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     Il cuore di Elia

    Sorella Raffaela - Bose

    20 luglio 2018


    1In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 6All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

    9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti».
    10Allora i discepoli gli domandarono: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?». 11Ed egli rispose: «Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa.
    Mt 17,1-11

    Nell’ora della Trasfigurazione di Gesù sul monte, Mosè ed Elia sono visti accanto a lui e parlano con lui. Mosè ed Elia rappresentano la Legge e i Profeti, l’insegnamento tutto della Scrittura e la testimonianza degli uomini di Dio che lo hanno trasmesso: entrambi sono definiti profeti (“Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè, che il Signore conosceva faccia a faccia”: Dt 34,10) ed entrambi sono associati alla Legge e al Sinai (“Elia, poiché aveva dimostrato zelo ardente per la Legge, fu assunto in cielo”: 1Mac 2,58; “Tu sul Sinai hai ascoltato parole di rimprovero, sull'Oreb sentenze di condanna”: Sir 48,7)
    Il racconto della Trasfigurazione è riportato da tutti gli evangelisti, ma solo il testo di Matteo riferisce il dialogo tra Gesù e i discepoli riguardante Elia, connesso con la venuta del Figlio dell’uomo e l’annuncio della resurrezione. La domanda dei discepoli: “Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?” testimonia che nel giudaismo dell’epoca la figura di Elia aveva assunto un valore particolare, similmente a quanto affermato nelle parole conclusive dell’ultimo dei profeti, Malachia, nel contesto del giorno del giudizio: “Tenete a mente la legge del mio servo Mosè, al quale ordinai sull'Oreb precetti e norme per tutto Israele. Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri, perché io, venendo, non colpisca la terra con lo sterminio” (Ml 3,22-24). La risposta di Gesù ai discepoli: “Verrà Elia e ristabilirà ogni cosa” è proprio una citazione di questo testo secondo la versione greca. “Ristabilirà” (apocatastesei in greco) traduce l’ebraico: “convertirà, farà ritornare”. Dunque, il ristabilimento di ogni cosa corrisponde a una conversione del cuore, a un cambiamento nelle relazioni intraumane, fra generazioni diverse.
    Rashi, il grande commentatore ebreo medioevale, spiega: “‘Perché faccia ritornare il cuore dei padri’: verso il Santo, benedetto egli sia, ‘attraverso i figli’: letteralmente: ‘su i figli’. Egli dirà ai figli in modo affettuoso e placato: ‘Andate e dite ai vostri padri di adottare le vie dell’Onnipresente’. In questo modo noi spieghiamo ‘perché faccia ritornare il cuore dei padri attraverso i figli’: questo è quanto ho sentito in nome di rabbi Menachem”.
    La tradizione rabbinica (nella Mishna) interpreta “convertirà il cuore dei padri verso i figli…” come “verrà a fare pace nel mondo”. “R. Yehoshua ha detto: ho una tradizione … che Elia non verrà a dichiarare immondo o puro. R. Shimon dice: (Elia verrà) per conciliare le controversie. E i saggi dicono: Non per scacciare, non per attirare, ma per fare la pace nel mondo, come è detto in Malachia 3,24”.
    Elia, il profeta dalla parola infuocata (cf. Sir 48,1-10), capace di chiudere ed aprire il cielo, il profeta pieno di zelo che massacra i profeti di Baal, l’uomo senza compromessi che con decisione netta separa il puro e l’impuro, la giustizia e l’empietà, alla fine della storia avrà un compito opposto a quello che con veemenza e intransigenza ha manifestato nella sua vita terrena. Come mai, ci si chiederà.
    I testi della liturgia bizantina, in consonanza con le interpretazioni ebraiche, possono aiutarci a comprendere: “Non nel terremoto, ma in un’aura leggera hai contemplato la divina presenza che ti ha un giorno illuminato” (stichera dei vespri); “Dio piega il tuo zelo infuocato e ti invia da una vedova per esserne nutrito, tu che eri divenuto fuggiasco, o Elia, per la minaccia di una donna, o uomo mirabile” (tropario all’Ode 4).
    Il Signore ha cambiato in primo luogo il cuore di Elia, rivelandosi a lui non nella forza ma in un silenzio trattenuto, facendogli sperimentare la povertà e la precarietà della vita di un fuggiasco, che riceve aiuto da una vedova, l’ultima persona nella scala sociale. Ed Elia ha compreso che il Signore è misericordioso.
    In questa esperienza essenziale, che passa attraverso il non avere nessuna sicurezza e forza esteriore, i monaci hanno riconosciuto l’elemento essenziale della loro vita e per questo Elia è stato considerato il prototipo della vita monastica. Vita in cui si impara la misericordia del Signore e si è chiamati a fare la pace nel mondo. E la pace, come insegna la tradizione rabbinica, è superamento dello scontro generazionale, dell’invidia dei vecchi verso i giovani e dell’insofferenza dei giovani verso i vecchi, scontro che si risolve rivolgendosi entrambi al Signore, ascoltando la sua voce di silenzio trattenuto che parla personalmente al cuore di ciascuno.


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