Severino De Pieri
(NPG 2003-05-27)
Il tema della paternità sta assumendo nel contesto attuale grande rilevanza, soprattutto attorno all’“assenza” o scarsa presenza della figura paterna nell’educazione durante tutta la seconda metà del secolo scorso, così che il peso educativo è finito per gravare prevalentemente sul ruolo materno, sovente improntato ad iperprotezione.
In effetti molti studiosi hanno ravvisato una connessione tra la preminenza del codice materno e la fragilità delle nuove generazioni, essendo i figli del nostro tempo cresciuti in un contesto educativo e sociale caratterizzato da una scarsa presenza della figura paterna nella costruzione della loro identità. Questo dato, insieme ad altri di natura socio-economica, ha influito nel creare una società di “eterni adolescenti”. È il fenomeno del prolungamento adolescenziale fino all’età adulta.
Essendo venuta meno, soprattutto per i figli maschi, una forte identificazione con la figura paterna, i figli hanno elaborato un’identità fragile, debole e incompiuta.
Il ritorno del padre
Tra le ragioni per le quali il padre ha perduto rilevanza c’è anzitutto il cambiamento della concezione dell’autorità. Molti padri si sono sentiti sbilanciati e sono andati in crisi perché non sono stati capaci di elaborare il rapporto di autorità in senso democratico e rispettoso della progressiva autonomia dei figli.
Un fattore determinante è anche la crescita della donna, la sua emancipazione e la sua liberazione sociale per cui, all’insegna delle pari opportunità, la donna ha assunto un ruolo non secondario nell’ambito familiare, si è posta anzi in una linea di parità nei confronti della coppia, anche in riferimento ai compiti educativi.
Tutto ciò ha costretto i giovani padri a ripensare il proprio ruolo, ponendo le premesse per un “ritorno del padre”, per quando minoritario e graduale, e quindi con un maggiore rilievo dato alla figura paterna nell’ambito della famiglia e in riferimento all’educazione dei figli.
Ai nostri giorni infatti è dato sovente di vedere come molti papà svolgano compiti di accudimento e di cure che un tempo erano riservati alle madri. Essi partecipano sempre di più, per esempio, alle riunioni educative tenute negli asili nido, nelle scuole dell’infanzia, nelle scuole elementari, riunioni nelle quali un tempo si vedeva la quasi esclusiva presenza di madri.
Nei giovani padri si assiste, in altri termini, ad un duplice processo di crescita: da un lato essi perfezionano la costruzione della propria identità, che era rimasta piuttosto incerta con l’adolescenza prolungata, e in secondo luogo essi si esercitano ad assumere un ruolo paterno che vedono più congeniale con una incipiente maturità adulta.
Si può anche rilevare che questo inizio di cambio di mentalità non è connesso con la classe sociale di riferimento, ma esso appare trasversale, in quanto avviene un po’ in tutti i ceti sociali. Esso è dovuto alla presa di coscienza all’interno della coppia della crescita dell’identità di genere: in altri termini padre e madre si confrontano e decidono di differenziarsi in rapporto all’assunzione dei compiti della maternità e della paternità.
Questa prospettiva è del tutto nuova nella formazione dei giovani adulti, in particolare delle coppie che cominciano ad affrontare l’età di mezzo con una attenzione e una intenzione educativa che sono una sicura speranza per un riequilibrio delle generazioni e una crescita in maggiore pienezza di umanità.
D’altro canto si nota come la mancanza della figura paterna comporta evidenti danni alla costruzione dell’identità armonica dei figli. In molti casi di devianza adolescenziale e giovanile, specialmente nei maschi, si coglie la mancanza di una figura paterna solida e autentica o di un adulto significativo che possa dare un riferimento sicuro nel compito della costruzione dell’identità adolescenziale e giovanile. A livello di analisi alcuni aspetti della devianza giovanile sembrano dovuti a questa carenza di influsso positivo della figura paterna. Infatti il fenomeno della nuova paternità è appena agli inizi e richiede un cambiamento culturale che comporterà molto tempo prima di essere conseguito compiutamente.
Quale nuova paternità
Vari studiosi ed educatori stanno elaborando la cultura dei nuovi padri, cioè si sforzano di disegnare la nuova paternità in educazione. Dopo gli anni della crisi si assiste, dunque, ad un ritorno per evocare una presenza significativa e riconosciuta.
La nuova paternità è essenzialmente di natura educativa, cioè volta a favorire la crescita umana dei figli e quindi la costruzione di una consistente identità nelle nuove generazioni.
Oltre alla paternità biologica si parla di paternità psicologica, spirituale e simbolica, legate cioè alla figura paterna come modello di riferimento e di influsso educativo.
Il problema che si pone in radice è questo: come è possibile oggi preparare dei padri idonei ad educare i figli quando essi non hanno avuto una adeguata formazione per costruire un ruolo genitoriale paterno?
È questo un problema che interpella ed inquieta studiosi ed educatori. Perché il cambio sociale e culturale non è possibile se non avviene nel contempo un cambio nelle strutture formative.
In ogni caso la nuova paternità sta delineandosi a livello ancora germinale. Essi si configurano essenzialmente come “guida orientativa” delle nuove generazioni. Quasi scomparso il padre autoritario di un tempo, e non ancora presente ed efficace il padre autorevole e orientativo, si sta sperimentando passo dopo passo la ricerca di “nuova paternità” che dia, specialmente ai giovani padri, la consapevolezza e la capacità di influire in modo significativo nelle nuove generazioni.
A questo riguardo è da togliere subito un equivoco: parlando di paternità non si intendono escludere dalla figura paterna alcuni tratti di sensibilità e di tenerezza tipici del ruolo materno.
È evidente che nella figura materna siano prevalenti i tratti che coinvolgono la sfera dell’affettività. Tuttavia nei padri la dimensione emotiva e relazionale è sempre più sentita, inserita in un rapporto di reciprocità.
Padri e madri pertanto non possono contendersi i figli sul terreno del rapporto affettivo, ma essi si differenziano secondo le caratteristiche della propria identità di genere.
Questo discorso è arduo soprattutto sotto il profilo pratico. Infatti costruire un’identità maschile che tenga conto degli aspetti di tenerezza e di affettività è un compito piuttosto impegnativo e non esente da rischi ed equivoci.
C’è anche da notare come nel momento presente la nuova paternità viene sfidata anche dal fenomeno delle separazioni e dei divorzi, oltre che dalle convivenze.
Oggi le famiglie problematiche evidenziano la necessità di un forte ritorno all’identità di padre e madre e al ruolo centrale della famiglia, anche in presenza di divisioni e di separazioni dolorose. Ciò che si chiede oggi ad un padre e ad una madre che hanno deciso o subito una separazione o un divorzio, è di vedere con maturità il proprio rapporto, che è stato interrotto, e di conservare la relazione educativa nei figli. In altri termini, se padre e madre si dividono sotto il profilo dell’unità di coppia, essi non possono dividersi e contrapporsi sul piano del comune intervento educativo nei confronti dei figli.
Questo aspetto è di tale rilevanza che comporta una sperimentazione, quasi da laboratorio, per aiutare famiglie problematiche e in difficoltà, oggi in aumento, per non perdere di vista il compito educativo che rimane sempre, nonostante sia entrata in crisi – in molti casi – la costruzione della famiglia fondata sulla coppia genitoriale originaria.
Il ruolo paterno nell’educazione
Molti studiosi sottolineano l’urgenza di rifondare la funzione paterna sotto il profilo pedagogico. La riflessione condotta in questi anni intorno al ruolo paterno mostra una interdipendenza tra vari fattori e sistemi coinvolti nell’ambito della famiglia e nel contesto sociale. E pertanto il discorso pedagogico, sia pure importante, non può fare a meno dei risvolti che toccano il contesto sociale, economico, istituzionale e giuridico.
Nel tentativo di definire il ruolo paterno nell’educazione, si tratta non solo di dare delle indicazioni, anche se non “ricette”, per poter far rientrare il padre nell’educazione, ma di apportare quei contributi che le scienze umane hanno fornito attraverso gli approcci psicodinamici personalistici allo scopo di consentire una efficacia educativa alla funzione paterna.
Possiamo delineare questi aspetti del ruolo paterno nell’educazione attorno ad alcuni obiettivi o ambiti di intervento che potrebbero essere assunti per rifondare la nuova paternità.
* In primo luogo pare necessario configurare il padre nell’ambito della propria identità maschile. Il padre, se vuole essere modello e stimolo alla crescita, occorre che esalti la propria identità fondata sul genere sessuale e sul ruolo maschile. Una società che educa solo al femminile può portare a molte conseguenze negative.
Il padre è deputato soprattutto ad allargare gli orizzonti sociali dei figli, a curare l’inserimento nella società, a cogliere le norme, motivarle e saperle proporre. Il padre rappresenta perciò un riferimento normativo forte, autorevole. Molti padri non riescono a svolgere questo ruolo perché non sono sufficientemente cresciuti e quindi non hanno conseguito una maturità adulta e compiuta secondo il genere.
La carenza di un ruolo maschile forte crea dei disturbi anzitutto nell’identità maschile dei figli, che tante volte resta esposta ad inquinamenti ed incertezze nell’identità di genere, comportando talvolta strutturazioni di omosessualità psicologica e non solo biologica.
* In secondo luogo, il padre esercita l’autorità, come del resto la madre. Nella gestione dell’autorità il padre e la madre non si contrappongono ma si diversificano secondo la loro identità di genere. Il padre è responsabile della garanzia e della salvaguardia dei valori e lo fa con una fermezza, una decisione, una autorevolezza che discende dalla sua identità maschile.
Questa identità dà forza anche alla madre, la toglie dall’insicurezza e dall’ambivalenza del ruolo quando, oltre che da madre, deve fare anche da padre.
Nel ruolo paterno non si tratta solo di fissare dei limiti ai figli, dare delle norme, imporre delle regole, ma anche di esaltare i valori e di presentarli in maniera forte e accattivante.
* L’accesso ad una modalità democratica di rapporto potrebbe sbilanciare molti padri che vivono il ruolo in senso ancora squisitamente autoritario. È per questo che presso alcuni padri, specialmente giovani, è invalsa la tendenza a farsi e a sentirsi amici dei propri figli.
Questo atteggiamento può rappresentare uno scadimento del ruolo paterno. Il padre è anzitutto figura di riferimento maschile e morale per la formazione e la proposta positiva e forte dei valori. Pertanto mantiene una certa distanza, non si pone a livello degli amici del figlio. L’amicizia del padre è da intendersi come comprensione, espressione affettiva, non come connivenza con il figlio o cameratismo. Il figlio che vede il padre solo come amico non può costruirsi una forte identità.
L’amicizia autentica che il padre può vivere con il figlio non va disgiunta, in ogni caso, dal ruolo educativo che pone il padre in posizione asimmetrica nei confronti del figlio. La relazione educativa è certamente improntata sul rapporto di comprensione, di fiducia, di incoraggiamento, ma essa si pone su piani diversi: il padre resta padre e il figlio resta figlio. Non sono due amici che vivono quasi un’età intermedia e un’esclusione del dislivello che permette il rapporto educativo.
È indubbiamente difficile cogliere questo aspetto di asimmetria nell’educazione, pur nell’intento di conservare una relazione educativa di reciprocità, che può essere affettiva ed anche amicale.
Senza una “scuola per genitori”, senza un laboratorio per la genitorialità è quasi impossibile oggi formare dei padri che siano in grado di vivere un ruolo educativo chiaro e positivo, pur vivendo nel clima attuale che incoraggia rapporti democratici ed affettivi.
* Il padre inoltre è chiamato a seguire, accompagnare e incidere positivamente nella crescita dei figli e delle figlie durante tutta la loro evoluzione. La paternità sotto questo profilo si estende a tutti gli aspetti della maturazione.
Questo comporta che il padre, nei primi anni di vita, possa sentirsi molto vicino alla madre anche nell’accudimento dei figli e faciliti quell’attaccamento che è necessario per la sicurezza dei figli. Nel contempo tuttavia il padre, come la madre, è chiamato a facilitare la separazione e il distacco nei modi più opportuni, in maniera tale che i figli possano camminare verso l’autonomia.
Se nei primi anni, in un certo qual senso, può essere prioritaria e prevalente la figura materna, senza però escludere quella paterna, successivamente acquista sempre maggior rilevanza la presenza della figura paterna, specialmente con l’ingresso nella scuola e con l’avvio dell’adolescenza.
Un padre che manchi all’appuntamento educativo dei figli durante queste tappe evolutive lascerà in essi un grande vuoto e priverà se stesso della gioia di poter formare dei figli che siano una vera continuazione della sua persona e dei suoi valori. In particolare il compito paterno si affina nel momento dell’adolescenza quando il figlio e la figlia hanno bisogno di potersi cimentare nel confronto e talvolta nel contrasto con le figure per loro più significative, come i genitori.
Si dà purtroppo il caso che nell’adolescenza i padri fuggano e lascino il compito della gestione dei conflitti adolescenziali quasi esclusivamente alle madri. Oggi i nuovi padri hanno capito che essere presenti durante l’adolescenza come modelli di comportamento, come guide orientative e soprattutto come elaboratori dei conflitti, significa assicurare la sanità mentale, l’equilibrio, e quindi la crescita armonica della personalità dei figli, pur nel travaglio del passaggio adolescenziale. L’esperienza ci rende edotti che la presenza del padre soprattutto durante l’adolescenza è essenziale per contrastare la devianza e per assicurare una crescita autentica verso l’autonomia e la maturità.
* Il figlio e la figlia si costruiscono in un confronto a specchio con la figura paterna, sia pure in modo diverso per le caratteristiche di personalità e dell’identità maschile e femminile dei figli. Tuttavia, se il padre non è presente e non è efficace, possono derivare molti danni nella costruzione dell’identità adolescenziale che avviene, come sappiamo, per confronto e talvolta per contrapposizione, e quindi per assimilazione dinamica e critica. È la “nuova nascita” dei figli che richiede quasi un nuovo modo di “partorirli”: come la madre ha partorito i figli biologicamente, così il padre durante l’adolescenza è chiamato a “partorirli” sotto il profilo psicologico.
Imparare a diventare nuovi padri
Oggi sotto il profilo pedagogico si pone la necessità di aiutare e guidare ogni papà a superare le difficoltà della sua maturazione e incrementare il proprio ruolo nel divenire educativo dei figli.
L’apprendimento della funzione paterna richiede alcuni traguardi di crescita o compiti di sviluppo che è importante tenere presenti sotto il profilo educativo.
Ci permettiamo pertanto di richiamare alcuni di questi compiti che nel contempo divengono anche atteggiamenti.
* Anzitutto è da aiutare i giovani ad assumere sotto il profilo psicologico l’idea, l’immagine della paternità e quindi a prepararsi per divenire padri. Mentre le madri sentono spontaneamente questo compito, anche aiutate dalla configurazione biologica, i padri fanno maggiore fatica ad assumere sotto il profilo psicologico la funzione paterna. Alcuni di essi vivono come degli eterni fanciulloni o dei giovanotti impenitenti. Poi improvvisamente si trovano ad avere un bebè tra le mani, di fronte al quale non si sentono in grado di assumere una caratterizzazione e un ruolo paterno.
Nell’educazione questo può essere facilitato soprattutto attraverso l’assunzione di esperienze nel confronto tra le giovani coppie e coloro che anche alla lunga si prepareranno al matrimonio.
Ci sono diverse iniziative messe in atto per preparare le coppie al matrimonio, ma non c’è quasi nulla che prepari gli adolescenti e i giovani ad assumere la funzione paterna prima ancora di impegnarsi nella costruzione della coppia genitoriale.
* Un altro compito e traguardo di sviluppo è quello di prepararsi alla funzione sociale che caratterizza in particolare il ruolo paterno. Oggi i figli sembrano vivere in una specie di parcheggio, lontano dalla vita economica, politica e sociale. Essi non hanno un aiuto critico e responsabile per entrare nella società e quindi vivono praticamente una identità separata.
Pertanto sarebbe importante sotto il profilo pedagogico preparare i giovani ad assumere questa attenzione sociale connessa con la paternità. Questo comporta la possibilità di vivere, pur essendo ancora giovani e non ancora padri, un inserimento sociale e un impegno politico che anticipi la funzione di quasi adulti, significativo per la testimonianza di vita, per la fermezza del carattere, per la capacità di dare motivazioni e soprattutto per comprendere il cambiamento sociale in atto.
Essere un buon padre oggi significa capire i linguaggi dei figli, “stare a galla” in rapporto alla loro crescita, non lasciarsi buttare fuori da una evoluzione rapidissima che distacca sempre di più le generazioni. Si può notare come parecchi giovani padri perdono facilmente il rapporto con i linguaggi delle nuove generazioni e quindi rischiano di essere quasi vecchi quando arrivano ad avere dei figli.
Questo stare in linea con l’evoluzione e assumersi i compiti di una crescita continua sotto il profilo sociale e culturale è essenziale per assumere i compiti della paternità.
In questo vediamo che alcuni giovani sono facilitati soprattutto dai ruoli di animazione, di educazione e di impegno che assumono nelle forme di volontariato e di assistenza sociale. Infatti le esperienze che essi fanno li tengono in costante contatto con l’evoluzione giovanile, con i nuovi linguaggi e le esperienze connesse al cambio sociale. Pertanto arrivano abbastanza facilmente ad assumere il compito di padre proprio perché non hanno perso il passo con i tempi. Ciò che spesso notiamo è purtroppo un invecchiamento precoce di molti giovani, i quali non sono in grado di crescere adeguatamente negli anni che contano; non sono in grado di camminare accanto alle nuove generazioni e pertanto prefigurano anzitempo, in modo precoce, una spaccatura fra essi e i propri figli quando cominceranno ad averli.
Per la madre questo processo sembra facilitato per la sua maggiore vicinanza ai figli sotto il profilo fisico e affettivo. I padri, impegnati sovente nel lavoro anche lontano dalla casa, trovano difficile questo compito. Essi hanno bisogno di mettere in agenda gli impegni per i figli, di prepararsi agli incontri, gestire sotto il profilo emozionale ogni colloquio, memorizzarlo, visualizzarlo, farne una esperienza positiva e viverlo non come una specie di obbligo morale ma come una grande gioia nella propria funzione paterna.
Questo aspetto rappresenta oggi un compito tra i più difficili, sia pure non impossibili, per un cambio sociale che riteniamo necessario e che ci auguriamo possibile e raggiungibile.
* Un altro aspetto essenziale per la funzione paterna è la maturazione della sessualità. Il padre può aiutare i figli a progettare e a orientare una maturazione psicosessuale, in vista dell’assunzione delle responsabilità, aiutando le figlie e i figli a vivere la propria sessualità in modo non di pura e semplice gratificazione o di appropriazione, ma di compito di accoglienza e di sviluppo dell’affettività e del rispetto della persona, mettendo il sesso al servizio dell’amore.
Il padre è essenziale nell’educazione sessuale dei figli non solo perché può dare delle informazioni, ma perché con la sua presenza orienta soprattutto il comportamento, facendo maturare la sessualità dalla ricerca della gratificazione al dono di sé nell’oblatività.
È chiaro che sotto questo profilo un padre deve mantenere limpida la propria sessualità, quindi sapersi imporre una igiene mentale e una grande chiarezza interiore. Un padre che offende la sessualità diventa un pericolo per i figli, non solo perché può essere esposto all’abuso sessuale e alla pedofilia, ma soprattutto perché è un cattivo esempio ed è un argine che frana di fronte all’insorgenza della maturazione pubertaria e genitale dei propri figli.
* Un compito paterno essenziale è quello di aiutare i figli a costruire un progetto di vita imperniato sulla realizzazione di sé e aperto al futuro. Il padre diventa sotto questo profilo un “orientatore vocazionale”, perché con il proprio esempio può aiutare i figli nella costruzione del proprio posto nella vita, di fronte alla società, a se stessi e a Dio.
Un padre educatore e accompagnatore vocazionale è essenziale, oggi soprattutto, perché molti giovani non riescono ad avere un progetto positivo di esistenza, restando tante volte bloccati nell’insicurezza, sospesi e quasi disincantati verso l’impegno del futuro.
Il giovane oggi nella costruzione di sé deve prepararsi a vivere la vita di coppia con una precisa collocazione. Di fronte alle modalità dell’innamoramento e all’esercizio della sessualità negli anni bollenti della giovinezza può commettere molti errori, anche perché oggi sono forti le seduzioni e nocivi molti schemi di comportamento, presi dalla cultura dominante. Tuttavia non è impossibile per molti giovani – anche oggi – costruirsi una immagine di padre, riferito in modo adeguato al rapporto di coppia, con la propria moglie e la madre dei propri figli.
Sotto il profilo educativo pertanto è da porre il massimo impegno, dopo gli anni della Confermazione, per attuare una educazione alla sessualità aperta all’amore e all’assunzione dei compiti della paternità e della maternità responsabile.
Non si deve rimandare questo impegno a quando i giovani sono sposati, ma prima che arrivino alla scelta e celebrazione del matrimonio devono poter avere già una chiara indicazione di sé come padri e madri, orientati verso un futuro di coppia.
Molto spesso il fidanzamento non è orientato a questo. Sotto il profilo educativo invece è una stagione d’oro per preparare il futuro, attraverso una metodologia pedagogica adeguata, per lo più assente nei nostri contesti istituzionali, compresi quelli di alcune parrocchie e comunità ecclesiali.
* Un altro compito essenziale per costruire la paternità è quello di viverla a livello “virtuale”, cioè prima ancora di pervenire alla genitalità, alla paternità biologica. Infatti oggi molti giovani esercitano la paternità a livello simbolico, cioè affettivo, psicologico e spirituale, proponendosi come riferimenti maschili e paterni a molti ragazzi e ragazze che essi avvicinano nell’ambito dell’animazione.
Pensiamo agli allenatori sportivi, agli animatori dei gruppi ecclesiali, ai catechisti, agli operatori pastorali, agli operatori sociali.
Il vivere una paternità spirituale efficace prima di essere padre sotto il profilo biologico aiuta i giovani ad entrare nell’idea della paternità anzitempo, quindi ad essere preparati quando sarà il momento di unire la paternità psicologica e spirituale a quella biologica.
Questi aspetti che abbiamo delineato sono molto importanti e richiedono una pedagogia nuova. Essi pongono pertanto problemi anche nella formazione dei formatori a questo riguardo.
La paternità spirituale
Non può mancare in questo “ritorno del padre”, che assume la nuova “paternità”, anche un cenno alla paternità più spiccatamente spirituale.
Il padre spirituale vive questo ruolo in riferimento alla paternità di Dio, svolgendo un intervento che entra in rapporto con la costruzione spirituale delle persone, siano questi i propri figli come anche persone che sono affidate alle cure educative o alla stessa rieducazione nei casi della devianza.
La paternità simbolica infatti si esprime essenzialmente nella paternità spirituale, che comporta varie modalità con cui può essere assunta. Soprattutto essa fa riferimento ad una “generazione spirituale” sul modello della paternità di Dio. Dalla psicologia religiosa sappiamo che l’idea di Dio si forma con riferimento alle cure paterne e materne. L’idea di Dio ha bisogno di mediazioni umane. Allora ci si chiede come può un giovane formarsi un’idea di Dio corretta se non trova delle figure paterne e materne che lo aiutino a rapportarsi bene nei confronti di Dio e quindi ad entrare successivamente in una generazione di paternità e maternità spirituale.
Questo discorso appare molto arduo. Per molte persone pensiamo sia quasi impossibile, inedito o estraneo.
Invece la persona umana ha bisogno di una guida, di una direzione spirituale. Non solo per le vocazioni di speciale consacrazione, per la proposta di cammini di vita improntati alla fede e alla carità, ma anche per orientarsi verso i valori religiosi, per entrare in rapporto con Dio e quindi per vivere in ascolto del Signore.
La direzione spirituale facilita la presa di coscienza dell’azione dello Spirito nell’anima e pertanto il direttore spirituale, che in questo caso può essere anche un giovane papà, un animatore, sviluppa il compito educativo sotto il profilo spirituale, anche cristiano. Quindi diventa discepolo di Cristo, testimone e veicolo di salvezza comunicando la paternità di Dio. La pastorale giovanile qui può ritrovare un colpo d’ala e diventare veramente efficace in quanto consente di assumere il compito di discernimento e di accompagnamento che le proviene dalla funzione paterna, che discende da una compiuta costruzione dell’identità maschile.
È chiaro che questo vale anche per la donna, che è ugualmente madre e guida spirituale in modo eccellente. Ma a volte è il padre che manca, non tanto il padre biologico quanto quello spirituale, che deve entrare con efficacia e in modo significativo nell’intervento educativo.
Molti giovani oggi esprimono un grande anelito, quasi un’invocazione di spiritualità. La cercano dovunque, anche presso fonti inquinate o effimere.
Crediamo che il vero bisogno del nostro tempo sia una direzione spirituale che, educando, faciliti la crescita verso alcuni traguardi di identità più matura, sotto il profilo religioso e cristiano. Quindi il tema della paternità, a questo punto, si apre a degli orizzonti impensati e inediti. Sotto questo profilo il tema della paternità sfida l’educazione e la pastorale giovanile nel nostro tempo. Da tema disatteso, messo all’angolo o buttato fuori, può rientrare in campo ed essere al centro di una nuova educazione.
Chi oggi non accetta questa sfida probabilmente tradisce le nuove generazioni e non reca un contributo fattivo alla costruzione dell’uomo.
Rivedere invece questo tema e renderlo fecondo per la crescita delle nuove generazioni, questo dà speranza per il futuro, creando un nuovo modo di crescere in pienezza nella società civile, umana e cristiana.
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