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    Il valore insospettato dei gesti quotidiani


    (NPG 2021-06-25)


    Anche al lettore più distratto non possono sfuggire i continui rinvii a gesti della vita quotidiana presenti in LS e FT: dall’invito a non sprecare un bene prezioso come l’acqua (LS, n. 27) al non cucinare in eccesso o buttare il cibo avanzato (LS, n. 50), dal fare attenzione alla raccolta differenziata dei rifiuti e al riciclo dei prodotti (LS, n. 192) allo spegnere le luci inutili (LS, n. 211), dal riscoprire lo spirito del vicinato (FT, n. 152) all’attenzione al modo in cui si comunica (FT, n. 49). Alcuni di questi gesti sono riconducibili alla saggezza popolare, altri sono il frutto dell’accresciuta consapevolezza dei danni provocati da stili di vita, in cui hanno un ruolo preponderante «il bisogno di consumare senza limiti e l’accentuarsi di molte forme di individualismo senza contenuti» (FT, n. 13). Queste pratiche, tra loro così diverse, sono accomunate dal fatto di essere una traduzione concreta e puntuale dell’invito a prendersi cura della nostra casa comune e a costruire una fraternità aperta e universale.
    Nella prospettiva di papa Francesco, il valore di questi gesti non si esaurisce nel ridurre gli sprechi o nell’alimentare le reti di solidarietà: essi mostrano che è possibile resistere al degrado umano, sociale e ambientale, costituendo una controproposta culturale concreta al dominante paradigma tecnocratico. Alla base di quest’ultimo vi è «un modo di comprendere la vita e l’azione umana che è deviato e che contraddice la realtà fino al punto di rovinarla» (LS, n. 101), perché calpesta questioni cruciali come il rispetto della dignità di ogni essere umano, una più equa ripartizione delle risorse e delle opportunità, il benessere delle generazioni future, lo stato di salute del pianeta.
    Reagendo all’idea che questa prospettiva sia l’unica possibile, papa Francesco invita a «riconoscere il bisogno di un cambiamento nei cuori umani, nelle abitudini e negli stili di vita» (FT, n. 166) e ripone una grande fiducia nella capacità dell’umanità di realizzare un’inversione di rotta e vivere una profonda conversione ecologica. Per sintetizzare questa visione alternativa in tema di stili di vita è possibile fare ricorso a tre parole: resilienza, resistenza e rivoluzione.

    Un’intrinseca resilienza

    Pur non sottovalutando la diffusione e l’influenza del paradigma tecnocratico, la lettura della realtà di papa Francesco è aperta alla speranza: per quanto forti siano i vincoli e i condizionamenti esistenti, l’essere umano è «capace di divenire lui stesso attore responsabile del suo miglioramento materiale, del suo progresso morale, dello svolgimento pieno del suo destino spirituale» (LS, n. 127). Osservando la realtà, il Papa constata che sono numerose le esperienze in cui gli esseri umani hanno saputo vivere in modo dignitoso e solidale, sottraendosi alla logica individualista.
    Per meglio comprendere questo aspetto, può essere di aiuto richiamare il concetto della resilienza, utilizzato sia nell’ecologia sia nella psicologia, che indica la capacità di una persona, di una comunità, di un ecosistema di far fronte a un’avversità in modo proattivo, facendo leva sulle proprie risorse per ripristinare se possibile quanto è andato perduto o dare vita a un nuovo equilibrio. A questa visione delle scienze naturali e sociali si accompagna la lettura teologica e biblica: l’essere umano, pur essendo «ferito dal peccato» (LS, n. 2), è creato a immagine e somiglianza di Dio e ha una dignità inalienabile e inviolabile (FT, n. 213). Questa realtà può essere affievolita da forze di segno opposto, ma non cancellata.
    In base a questa visione antropologica, gli esseri umani possono ritornare a scegliere il bene, invece che lasciarsi trascinare nel degrado e nell’egoismo; invece che smarrire il senso della giustizia, possono ritornare a costruire cammini di autentica cura e fraternità. Le due encicliche rivelano quindi una profonda fiducia nelle risorse di cui l’essere umano dispone, perché le stesse energie e capacità spendibili per un progetto iniquo possono essere impiegate per realizzarne uno che sia aperto al buono, al vero e al bello. E tutto questo a partire dal piccolo, dalle scelte quotidiane che compiamo a livello di stili di vita.

    Un’ostinata resistenza

    Per papa Francesco, la costruzione di un’alternativa realistica al paradigma tecnocratico passa per la consapevolezza che «L’autentica umanità, che invita a una nuova sintesi, sembra abitare in mezzo alla civiltà tecnologica» (LS, n. 112). Se si guarda alla realtà, si possono individuare i segni che una logica diversa rispetto a quella tecnocratica è già all’opera. Lo testimoniano proprio quei semplici gesti concreti che abbiamo ricordato, espressione di «un’ostinata resistenza di ciò che è autentico» (ivi), che si realizza all’interno di questo stesso sistema che vogliamo cambiare. Infatti, se è vero che i nostri gesti possono peggiorare la situazione sociale e ambientale, è anche vero che scelte ispirate da una diversa logica possono spezzare la spirale di violenza, sfruttamento ed egoismo.
    In entrambe le encicliche si dà grande rilievo alle condotte dei singoli, senza per questo sottostimare o sminuire l’importanza del livello istituzionale, come è evidente ad esempio nella distinzione tra “architettura” e “artigianato” della pace in FT, n. 231. Per molti, l’effettivo impatto delle azioni individuali è troppo ridotto per essere guardato con speranza, ma non è questo il giudizio di papa Francesco. Ricordiamo, ad esempio, le parole rivolte ai partecipanti al primo incontro mondiale dei movimenti popolari a Roma, il 28 ottobre 2014: «Nonostante questa cultura dello scarto, questa cultura delle eccedenze, molti di voi, lavoratori esclusi, eccedenze per questo sistema, avete inventato il vostro lavoro con tutto ciò che sembrava non poter essere più utilizzato ma voi con la vostra abilità artigianale, che vi ha dato Dio, con la vostra ricerca, con la vostra solidarietà, con il vostro lavoro comunitario, con la vostra economia popolare, ci siete riusciti e ci state riuscendo... E, lasciatemelo dire, questo, oltre che lavoro, è poesia! Grazie»[1]. In altre parole, le persone con le loro scelte possono conformarsi al modello consumistico dominante, ma anche essere svincolarsene, ricercare ed esprimere una propria e originale maniera di abitare il mondo, conservando quella libertà che permette di non uniformarsi e di agire secondo una logica differente. Le esperienze ormai consolidate di consumo critico sono solo un esempio di queste possibilità.
    Si delinea così una resistenza possibile a una deriva tecnocratica in nome dell’autenticità della vita e della dignità dell’essere umano, che trae la sua forza da «uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità» (LS, n. 111). Possiamo far rientrare in questa categoria di comportamenti tutte quelle esperienze ritenute dalla cultura dominante come marginali o utopistiche, ma che non sono altro che pratiche creative, apripista di un nuovo modo di concepire la relazione con il creato e con le altre persone. I gesti e le condotte sono allora espressione di una presa di distanza e scelta di un modello di vita e di sviluppo diverso. Nelle pratiche così realizzate si riscopre e si esercita una libertà in cui non è in gioco solo la dimensione pragmatica del fare, ma anche quella etica del giusto e quella estetica del bello.

    Una rivoluzione culturale

    Il terzo e ultimo elemento è l’invito a realizzare «una coraggiosa rivoluzione culturale» (LS, n. 114), recuperando i valori smarriti in una corsa senza freni verso un bene declinato solo in chiave individualistica. Del resto, «nessun cambiamento autentico, profondo e stabile è possibile se non si realizza a partire dalle diverse culture» (FT, n. 220).
    Con l’espressione “rivoluzione culturale”, papa Francesco non intende certo un rovesciamento violento dell’ordine vigente, ma ci invita a vivere un cambiamento radicale nella nostra consapevolezza a proposito di temi fondamentali come la fraternità e la cura della casa comune. La parola “rivoluzione” è qui utilizzata in un’accezione che fa riferimento all’astronomia più che alla storia politica, in cui indica i moti dei corpi celesti che ciclicamente fanno ritorno al punto di partenza. In questa prospettiva, la rivoluzione culturale da realizzare consiste nel riappropriarsi di un modo di concepire il rapporto tra gli esseri umani e tra l’umanità e il pianeta nel segno del rispetto e della solidarietà, della cura e della valorizzazione degli apporti originali di tutti. Non si tratta tanto di fare qualcosa di nuovo, quanto di riscoprire ciò che fa parte della nostra storia e abbiamo smarrito, come vivere secondo i «ritmi inscritti nella natura dalla mano del Creatore» (LS, n. 71) o riconoscere che la storia ci mostra che «il mondo cresce e si riempie di nuova bellezza grazie a successive sintesi che si producono tra culture aperte, fuori da ogni imposizione culturale» (FT, n. 148).

    Una proposta di vita

    Resilienza, resistenza, rivoluzione riassumono la proposta culturale che ci presentano LS e FT, aiutandoci a riconoscere il valore di tanti comportamenti che fanno parte della nostra quotidianità.
    La resilienza mette in evidenza la condizione dell’essere umano: ferito perché degradato nella sua dignità, ma non vinto, irretito nella visione tecnocratica che aggredisce il creato e mina le relazioni tra gli uomini, ma ancora capace di parole e azioni che corrispondono a una logica diversa. Una battaglia va vissuta fino in fondo per poter accedere a una nuova sintesi, che non è solo auspicata ma anche possibile, dato che la dimensione dell’autenticità non è venuta meno nell’essere umano. La via da percorrere è quella della resistenza, qualificata come ostinata perché deve essere ferma anche di fronte alla mancanza di risultati appariscenti, raggiunti in tempi brevi. Questa resistenza si concretizza in azioni semplici, ma ispirate da criteri di decisione, discernimento e giudizio, in cui il profitto non prende il posto della persona, il bene del singolo non va a scapito della solidarietà, ritrovando un equilibrio andato smarrito e realizzando così una vera e profonda rivoluzione culturale.
    L’articolazione dei tre passaggi traccia un itinerario da vivere in vista di impegni da assumere e comportamenti da attuare: «L’obiettivo non è di raccogliere informazioni o saziare la nostra curiosità, ma di prendere dolorosa coscienza, osare trasformare in sofferenza personale quello che accade al mondo, e così riconoscere qual è il contributo che ciascuno può portare» (LS, n. 19). Sono chiamate direttamente in causa la coscienza e la responsabilità, tanto dei singoli quanto delle comunità. Può essere forte la tentazione di rinunciare a impegnarsi, perché si ritiene ininfluente il proprio contributo per cambiare la realtà: per contrastarla siamo invitati a riconoscere il rilievo delle azioni di ciascuno. Compiere in modo consapevole e convinto atti semplici nel segno della fraternità e della cura del pianeta è un modo efficace e concreto per prendere le distanze da pratiche dannose, per rifiutarsi di continuare a partecipare con le proprie scelte al perpetrarsi di ingiustizie. Trovare nella propria umanità le risorse necessarie per porre un atto di resistenza rispetto alle logiche inique diviene allora una forma di rivoluzione culturale e si traduce nel vivere la propria dignità di essere umano.

     
    NOTA

    [1] Papa Francesco, Discorso ai movimenti popolari, 28 ottobre 2014, in <www.vatican.va>.


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