chi ne parla; il dialogo, e non la pubblica ostensione, magari clamorosa della propria identità, ha la forza persuasiva della missione evangelica; la ricchezza in umanità che proviene dalla fede fa da controprova della validità del proprio credere in Dio; il giovane è il testimone necessario per altri giovani; realizzando l’opzione preferenziale per i poveri, ‘naturalmente’ (avverbio reso consueto da Papa Francesco).
    L’ormai celebre “Non lasciatevi rubare la speranza”, nel vivace e denso contesto sopra esposto, esprime il pilastro portante della relazione del Papa verso i giovani. E si traduce operativamente nel trinomio: “Andate, senza paura, per servire” lanciato nell’omelia conclusiva.

    «Sta qui la gioventù del Papa»
    I giovani verso il Papa

    Quello ora citato era il grido frequente dei giovani, in particolare latino-americani, grido che udito all’unisono nell’immensa spiaggia di Copacabana suscitava non piccola impressione. Lo ritengo rivelativo della relazione che questo immenso comprensorio manifestava verso il Papa. Non senza una precisazione importante cui sono arrivato nella mia riflessione. Mentre l'atteggiamento del Papa verso i giovani era univoco, quello di cui abbiamo parlato a grandi linee, l’atteggiamento dei giovani era di sua natura vario e molteplice. Ebbene una cosa, anzi due, si sono manifestate comuni e costanti: al Papa venne espresso un consenso totale e globale, in clima di intensa affettività ma anche di intelligente ascolto e comprensione del suo pensiero; e ciò si radicava su una scelta di fede che antecedeva l’incontro e che ognuno di questi ragazzi portava in sé, sia pur con la varietà di condizioni personali [6]. Ma qui precisiamo alcuni aspetti di questa relazione giovanile verso il Papa, toccando i seguenti punti.
    - Conoscendo la complessità di eventi come questi e la dinamica che vi soggiace (vedi più sotto), si possono appurare certe linee di tendenza.
    Così nell’atteggiamento tanto entusiasta dei giovani è lecito vedere segni di simbolizzazione mitizzante, come avviene verso il grande cantante, il celebre atleta, l’attore di successo. L’entusiasmo si fa creativo, soggioga l’attenzione, suscita profonde emozioni, crea linguaggi nuovi, fatti più di gesti che di parole, così come può facilmente svanire se mancano motivi più profondi. Tale esperienza è più facile per le giovani generazioni, le quali, non avendo una più matura esperienza umana e religiosa, vivono il grande evento con un approccio altamente proiettivo commisurato sui propri gusti. Si è parlato di papolatria, espressa da una vorticosa ‘torcida’ fatta di canti, applausi e danze.
    Ma ciò non esaurisce adeguatamente la percezione che questi giovani hanno avuto dell’evento, tanto più alta era l’età dei partecipanti: per l’Italia l’età media superava i 18 anni; per il Brasile e dintorni era inferiore anche ai 16 anni. Era proprio questo genere di minori a fare maggiore ‘chiasso’ , per usare la parola impiegata da Giovanni Paolo II alla GMG di Roma 2000. Resta vero che proprio di questo Papa si sottolinea la tendenza alla ‘demitizzazione’ , all’assenza di ‘piedestalli’ , a quella che lui chiama ‘normalità’ .
    - Ma non era il fuoco del puro entusiasmo emotivo a reggere questa relazione dei giovani con Papa Francesco. Da non sottovalutare, per giudicare correttamente le intenzioni, sarebbe il fatto della grossa spesa e relativi sacrifici inerenti al viaggio, all’inserimento e agli spostamenti (ogni GMG è una marcia continua!) di tanti partecipanti anche tra i latino-americani. Non si fa ciò a cuor leggero, senza una causa seria che lo meriti.
    Ma soprattutto va considerato il comportamento che io chiamo ‘disciplina dell’ascolto’ , all’interno e all’esterno.
    * All’interno, cioè a livello di atteggiamento spirituale, di coscienza, ha colpito e continua colpire l’ascolto silenzioso, continuato e consenziente rispetto alle parole del Papa (e dei Vescovi nelle loro catechesi), a Rio, come a Roma. E si tratta di messaggi forti, che esigono propositi, non da un solo giovane, o da pochi, ma contemporaneamente da milioni di giovani. Mi ha impressionato l’accettazione di fare in silenzio l’adorazione del Santissimo (nella veglia di sabato), di pregare insieme, di rispondere a domande precise di impegno e di invocazione che a loro venivano richieste.

    “La Veglia di Copacabana, (eravamo) sulle rive dell’oceano, stretti come sardine, ma quando il Papa ha esposto il Santissimo Sacramento, sono rimasto senza fiato al vedere milioni di giovani che si buttano in ginocchio di fronte all’umile segno del Pane, in un silenzio incredibile” (Marcello).
    “Non dimenticherò mai - dice un autorevole osservatore - il Papa che nella veglia del sabato dice ai giovani che, per fare formazione, dobbiamo pregare, ricevere i sacramenti e amarci gli uni gli altri. Ci ha fatto ripetere tutti e tre questi concetti e poi ha aggiunto: ‘Non ve ne dimenticherete, vero? Domani ve ne ricorderete?”.

    A ciò si accompagnava un sincero clima di fraternità e di pace stabilito fra giovani così diversi eppure così reciprocamente accoglienti.
    * All’esterno, cioè nella quotidianità, va rilevato un comportamento che ritengo in coerenza con quello interiore. Intendo dire il rispetto delle cose, degli ambienti, dei semafori sulla strada, dei luoghi di incontri, delle file per il bagno, senza sporcare per terra… Fin qui non mi è dato di sapere di fatti criminosi succeduti.
    Insomma è lecito arguire che una sostanza di fede reggeva la gioia eppur faticosa di questi ragazzi.
    Purtroppo i grandi mezzi di comunicazione, in particolare la stampa laica, che pur hanno riportato con simpatia l’evento, non sono stati capaci - o non hanno voluto - mettere in risalto le ragioni di fede sia pur confuse che animavano questi giovani. Ed erano oltre due milioni, da nazioni numerose quanto l’assemblea delle Nazioni Unite. Perché non dare giusta, pubblica rilevanza alla fede di giovani da cui si aspetta molto per il futuro?
    - Completeremo la verità ora affermata di una fede giovanile in Gesù Cristo come anima della GMG di Rio, se riconosceremo con schiettezza - come faremo più avanti - la condizione critica in cui oggi il mondo dei giovani vive la componente religiosa. Non attribuiamo a Rio l’effetto miracolistico di una fede ritrovata da tutti una volta per tutte, ma nemmeno dimentichiamo la testimonianza che da Rio deriva, e cioè che vi sono giovani credenti sul serio, giovani che vogliono essere tali, in tutte le parti della terra, pur in un mare di debolezze e in non poca confusione. È in questa prospettiva che leggo il grido controverso: “Sta qui la gioventù del Papa”. Si noti che Papa Francesco non ha mai citata questa espressione né si è avvalso di essa. Sarebbe stato più contento se si fosse detto: “Sta qui la gioventù di Cristo”, grazie anche al Papa, alla GMG, in una parola, grazie alla Chiesa di sempre.
    In conclusione sarebbe erroneo, pur nel clima intenso di canti e di festa, che a qualcuno potè apparire eccessivo, paragonare Rio ad una Woostock cattolica.
    Un ultimo significativo particolare: questa GMG ebbe a svolgersi nella simpatia di altre confessioni cristiane, ebrei e musulmani.
    Nessuna parola invece dal vasto fronte delle comunità carismatiche fuori della Chiesa cattolica così numerose in Brasile.

    “Rio, città meravigliosa ”
    Il contesto della GMG

    Se non si deve sopravvalutare l’incidenza ambientale in eventi come il nostro, nemmeno si può dimenticare il colorito che contrassegna ogni esperienza di GMG. Pur nel nome dello stesso Gesù e alla presenza del Papa, altro fu l’incontro a Buenos Aires (1987), a Santiago de Compostela (1989), a Czestochowa (1991), a Manila (1993), a Denver (1995), a Parigi (1997), a Roma (2000), a Toronto (2002), a Monaco (2005), a Sydney (2008), a Madrid (2011). Rio si è proposta con la qualifica con cui si presenta abitualmente al mondo, e a giusto titolo: Città meravigliosa.
    Per quello che ci riguarda, evidenzio tre aspetti: logistico, relazionale, operativo.
    - Rio ci ha ammaliato con la sua affascinante bellezza, tra i monti e l’oceano, tra la spiaggia di Copacabana e il tempio calcistico del Maracanà, tra il grandioso Cristo del Corcovado che abbraccia la città e il Pan de Azucar che ce ne dà il panorama, tra l’ardita, moderna Cattedrale a canne d’organo colorate e l’intenso Centro della metropoli contornato da grattacieli e splendide chiese. Proprio in questo territorio avvenne il nostro incontro, per nulla rovinato da qualche momento di pioggia e di freddo, sempre abbellito dallo splendore di ambiente.
    Però diversamente da ciò che avviene con i turisti, Rio non volle nascondere all’attenzione del Papa e dei giovani le proprie ferite rappresentate dalle numerose favelas. Tra esse Papa Francesco, come il santo di cui porta il nome, fattosi personalmente e affettuosamente presente, si chinò a fasciare le ferite, rimarcando frequentemente il vero profilo di una GMG come scuola di giustizia e di carità.
    - Ancora più in profondità, contributo di Rio è stata la generosa accoglienza e ospitalità data da famiglie e istituzioni anche civili. E tra i poveri della periferia e della favelas più ancora che nelle zone ricche!
    “Qui le famiglie sono come il Cristo del Corcovado: sempre con le braccia spalancate” (un giovane).
    È l’esperienza che ha colpito intensamente i tanti giovani che l’hanno sperimentata. Merita sottolineare la cordialità sorridente dei carioca, la benevolenza dei passanti, la gentilezza dei tassisti e anche la pazienza di fronte ad un mare di giovani in continuo movimento.
    “Ho trovato famiglie brasiliane stupendamente accoglienti, sempre disponibili, che ti facevano sentire come se fossi loro figlio. Già il fatto di mettere a disposizione la loro casa, di condividere la loro quotidianità era bellissimo. Ma a colpirmi è stata soprattutto la loro fede, una grande gioia di vivere” (Paolo).
    Questo va detto di fronte a qualche pur giusta critica alla gestione del traffico, alla mancata realizzazione dell’area prestabilita per la veglia e l’Eucaristia finali, alla non adeguata dislocazione degli schermi giganti…
    - In terzo luogo attribuisco al contesto di Rio, concretamente alla Chiesa local, un doppio merito.
    * Il merito di offrirsi come comunità ecclesiale vivace, calda, esuberante nelle tante iniziative religiose, educative, di carità verso i poveri… Come ebbe a dire l’Arcivescovo di Rio Mons. O. J.Tempesta responsabile in capo della GMG: “Mi auguro che i pellegrini della GMG si rendano conto che Rio non vive solo di calcio, di samba e di divertimenti, ma anche e soprattutto di fede nel vangelo e di opere di carità”.
    * Più da vicino, va ricordato il merito di un’esecuzione delle diverse celebrazioni che dobbiamo dire esemplare. Con questo aggettivo intendo certamente la correttezza dei riti, ma soprattutto la partecipazione totale delle persone, dove anche il corpo e i suoi gesti sono coinvolti, con un’attuazione vivace, allegra, in un canto continuo, in forma ‘danzante’ , per stare alla tradizione della samba, il cui ritmo finì con l’investire anche Vescovi con mitria in testa!
    Il vero, il bello e il buono si sono fusi in splendida armonia, come per sé appartiene alla liturgia e ad ogni espressione religiosa genuina.
    Due annotazioni di osservatori sul posto che condivido in pieno.

    Quanto alla Via Crucis del venerdì, “le stazioni non si sono esaurite in memoria del passato, ma sono state espressioni vive di ambientazione carioca. Ogni stazione è stata legata ad una particolare problematica che i giovani affrontano nel giorni di oggi, dalla droga, alla disoccupazione, alla solitudine. Tutte le stazioni sono state commoventi, molto semplici e toccanti e credo che abbiano parlato a giovani in un modo in cui la Chiesa di solito non parla a loro”.
    Quanto alla veglia del sabato sera è stato detto: “È stata una delle veglie più potenti a cui io abbia mai assistito. La musica era perfetta e colma di preghiera; tutto era al posto giusto: musica, simboli, testimonianze, adorazione, il messaggio del Santo Padre. È stata davvero una notte in cui Dio è stato adorato sulla spiaggia di Copacabana”.

    2. UN SEGRETO DELLA GMG: LE MICRO-GMG

    Si vuol qui richiamare una componente da sempre della GMG, fin dalla sua nascita, cui si presta poca attenzione. Cerco di spiegarmi. Se pongo la domanda di quali siano le ragioni di successo di questa GMG come delle precedenti, la risposta è adeguata se si considerano più livelli di esperienza e se ne specificano i motivi. Concretamente, in misura più appariscente e universale, la prima ragione sta nell’incontro con il Papa in forma così straordinaria, cioè nel clima coinvolgente ricco di emozioni accennato sopra.
    Ma se ciò fosse l’unica ragione, il cosiddetto successo avrebbe le gambe deboli per durare, sarebbe paragonabile al fuochi di artificio della festa patronale. E per certuni sarà stato proprio questo, un evento che provoca saudade, nostalgia, più che speranza.
    In realtà la GMG dovrebbe essere - secondo gli ideatori - come una costruzione piramidale, il cui vertice è nella suddetta manifestazione con il Papa, ma la cui base è più larga e consistente. Qui si innesta una quadruplice esperienza, che noi Italiani ad esempio abbiamo incominciato a riconoscere. Do ad essa il nome di micro-GMG.
    - A monte sta la preparazione alla GMG nelle singole comunità. Di essa, in ambito di PG in Italia, si è parlato a lungo, sul versante certamente economico, ma soprattutto spirituale, stabilendo una rete fra chi andava a Rio e chi restava in comunità, cercando in molti casi una partecipazione in contemporanea, tanto da far dire che sono stati più i giovani a fare la GMG in Italia che a Rio. E nel ritorno da Rio ha fatto seguito certamente una relazione dettagliata (chissà con quante foto!) e la volontà di un rinnovato percorso di PG. Ne facciamo cenno nel punto finale.
    - Una seconda micro-GMG è stata rappresentata per diverse comunità giovanile dalla cosiddetta settimana missionaria (o nome analogo) presso varie Chiese del grande Brasile, segnatamente nell’ambito del Nord-est e dell’Amazzonia.
    Da quanti vi sono stati, comune è il giudizio: è stata un’esperienza impressionante di fede e di umanità. Si trattava di vivere alcuni giorni con il missionario, magari oriundo della propria regione, andare a incontrare la gente povera (bambini, malati, anziani), parlare e fare festa con loro, accettare la loro ospitalità povera di risorse, ma così ricca di cuore da far venire le lacrime agli occhi. Per diversi di questi giovani, questo soggiorno rese la GMG indimenticabile e duratura. Pare essere una tendenza che si afferma sempre più: togliere la GMG dall’isolamento del puro incontro con il Papa, inserendolo in una più ampia e concreta esperienza di Chiesa (locale), facendo gemellaggio fra diocesi.[7] Questa esperienza viene abitualmente proposta prima della GMG come tale. A Rio molti gruppi hanno voluto realizzare tale incontro dopo la GMG con l’ardore suscitato da questa.

    “Durante la settimana missionaria abbiamo incontrato una Chiesa di popolo che alle 7 del mattino di domenica gremisce la grande Chiesa madre di Maricà e canta a squarciagola le lodi del Signore, celebrando un’Eucaristia che da noi rimane un pio desiderio soprattutto a quell’ora. I nostri ragazzi sono coinvolti, si sono sentiti soprattutto amati. Questo fa la differenza. (Era) una gioia che nasceva dalla stessa fede e si esprimeva in mille attenzioni. Ritornati la sera a casa della famiglia che ci ospitava, trovavi un biglietto sul letto che diceva: ’Ringrazio il Signore che siete nella mia casa - eravamo in 14 - voi siete per noi una benedizione’ . I ragazzi che dimoravano in alcune famiglie delle favelas trovavano una festa organizzata per loro in strada, con musiche, balli e cena carioca” (Marcello).

    - Terza esperienza di micro-GMG, io credo assai efficace, ma di cui parla poco, sono state le catechesi fatte ai vari gruppi nazionali dai propri Vescovi, in diverse chiese e luoghi della città nei tre giorni di mercoledì, giovedì, venerdì. Il tutto comprendeva il discorso del Vescovo (ogni volta un Vescovo diverso) sul tema della GMG, quindi su argomenti centrali della fede in Gesù Cristo con tonalità missionaria, cui faceva seguito l’Eucaristia, in un tempo largo dalle 9 alle 12.[8]
    Ho sempre voluto partecipare a queste catechesi, accompagnando un Vescovo. Posso dire con molti altri testimoni che questo intrattenimento catechistico è di grande utilità, praticamente indispensabile per diverse ragioni: fa da trait d’union e approfondisce il messaggio del Papa, tra l’altro occupando saggiamente gli spazi altrimenti vuoti in attesa dell’incontro con lui; si ascolta la Parola nella propria lingua, con amici della stessa comunità di provenienza e insieme si viene a contatto, magari per qualche giorno, con gruppi di altre comunità (ad esempio Milano e Palermo) che non si vedono mai; vi è la possibilità di un dialogo libero con il Vescovo su quanto aveva detto (esperienza forse unica nella abituale vita del giovane); il clima è di partecipazione fortemente creativa e festosa, anche musicalmente; si offre l’occasione preziosa di un legame più intimo fra giovani e il proprio Vescovo che meglio vengono a conoscersi e stimarsi (devo attestare la cura affettuosa della quarantina dei Vescovi italiani intervenuti verso i propri ragazzi).[9]
    Aggiungo infine che io ero presente anche per esercitare il ministero della confessione assieme al altri preti (e confessando anche loro), sacramento purtroppo dimenticato in casa nostra e qui largamente frequentato e in diversi casi ‘ci voleva’ ! Il che motiva ulteriormente il valore di questo inserto catechistico nelle GMG. Ritengo che proprio da questa esperienza si dovrebbe partire per riflettere sul ‘dopo Rio’ e assimilare il messaggio e l’incontro con Papa Francesco. Ne facciamo cenno nell’ultimo punto.
    - Quarta esperienza di micro-GMG intendo vederla in quelli che vengono chiamati movimenti ecclesiali. Indubbiamente godendo di una specifica preparazione, potevano svolgere nella GMG di tutti una riflessione peculiare secondo il proprio carisma. Così è stato per il MGS (movimento giovanile salesiano) nell’isola di Niteroi, casa madre dei figli di Don Bosco in Brasile, per gruppi di Azione Cattolica, Gioventù francescana, Focolarini, CL, Opus Dei…, e - secondo tradizione - più numeroso e appariscente è stato il Cammino neocatecumenale, con la presenza di Kiko che potei salutare personalmente.
    In quest’ ottica di settore va menzionata la preziosa presenza di religiosi/e dei vari istituti con i propri giovani[10].
    Questo discorso sui movimenti e in generale sull’opera dei religiosi/e è qui detto in rapidi cenni, ma il suo spessore formativo non va comunque trascurato. Resta da valutare con opportuno discernimento la relazione in termini di dare e di avere di queste realtà ecclesiali con la GMG di tutti. Esiste il rischio di procedere con una certa separatezza.

    3. QUALE PROCESSO DI EVANGELIZZAZIONE

    La presente riflessione sulla GMG di Rio era partita dalla domanda sulla ragione del suo eventuale, poi mostratosi reale, ‘successo’, domanda che del resto vale per ogni altra GMG, ancora in vita dopo quasi 25 anni! E quindi quale contributo può venire ad una PG.
    Parto da una risposta unitaria, che ha per riferimento ultimo il mistero dell’Incarnazione della Parola di Dio che si realizza nell’evento, entro cui si intrecciano le diverse componenti divina e umana senza confusione e divisione, ma in sostanziale unione e interazione. In quest’ottica che è insieme teologica e antropologica, la nostra riflessione ha fin qui fatto un percorso che ha cercato di mettere in rilevo la relazione a rete fra gli attori principali della GMG: Papa, giovani e contesto, segnalando le diverse pratiche in grande e in piccolo, per tutti i giovani e per diversi gruppi. Chiaramente in questa rete - nella logica dell’Incarnazione - il regista e protagonista assoluto è lo Spirito Santo inviato dal Padre a nome di Gesù e della sua Chiesa.
    Ne è sortito un processo di evangelizzazione giovanile veramente cattolica, universale e obbligata ad essere ‘nuova’ per essere incisiva. Di essa vanno evidenziate le dinamiche soggiacenti a livello umano e divino.

    «In tanti, insieme, in festa»

    Il volto umano di ogni GMG, segnatamente questa di Rio, si può ricondurre - grazie ad una attenta analisi di ordine psicosociale - ad un dinamismo mosso da tre fattori fra loro strettamente interagenti: essere in tanti - esserlo insieme - esservi con festa.

    In tanti
    È esperienza comune che un avvenimento tanto più si manifesta grande e capace di coinvolgimento quanto più sono le persone in gioco. Questo avviene in una partita di calcio nello stadio, al concerto di una star, a manifestazioni vaste come marce per la pace… Attendendo a questo parametro una GMG ne esce facilmente vittoriosa[11].
    Il grande numero ha infatti la possibilità di amplificare le esperienze di pochi, rendendo più facili i pesi da sopportare, garantendo una maggiore adesione all’evento, incrementando in certo modo la verità dell’esperienza, giacché - come è stato detto - “in tanti come siamo, Gesù, il Papa… appaiono più credibili”.

    Insieme
    Per sé la terra (il continente, la nazione, il paese, la comunità parrocchiale) è fatta di tante persone, ma finché non si incontrano, restano separate e pur suonando magari la stessa musica (lo stesso Padre Nostro), non si sentono reciprocamente uniti, si conoscono per fotografia. Ma se un filippino, un indio dell’Amazzonia, un tedesco di Germania, quel mio compagno italiano di Canicattì, in particolare la presenza di ragazzi e ragazze insieme, se tutti noi facciamo la stessa cosa, diciamo di sì a Dio, riceviamo Cristo nell’ostia, consentiamo a Papa Francesco, ci salutiamo lungo la strada scambiandoci magari un ricordino, allora si manifesta con più solidità il legame che ci accomuna, si resta incoraggiati nel fare cose difficili, si gusta finalmente il proprio essere Chiesa come esperienza cattolica.
    “Le code interminabili per salire in cima al Corcovado diventavano occasione per conoscersi, raccontare la propria esperienza anche a perone appena incontrate” (Angelo).
    È questo un segreto di Rio e delle GMG nel mondo: tanti si spingono a mettersi insieme e l’essere insieme spinge ad essere in tanti. È una caratteristica di ogni GMG: si parte con degli iscritti ufficialmente relativamente pochi e cammin facendo - complice internet - diventano il doppio fuori ogni iscrizione!
    La GMG di Rio insomma è stata un lampo di cattolicità giovanile che dovrebbe continuare come orizzonte nel piccolo mondo antico delle proprie provenienze, stimolando anzi quello che sta capitando con i giovani di oggi: oltrepassare le frontiere, magari per un volontariato.
    Piccola nota: si dà il caso non raro che lui e lei in una GMG si sono conosciuti e legati in matrimonio!

    In festa
    “Alla GMG di Rio ho visto il flash mob più grande del mondo” afferma un giovane.
    Confesso che non sapevo nulla di questa esibizione, ma quando l’ho vista fare in omaggio di Papa Francesco poco prima della Messa finale, sono rimasto incantato. Era il segnale in pieno stile brasiliano della grande festa che coinvolse non solo il gruppo degli esecutori, ma i giovani nell’immensa spianata di Copacabana, autorità civili, e anche Vescovi (e forse qualche cardinale) là sul palco. Una GMG non attira tanti a stare insieme se non per una ragione di gioia, di allegria che si traduce in festa.
    La liturgia della festa, sempre bene guidata dall’attonito e felice cerimoniere Mons. Marini, si traduceva così in una festa della liturgia.
    Ma tutta la GMG era percorsa dal fremito di un’allegria festosa, resa manifesta anche dai contenuti del kit dato ad ogni membro: copricapo, zainetto, bandiera… Momenti di festa si levavano nelle catechesi del mattino, nell’incontro tra italiani nello stadio di Maracanãzinho, nelle famiglie di accoglienza, lungo le strade. Certamente faceva da incentivo la venuta a Rio di tanti giovani, ma indubbiamente vi soggiaceva la gioia nell’incontrare Papa Francesco e il mondo di valori che egli veniva dicendo, con quel suo instancabile incoraggiamento sulle note della bontà anzi della tenerezza di Dio, della speranza, del dare agli altri - genuino atto missionario - la gioia ricevuta per sé.
    Lo stesso Papa via twitter scrisse: "Che festa indimenticabile di accoglienza a Copacabana! Dio vi benedica tutti!”.
    Questa esperienza intende sollecitare che ogni incontro fra i giovani, e dunque una PG, abbia il volto della festa, inevitabilmente alternativa (”controcorrente”, è il ritornello del Papa), senza alcol, droghe, violenze ed eccessi vari, ma sorretta da creatività, musica e buon gusto, coinvolgendo finalmente i non inclusi.

    «Il vento (lo Spirito) soffia dove vuole» (Giov 3, 8)

    A Rio la GMG, come altre volte, è nata, elaborata, proposta per essere vissuta come esperienza fondamentalmente religiosa, cristiana, ecclesiale. È la componente divina, spirituale dell’evento umano che stiamo descrivendo. Tento di evidenziarla richiamando alcuni tratti di quella che possiamo chiamare “spiritualità della GMG”.
    Li riconduco a tre.

    Un’esperienza di radicalità evangelica
    Questa GMG - e analogamente ogni altra - per come è stata strutturata, alla luce dell’impostazione che ha voluto darvi Papa Francesco (e prima di lui Papa Benedetto) spinge a maturare un’opzione di fede che sia ‘radicale’ , quasi a partire da capo, a fare propria quella essenzialità semplice cui Francesco richiama continuamente i cristiani, sapendo che tale radicalità non solo è oggettivamente corrispondente alla Parola di Dio, alla nuova evangelizzazione, ma corrisponde al desiderio di autenticità che il mondo giovanile chiede alla Chiesa perché sia credibile. In questo rinnovamento evangelico, Papa Francesco include Maria di Nazaret, non come figura decorativa, ma testimone primaria. Ed è una donna!

    “Dieci giorni in Brasile assieme a milioni di pellegrini di ogni cultura, razza e colore tutti riuniti da Papa Francesco a Copacabana per essere riconfermati nella fede: già a dirla così, alle orecchie risuona come qualcosa di meraviglioso, ma la vera scoperta per chi come me ha potuto fare questa esperienza in prima persona è l’occasione di un incontro ‘ radicale’ , per usare un termine caro e usato dal Papa, un incontro capace di rivoluzionare la vita. Papa Francesco durante la GMG ha ripetutamente poste domande concrete ai giovani, interrogativi solo apparentemente innocui, ma dando una risposta sincera a questi, determiniamo la nature la qualità della nostra vita, ‘e voi chi dite che io sia?’” (Angelo).

    In quest’ottica la GMG vuol essere un battesimo ritrovato.

    Un’esperienza di ecclesialità veramente universale
    Questa Chiesa è sentita ‘difficile’ da non pochi giovani.
    “Non capisco davvero come si faccia a fare quello che la Chiesa dice di fare quando molti in Chiesa non fanno quello che dicono” (un giovane).
    È la voce amara di un giemmegino, che serpeggia come diffidenza in tanti giovani. Rio vi ha risposto creando la solida rete relazionale che abbiamo visto, comprensiva della verticale del Cristo a braccia spalancate così bene espressa dal Corcovado e insieme comprensiva dell’orizzontalità espressa dall’abbraccio sincero di Papa Francesco, dei Vescovi e preti, e dell’intero popolo di Dio, stando al centro l’Eucaristia, il mondo dei poveri e la volontà di fraternità e di pace universale. Allora l’essere “in tanti, insieme, in festa” non è solo constatazione, ma vocazione ad essere e sentirsi Chiesa. Una Chiesa che si trova vera perché serve. Rimane emblematica la bellissima scena - trasmessa davanti a Papa Francesco nella veglia finale - di ri-costruzione della Chiesa da parte di S. Francesco nel 1200.
    Diventa icona profetica per oggi, giacché alla fine, smontando i pezzi, ognuno ne portava via uno per rifare la Chiesa dove lui vive.
    A Rio potè riaccendersi la fiducia nella Chiesa come ‘sacramento’ dell’incontro con Gesù Cristo.
    Il primo passo è stato fatto pensando che la Chiesa è il Papa Francesco; resta il secondo, capire che Papa Francesco è compreso compiutamente dentro tutta la Chiesa, fatta nuova dai giovani.

    Un’esperienza di missione
    “Andate e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19) è stato il motto di questa GMG detto in mille modi, con parole, gesti e con il bell’inno della Giornata. Non era solo volontà di fedeltà al leitmotiv del giorno, ma lo sviluppo della radicalità evangelica, secondo cui ‘tu hai ciò che dai’ , rimarcando così quanto si avverte acutamente oggi nell’impegno di nuova evangelizzazione, cioè cristiani lo si è condividendo con altri la visione di fede e di vita del vangelo. Si tratta di un mettersi in missione con specifiche connotazioni sottolineate dal Papa: dire Gesù Cristo portatore della misericordia di Dio per ogni uomo; per questo la Chiesa deve ‘uscire sulla strada’ dove vive la gente; i giovani sono indispensabili per incontrare altri giovani e comunicare l’ispirazione evangelica; la missione è animata dall’amore di tenerezza; con un’apertura di mente e di cuore oltre i propri esclusivi e sovente provinciali e piccoli interessi; muovendo dalle ‘periferie esistenziali’ , dal mondo dei poveri, dei piccoli, degli anziani; dei disabili, degli emarginati, favorendo un cambio anche nell’ordine sociale; facendo leva sulla speranza come matrice di un futuro migliore; non avendo paura di andare ‘controcorrente’ nell’ordine delle idee e della prassi, facendo ‘casino’ (parola ardita per dire sovvertimento di un dis-ordine costituito) e non subendo la ‘cultura dello scarto’ , ‘senza paura, a testa alta, senza mai farsi rubare la speranza e senza toglierla agli altri’ .

    “Ha detto Papa Francesco nella veglia di sabato, dopo un impressionante dialogo con la folla: ‘Vi chiedo di essere costruttori del mondo, di mettervi al lavoro per un mondo migliore. Cari giovani, per favore, ‘non guardate dal balcone la vita’ . L’originale espressione di Papa Francesco descrive bene il rischio di questa generazione: guardare la vita attraverso uno schermo video, facendola scorgere senza viverla veramente, costruendo relazioni solo virtuali. Immergersi nella vita con speranza e voglia di comunicare il Vangelo, fonte di gioia e di amore vero e gratuito, credo sia stato il sentimento di tutti alla fine di questa grande GMG” (D. Angelo, Comunità di S. Egidio).

    4. E ADESSO? UN SEGNO DEI TEMPI SU CUI RIFLETTERE PER DECIDERE

    Non prolungo il discorso, ‘moralizzandolo’ in un minuto elenco di doveri da fare, poiché non credo immediatamente trasportabile l’esperienza di Rio nel qui e ora di un quartiere di Roma o di un paesino degli Abruzzi o di una comunità vietnamita. È invece possibile mettere a fuoco alcuni indicatori generali che in questo grandioso ‘segno dei tempi’ (è a mio parere la categoria complessiva più attinente per interpretare una GMG) lo Spirito affida alla sua Chiesa e a persone di buona volontà che siano sensibili al mondo giovanile.
    Enuncio brevemente una sequenza di tali indicatori, servendomi anche di cose già dette, ponendomi nell’ottica di una struttura pratica operativa che è l’ufficio o servizio di PG ai diversi livelli.[12]

    Una responsabilità ecclesiale

    Da quanto fin qui detto, tenuto conto dell’imponenza dell’evento, resta vero che senza una seria riflessione sul ‘dopo Rio’, svanisce quanto ‘durante Rio’ è stato così intensamente celebrato, lo si imprigiona in esperienza di pochi fortunati, e si lascia in disparte il numero dei più. In quest’ottica di dovuta trasmissione, per l’Italia diventa quanto mai utile, se non, indispensabile la guida del Servizio Nazionale per la PG nel seno della CEI. Non perdiamo l’occasione.[13]

    Un cammino di crescita nella fragilità
    Partiamo da un dato realistico che fa stare con i piedi per terra e - come abbiamo già accennato - pone la GMG fuori di un evento mediatico miracolistico, un toccasana risolutivo della fede, la garanzia di una raggiunta maturità giovanile, senza evidentemente negare l’incidenza libera dello Spirito del Signore, alla luce di quanto abbiamo già accennato e accenneremo.
    Dunque quanto al cosiddetto ‘successo’ della GMG di Rio, viene anzitutto da dire ad alta voce, perché forse noi adulti lo dimentichiamo, che esistono cristiani che sono giovani e su tutta la faccia della terra; non si può però affermare che tutti i giovani hanno percepito e vissuto la proposta allo stesso modo, in intensità e serietà, o che ogni ragazzo - specie se minorenne - abbia avuto chiaro il senso e la portata dell’esperienza, o che non vi sia nessuno che non sia tornato da Rio stufato e forse deluso...
    La GMG è da leggersi come un “campus fidei” (era così denominato il luogo dell’incontro finale) bene commentato dal Papa, cioè come un potenziale di grazia paragonabile alla ricca semina del vangelo in terra buona. Per tantissimi vi è stata una piena disponibilità aperta a produrre il 100%, per altri il 60% o il 30%, per qualcuno poco o niente (cf Mt 13, 1-23.44-45). Dunque la GMG va considerata come opera di semina, certamente straordinaria, ma non è una piantagione di alberi già fatti, maturi nei frutti, è semmai la promessa assicurata di qualcosa di autenticamente cristiano per giovani del sec XXI.
    “Sono certo che il seme cade in terra buona, che voi volete essere terreno buono, cristiani non part-time, ‘inamidati’ , di facciata, ma autentici. Sono certo che non volete vivere nell’illusione di una libertà che si lascia trascinare dalle mode e dalle convenienze del momento. So che voi puntate in alto, a scelte definitive che diano senso pieno alla vita. Gesù è in grado di offrirvi questo” (dalla Veglia).
    Si comprende l’urgenza che a Rio segua un ‘dopo Rio’ nelle proprie comunità. Del resto tanti giovani lo stanno attendendo, disposti ad impegnarsi.

    “Sono tornato a casa pieno di questa bellezza, desideroso di farne esperienza ancora e sempre più con le persone che avrò accanto e quindi desideroso che l’esperienza di questi giorni a Rio, diventi un paradigma per la mia vita, qualcosa a cui guardare per poter non smarrite quella pienezza” (Angelo).

    Una pastorale della rete

    Una lezione imperdibile che la GMG porta con sé è la scelta di relazione in rete. L’abbiamo ampiamente evidenziato, ritenendola chiave di volta del ‘successo’ : relazione del Papa (Vescovi, presbiteri, animatori) con i giovani e reciprocamente, e dunque dei giovani fra loro e con il contesto cristiano e umano. In verità la relazione a rete fra persone con il caldo tono dell’accoglienza generosa e solidale è stata l’anima di questa esperienza pastorale mondiale. La ritengo un rinnovato, essenziale contributo per una PG che funzioni. In Italia fare rete è diventata, nei piani pastorali, sollecitazione continua. Rio conferma e rilancia.
    Questo comporta che l’incontro fra persone deve avere il primato in PG, con adeguata ‘democrazia’ di rapporto, dove alla persona importante si chiede di essere credibile non per il ruolo che copre (magari con vestiti colorati) ma per mettersi umilmente, lealmente e fraternamente in dialogo, mostrando nei fatti la bellezza-bontà del mistero di Gesù che propone e di una Chiesa (comunità) abitabile.
    Ritengo che la GMG di Rio sollecita uno specifico e permanente interesse verso quattro poli:
    - La figura di Gesù Cristo Signore Risorto: essa costituisce la “luce della fede” (Lumen fidei, titolo della prima enciclica di Papa Francesco), in quanto manifesta l’assoluta misericordia di Dio sul mondo.
    Gesù attesta in se stesso la sintesi di umanesimo evangelico: è la forma compiuta di vangelo umanizzante per una umanità evangelizzata. Merita esplorare come traccia significativa i diversi modi con cui Papa Francesco parla e presenta Gesù.
    - La figura del Papa (Francesco): andando oltre l’impatto della simpatia, va curata la conoscenza del suo magistero parlato e ancora più quello vissuto, con ciò mirando a cogliere le radici evangeliche del Papa nella Chiesa in modo che l’affermata e bene accolta vicinanza lo faccia conoscere in profondità e accettare l’insegnamento.
    Così commentava un esperto, A. Rosina, i dati della felice relazione dei giovani con il Papa (v. nota 6): ”In clima di generalizzata sfiducia verso tutte le istituzioni e la mancanza di figure credibili di riferimento per i giovani, Papa Francesco sembra aver fatto breccia nel cuore delle nuove generazioni… direttamente in sintonia con i giovani, sia nel merito dei temi sia nel modo di trattarli e comunicarli” (Avvenire 20 luglio 2013).
    - Aggiungo anche la necessità che il Vescovo esca dalla penombra di ‘Mister X’ , oggi purtroppo dominante, ma come nella catechesi a Rio conosca i giovani e sia conosciuto dai giovani della sua Chiesa come una persona leale e amica, susciti incontri specifici e il dialogo con loro, si interessi sinceramente dei loro problemi umani (lavoro, scelta dello stato, condizioni di precarietà…), oltreché, beninteso, proporre la visione della fede come risorsa di umanità alla scuola di Papa Francesco, in modo comprensibile, semplice, aperto, gioioso, sereno, paziente…
    Quella telefonata singolare che Papa Francesco fa di tanto in tanto ad una singola persona, magari giovane, come è capitato di recente, richiama la disponibilità che il Vescovo (e analogamente il prete, l’animatore adulto) deve poter mostrare verso il singolo giovane, in tutti gli orari del giorno e della notte! Resta indimenticabile il contatto di Mons. Ablondi con i giovani di Livorno. Proprio il ricordo del Vescovo Alberto mi richiama la qualità missionaria della pastorale giovanile del Vescovo e dei suoi collaboratori. Non dimentichiamo un dato semplice e vero: a Rio (nelle altre GMG) sono venuti giovani che hanno fatto una scelta di fede o sono in tale direzione. Ma la maggior parte della gioventù in Italia, se non è contro, appare aliena. Qui si propone l’invito missionario di Rio di cui i giovani stessi sono stati incaricati verso i compagni, ma a maggior ragione ciò investe chi ha un preciso compito apostolico nei loro confronti.
    - Un’ultima annotazione: a Rio ci fu sì accoglienza cordiale del Vescovo, ma è anche vero che non ho trovato successivamente pubblicate testimonianze aperte di apprezzamento per la catechesi ricevuta né per la persona del Vescovo in quanto tale, come invece si è mostrato ampiamente per il Papa. Ne concludo, anche da altri dati di fatto, che più che un rifiuto dei giovani verso il Vescovo si manifesta una estraneità purtroppo ben consolidata. Il problema va affrontato scopertamente e decisamente - con saggezza e pazienza -, per ricuperare la giusta visione di Chiesa che vi è coinvolta e che mi appare piuttosto in ombra. L’abbiamo detto anche a proposito del Papa: la calda devozione nei suoi confronti deve portare - come lo stesso Papa più volte ha affermato - a capire e volere la Chiesa come corpo totale di Gesù, con il Papa, i Vescovi e ogni cristiano, a partire dai poveri. Evidentemente non è che siano anzitutto i giovani chiamati ad accettare il proprio Vescovo, ma questi deve per primo farsi conoscere e accettare da loro. Sopra ho citato l’esempio di Mons. Ablondi. Credo che abbiamo della strada da fare, nella fiducia.

    «Raccogliete i frammenti…» (Giov 6,12)

    Accogliamo l’invito di Gesù al tempo della moltiplicazione dei pani, applicandolo all’esperienza di Rio, riassumendo in breve diversi aspetti che possono interpellare la PG. Tali aspetti non sono altro che specificazione della triade misericordia, missione, speranza che fa da asse portante di tutto.
    - Anzitutto recepiamo un forte annuncio di speranza.
    Il ‘non lasciarsi rubare la speranza’ di Papa Francesco vale anche per chi è pastore. La speranza che si fa incoraggiamento per noi, nella convinzione, attestata così bene da Rio, che i giovani non solo sono disponibili a Gesù Cristo, ma lo attendono perché sono da Lui attesi. Fare PG senza speranza è restare sommersi e annegati dalle ondate dell’oceano a Copacabana, mentre i giovani vi guizzano felici!
    - Mirare ad una PG dai grandi orizzonti ecclesiali e umani.
    Più che parlarne, Papa Francesco ha voluto mostrare la Chiesa facendola incontrare nella sua persona e in quella dei Vescovi, ma insieme presentando le varie forme di appartenenza, di piccoli e grandi, da questa e dall’altra parte dell’oceano, di poveri e benestanti, di clero e laici, di giovani e anziani, in situazione di pace e di conflitto… in stato di reciproca comunione.

    Così sintetizza il Rettor Maggiore dei Salesiani di Don Bosco: ”Insomma a Rio de Janeiro, Papa Francesco ha fatto uscire la Chiesa sulla strada, l’ha portata alle periferia, ha fatto sentire la sua voce di Madre, le ha ridato dinamismo e, facendo così, con i suoi gesti e atteggiamenti, ci ha insegnato quale Chiesa egli vuole e quale rapporto deve avere con il mondo”.

    A. Riccardi commenta: “La Chiesa si deve ricollocare nel mondo globale, suscitando le energie spirituali latenti tra la gente e nei popoli”.
    - Fede e volontariato: un binomio che fa diventare discepolo di Cristo.
    Una ecclesialità aperta, a Rio (come in ogni altra GMG), si è espressa non (sol)tanto in una affascinante proposta di umanità, ma stimolando la vocazione per la missione. Ebbene passaggio particolarmente efficace a tale fine si mostra oggi la prassi del volontariato. Esempio eccellente furono i circa 60000 volontari brasiliani elogiati caldamente dal Papa, e per noi italiani il servizio di Casa Italia.

    Ho vissuto questa GMG come volontaria in Casa Italia. Tantissimi volti incontrati, nuove conoscenze, bellissima condivisione di sorrisi, gioie, speranze, ma anche difficoltà, dolori e sconforti: tutto è stato parte di un’unica, meravigliosa esperienza di fede vissuta insieme… In Casa Italia c’ è stato un continuo incoraggiamento a vivere con amore e totale disponibilità ogni attimo e ogni incontro” (Irene).

    Ritengo che si affermi sempre più nel mondo giovanile l’equazione “essere volontari per essere credenti ed essere credenti per essere volontari”. Vuol dire che nell’itinerario formativo va creata una possibilità di volontariato vicino (nella zona in cui si vive) e lontano (nelle varie parti del mondo), coltivando seriamente la competenza necessaria, in modo che Eucaristia e carità si intreccino indissolubilmente e la Parola di Dio che è il Gesù dei vangeli manifesti il suo indirizzo nel mondo dei poveri e viceversa.
    Papa Francesco ha messo in rilievo una forma assai concreta di volontariato missionario: conoscere, frequentare, sollevare le periferie nella propria città, dove droga, violenza e marginalità soffocano il respiro di tanti giovani. A me pare che certa insistenza fatta a gruppi giovanili per una ‘spiritualità del deserto’ rattrappisca in spiritualità dell’astratto e dell’auto-compiacimento. Papa Francesco ha detto: “Andate nelle periferie!”.
    - Un rinnovato impegno educativo.
    Tutto quanto avviene nel rapporto fra adulti e minori è necessariamente evento educante. La Chiesa italiana negli ultimi orientamenti pastorale del decennio ne ha fatto scelta prioritaria.[14]
    Da Rio ci vengono delle opportune specificazioni:
    * La parola ‘giovani’ è troppo indistinta. Rio (e le GMG) puntano propriamente su persone dai 18 anni in su, capaci di sostenere l’esperienza. In PG va quindi assicurata la cura distinta per ragazzi o preadolescenti, per adolescenti (per intenderci, ragazzi fra 13/14 e 18 anni, quelli della secondaria superiore che purtroppo sono i meno pastoralmente curati9, per giovani adulti. In questo quadro evolutivo è abituale la compresenza di maschi e femmine, ma a me pare che resti eccessivamente indifferenziata la cura formativa, al che ovviamente non si fa fronte separando per principio i due generi.
    * Pur con tanti spunti concreti, il discorso globale di Papa Francesco resta necessariamente generale.
    Di qui il rimando ad una PG capace di mediazione culturale, capace cioè di discernere e concretizzare le direttive date affinché non rimangano vuoti slogan.
    Di qui una proposta: in riunioni del gruppo giovani, approfondire cosa comporti qui e ora quel “non lasciatevi rubare la speranza”, “non avere paura, ma fidarsi della misericordia di Dio”, “il povero fa parte della carne ferita di Cristo”, in cosa consiste una “cultura della GMG “ (il Papa ne ha parlato alle autorità civili a Rio).
    - Una domanda insorge che sa anche di obiezione: “La GMG di Rio (e degli anni passati) è vissuta come un grande, grandissimo evento. La PG locale, della comunità parrocchiale può adeguarsi a questo format?”.
    A mio parere tirerei queste conclusioni:
    * “una PG non può realizzarsi soltanto con grandi eventi, ma deve poterne realizzare”. È quanto il Card. Ruini ebbe a concludere a seguito della GMG di Roma;
    * questo comporta che il trinomio “in tanti - insieme - con festa –” possa configurare in certa misura la PG del territorio, riconoscendo l’utilità di una certa delocalizzazione di essa dalla parrocchia alla diocesi, dalla diocesi alla regione, dalla regione alla nazione, e anche a livelli sopranazionali…
    Starà a cuore l’assunzione di un linguaggio opportuno, attraente anche musicalmente (è la bella lezione di Rio, che risuona ancora piacevolmente nelle orecchie!). Senza buona musica e gestualità corporale, il rito pur sacro si fossilizza;
    * questa delocalizzazione è già avvenuta in convegni ecclesiali italiani, ad esempio, nel 1995, a Palermo, con ampia e vivace partecipazione giovanile;
    * rammentiamo un’esperienza significativa accolta per sé dai giovani quando è stata proposta e che altrimenti raramente compiono nelle loro comunità: la possibilità di un dialogo-confessione in tende all’aperto, di giorno e soprattutto di notte! La GMG di Roma 2000 lo attesta, come pure l’Agorà di Loreto 2007;
    * qui subentra assai utile, per non dire indispensabile, il ruolo del citato e stimato Servizio Nazionale per la PG che è diretto destinatario di queste riflessioni.
    Parla a suo favore la citata felice esperienza dell’Agorà giovanile a Loreto negli anni 2007-2009. Loreto (Montorso), che merita di diventare in certo modo la Taizé italiana, può proporsi in tempi ravvicinati quale luogo di incontro sul dopo Rio con i giovani che furono a Rio, aprendo la partecipazione a tutte le PG diocesane [15]. Non senza un’attenzione alla prossima GMG di Cracovia (2016);

    Don M. Falabretti, attuale responsabile della PG della CEI, ritiene che i giovani italiani hanno raccolto “un forte appello a vivere una fede che non sia intimistica e chiusa in se stessa, ma che sia in grado di prendersi cura del mondo”. E ciò anche in forza dell’“esperienza di aver trovato una Chiesa più calda nelle sue manifestazioni esteriori”. E alla domanda: “Che percorsi di pastorale giovanile partono da Rio 2013”, ha risposto: “Percorsi tesi a spendere nella vita di tutti i giorni la ricchezza ricevuta nel Brasile. Un mandato che provoca anche le comunità locali e gli adulti: spero, infatti, che i ragazzi siano in grado di far fruttare la GMG, ma spero anche che essi trovino comunità capaci di accoglierli e accompagnarli non lasciando che la GMG rimanga un episodio ma diventi quotidianità”.

    * non posso dimenticare la proposta che sorse in un dialogo con un Vescovo italiano in occasione di una GMG: suscitare periodicamente un incontro (un week end) giovanile diocesano (annuale) e magari inter-diocesano o regionale su tematiche che interessano tutti;
    * un compito che possiamo considerare ultimo, in quanto sintetizza tutto, è ripassare, magari con video, tutti i passaggi della GMG di Rio, dalla salita del Papa in aereo con la borsa in mano (anzi prima ancora dalla visita alla Madonna in S. Maria Maggiore) fino all’interessante dialogo con i giornalisti nel ritorno, seguendo i suoi diversi incontri con le autorità, i poveri e i giovani della GMG.
    La conclusione potrebbe sfociare in una lettera della comunità giovanile a Papa Francesco. Sarebbe capace di una risposta!

    Conclusione. Perché la loro speranza diventa fonte della nostra

    Cosa ci lascia, e quindi a cosa ci chiama Rio nella nostra PG? Alla scuola di Papa Francesco, ci viene proposto il modello della rete educativa, fatta di profonda sim-patia verso i giovani che si fa anzitutto ascolto e poi comune ricerca della verità circa il sapere e l’operare da cristiani, si esprime in incoraggiamento, in accompagnamento paziente, con l’esercizio di una paternità tenera e forte al modo di San Paolo, riconoscendo seriamente che questi giovani hanno per risorsa maggiore la speranza di futuro secondo l’umanesimo del vangelo, aiutandoli a questo scopo a rendersene consapevoli e attori con un buon “allenamento”.
    Sempre parlando del campus fidei, il Papa aggiunge:
    “Il campo oltre a luogo di semina è luogo di allenamento. Gesù ci chiede di seguirlo per tutta la vita, ci chiede di essere suoi discepoli, di ’giocare nella sua squadra’ . La maggior parte di voi ama lo sport. E qui in Brasile, come in altri Paesi, il calcio è passione nazionale. Si o no? Ebbene cosa fa un giocatore quando è convocato a far parte di una squadra? Deve allenarsi, e allenarsi molto. Così è la nostra vita di discepoli del Signore… Gesù ci offre qualcosa di superiore alla Coppa del mondo! Qualcosa di superiore alla Coppa del mondo!... Cari giovani, siate veri ‘atleti di Cristo’ (Veglia).
    Annota saggiamente il Presidente della CEI, Card. Angel Bagnasco:
    “Occorre moltiplicare l’investimento sulle nuove generazioni. Spero che il mondo degli adulti a tutti i livelli, politico, economico, occupazionale non abbandoni i giovani del nostro Paese, e che gli adulti siano dei punti di riferimento credibili sul piano spirituale, morale e sociale”.

    Così scrive Paolo giovane adulto:
    Adesso rientrato a casa è arrivato il momento di metter a frutto giornate tanto intense, tradurre in pratica ciò che Papa Francesco ci ha detto: “Siate missionari, andate nelle periferie e come recita il motto di questa edizione della GMG: ‘Andate e fate discepoli tutti i popoli della terra. Contagiato dalla gioia dei brasiliani (anche dei più poveri), ho deciso di portare il sorriso ad ogni persona che incontro sul mio cammino. Certo, non è sempre facile nella routine quotidiana molte volte costellata di difficoltà, egoismo e indifferenza, ma tocca ad ognuno di noi impegnarsi per creare una società e un mondo nuovo, per affrontare meglio le sfide che ci arrivano… Ora la ‘carica dei 60’ (il gruppo andato a Rio) è pronta per portare la gioia di Gesù nel mondo con entusiasmo e amore”.

    “E per favore, non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù” (Papa Francesco).


    NOTE

    [1] Salvo Buenos Aires 1987 e Santiago de Compostela 1989.
    [2] V. in particolare, Le sentinelle del mattino, La XV GMG. Roma 15-20 agosto 2000. Una guida alla lettura, Elledici, Leumann (To) 2001.
    [3] Per aiutare questa riflessione, propongo come visione di insieme la lettura dell’articolo di Gianfranco Brunelli, L’enciclica di Rio. Ai giovani, ai Vescovi e a tutti, come pure il successivo articolo dedicato alla cronaca di Francesco Rossi, Prossimo ai giovani (…), in Il Regno. Attualità, n. 14, 2013, 409-411; 411-415. La “Guida del pellegrino” data ai partecipanti resta fonte primaria di informazione, mentre l’Osservatore Romano assicura i discorsi del Papa ed altre informazioni precise.
    [4] Questo giudizio suggerisce una lettura di tutti gli interventi del Papa, anzitutto quelli in Aparecida e ai Vescovi brasiliani, ove appare più compiutamente la visione di Chiesa e dell’essere cristiano di Papa Francesco.
    [5] Episodio emblematico fra tanti nella veglia del sabato di fronte a quell’immensa platea è stata la testimonianza di due genitori di aver accolto con tenerezza una bambina anancefalica. Il Papa volle che fosse portata all’altare nella processione dell’offertorio nella domenica mattina, espressione vivente dell’Eucaristia sacramento della carità.
    [6] Da una indagine dell’Istituto Toniolo di Milano 2013 appare che il 71, 6% dei giovani ha ‘fiducia’(molta 43%) nel Papa Francesco; 91, 5% lo trova simpatico’; il 91% lo apprezza per la capacità comunicativa; l’85% perché” vicino alla gente”, per la cura dei poveri, a favore della pace; circa il 60% per la cura della vita di preghiera, il rispetto dell’ambiente (Avvenire 20 luglio)
    [7] Qui merita ricordare la felice iniziativa in Rio stessa, del tutto congrua al motto - guida missionario della GMG. Accanto alla Cattedrale, istituti e movimenti missionari avevano organizzato una mostra audio - video che richiedeva di passare a piccoli gruppi, in maniera ordinata, per sei sale a cogliere i dati dolorosi ed insieme confortanti della miseria materiale e spirituale e del generoso aiuto per farvi fronte nelle varie parti del mondo, con delle riflessioni coinvolgenti, per sfociare alla fine in una sala luminosa dove era esposto il Santissimo per l’adorazione in pieno silenzio, con la possibilità di reagire con un proprio pensiero da attaccare alla pareti. Ne sortiva un interessante ‘manifesto’ di adorazione missionaria giovanile. Meriterebbe che fosse riprodotta nelle proprie chiese locali.
    [8] Ecco gli argomenti nei tre giorni: “Sete di speranza, sete di Dio”, “Essere discepoli di Cristo”, ”Essere missionari: Andate!”.
    [9] Accanto al Vescovo poniamo il servizio così sacrificato e prezioso dei presbiteri ed animatori (tra cui molte suore) inseriti nella vita del gruppo, magari dormendo in sacco a pelo sulla spiaggia e facendo km e km lungo le vie di Rio. Diciamolo chiaramente: senza questi generosi servitori, la GMG finirebbe con il perdere non poco della sua anima.
    [10] Mi sia permesso di sollecitare una migliore attenzione verso i Superiori maggiori degli ordini e congregazioni religiose, riservando un posto come per i Vescovi nelle celebrazioni con il Papa. Non mi pare sia stato fatto.
    [11] Le indicazioni statistiche qui proposte vengono dal sito ufficiale della GMG di Rio, e pur con un’inevitabile oscillazione comunicano: alla messa di chiusura hanno partecipato 3,7 milioni di pellegrini (comprensivi di adulti della città carioca); la popolazione giovanile poté essere di 3 milioni ed oltre, di cui 427.000 ufficialmente iscritti, da 175 paesi del mondo, 55% donne, 60% tra i 19 - 34 anni, 86% era alla prima GMG, oltre la metà brasiliani, seguiti da Argentina, Stati Uniti, Cile, Italia (circa 7000), 644 Vescovi (altri parlano di un migliaio: mi sembra troppo da quanto ho visto di persona), 28 cardinali, 7814 preti, 632 diaconi, 800 artisti all’opera nelle varie celebrazioni, 6400 giornalisti accreditati da 57 paesi del globo, le catechesi furono in 25 lingue, in 264 sale, 100 confessionali in pubblico, 4 milioni di ostie, 10% in meno di rifiuti rispetto all’ultimo capodanno carioca. Il ministero del turismo parla di 1,8 miliardi reais di entrata.
    Un particolare curioso su un giornale di Rio: nella spiaggia di Copacabana qualche tempo prima (2006) Mick Jagger dei Rolling Stones raggiunse ‘soltanto’ un milione e mezzo di spettatori!
    [12] Questo non significa togliere l’attualizzazione - azione preziosissima - di chi la intende fare in piccolo o in grande, ma - alla luce dell’esperienza passata - si intende rimarcare la necessità di radunare tanti rivoli di pensiero in una strategia unitaria di PG valida per tutte le diocesi, riconosciuta e proposta con autorevolezza dai Vescovi italiani. Vale anche qui l’operare ‘in tanti - insieme - con gioia”!
    [13] È giusto ricordare che lungo gli anni ’90 si è fatta sempre più attenta la considerazione dei Vescovi italiani per le GMG, conferendo il compito di attuazione pratica al citato Servizio Nazionale per la PG; ma a me sembra che ciò sia avvenuto più in fase di preparazione della GMG che di riflessione successiva, probabilmente per la difficoltà di inquadrare a livello nazionale un tale avvenimento mondiale. Per cui non esiste, per quanto mi consta, uno studio ufficiale della Chiesa italiana sulla ricaduta pastorale delle GMG.
    [14] Cf Educare alla via buona del Vangelo, 2010. Il n. 32, dedicato ai giovani, riassume bene il lascito di Rio.
    [15] Sì, come Taizè, anzi impegnarsi a condividere i convegni internazionali di Taizè a fine d’anno e in altri momenti. Matura così una positiva apertura ecumenica.


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