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    Itinerari metodologici per fare «esperienza»



    Riccardo Tonelli

    (NPG 1977-2-48)


    DALLA DEFINIZIONE DI ESPERIENZA UNA PROPOSTA METODOLOGICA

    Per decidere quale itinerario metodologico privilegiare per «fare esperienza», dobbiamo necessariamente decidere «che cosa è esperienza». Il punto d'arrivo (che cosa è esperienza, in senso pieno e maturo) determina le tappe obbligatorie e l'itinerario educativo (quando e come si fa esperienza). Ci rifacciamo alla definizione-descrizione di esperienza che è emersa dagli articoli precedenti.
    Due dimensioni sembrano irrinunciabili, per poter parlare in termini maturi di «fare esperienza».
    Si richiede, in primo luogo, un «contatto vitale con la realtà», nei suoi molteplici aspetti. Il contatto avviene in modo vitale: un contatto da persona a persona, e non mediato da strumenti culturali, di tipo conoscitivo-libresco. La realtà, di cui avere contatto, è presa però in senso totale, superando la tendenza empirica di ridurre la realtà ai soli dati manipolabili fisicamente.
    In secondo luogo-ed è l'elemento specifico dell'esperienza-questo contatto vitale, questo vissuto, va «interiorizzato». E cioè fatto proprio in modo tale da prendere posizione nei suoi confronti. Si parla di interiorizzazione in senso pieno solo quando l'informazione che la realtà lancia, viene letta «dentro» la storia personale: una storia fatta di passato-presente-futuro (quindi anche il mistero della morte è una componente della storia personale, da cui decidere la propria collocazione nei confronti di quella concreta realtà, di cui si fa esperienza). La storia personale non è però individuale ma collettiva, perché ogni uomo vive in dialogo necessario con tutta l'umanità (quindi si fa esperienza solo nella scoperta di «solidarietà»).
    In questa definizione di esperienza risultano perciò parziali (e quindi false, nei termini in cui sono presentate come assolute) le seguenti accezioni:
    - La definizione «empiristica» di esperienza, legata al puro dato sensitivo, alle sole informazioni che provengono dai sensi. Non si fa cioè esperienza solo perché «si batte la testa» contro la realtà.
    - La definizione «romantica» di esperienza, che privilegia il puro sentimento contrapposto alla ragione. Non si fa cioè esperienza per il solo fatto di essere rimasti emotivamente scossi da un avvenimento o dalla presenza a qualche manifestazione .
    - La definizione «razionalista» di esperienza, che privilegia il momento oggettivo e scientifico, su quello vitale ed esistenziale. Non si fa cioè esperienza solo perché «si conosce razionalmente» tutto di un determinato problema o fatto.
    Basta un minimo di contatto con il mondo giovanile, per avvertire come questi pericoli siano tutt'altro che remoti. Per molti, fare esperienza significa proprio o fermarsi al livello epidermico-emotivo o fermarsi alla semplice descrizione dei fatti, senza un minimo sforzo di comprendere il significato e il valore razionale degli stessi.
    Se le cose stanno così, se si può parlare di esperienza solo quando si raggiunge una interiorizzazione matura dei valori contenuti nell'avvenimento convissuto, dobbiamo predisporre un processo educativo che permetta di raggiungere, con i giovani, questo livello ottimale, partendo dallo stato di fatto in cui essi si trovano. Quale itinerario?
    Rispondiamo all'interrogativo, suggerendo due diversi itinerari: il primo si riferisce alla partecipazione diretta ad avvenimenti; il secondo invece privilegia la riflessione su avvenimenti vissuti personalmente o sentiti raccontare. Per parlar chiaro: il primo interessa quando si portano i giovani a Taizé, per far esperienza di preghiera; il secondo riguarda l'usanza, comune nei gruppi, di «raccontarsi le esperienze». Due modi, diversi ma complementari, di «fare esperienza».
    La preoccupazione che orienta questa proposta è prevalentemente educativa, anche se, di tanto in tanto, il discorso si farà più esplicitamente pastorale. I due termini, del resto, si richiamano reciprocamente.

    PRIMO ITINERARIO: INTERIORIZZARE LA PARTECIPAZIONE AD UN AVVENIMENTO

    Possiamo parlare di autentica esperienza solo quando la partecipazione ad un avvenimento straordinario (tre giorni a Taizé, un campo-scuola, un campo di lavoro, l'incontro con una persona affascinante, la celebrazione di una eucaristia particolarmente sentita...) conduce alla interiorizzazione dei valori oggettivi di cui l'avvenimento è particolarmente carico (il significato della preghiera, la disponibilità al servizio, la qualificazione professionale...).
    Il processo educativo è quindi determinato dagli interventi necessari alla interiorizzazione. C'è una pregiudiziale importante da considerare. Ogni avvenimento ha grosse dimensioni positive, ma non mancano mai gli aspetti negativi (quei tre giorni di Taizé hanno entusiasmato i giovani partecipanti, ma qualcuno si è preso un raffreddore solenne o ha dovuto tirare un poco la cinghia...). Ignorando gli aspetti negativi, si attivizza un inconscio, personale o di gruppo, negativo che affiorerà come forza condizionante più avanti nel tempo, fino a soffocare lentamente gli aspetti positivi dell'esperienza.
    (Chi vuole approfondire questo discorso, può leggere con frutto le pagine 39-40 e 77-83 del mio libro La vita dei gruppi ecclesiali, Torino-Leumann 1974).
    L'itinerario di interiorizzazione dovrà perciò tener conto della ambivalenza di cui l'esperienza è carica, per raggiungere la coscienza di valori positivi, anche dal negativo.

    Il primo intervento: analisi «a caldo»

    Il primo intervento educativo per interiorizzare l'esperienza viene vissuto «a caldo», appena terminato l'avvenimento o l'incontro. Si tratta di elencare, in una ricerca comune, le cose che hanno colpito sia positivamente che negativamente. Ricordare gli aspetti negativi, quando l'entusiasmo è alle stelle, non significa buttare acqua sul fuoco, per il gusto sadico di brontolare di tutto... Significa invece razionalizzare quanto tutti hanno di fatto vissuto, per evitare che ciò si sedimenti come inconscio negativo.

    Il secondo intervento: la verifica dell'esperienza

    Trascorsi alcuni giorni dall'avvenimento affascinante, ci si ritrova per fare la «verifica». È il tempo cruciale dove il vissuto diventa davvero «esperienza»: i valori sono cioè interiorizzati.
    Bisogna far rivivere l'avvenimento, consapevoli che il ritmo frenetico della nostra vita cancella velocemente ogni cosa, sotto la spinta di emozioni nuove e più forti. Per far rivivere l'avvenimento, i mezzi sono molti e più che accessibili: la proiezione delle diapositive scattate durante l'avvenimento, il ricordo di qualcuno, la lettura di un documento, la lettera scritta da un amico incontrato in quel luogo, l'onda dei rimpianti... e soprattutto l'elenco degli aspetti positivi e negativi, redatto «a caldo» (che, evidentemente, l'animatore non ha smarrito ...).
    Conclusa la testimonianza (proiezione, ricordo, lettura...), assieme si opera la verifica.
    Vengono analizzati prima i dati positivi, quelli che possono essere interiorizzati in valori, `senza troppa fatica. Il procedimento deve comportare questi tre passaggi:
    - enfasi: ripresa di questi aspetti in termini capaci di ricreare l'entusiasmo e la forza di presa, per tutti;
    - razionalizzazione: ricerca dei significati e dei valori, all'interno dei dati emotivi;
    - impegno: decisione di tradurre i valori appresi in alcuni atteggiamenti (comuni e pubblici) impegnativi, che favoriscano la reale interiorizzazione dei valori.
    Un esempio classico: l'analisi che i profeti hanno condotto a proposito del passaggio del Mar Rosso. Si ritrovano i tre elementi:
    - enfasi: «montagne d'acqua da una parte e dall'altra»..., il passaggio «a piede asciutto»;
    - razionalizzazione: il Signore è potente. Egli è più potente dei re della terra. Noi siamo il suo popolo prediletto;
    - impegno: dobbiamo vivere una vita nuova, diversa da quella vissuta dai popoli vicini: la legge viene collegata alle cose meravigliose operate dal Signore per il suo popolo.
    Non basta però lavorare sulle dimensioni positive. La verifica comporta attenzione critica anche nei confronti degli aspetti negativi. A questo proposito, una parola d'ordine: motivazione e non rimozione. Ci spieghiamo. La «rimozione» è quel processo psicologico che spinge a dimenticare le cose spiacevoli, facendo pressione sull'emotività. La «motivazione» invece prende nel centro anche gli aspetti spiacevoli, facendo lavorare la razionalità.
    Ogni esperienza comporta tratti negativi. Dobbiamo considerarli con decisione. Sono qualcosa di assoluto e di deterministico, o invece connotano delle responsabilità, nostre o di altri? Dunque: impegnamoci adeguatamente per eliminare le cause.
    Sono invece «scelte» che abbiamo fatto, noi stessi, anche se non in forma diretta? Convinciamoci della validità delle nostre scelte. Non si può fare esperienza di preghiera, seduti in un posto tranquillo, con tutti i conforts. La scelta di Taizé connota anche la scelta dei disagi che il luogo e il clima comportano... Gli aspetti negativi, motivati e non rimossi, centrano nuovamente l'attenzione sui valori e aprono a nuovi impegni. Diventano quindi un sostegno delle dimensioni positive, facilitano l'interiorizzazione di valori e l'acquisizione di atteggiamenti. Il collegamento momento-forte e quotidiano è determinato dagli atteggiamenti, perché essi sono disposizione abituale che orienta i comportamenti normali. L'avvenimento ha costruito così uno stile generale di vita, che permette di fare esperienza dei valori condivisi, anche nella banalità delle cose di tutti i giorni.

    SECONDO ITINERARIO: GLI AVVENIMENTI COME PROPOSTA DI VALORI

    La nostra vita quotidiana è segnata di avvenimenti: in senso generale, tutto ciò che capita; in senso più forte, un fatto, attuale, nuovo, che contiene un appello al cambio di atteggiamenti pratici e ad una modificazione di mentalità. Fatti, attualità, notizie e problemi, i gesti della vita quotidiana, gli incontri giornalieri, i grandi fenomeni che investono di riflesso la vita e di cui si parla, questi «avvenimenti» attraversano la giornata di ogni uomo e lasciano una traccia. Ciascuno è normalmente educato da ciò che vive.
    Comprendere gli avvenimenti, specialmente quell'avvenimento particolare, che ha una grande importanza nella nostra vita attuale, significa percepirne il significato e il valore, riferendo ciò al senso globale cristiano della vita. Il dono della fede che ci permette di giudicare secondo il senso cristiano della vita, ha una doppia funzione.
    Prima di tutto, una funzione di approfondimento: per un cristiano, le cose hanno un significato più profondo e più ricco di quanto appare. E, in secondo luogo, una funzione critica: la fede spinge ad un discernimento tra ciò che è integrabile nel quadro totale della realtà cristiana e ciò che invece si oppone ad esso.
    Non si tratta di pronunciare un sì semplicistico o un no radicale. Ma, invece, di scoprire con esattezza a quali condizioni una risposta può essere affermativa. Seguendo i suggerimenti metodologici elaborati da Van Caster, nella rivista Lumen Vitae, approfondiamo gli elementi più importanti dell'itinerario, per raggiungere una interpretazione globale (anche in chiave cristiana) degli avvenimenti esperienze.

    Conoscenza oggettiva del fatto

    La conoscenza oggettiva dell'avvenimento è un dato pregiudiziale. La ricerca del senso profondo delle cose non può che prendere le mosse da un'analisi corretta dei fatti. Ci vogliono informazioni precise e nello stesso tempo il coraggio di esaminarle in forma critica e distaccata, per evitare il filtro di precomprensioni soggettive. L'obiettività dei fatti concerne la realtà così come essa viene vissuta. Ma questa obiettività costringe da un discernimento nel fenomeno storico, tra ciò che è effetto (per esempio, la povertà che si incontra nei paesi in via di sviluppo) e ciò che invece è causa (per esempio, una certa concezione d'uomo); e nell'informazione discernimento tra il fatto storico (sulla cui esistenza tutti sono d'accordo) e le varie interpretazioni (che dipendono dal modo con cui il fatto viene considerato e dal livello personale di impegno).
    Nonostante la forte preoccupazione di oggettività e la disponibilità ad una personale autocritica, può riuscire difficile cogliere l'avvenimento nella sua oggettività fredda. Troppe varianti sfuggono alla comprensione umana: ogni avvenimento comporta una catena di responsabilità storiche la cui connessione è spesso impossibile oggettivare. Si deve concludere nella rinuncia, evitando di raccogliere gli appelli che l'avvenimento lancia alle singole persone?
    L'interpretazione valida di un avvenimento si trova in parte comandata da fattori oggettivi, che appartengono ad un determinato ordine di vita. Questo ordine dobbiamo assumere, precisamente a partire dai dati che non dipendono dalla nostra libertà. Dio vuole che sappiamo riconoscere nelle cose un significato «donato», in coerenza con la sua creazione. Ma egli appella contemporaneamente l'uomo ad una responsabilità che non si esaurisce nell'acconsentire liberamente a ciò che è dato, ma che chiama in causa l'espressione originale della propria libertà, e quindi la creatività.
    La nostra libertà è provocata a dare essa stessa un senso ulteriore o una specificazione ulteriore al significato di una situazione che già possiede un significato generale, in forza della sua appartenenza ad un ordine secondo cui Dio agisce nell'umanità .
    La comprensione totale dell'avvenimento, nella sua oggettività esistenziale (quasi soggettiva), è quindi il frutto di due dimensioni di ricerca: la collocazione del fatto nella sua oggettività e, in ultima analisi, all'interno del progetto di salvezza del Padre in Gesù Cristo; e la riconquista personale di significazione e di impegno ulteriore. Solo in questa unificazione, la comprensione dell'avvenimento è «vera»; e quindi fonte di una ricomprensione più globale.

    La rilettura nella fede

    Il cristiano legge la realtà in una precomprensione di fondo: la certezza di fede che Dio agisce nella storia e parla attraverso gli avvenimenti.
    Per evitare pericolosi equivoci, è necessario distinguere tre tipi di avvenimenti:
    - Certe azioni umane sono immediatamente ispirate e attuate dall'intervento di Dio: esse sono mediazione dell'amore di Dio per noi. Sono quindi parole affermative di Dio per noi.
    - Altre invece costituiscono materia, facile e immediata, per incarnare la nostra risposta all'amore di Dio. Sono un appello di Dio a ciascuno di noi.
    - Infine, moltissimi avvenimenti sono un problema, per il quale non c'è risposta pronta, né umana né rivelata. Essi interpellano la nostra responsabilità. Ci costringono ad «inventare» una risposta, che possa essere, nella sua radicalità, coerente con l'orizzonte generale della nostra fede.
    Per cogliere l'avvenimento in tutta la sua profondità è quindi indispensabile questo discernimento, che permette di interpretare, alla luce del Vangelo, la situazione e la colloca, senza ambiguità, nella sua giusta dimensione di appello.

    Verso un impegno

    La conclusione, concreta e pratica, dell'interpretazione della situazione alla luce della fede, consiste nell'impegno. Nell'impegno è necessario un ulteriore discernimento, analogo a quello utilizzato durante l'approfondimento. Bisogna cioè notare la differenza che esiste tra una conseguenza a breve termine, la cui importanza può essere anche secondaria, e una conseguenza a più lungo termine, che riveste un'importanza maggiore e che potrebbe essere anche opposta alla precedente. L'azione dovrà scegliere, con decisione di opportunità, la conseguenza più importante.
    Le linee di intervento sono le seguenti:
    - disponibilità di fondo, frutto della nuova consapevolezza, che realizza una conversione di mentalità;
    - impegno per cambiare le strutture, in modo da poter realizzare i valori che sono stati scoperti nella lettura della situazione;
    - progettazione, per determinare, con precisione, modalità e ambito dei nuovi comportamenti.

    Accettazione dell'oggettivo e creatività personale

    La vita è fatta, da una parte, di valori oggettivi, che non dipendono dalla libertà personale; e, dall'altra, di attività libere, attraverso cui ogni uomo determina i suoi atteggiamenti, costruisce la sua personalità, entra in relazione programmata con le altre persone.
    Di fronte ai primi valori, la libertà personale deve assumere un atteggiamento di disponibile accettazione. Di fronte ai secondi, essa si esprime con creatività e responsabilità soggettiva.
    La scoperta totale degli avvenimenti, richiede la capacità di cogliere e di accettare, contemporaneamente, queste due dimensioni. Dio è nell'oggettività e nella soggettività degli uomini; Dio agisce nella nostra libertà di accettazione e di creatività. Presenza e azione di Dio non includono né confusione né unione automatica. Dio agisce in noi in modo tale che noi siamo capaci di vivere l'unità dinamica esistente tra la sua azione e la nostra, senza separazione né confusione.
    È una conclusione pastorale molto importante, che guida a maturare l'atteggiamento fondamentale nei confronti della vita. Il senso cristiano della vita è in parte «già dato» da Dio e in parte «in fase di costruzione» nella responsabilità di ogni uomo, chiamato a mettere in atto la creatività che Dio gli ha affidato. Non esiste quindi un modello unico di esperienza cristiana, perché la risposta all'appello che Dio lancia a ciascuno, passa anche attraverso l'originalità personale con cui ogni uomo risponde al dono che Dio gli fa in Gesù Cristo.


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