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    Nel 1988, dopo i primi anni di volontariato trascorsi vivendo i valori dell’ospitalità e del dialogo, Franco Vaccari e il gruppo dei fondatori di Rondine, nonostante non avessero nessuna esperienza nel campo diplomatico e della risoluzione dei conflitti, inviarono una lettera a Raissa Gorbaciova con l’obiettivo di superare la logica della contrapposizione della guerra fredda e di aprire un canale di comunicazione con l’Unione Sovietica. Inaspettatamente, la first lady accolse la loro proposta e li invitò a Mosca, dando così avvio a una serie di incontri bilaterali sul tema della pace. Nel 1995, anno segnato dalla guerra di Cecenia, i fondatori di Rondine furono invitati nella capitale russa per cercare una tregua al conflitto, ma la loro opera di mediazione non ebbe successo.[5] Sulla scia del credito di fiducia che si erano guadagnati nelle trattative di pace, una sera di fine estate del 1997, al termine del primo conflitto armato in Cecenia, il rettore dell’Università di Groznyj, Mukadi Izrailov, telefonò a Franco Vaccari chiedendo di ospitare a Rondine tre giovani ceceni perché potessero completare gli studi interrotti a causa della guerra. Ispirato dal pensiero di La Pira, Vaccari rispose spontaneamente: «Sì, se accettano di venire insieme ai russi»; la replica del Rettore fu immediata: «Ah, noi non abbiamo problemi! Se riuscite a trovare un russo che dorma in camera con un ceceno».[6] Una volta fatto il primo passo, nel giro di poche settimane i russi trovarono due giovani disposti a dormire in camera con dei ceceni; in tal modo, salendo su due normali aerei di linea, cinque giovani universitari iniziarono il loro viaggio verso Rondine con lo scopo di «vivere insieme, dormire insieme, studiare insieme, mangiare insieme, dialogare insieme»,[7] con quelli che fino al giorno precedente erano i loro nemici. 

    Una cittadella che cresce

    Da quei cinque piccoli “sì” nacque lo Studentato Internazionale, oggi World House, un luogo in cui studenti provenienti da paesi in conflitto o post-conflitto condividono un percorso di formazione di due anni parallelamente ad una esperienza di studio accademico.[8] Come si è arrivati all’attuale struttura della cittadella della pace, che nel tempo ha ricevuto premi e riconoscimenti internazionali,[9] ed oggi ospita trenta studenti di venticinque nazionalità diverse? Nello sviluppo di Rondine si possono riconoscere tre fasi.[10]
    La prima fase, durata un decennio, si è caratterizzata per la coabitazione pacifica, sotto lo stesso tetto, di giovani provenienti da paesi in guerra fra di loro, giovani “nemici” che erano disposti a mettersi in gioco per costruire una concreta relazione di pace. Attraverso un percorso originale costruito grazie al contributo di un gruppo di educatori volontari e basato sui valori dell’ospitalità, dell’accoglienza e della gratuità, si chiedeva agli studenti di maturare nel proprio percorso di vita i valori del dialogo e della riconciliazione, per poi testimoniarli e promuoverli al rientro nei propri paesi d’origine.
    Successivamente, con l’aumento del numero degli studenti, si è fatto ricorso ad educatori professionisti che hanno sistematizzato l’esperienza maturata dal lavoro dei volontari; ad esempio, per quanto riguarda il percorso formativo, si è provveduto alla creazione di una rete di partner internazionali per la selezione di candidati dalle forti motivazioni personali rispetto al progetto di Rondine. In particolare, si sono ricercati giovani disposti a conoscere il proprio “nemico”, che partecipavano alla vita politica, sociale ed economica del proprio paese ed erano pronti a mettere la propria crescita personale a servizio delle loro comunità d’appartenenza.
    Infine, dal lavoro di rimodulazione dei criteri di selezione dei candidati, la World House è diventata una comunità educativa formata non solo da giovani che convivono e studiano insieme all’università, ma che condividono una esperienza comunitaria incentrata sull’approfondimento del tema del conflitto, che è trasversale a tutti i contesti della cittadella: quotidiano, formativo ed accademico. Inoltre, si richiede agli studenti che a fine corso rientrano nei propri contesti d’origine, non solo di diffondere un messaggio di pace, ma di impegnarsi in progetti di ampia ricaduta sociale, elaborando, laddove possibile, progetti trasnazionali in collaborazione con gli altri ex-studenti.
    Tra le tante iniziative maturate nel tempo,[11] segnaliamo il Rondine International Peace Lab, laboratorio di ex alunni di Rondine che s’impegnano ad essere ambasciatori di pace nel mondo,[12] e il quarto anno liceale di eccellenza, rivolto a studenti del quarto anno dei licei italiani che vanno a Rondine per affrontare i loro conflitti, come primo passo per diventare cittadini attivi e responsabili del terzo millennio.[13] Tra i progetti futuri, la “Scuola politica” per la formazione di leader globali (2024) e l’apertura dei processi formativi ai ragazzi delle scuole medie (2025) ed elementari (2027).

    Il Metodo “Rondine”

    Come si svolge la vita nella cittadella della pace, quali strumenti, competenze e modelli formativi sono alla base del “Metodo Rondine”, oggi studiato ed apprezzato anche dal mondo accademico?[14] Rondine non è un centro specializzato sulla risoluzione dei conflitti, né un’università che rilascia titoli nell’ambito delle relazioni internazionali, ma «è un luogo che sta con entrambi i piedi nel conflitto, convive con il conflitto».[15]
    All’inizio del percorso gli studenti provano rabbia e odio per coloro che considerano come loro nemici e tendono a difendersi mettendo in evidenza i tratti distintivi della propria identità di origine. Questa dinamica è dovuta o a un’esperienza diretta di un evento bellico,[16] oppure dall’essere cresciuti in un contesto di propaganda suscitato dal potere politico, dalla propria tradizione religiosa o dal proprio nucleo familiare.[17] Evidentemente, quando si cresce in questi contesti, «il senso di appartenenza alla tua comunità si fonda sull’odio per chi sta dall’altra parte del muro».[18]
    La seconda fase del percorso formativo è quella della decostruzione dell’immagine del nemico per riconoscerne l’umanità e lo status di persona. Il ruolo della convivenza e del contatto quotidiano con il nemico è fondamentale per rovesciare la logica ritorsiva e violenta dell’odio; infatti gli studenti condividendo lo studio e il tempo libero, gli spazi comuni e la mensa, si trovano a fare i conti con la necessità di relazionarsi con il proprio “nemico”. Ciò contribuisce alla ri-personalizzazione, ovvero a far riacquistare quel tratto di umanità a colui che a casa, dall’altra parte del muro, verrebbe considerato come un nemico.[19]  
    La terza fase è quella del riconoscimento dell’altro, in cui si scopre che il bene dell’altro è un valore, perché mi appartiene e la sua vita mi sta a cuore; d’ora in poi, le energie precedentemente indirizzate al conflitto sono trasformate creativamente, ovvero diventano occasione generativa di nuovo bene. Di questo passaggio è testimone una giovane azera, a Rondine mentre infuriava la guerra con gli armeni: «ho capito cos’è per me la pace: io che mi preoccupo per il fratello del mio nemico, per sua madre e i suoi cari che piangono dall’altra parte del conflitto. La pace è quell’abbraccio senza incolpare nessuno […] è scoprire te stesso dentro l’altro, rispettarlo e trovare un nuovo equilibrio».[20]
    La quarta fase è quella dell’impegno pro-sociale. Gli studenti che rientrano nei loro paesi d’origine si impegnano per promuovere azioni e progetti di sviluppo ed essere leader in contesti caratterizzati da rapide trasformazioni, elevata complessità e alta conflittualità. Una volta superato il livello di conflitto con il singolo nemico (livello micro) si cerca di espandere la portata della trasformazione creativa sperimentata a Rondine anche a livello meso (la propria famiglia, il proprio ambiente lavorativo, ecc.) e a livello macro (la società civile, le istituzioni, ecc.).
    Dopo vent’anni di buone prassi, la prospettiva, ha affermato il fondatore di Rondine, Franco Vaccari, è di rendere il metodo universale, applicabile in diversi contesti, per costruire sviluppo personale, sociale e politico.[21]

    Conclusione

    In maniera sintetica abbiamo tracciato alcuni punti del percorso di educazione alla pace che giovani provenienti da paesi in conflitto vivono per un biennio nella cittadella della pace. Quali ulteriori considerazioni?
    La prima, che il processo formativo di Rondine è favorito dal vivere in una comunità “lontana” da quella d’origine, e ciò consente agli studenti di prendere più facilmente le “distanze” dalla figura del nemico.[22] Inoltre, il tempo prolungato di permanenza nella cittadella crea le condizioni per il passaggio da una semplice gestione del conflitto, alla gestazione di una creatura nuova, rinnovata interiormente. Infine, la testimonianza di chi ha già fatto pace con se stesso e col nemico accende il desiderio di percorrere la stessa strada: si iste et ille, cur non ego?[23] È proprio per tale motivo che gli studenti di Rondine condividono con le più variegate platee (scuole, imprenditori, politici, giovani) la loro esperienza, e la portano in giro per il mondo anche con uno spettacolo teatrale.[24]
    Con l’andare avanti dell’esperienza formativa, a Rondine si è costituito anche un luogo, necessariamente interconfessionale, per dare spazio alla dimensione religiosa degli studenti. La pace, infatti, nonostante tutte le metodologie educative, che sono necessarie e devono essere ben progettate, realizzate e verificate, è prima di tutto un dono promesso dal Signore: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace».[25] Un dono che va richiesto nella preghiera,[26] ed innaffiato con il proprio impegno quotidiano perché porti frutti di vita eterna: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9).

     

    NOTE

    [1] Su questa linea, le parole del Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella: «Non possiamo accettare che la follia della guerra distrugga quello che i popoli d’Europa sono stati capaci di costruire e realizzare in questi sette decenni in termini di collaborazione, di pace, di ricerca di obiettivi comuni nel nome dell'umanità»: https: // www .adn kronos.com /ucraina-russia-mattarella-follia-guerra-non-puo-distruggere-70-anni-di pace_20dUcOoo7 DowOPAcf4Hrr (consultato il 4/5/2022); per un diverso parere, cfr. F. Ganeo, L’unione europea ha davvero garantito 70 anni di pace? No, nemmeno in Europa, in: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/unione-europea-70-anni-pace-nemmeno-europa-183159
    (consultato il 4/5/2022).
    [2] Per la storia di Rondine e i suoi progetti, attuali e futuri, cfr. https://rondine.org
    [3] Psicologo, direttore del Nuovo Laboratorio di psicologia ad Arezzo e docente di Psicologia, è autore di numerosi articoli su quotidiani e riviste; fra i volumi segnaliamo: F. Vaccari, Portici. Politica vecchia, nuova passione, Ave, Roma 2007; Idem, S-confinamenti, Pazzini, Villa Verrucchio (Rn) 2018; Idem, stoRYcycle, Pazzini, Villa Verrucchio (Rn) 2018; Idem, L’approccio relazionale al conflitto. Quattro lezioni sul Metodo Rondine, Franco Angeli, Milano 2021.
    [4] Cfr. Idem, Il diritto a parole di pace, in: L. Alici (ed.), Dentro il conflitto, oltre il nemico. Il “metodo Rondine”, Il Mulino, Bologna 2018, 34-35.
    [5] Sul fallimento delle trattative, cfr. F. Vaccari, Il Metodo Rondine. Trasformazione creativa dei conflitti, Pazzini, Villa Verrucchio (Rn) 2018, 21-24.
    [6] Idem, Il diritto a parole di pace, in: L. Alici (ed.), Dentro il conflitto, oltre il nemico. Il "metodo Rondine", Il Mulino, Bologna 2018, 34.
    [7] Ibidem, 36.
    [8] Cfr. M. D’andrea, Nel luogo dell’in-contro, in: L. Alici (ed.), Dentro il conflitto, oltre il nemico, 39.
    [9] Fra i tanti premi e riconoscimenti, ricordiamo che, su invito del ministero degli Affari Esteri italiano, il 10 dicembre 2018 i fondatori di Rondine hanno portato alla sede delle Nazioni Unite a New York la propria esperienza ventennale di promozione del dialogo e di trasformazione creativa dei conflitti, cfr. F. Vaccari, Il diritto a parole di pace, 27-28.
    [10] Per le diverse fasi dello sviluppo di Rondine come cittadella internazionale della pace, cfr. ibidem, 39-46.
    [11] Nel 2009 nasce Ventidipacesucaucaso, per riaprire il dialogo di pace tra russi e georgiani; nel 2012 parte il progetto Una nuova classe dirigente per la Sponda Sud del Mediterraneo e nel 2016, in collaborazione con l’Università di Siena, la Scuola di Diplomazia popolare; nel 2017 prende avvio l’Initiative for peaceful and democratic elections in Sierra Leone, per favorire il processo elettorale pacifico nel paese africano, a cui seguono Leaders for peace (2018), la Scuola di formazione per formatori (2021) e la Scuola di impresa (2022); per maggiori informazioni, cfr. https://rondine.org
    [12] Cfr. M. D’andrea, Nel luogo dell’in-contro, 42-43.
    [13] Per approfondimenti, cfr. C. Bernardini – S. Dell’Avanzato et Alii, Traiettorie evolutive. Ricerca longitudinale sul Quarto Anno Liceale d’Eccellenza, Franco Angeli, Milano 2021.
    [14] L’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e l’Università degli Studi di Padova hanno condotto una ricerca scientifica sul metodo Rondine, cfr. A. F. Pagani – A. Garuglieri, Rondine cittadella della pace: una ricerca di valutazione, in: L. Alici (ed.), Dentro il conflitto, oltre il nemico, 131-169.
    [15] Cfr. M. D’andrea, Nel luogo dell’in-contro, 47. Sulle fasi del “Metodo Rondine”, cfr. S. Grigoletto, Come osservare una Rondine? Riflessioni metodologiche, teleologiche e morali sulla trasformazione creativa del conflitto, in: L. Alici (ed.), Dentro il conflitto, oltre il nemico, 100-107.
    [16] Racconta Elmira, azerbaigiana, a Rondine dal 2011 al 2013: «Noi siamo i bambini della guerra. La nostra infanzia non è passata sotto il sole, la nostra infanzia è un periodo infinitamente oscuro, quando le bambole sono le schegge dei proiettili»: L. Alici (ed.), Dentro il conflitto, oltre il nemico, 182.
    [17] Le parole di Noam, giovane israeliano: «Mi ricordo che quando ero bambino ho chiesto a mio padre: “Perché dobbiamo andare nel bunker?”. “Ci sono gli arabi, figlio, che non ci piacciono”, mi disse. “Fidati di loro e ti verrà data una pugnalata alla schiena”»: F. Vaccari – F. Simeoni (edd.), Rondine Cittadella della Pace. Storie di nemici che si incontrano, San Paolo, Milano 2019, 71; similmente Agha, una giovane azera: «le parole che mia madre mi ripeteva sempre quando ero piccola: “Se non ci fossero questi armeni, la nostra vita sarebbe migliore”»: ibidem, 144.
    [18] S. Grigoletto, Come osservare una Rondine?, 102.
    [19] Le parole di Ibrahim, giovane palestinese: «Sto dormendo vicino a un israeliano, il mio nemico. […] era veramente strano, ma il mio nemico era diventato amico e nel momento del bisogno aveva condiviso con me il suo stesso letto, fidandosi ciecamente»: F. Vaccari – F. Simeoni (edd.), Rondine Cittadella della Pace, 44.
    [20] Ibidem, 144.
    [21] Cfr. https://www.agensir.it/mondo/2018/07/05/il-metodo-rondine-per-la-risoluzione-dei-conflitti-vaccari-vogliamo-renderlo-universale/ (consultato il 4/5/2022).
    [22] È interessante notare che anche nel campo della Pastorale giovanile vanno diffondendosi esperienza di “comunità a tempo”, come luogo di maturazione nella fede, cfr. P. Bignardi – F. Introini – C. Pasqualini, Oasi di fraternità. Nuove esperienze di vita comune giovanile, Vita e pensiero, Milano 2021.
    [23] Agostino, Confessioni, 8, 27.
    [24] Cfr. https://rondine.org/progetti/dissonanze-in-accordo (consultato il maggio 2022).
    [25] Cfr. Gv 14,27.
    [26] Cfr. Mt 6,9-11.

    FONTE: M. Scarpa, Educare i giovani alla pace. L’esperienza della cittadella internazionale “Rondine” - In Mysterion 15 (2022) 1, pp. 124-129.


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