Bene
Chandra Candiani
Cosa intendo, mi chiedo, con la parola «bene» quando lo invio a me stessa o agli altri? Certamente, lo stare bene nella propria pelle, nel corpo e nella mente. Trovare un proprio punto d'appoggio nel mondo, come fanno gli uccelli con i rami e lí trovarsi a proprio agio, intonati al luogo e al momento, e fare un dono agli altri. Avere la forza della consapevolezza: non solo ricevere le sue visite, ma saperne reggere la sfida, la sua forza rivoluzionaria, il suo sguardo sovversivo su se stessi e sul mondo. Seguire le invisibili linee. Vedere con limpidezza e profondità dentro di sé e dentro gli eventi e i fenomeni che incontriamo. Avere la risolutezza di tenere fede alle visioni profonde che sorgono e tradurle in azioni. Saldarsi alle parole, non lasciarle uscire da sole, non lasciarle orfane nel mondo, ma legarle al respiro, al cuore pensante, alla riflessione. Essere gentili senza scadere nella compiacenza, senza venir meno al proprio profondo sentire, ma condividerlo senza imposizioni, con parità e senza alcun intento di colonizzazione. Sapersi proteggere. Aver cura di sé, e quindi degli altri. Vedere il mistero che ci circonda ovunque. Sapersi inchinare e chiedere rifugio. Potersi abbandonare al sonno, perché ci si sente in un luogo abbastanza protetto. Potersi sfamare e dissetare. Poter reggere l'insoddisfazione e interrogarla e vederla trasformarsi in spazio aperto. Studiare il proprio carattere e poterne ridere quando va allo scontro con il carattere dell'altro, poterlo lasciar cadere come un costume di scena. Amare e lasciarsi amare. Vivere, respirare, meditare per addestrarsi a essere nulla.
Ho bisogno di svegliarmi, di essere presente a me stessa e alle realtà che mi circondano, risvegliare il pensiero, il sentire, il corpo. Non automatizzarmi, non vivere come una sonnambula, separata da me stessa e dal resto del mondo, anche se fa male, anche se è scomodo. Esercito il risveglio con una pratica istantanea che mi dà anche gioia ed esuberanza: nei momenti neutri, andare da una stanza a un'altra, lavarmi, lavare i piatti, vestirmi; o in quelli difficili, portare qualcosa di pesante, ammalarsi, non dormire; o in quelli belli, leggeri, mi dico: «Questo è il momento!» Mi lavo i denti un po' annoiata, come se solo dopo potessi iniziare a vivere: «Questo è il momento! », e arriva subito il soffio di gioia dello scoprirsi vivi, presenti. Ogni attimo è una soglia, ogni azione è un rito, tutto pulsa di vita, tutto è sacro. «Questo è il momento!» Proprio ora, assapora.
(Questo immenso non sapere, Einaudi 2021, pp. 131-2)