PREADOLESCENTI
Dalmazio Maggi
(NPG 1981-06-48)
Stiamo trattando una serie di argomenti continuati sul preadolescente e la vita di gruppo. Nel numero precedente abbiamo parlato del «Gruppo punto unificatore per una esperienza di socialità».
I punti toccati sono stati i seguenti:
- Dalla banda al gruppo
- Il gruppo una meta da raggiungere
- Caratteristiche dei gruppi preadolescenziali»
- Fenomeno della leadership.
Ora concludiamo questo argomento sviluppando altri aspetti:
- La leadership distribuita. Il gruppo risulta più compatto e più efficiente quando il ruolo di guida di cui una persona è investita dal medesimo, può essere assunto da ognuno dei membri secondo le sue possibilità e le circostanze.
- Il dialogo con la famiglia e la scuola. La famiglia, prima responsabile dell'educazione, non può abdicare al suo compito. Genitori e familiari continuano ad avere molta incidenza nella vita del preadolescente.
La scuola, spesso subita dai ragazzi, deve essere riappropriata attraverso il dialogo di gruppo che maturerà l'atteggiamento critico e costruttivo dei ragazzi.
- Il dialogo-confronto con i mass-media. Per aiutare il dialogo con i ragazzi è necessario che si conoscano adeguatamente e si indirizzino criticamente le fonti sistematiche del loro modo di pensare, di parlare e di agire.
- L'attività di gruppo. Perché i ragazzi partecipino in un modo sempre più completo alle attività, sarà importante che l'animatore, prendendo una posizione di stimolo, lasci che i ragazzi discutano i loro problemi, i loro progetti.
- Le difficoltà della vita di gruppo. Anche se alla base del dinamismo della propria personalità c'è il bisogno di realizzarsi a contatto con gli altri, il temperamento dei singoli, l'educazione ricevuta nell'ambiente familiare, influssi vari del mondo degli adulti, possono creare difficoltà per una vita di gruppo.
Sarà necessario tener presenti in ogni caso la situazione reale in cui si vive e le possibilità del gruppo per non correre il rischio di far diventare un ragazzo un ingranaggio che deve funzionare ad ogni costo. Occorre ricordare sempre che il soggetto della formazione è il ragazzo e la meta è la sua maturazione graduale completa.
LA LEADERSHIP «DISTRIBUITA»
Al centro dell'azione formativa sta la persona del ragazzo, chiamato ad un pieno sviluppo di sé.
Però il ragazzo non esiste nel vuoto né la sua maturazione può progredire realmente al di fuori del suo inserimento nel grupppo, anzi essa trova la sua piena realizzazione precisamente nella misura in cui collabora, si apre al contatto con gli altri.
Il gruppo, come entità nuova, che non è mai la somma semplice delle personalità dei membri, tende a favorire un processo attraverso il quale i singoli ragazzi maturano emotivamente, intellettualmente e socialmente in modo da rendersi capaci di assolvere ruoli, compiti e funzioni sociali diverse nel gruppo stesso e domani in altri gruppi a cui essi apparterranno.
Tutto ciò implica quello che da alcuni autori viene chiamato diffusione della leadership» o leadership distribuita» (22), che sposta il concetto iniziale di guida di cui una persona è investita del gruppo, nel senso che le funzioni di guida risiedono nel gruppo come tale e possono essere assunte da ognuno dei membri secondo le sue possibilità e le circostanze.
Questa ipotesi si traduce in quest'altra, legata alla maturazione del gruppo: «l'efficienza del gruppo e la sua condotta sarà più adeguata quando qualsiasi membro in qualunque momento, sia libero di assumere alcune delle funzioni di guida» (23).
Per raggiungere questa situazione educativa occorre che l'animatore si centri sulla maturazione dei singoli e del gruppo, creando a poco a poco, le condizioni per una progressiva distribuzione della leadership», in modo che la sua guida personale diventi sempre meno necessaria.
In questo contesto di leadership distribuita» occorre approfondire il discorso sui vari leaders presenti in un gruppo di ragazzi e sulle funzioni che spesso sono richieste ad alcuni membri in certi momenti: l'organizzatore, l'esperto sportivo, il tipo allegro, il comico del gruppo, il pensatore...
Facilitando continuamente l'emergere delle doti dei singoli membri si permette a ciascuno di essere il leader-fulcro di una iniziativa in un momento particolare. Ogni ragazzo deve avere il momento in cui si sente in modo esplicito» riconosciuto da tutti come importante per la vita del gruppo.
L'animatore si convertirà anche esso progressivamente in un autentico membro del gruppo, pur mantenendo le sue competenze, ad abilità specifiche, che egli metterà a disposizione del gruppo e dei singoli, prendendo la guida nei momenti in cui il suo intervento sia percepito come stimolante e facilitante di una iniziativa particolare, diretta verso i fini del gruppo.
In tal caso egli potrà proporre, aiutare senza scapito della piena responsabilità degli altri membri.
L'animatore sarà sempre tale e nel senso più pieno di questa funzione di animazione e di facilitazione; e lo sarà tanto meglio quanto più sappia trasferire al gruppo e ai singoli membri le sue funzioni di guida nel momento giusto, senza anticipi che potrebbero essere interpretati come cedimenti e che potrebbero mettere in difficoltà il gruppo immaturo», ma anche senza ritardi, che lascerebbero il gruppo e i singoli ragazzi in una posizione di eterni immaturi», di continuamente protetti».
Sono illuminanti le seguenti parole di Gordon T.: Potremmo dire che l'educatore centrato-sul-gruppo si propone obiettivi di ampio raggio più che obiettivi immediati.
Ha fiducia che il gruppo sarà capace di risolvere i suoi problemi immediati e lo aiuta a rendersi capace per risolvere problemi futuri... Si interessa del gruppo come organismo sociale in sviluppo.
Percepisce la sua funzione come un aiutare il gruppo a realizzare il proprio adattamento e, nel farlo, ad essere sempre più auto-responsabile. E poiché egli è convinto di questi valori, l'educatore centrato-sul-gruppo si sente a suo agio nell'assumere un ruolo in consonanza con essi» (24).
La realizzazione di tale situazione di vita di gruppo è una delle mete dell'animatore e dipenderà dalla sua abilità e prudenza, che terrà sempre conto realisticamente di tre ordini di fattori:
- le sue possibilità reali»: il suo atteggiamento di fondo nei confronti dei ragazzi, le sue capacità, le sue attitudini ad aggiornarsi e a collaborare con altri animatori;
- le possibilità dei ragazzi: la loro età, il loro livello culturale, l'apertura al dialogo e alla collaborazione;
- le esigenze e le forze interagenti dell'ambiente esterno al gruppo: famiglia, scuola, ecc.
IN DIALOGO CON LA FAMIGLIA E LA SCUOLA
Alcuni animatori misconoscono questi due fattori di educazione e spesso si pongono acriticamente» e superficialmente in contrasto con tali ambienti di vita.
a) La famiglia
Occorre riaffermare con decisione che i primi responsabili della educazione restano i genitori e la famiglia. A loro si possono affiancare altri educatori, che completino la formazione a nome di una realtà più ampia della famiglia. È necessario ricordare che i genitori e i familiari continuano ad avere una incidenza nella vita del preadolescente; la loro approvazione, il loro appoggio è molto importante per la sua serenità affettiva.
È fondamentale quindi la collaborazione tra genitori e animatori per non viaggiare su binari paralleli, a spese purtroppo di coloro che si desidera aiutare.
b) La scuola
La scuola può avere un'incidenza educativa determinante» per il fatto che ogni giorno» presenta una cultura, che privilegia un modello di società, un modo di pensare e un modo di agire. t necessario intessere un dialogo-confronto «a distanza» ma sistematico.
Si tenga presente che la scuola, per lo più, non è scelta né amata, data l'attuale impostazione, è quindi subita con un atteggiamento di fondo di rigetto». Questa situazione impone e favorisce un dialogo che può diventare anche alternativo.
Il gruppo infatti è scelto e desiderato e, se non si riduce a un momento temporaneo», ai margini della vita del ragazzo, o a un momento di evasione», per riempire gli spazi vuoti della settimana, può diventare uno spazio privilegiato per una maturazione dell'atteggiamento critico e costruttivo del ragazzo.
IN DIALOGO-CONFRONTO CON I MASS-MEDIA
Un gruppo che vive la vita dei ragazzi dà spazio e tempo a ciò che essi leggono, sentono e vedono: nei fumetti, nei dischi, al cinema e alla televisione, che con i mezzi tecnici più avanzati e la parzialità dell'impostazione suggestiona e condiziona a lungo andare.
Non si può dialogare con i ragazzi se non si conoscono adeguatamente e non si analizzano criticamente le fonti sistematiche del loro modo di pensare, di parlare e di agire.
LE ATTIVITÀ DI GRUPPO
Come nascono le attività tra i ragazzi (25)
Come nascono le attività tra i ragazzi (25)
Per far partecipare i ragazzi in una maniera sempre più completa alle attività, occorre riflettere sul modo di suscitare l'interesse e stimolare all'azione.
Si può descrivere il sorgere di attività in un gruppo di ragazzi in una delle seguenti maniere:
L'animatore prende una posizione di stimolo e lascia che i ragazzi discutano i loro problemi e i loro progetti. Resta continuamente a loro disposizione facilitando il superamento di difficoltà e ostacoli. Poi si realizza insieme ciò che è stato stabilito con il contributo di tutti.
Le cinque situazioni sono in ordine crescente di democraticità e partecipazione attiva.
Talvolta è necessaria una forma piuttosto che un'altra, la più completa resta la quinta, che rende i ragazzi più corresponsabili.
Occorre tener presente che il ragazzo ha bisogno dell'animatore, che gli stia vicino, per consigliarlo sugli interessi espressi e per suscitare altri interessi.
Iniziative individuali e di gruppo
Si pone spesso la questione di sapere se conviene sviluppare attività individuali a scapito di quelle di gruppo o inversamente.
Le attività di gruppo sono indispensabili per i ragazzi per una loro integrazione sociale.
Ma occorre tener presente il fatto che le attività individuali sviluppano intensamente la creatività, l'originalità e la personalità profonda. Sono anche esse indispensabili all'espansione dell'individuo come tale.
Per una completa formazione bisogna tener conto del carattere di ciascun ragazzo e permettere, anzi favorire, che le due dimensioni possano espandersi, non ignorandosi ma integrandosi.
Bisogna ricordare l'azione educativa dell'atmosfera che è realizzabile soltanto dal gruppo; ed è quella che più spesso i ragazzi ricercano coscientemente o no.
Tenendo presente il bisogno fondamentale di ogni ragazzo di svilupparsi nelle due direzioni, studiate da Nuttin: autorealizzazione e contatto con gli altri, conviene riflettere sui vantaggi e gli inconvenienti sia delle attività di gruppo sia di quelle individuali (26).
LE DIFFICOLTA DELLA VITA DI GRUPPO
Anche se alla base del dinamismo della propria personalità c'è il bisogno di realizzarsi a contatto con gli altri, non è facile condurre una vita di comunione tranquilla.
Il temperamento dei singoli, l'educazione ricevuta nell'ambito familiare, altri influssi diretti e indiretti dello stesso ambiente adulto» possono creare difficoltà per una vita di gruppo (27).
Il numero, la massa
Il numero è un elemento molto importante nel gruppo perché condiziona, in gran parte, le relazioni tra i membri e la riuscita delle attività.
Più il gruppo è numeroso più l'animatore dovrà dare prova della sua capacità autoritativa.
La comunità dei preadolescenti, affidata a un animatore, non dovrebbe superare i 50/60 membri, divisi in gruppi ristretti di 10/12 ragazzi con il loro leader e una certa autonomia di vita.
Ci sono molte attività facili a realizzarsi e molto desiderate dai ragazzi, che essi stessi possono prendere in consegna e realizzare, come certi sports, giochi e programmi vari.
L'animatore veglierà affinché si eviti il più possibile di trovarsi di fronte a una massa: egli favorirà sempre le suddivisioni in gruppi ristretti e in clubs di attività. Quando il gruppo è troppo numeroso, il ragazzo si sente sperduto e trova difficilmente la sua espansione equilibrata.
I sottogruppi
Appena i vari gruppi prendono una qualche consistenza si assiste normalmente alla nascita di sottogruppi nello stesso gruppo.
È un fenomeno assolutamente normale.
I sottogruppi tra gli adolescenti rispondono a un bisogno primordiale» e bisogna ammettere che i giovani possono ritrovarsi in seno a piccole equipe ristrette, composte sovente di qualche membro» (28).
I tentativi che mirano a scindere e a far scomparire i sottogruppi sono generalmente votati all'insuccesso e portano conseguenze negative sia per il gruppo sia per l'animatore.
I sottogruppi possono portare alla morte del gruppo e impediscono talvolta una serena apertura alla vita sociale e quindi sono da ammettersi a certe condizioni, che permettono l'arricchimento dei singoli componenti ma anche l'apertura ai valori degli altri.
1) Il sottogruppo non può costituire un clan chiuso, un'entità ripiegata su se stessa.
In questo caso può essere sentito come una minaccia per tutto il gruppo e creare difficoltà e impossibilità di lavorare.
Occorre evitare questi clan «chiusi», sensibilizzando i membri ai pericoli che corrono essi stessi nel chiudersi e impoverirsi e ai pericoli che corre il gruppo di disintegrarsi. È necessario far capire che in certi momenti è l'interesse del gruppo che conta. Ma bisogna accettare che i memebri del sottogruppo possono trovarsi insieme frequentemente.
2) Il sottogruppo è concepibile se non tenta di eliminare gli altri sottogruppi. L'armonia e la concordia è assolutamente necessaria per favorire lo sviluppo di una certa fisionomia di ogni sottogruppo.
Occorre evitare pazientemente che siano imposte a tutti i desideri, le attività e la volontà di un sottogruppo.
3) Ogni sottogruppo possiede generalmente il suo leader, il suo capo naturale, che si impone, coscientemente o no, agli altri membri.
Può sorgere una certa rivalità tra i capi dei sottogruppi.
L'animatore deve far prendere coscienza ai capi delle conseguenze negative del loro atteggiamento di rivalità o del loro comportamento pratico.
Ma la situazione può essere molto favorevole se riesce a suscitare tra loro legami di amicizia e a instaurare un clima di intesa, da valorizzare e approfondire in momenti particolari di incontro, riflessione, revisione e formazione più adeguata.
4) Il sottogruppo riunisce ragazzi che hanno insieme dei legami di ordine affettivo.
I ragazzi desiderano ritrovarsi insieme e hanno tanti motivi per farlo: avventure vissute insieme, stessi interessi, prossimità di abitazione ecc. Questo desiderio può portare a isolarsi.
L'animatore terrà presente il fenomeno e richiamerà l'attenzione dei membri sul fatto che il loro modo di agire può essere nocivo all'atmosfera di gruppo.
5) Il sottogruppo può essere formato dai ragazzi emarginati, insoddisfatti che si mettono insieme, riuniscono i loro sforzi per ottenere certi cambiamenti di struttura o di programma.
un sottogruppo di breve durata se l'animatore farà ogni sforzo per eliminare le cause di tale insoddisfazione.
Gli isolati
In ogni gruppo di ragazzi esiste il problema dei membri che per motivi diversi si trovano isolati.
Lo sforzo dell'animatore e dei vari capi deve essere diretto a far sì che tutti si sentano integrati nel gruppo.
Si possono trovare tre tipi di isolati:
Gli ignorati
Sono dei membri ai quali non ci si interessa perché sono considerati dagli altri come insignificanti.
Per la loro timidezza non sono brillanti e vivono in un certo anonimato. Questi ragazzi soffrono enormemente, si rendono conto di essere considerati poco e si sentono svalorizzati.
L'atteggiamento educativo consiste nel dare importanza ad eventuali loro interventi. Bisogna permettere e favorire che manifestino il loro pensiero. Questo clima di accettazione e di ascolto permetterà di prendere coscienza del loro valore e delle loro possibilità.
I rifiutati
In certi momenti alcuni membri minacciano il clima o l'organizzazione del gruppo, che tenderà a emarginarli immediatamente.
Tra i membri rifiutati si possono trovare gli aggressivi, i collerici, gli ironici, quelli troppo originali, gli indiscreti.
Talvolta può essere occasione di rifiuto il fatto di appartenere a un certo gruppo sociale e la presenza di qualche difetto fisico.
In queste diverse situazioni l'animatore dovrà esercitare tutto il suo tatto e la sua pazienza.
In incontri personali con i membri che sono rifiutati, dovrà far loro prendere coscienza della situazione di urto e dei motivi che li portano a un comportamento non gradito.
Gli individualisti
Nel gruppo si possono incontrare dei ragazzi che non sono sulla stessa lunghezza d'onda degli altri membri. Sono nel gruppo fisicamente ma in realtà vivono al di fuori.
I ragazzi egocentrici, ripiegati su loro stessi, insoddisfatti, insicuri, entrano nella categoria degli individualisti, perché il loro bisogno fondamentale di affetto e di sicurezza non è soddisfatto.
Molti di questi ragazzi insoddisfatti si servono del gruppo per rispondere ai loro bisogni. Ma la maggior parte non si rende conto della propria situazione. Spesso essi cominciano i loro interventi con: Io...», parlano spesso di loro stessi, delle loro esperienze e non si interessano per nulla a quelle degli altri.
Di fronte a questi membri bisogna usare molta pazienza e tollerare che momentaneamente il gruppo possa servire a soddisfare i loro bisogni fondamentali. Gradualmente occorre far notare loro la gioia di pensare e interessarsi degli altri.
Il fattore tempo
Perché la vita in gruppo sia possibile e soprattutto perché essa possa creare occasioni di vivere progressivamente a contatto con gli altri, scoprendone i valori e le possibilità, occorre tempo.
Spesso il tempo a disposizione è il nemico più subdolo di una vera educazione, realizzata in un dialogo continuo. Per andare in fretta, per raggiungere uno scopo, per lo più di carattere esteriore, si prendono delle decisioni senza consultare il gruppo, che resta passivo o viene manipolato e strumentalizzato.
Le forzature non sono mai la soluzione delle situazioni in cui sono coinvolte delle persone. Un processo di maturazione sembra indispensabile per lo sviluppo del gruppo come dell'individuo, e questo richiede tempo.
L'incidenza del fattore tempo si fa sentire fortemente, per es. nelle riunioni di discussioni.
Mai forzare, soltanto stimolare, facilitare i passaggi, semplificare gli ostacoli. Altre volte si manifesta nei responsabili una tendenza all'attivismo, per ottenere risultati spettacolari.
L'azione è evidentemente importante, ma deve essere preceduta, accompagnata e seguita dalla riflessione.
Infine può capitare che i programmi da svolgere siano stati studiati da altri in previsione di situazioni ideali.
Occorre rivedere, riformulare il piano proposto, tenendo presente la realtà in cui si vive e le possibilità del gruppo, per non correre il rischio di far diventare il ragazzo un ingranaggio che deve girare, che deve funzionare.
In ogni circostanza dobbiamo ricordare che il soggetto dell formazione è il ragazzo e la meta è la sua maturazione graduale e completa.
NOTE
(22) G. Dho, Schemi di lavoro per il corso di metodologia pedagogica, dispense UPS 70-71, p. 138.
(23) G. Dho, 0.c., p. 138.
(24) Citato da G. Dho, o.c., p. 140.
(25) E. Limbos, o.c., pp. 75-76.
(26) Ed. Limbos, o.c., p. 50.
(27) E. Limbos, o.c., pp. 151-168.
(28) Idem, p. 153.