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    (NPG 2020-05-66)

    “Io sono operaio, sono nato da genitori che pure lo erano. Ho vissuto e vivo nell’ambiente di strettezza e di lavoro delle classi umili e sento correre nelle mie vene, esacerbate a volte dal fuoco dell’entusiasmo giovanile, una protesta, un’energica protesta, contro coloro che credono che non siamo uomini come loro perché abbiamo avuto la disgrazia – o forse la sorte – di nascere nella povertà, di usare il camice da lavoro e avere le mani ruvide e callose. Però chiariamo i concetti: sono operaio e sono cattolico”.

    Chi parla così è un giovane di 19 anni, di professione fabbricatore di sedie, seggiolaio, al comizio dell’Azione Popolare il 5 novembre 1933 a Pozoblanco (Spagna); un giovane retto e coraggioso, con un’intelligenza non comune, di umili origini, di condizione operaia, difensore dei diritti del popolo e della Chiesa.

    Una vita breve, ma intensa

    Bartolomé Blanco Márquez nasce a Pozoblanco (Cordova, Spagna) il 25 dicembre 1914. Sua mamma muore a causa dell’epidemia detta “spagnola” prima che il bimbo compia i quattro anni. Figlio e padre vanno a vivere dagli zii. Orfano anche di padre a dodici anni, perso a seguito di un grave incidente, deve lasciare la scuola e mettersi a lavorare da seggiolaio nel piccolo laboratorio del cugino. Quando nel settembre 1930 arrivano a Pozoblanco i Salesiani, Bartolomé frequenta l’oratorio e aiuta come catechista e animatore. Trova in don Antonio do Muiño un direttore che lo spinge a continuare la sua formazione intellettuale, culturale e spirituale attraverso la partecipazione ai circoli di studio. Questo Salesiano sarà, fino alla prematura morte di Bartolomé, suo confessore e guida spirituale. Don Antonio intuisce la buona stoffa di quel ragazzino, già provato dalla vita, che grazie all’impegno cristiano e all’influenza della dottrina sociale della Chiesa si sarebbe coinvolto fin da giovanissimo nell’impegno di trasformazione sociale. È apprezzato da parenti, amici, compagni per il suo ingegno, l’impegno apostolico, l’attitudine di leader. Più tardi entra nell’Azione Cattolica, di cui è segretario e dove dà il meglio di sé. Trasferitosi a Madrid per specializzarsi nell’apostolato fra gli operai presso l’Istituto Sociale Operaio, si distingue come oratore eloquente e studioso della questione sociale. Ottenuta una borsa di studio, può conoscere attraverso un viaggio organizzato dall’Istituto Sociale Operaio le organizzazioni operaie cattoliche di Francia, Belgio e Olanda. Nominato delegato dei sindacati cattolici, nella provincia di Cordoba ne fonda otto sezioni.
    Quando esplode la rivoluzione, il 30 giugno 1936, Bartolomé ritorna a Pozoblanco e si mette a disposizione della “Guardia Civile” per la difesa della città, che dopo un mese si arrende ai rossi. Dopo qualche giorno di nascondimento si consegna il 18 agosto. Accusato di ribellione viene portato in carcere, dove continua ad avere un comportamento esemplare: “Per meritarsi il martirio, bisogna offrirsi a Dio come martiri!”. Il 24 settembre viene trasferito nel carcere di Jaén, nel quartiere di ‘Villa Cisneros’, dove condivide la sorte con quindici sacerdoti e molti altri laici impegnati. Viene processato e condannato a morte a Jaén il 29 settembre. Il processo avviene davanti a un pubblico che grida e insulta, attraverso testimoni falsi e manipolati, con accuse prive di fondamento. I veri motivi sono la fede cattolica e l’impegno di Bartolomé in diverse associazioni e attività a favore della giustizia. Come è tipico di queste situazioni si tratta di un processo farsa, con giudizio iniquo. Le accuse sono: essere di destra, ribellione alla Repubblica, congiura contro il governo costituito, addirittura l’assassinio. Lo fa soffrire che il delatore sia un compagno di infanzia animato da odio viscerale nei confronti suoi e della Chiesa. Dopo la sentenza, mantenendo la calma e difendendosi con dignità, dice: “Avete creduto di farmi un male e invece mi fate un bene perché mi cesellate una corona”.
    Nel giudizio sommario che deve affrontare, Bartolomé lascia un segno inequivocabile delle proprie convinzioni. Sia il giudice che il segretario del tribunale non esitano a manifestare la loro ammirazione per le doti personali che lo distinguono e per l’integrità con cui professa le convinzioni religiose. Bartolomé ascolta il procuratore comminargli la pena di morte e commenta senza batter ciglio che non ha nulla da aggiungere perché, se avesse conservato la vita, avrebbe seguito la stessa direzione di cattolico militante.
    Sempre si era distinto nel confessare la fede cristiana con ottimismo, dignità e coraggio. Le lettere che scrive alla famiglia e alla fidanzata alla vigilia della morte ne sono una chiara prova. “Lascia che questa sia la mia ultima volontà: perdono, perdono e perdono; ma indulgenza, che voglio sia accompagnata facendo tutto il meglio possibile. Quindi vi chiedo di vendicarmi con la vendetta del cristiano: ricambiando con il bene coloro che hanno cercato di farmi del male”, scrive alle zie e ai cugini.
    E alla sua fidanzata, Maruja:

    “Quando mi restano poche ore per il riposo finale, voglio solo chiederti una cosa: che in ricordo dell’amore che abbiamo avuto l’uno per l’altro e che in questo momento aumenta, ti occupi della salvezza della tua anima come obiettivo principale, perché così potremo incontrarci in cielo per tutta l’eternità, dove nessuno ci separerà”.

    I suoi compagni di prigionia hanno conservato i dettagli emozionanti della sua partenza per la morte: a piedi nudi, per assomigliare più da vicino a Cristo. Quando gli mettono le manette ai polsi, bacia le mani del miliziano che gliele mette. Non accetta, come gli propongono, di essere fucilato alla schiena. “Chi muore per Cristo, disse, deve farlo frontalmente e con il petto nudo. Viva Cristo Re!” e cade con le braccia aperte a forma di croce, crivellato di colpi accanto a una quercia. È il 2 ottobre 1936. Non aveva ancora 22 anni.
    Bartolomé, per la chiara e indiscussa identità cristiana e per il suo impegno convinto per i valori della giustizia e la difesa delle classi più povere e vulnerabili, viene ingiustamente catturato, processato, ucciso, rivolgendo le sue ultime parole a Cristo Re, l’unico vero Signore, rimanendo accanto ai propri fratelli in pericolo e salutandoli con fede e con la ferma speranza di incontrarsi di nuovo nella vera vita nel regno dei cieli.
    È stato beatificato a Roma il 28 ottobre 2007 durante il pontificato di Benedetto XVI con altri 497 martiri della medesima persecuzione.

    Giovane cristiano

    La vicenda di Bartolomé è legata alla storia del popolo spagnolo nel drammatico periodo che va dalla proclamazione della Seconda Repubblica, il 14 aprile 1931, fino al 1° aprile 1939 quando termina la guerra civile: un tempo segnato da una persecuzione anticristiana senza uguali nella storia del cristianesimo occidentale. In tale persecuzione trovarono la morte vescovi, sacerdoti, consacrati e fedeli laici; in particolare coloro che facevano parte di associazioni o attività apostoliche cattoliche; c’era un clima sociale e politico traboccante di odio e di propaganda anticristiana, dove erano presi di mira soprattutto quanti erano apprezzati e benvoluti dal popolo.
    In un contesto storico, politico e religioso sempre più difficile si vede maturare con un ritmo impressionate la forte personalità di Bartolomé, giovane cristiano convinto della propria fede e impegnato a portare il lievito nel Vangelo nei diversi contesti sociali con determinazione, competenza, franchezza e pagando di persona. Colpisce come – nonostante la giovane età, le umili origini, l’impossibilità a frequentare gli studi – il giovane di Pozoblanco si distingua per una capacità di lettura della realtà, di interpretazione delle situazioni e di orientamento politico chiari e precisi, ispirata alla Dottrina sociale della Chiesa, in ascolto del grido dei poveri, dei contadini, degli operai, di coloro che non hanno voce.

    “Bisogna svegliarsi da questo sogno ipnotico e guardare alla realtà; questa realtà chiede lavoro e sacrifici, che debbono essere riparazione, che saranno dimenticanza di tutto e proposito fermo di una vita nuova, senza l’esistenza di tanti egoismi e tante ambizioni, esclusiva e monopolio dell’interesse proprio senza preoccuparsi della disgrazia e miseria degli altri”,

    dice con forza in un discorso tenuto davanti a una numerosa folla il 5 novembre 1933 al suo paese di Pozoblanco.

    Un cammino che va controcorrente, fino al punto da farne una persona che mette in discussione una società segnata da ingiustizia e corruzione; un giovane che dà fastidio perché rifiuta ogni compromesso o mediocrità. Grazie alla sua intelligenza e alle circostanze che gli si presentarono, Bartolomé comprese che la volontà di Dio per lui era di dedicarsi all’impegno politico-sociale, con la coerenza della vita, il lavoro quotidiano, la chiara identità cristiana.
    Era sempre più coinvolto in associazioni e istituzioni di ispirazione cristiana che stavano a fianco dei poveri e dei lavoratori difendendo i loro diritti senza allearsi a posizioni totalitarie e ideologie violente. La sua bandiera erano il rispetto per tutti e il coraggio di una proposta alternativa alle ideologie atee, impegnandosi a far sorgere una società nuova dove Dio non fosse assente e la religione non venisse intesa come oppio dei popoli. La vivacità di intelligenza e la profondità della fede gli danno quel realismo che gli impedisce di inseguire ideali falsi o tendere a posizioni di comodo. Confida al cugino Antonio:

    “Come poter conquistare gli operai, non certo facendosi ‘signorino’, ma vivendo con loro, sentendo con loro, soffrendo le necessità che loro soffrono… io che voglio conquistare alla causa di Cristo questi operai, voglio continuare come operaio. Senza dubbio non scoraggiarti che quando le cose si fanno per vocazione e senza pregiudizi di interessi particolari, Dio non ci abbandona, e se ho bisogno di altro, me lo darà”.

    Questa postura chiara e decisa susciterà sempre rispetto per le sue idee e lo stile della sua vita.
    Il contatto con la realtà dell’Istituto Sociale Operaio di Madrid, il periodo formativo lì vissuto e l’opportunità – fino a poco tempo prima impensabile – di maturare relazioni, esperienze, attività di chiaro impegno sociale e cristianamente ispirate furono, con il viaggio fatto in alcuni paesi europei nel 1935, eventi decisivi che segnarono una svolta nella vita di Bartolomé; eventi che forgiarono la sua identità di leader e gli aprirono orizzonti nuovi nell’incontro con persone e gruppi cristiani, esperienze di impegno sociale di altri popoli e nazioni, offrendo nuove ragioni e stimolo per un miglior coordinamento dell’azione cattolica in ogni ambito.
    Bartolomé apprese a vedere con gli occhi di un uomo, di un giovane del suo tempo; interpretò la realtà con la grazia della fede; attuò con criteri evangelici la trasformazione sociale, prospettando un corporativismo cattolico alternativo a una visione sociale basata sulla lotta di classe e la dittatura del proletariato. Tali posizioni così chiaramente cristiane – denuncianti la falsità e la pericolosità delle ideologie e dei sistemi marxisti e socialisti che cercavano di catturare l’animo della classe operaia e incendiare il fuoco della rivoluzione violenta e fratricida, della lotta di classe – certamente gli sarebbero costate care nell’ora della persecuzione e del confronto violento tra le forze antagoniste.
    Si aggiunge la posizione condivisa con tanti amici a favore della dignità della donna, della sua missione nella società e nella Chiesa, baluardo dei valori fondanti della vita, della famiglia, della fede, della salvaguardia dell’educazione e del matrimonio, rispetto alla visione comunista disgregante tali valori e principi. Con il precipitare degli eventi, Bartolomé si trovò subito in pericolo a motivo del suo attivismo sindacale e del suo apostolato cattolico a favore degli operai: ma non fuggì e con la lucidità di chi si sente nella mani di Dio volle affrontare sino alle estreme conseguenze ciò che stava per accadere, confidando nel Signore.

    Giovane di profonde relazioni

    Tra i tratti biografici che risaltano nell’avventura di questo autentico giovane cristiano è costante la cura degli affetti e delle relazioni, a cominciare dalla cerchia famigliare. Segnato fin da bambino dalla perdita dei genitori, l’appartenenza famigliare si allarga a zii e cugini che l’accolgono come figlio e fratello: con loro Bartolomé istituisce una profonda comunione di sentimenti, rispetto e aiuto, manifestando fino alla fine uno spiccato senso di appartenenza e di riconoscenza verso coloro che gli hanno voluto bene e fatto del bene. Tale rete di amicizia si allarga ai compagni di scuola, agli amici e ai responsabili dei diversi gruppi e associazioni di cui farà parte, a livello sia ecclesiale sia sociale, manifestandosi costruttore di comunione, di fraternità e capace di collaborazione e intesa operativa.
    È una storia di legami che si arricchisce con la presenza salesiana a Pozoblanco, dove il giovane Bartolomé respira a pieni polmoni il carisma salesiano nelle sue componenti di famigliarità e confidenza, in particolare con l’incontro e la guida saggia e paterna di don Antonio do Muiño, suo direttore spirituale e confessore. Tale dinamismo affettivo e relazionale trova il suo cuore nella relazione con la giovane Maruja, con cui Bartolomé instaura un profondo rapporto nel desiderio di formare insieme a lei la propria famiglia; un sogno cui la cattiveria umana impedirà di realizzarsi.
    Alla radice di questa storia – affascinante e commovente – del laico cristiano Bartolomé c’è la chiara identità di un discepolo di Gesù Cristo che ha vissuto la fede sin da bambino come una relazione di amicizia, e ha abbracciato il mistero della croce quale garanzia di autenticità e fecondità. “La croce – ricorda papa Francesco – soprattutto le stanchezze e i patimenti che sopportiamo per vivere il comandamento dell’amore e il cammino della giustizia, è fonte di maturazione e di santificazione” (Gaudete et Exsultate, 92): questo è stato il segreto del cammino di crescita umana e cristiana di Bartolomé, che ha accettato ogni giorno la via del Vangelo nonostante questo potesse procuragli problemi, incomprensioni e perfino la persecuzione e il martirio. È la fede di un giovane cristiano impegnato e fortificato da una profonda vita interiore e spirituale che anima l’impegno sociale e politico a favore dei poveri.

    Profeta per i giovani d’oggi

    La testimonianza di Bartolomé ha una carica profetica che merita di essere fatta conoscere e proposta come modello ai giovani del nostro tempo e alla Famiglia Salesiana di cui egli era parte. Basta leggere queste righe per rendersi conto della franchezza e determinazione che lo distingue:

    “Giovani siamo e pertanto non possiamo restare inattivi; cattolici e pertanto non possiamo vedere con indifferenza le innumerevoli ingiustizie della società moderna. Non siamo riformatori del tipo dei signori rispettabili con la lunga barba bianca e per antonomasia prudenti. Ancor meno siamo avventurieri senza coscienza della loro dignità e che per sistema adottano quello della demagogia più assurda. Siamo giovani, giovani cattolici che non possiamo accontentarci con l’ascoltare una messa e dare qualche centesimo ai poveri, perché lo stesso entusiasmo della nostra età primaverile, il calore e il coraggio della nostra gioventù non possono restare prigionieri in un ridicolo e pignolo circolo di cattolicesimo corrotto a forza di inefficacia e pernicioso, e che ha di tutto tranne che essere cattolicesimo, perché si identifica con il fariseismo” (dall’articolo pubblicato in El Cronista del Valle, 25 maggio 1935).

    La sua testimonianza di vero discepolo del Signore crocifisso e risorto diventa un grido e un messaggio soprattutto per tanti giovani tentati dalla mediocrità, dal compromesso, dalla rinuncia ai sogni della vita:

    “dobbiamo avere il coraggio di essere diversi, di mostrare altri sogni che questo mondo non offre, di testimoniare la bellezza della generosità, del servizio, della purezza, della fortezza, del perdono, della fedeltà alla propria vocazione, della preghiera, della lotta per la giustizia e il bene comune, dell’amore per i poveri, dell’amicizia sociale” (Christus vivit, 36).

    Queste parole di papa Francesco dicono l’attualità di questo martire cristiano e l’esigenza di non chiudersi nelle proprie sicurezze e certezze, ma di aprirsi con coraggio e audacia alle sfide della vita e del proprio tempo, valorizzando tutte le opportunità offerte per essere costruttori di una nuova società e della civiltà dell’amore. Il beato Bartolomé, che ha respirato lo spirito di don Bosco all’oratorio salesiano, ci esorta: siate coraggiosi! Decidetevi per la santità!

    Per approfondire

    F. GRANADOS LARA, Un corazón de fuego. Viday escritos del Beato mártir Bartolomé Blanco, Márquez (1914-1936), Biblioteca de Atores Cristianos, Madrid 2009.

    Siti web che presentano la figura di Bartolomé Blanco Márques
    https://www.santiebeati.it/dettaglio/49050
    https://marinaveracruz.net/?page_id=13
    https://statveritasblog.blogspot.com/2011/11/carta-del-beato-bartolome-blanco.html
    https://www.beatosalvadorfernandez.es/


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