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    Dario Spinella

    (NPG 2014-06-66)


    «Probabilmente non sarò mai pienamente cosciente della grandezza e della bellezza della mia chiamata alla consacrazione religiosa salesiana, anche se in questi mesi ho maturato un profondo senso di gratitudine a Dio per la proposta di Amore che mi ha fatto. Oggi sono assolutamente convinto che questa è la mia strada e ho un desiderio profondo di percorrerla con tutta la mia povertà, perché si sa il Signore sceglie “ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti” e “ciò che nel mondo è debole per confondere i forti” (cfr 1Cor 1,27). [...] Intimamente innamorato di Cristo, vero Dio e vero uomo, e del suo servo don Bosco, profondamente uomo e profondamente santo, sento radicalmente mie le parole di Paolo “pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero [...]; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch'io” (1 Cor 9,19.22-23); “ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo” (Fil 3,8)».
    Con queste parole, quasi tre anni fa, concludevo la mia domanda per l’ammissione alla prima professione religiosa nei Salesiani di don Bosco. E così oggi eccomi qui, giovane salesiano in formazione ancora profondamente innamorato di Cristo e di don Bosco. E sia ben chiaro, è solo per questo profondo e viscerale Amore che ancora continuo a camminare, barcollando, su questa strada che il Signore ha tracciato unicamente per me. Quando da ragazzo leggevo la biografia di don Bosco rimanevo impressionato dalla sua capacità di saper scrutare i segni dei tempi senza accontentarsi di percorrere sentieri già battuti. È per il suo amore incondizionato verso Gesù Cristo e i giovani poveri e abbandonati che don Bosco riesce a non conformarsi alla mentalità del suo tempo per poter essere strumento di carità in modo originale ed originario. Non si tratta di un amore platonico, ma dell’Amore cristiano che segue la logica dell’incarnazione. Il suo cuore batte all’unisono con quelle dei suoi ragazzi e rende, ancora una volta, vive le parole di Paolo: “rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri” (Rm 12, 15-16). Don Bosco è un mix esplosivo di umiltà, empatia e passione. I giovani non sono solo i destinatari della sua missione ma anche i suoi principali maestri e collaboratori: è questo lo stile del lab-oratorio di Valdocco.
    Passione, empatia e umiltà sono anche i sentimenti a cui mi ispiro da quando all’età di tredici anni ho iniziato ad “essere” animatore salesiano. La mia vocazione è nata vivendo in mezzo ai ragazzi, passando i pomeriggi in cortile insieme a loro, condividendo con loro il tempo del gioco, della formazione e della preghiera. Ci tengo a sottolineare che il fatto che io sia, da quasi tre anni, un salesiano consacrato non comporta assolutamente un passaggio ad un grado superiore rispetto a quello di animatore salesiano. Si è animatori salesiani per tutta la vita o sennò probabilmente non lo si è mai stati. In questi quindici anni di animazione ho sperimentato quanto siano vere le parole di don Bosco nella lettera da Roma del 1884: “Chi sa di essere amato ama e chi è amato ottiene tutto specialmente dai giovani. Questa confidenza mette una corrente elettrica fra i giovani ed i superiori”. Credo che con la corrente elettrica prodotta nell’oratorio di Valdocco ai tempi di don Bosco si sarebbe potuta illuminare un’intera città. È proprio questa “corrente elettrica”, di cui parla don Bosco, che ogni pomeriggio cerco di attivare in cortile con i ragazzi. Produrla non è facile perché significa instaurare, coltivare e curare relazioni con ogni singolo ragazzo con l’obiettivo di essere per lui segno e portare dell’Amore di Dio nel suo quotidiano.
    In questi mesi riflettendo sulla mia missione nell’Oratorio di “Santa Chiara” nel quartiere dell’Albergheria a Palermo appuntavo nel mio diario personale: «Grazie, Signore, per la “lotta” giornaliera nella relazione con i ragazzi, soprattutto in oratorio; è una lotta perché è un continuo lavorio nel cercare il giusto modo di far sperimentare loro l’Amore di Cristo. Questo costante tira e molla fatto di affetto effusivo e di fermezza, di dolci parole e di rimproveri, di incoraggiamenti e di freni inibitori, di sorrisi e di sguardi seri spesso mi logora, ma nello stesso tempo percepisco che è l’unico modo per amarli veramente». Io credo fermamente che Dio è Amore di relazione e che se siamo stati creati a Sua immagine vivremo veramente nella misura in cui intessiamo relazioni di amore gratuito e incondizionato. Questo è quello che io ho sperimentato nella mia breve vita e cerco, con tutta la mia povertà e fragilità, di costruire ogni giorno, soprattutto quando sono in cortile in mezzo ai ragazzi. E si sa quando una relazione si fonda sull’Amore autentico non si può valutare chi dà e chi riceve, ma si può solo gioire di una felicità con non passa ma dura in eterno.


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