In questo numero non è contenuto tutto lo studio progettato: esigenze tecniche ci costringono a rimandarne una parte al prossimo. Invitiamo i lettori a coltivare lo sguardo d'insieme, anche se lo studio è «spezzato» in due puntate. Per facilitare la prospettiva, abbiamo trascritto, nella pagina di copertina, lo spirito di tutta la monografia. E ora ne riproduciamo l'indice completo.
fatti come problemi
FEDE E RELIGIONE NELLA SENSIBILITÀ GIOVANILE
Fede e religione in un contesto di secolarizzazione
Giuseppe Gevaert
I giovani di oggi di fronte al sacro: un tentativo di tipologia religiosa
Giancarlo Milanesi
progetti
DALLE CREDENZE ALLA FEDE: UN ITINERARIO DI CRESCITA
Un apprendistato alla fede: per passare dall'indifferenza all'impegno
elaborazione redazionale
«Chi» annunciare e «come» annunciarlo
Claudio Bucciarelli
Le mete di un concreto processo di educazione alla fede
Riccardo Tonelli
punti-fermi
EDUCARE ALLA FEDE NELLA FEDELTÀ A DIO E AL GIOVANE
La bibbia nella comunità giovanile
Cesare Bissoli
Il linguaggio come mediazione dell'annuncio
Carlo Molari
Che cosa è fede
Franco Ardusso
Quale fede in un mondo che cambia
Sabino Palumbieri
Il cristiano e l'umanizzazione del mondo
Giannino Piana
Evangelizzare le pratiche religiose
Vittorio Morero
Verso il cristiano adulto
Giacomo Grasso
FEED-BACK SULLA FEDE
Il termine «feed-back», nato nel contesto della cibernetica, è ormai di uso classico in psicologia, sociologia e pedagogia. Significa «informazione di ritorno»: quella informazione cioè che restituisce risultati (le reazioni dei destinatari) alla fonte di emissione, per permetterle di misurare la adeguatezza del tono e dei contenuti.
Cercare un feed-back significa cogliere il livello di recezione di un messaggio, per facilitare comunicazioni interpersonali non unidirezionali.
«Feed-back sulla fede». Perché?
Feed-back sulla fede significa ascolto e verifica del rimbalzo che le nostre proposte ottengono, quando si impattano con i giovani d'oggi.
L'educatore della fede è un annunciatore. Il testimone di una Parola «viva ed efficace, tagliente più di una spada a doppio taglio».
Ma è una Parola sempre mediata: da chi la pronuncia e da chi l'ascolta. Con il terribile potere di svuotarne la forza dirompente.
Le «informazioni di ritorno» ci stringono spesso alle corde.
Il nostro poco coraggio di gridare l'amore che salva? Il frastuono di emozioni che allontana molti giovani dall'ascolto?
Una comunità cristiana che non fa da sostegno?
La proposta di fede lontana dagli interessi quotidiani? È tempo di ritornare all'entusiasmo della giovinezza, all'intimità del deserto, dove, nel sibilo del vento, frusciavano ascoltate le parole d'amore di Jahvè al suo popolo (cfr. Osea c. 2).
1. Fede e religione nella sensibilità giovanile. Fatti come problema
Abbiamo un obiettivo molto preciso: l'educazione alla fede dei giovani d'oggi.
L'enunciato è vastissimo, da lasciare con il fiato rotto l'operatore pastorale, ormai smaliziato nei confronti del generico e delle battute troppo pretenziose. Gli interrogativi affiorano, gravi e incalzanti.
♦ «Educare i giovani d'oggi»: quali giovani?
Una tipologia delle situazioni giovanili attuali è molto complessa. Ne risulta una rassegna a fasce, smarginate l'una sull'altra. Perché il discorso morda sul concreto, dobbiamo intonare le nostre riflessioni con una «categoria» ben delimitata. Il dialogo con il giovane «medio» è un parlar tra sordi, per assenza di un interlocutore reale.
♦ «Educare alla fede»: quale fede?
A livello di documenti ufficiali, la risposta è facile. Nella prassi quotidiana, le cose, purtroppo, vanno diversamente. Perché giocano spesso un ruolo decisivo fatti come il rapporto condiviso tra fede e religione, lo spazio che si vuole affidare ai valori e disvalori (veri o fittizi) della secolarizzazione, alla necessaria ma condizionante dimensione storica dell'esperienza di fede.
♦ «Educare alla fede i giovani d'oggi»: con quale dose d'innesto tra la spontanea religiosità giovanile e la qualificante novità cristiana?
Un problema pastorale dai risvolti importanti. Perché chiama in causa la difficile «continuità-discontinuità» tra fede e vita, tra spontaneo e religioso, tra esperienza e novità di Cristo.
Abbiamo aperto tre grossi capitoli. Più per invitare l'operatore pastorale a mettersi in stato di all'erta, che per la pretesa di esaurirli nelle pagine di questa prima parte.
Dagli studi che seguono, chiediamo al lettore di ricavare soprattutto una chiave di comprensione per il resto della monografia:
– la scelta di un rapporto «dialettico» tra fede e religione, nella pastorale giovanile, che ne affermi la non immediata coincidenza pur nella consapevolezza della necessità di modi concreti, sociali e storici (religione) di vivere la propria fede;
– l'attenzione prioritaria a quei giovani che vivono un'esperienza religiosa spesso solo emotiva, superficiale, «naturale», per guidare «questi» giovani ad una piena maturità di fede.
2. Dare credenze alla fede: un itinerario di crescita
Abbiamo fatto una scelta, per non navigare nel generico. Formano il soggetto di queste nostre riflessioni pastorali i tanti giovani che vivono all'ombra o ai margini dell'istituzione ecclesiale, senza rompere i ponti con essa e senza il coraggio di pronunciare una opzione positiva.
Non sono areligiosi, atei, «lontani». Ma neppure pronti e impegnati, pur nei sussulti di ogni decisione umana.
Questi giovani indifferenti, grossolanamente disponibili ad un discorso di fede non troppo inquietante, sono spesso quelli più trascurati. Perché non ci lasciano il calore del gruppo d'impegno né il piglio della conquista missionaria.
Di questi giovani vogliamo interessarci.
Raccogliendo, come tessere di un mosaico, molte riflessioni che hanno già percorso le pagine della rivista, tentiamo di costruire un itinerario di crescita nella fede che, muovendo dalla concretezza della loro situazione, li metta in fase di ascolto, di condivisione, in desiderio di approfondimento, fino alla decisione di una «scuola di fede».
L'accento di questa seconda parte è tutto qui. Ed è il nocciolo della monografia. Una «scuola di fede», per far passare dalle credenze alla fede, da una religiosità superficiale e immotivata ad una precisa scelta di vita.
Per raggiungere questa piena esperienza cristiana, studiamo la metodologia di un cammino di integrazione tra fede e vita, i contenuti da privilegiare e gli atteggiamenti cui educare. Un'attenzione speciale viene riservata al gruppo, come luogo concreto dove vivere la «scuola di fede».
Un progetto abbastanza pretenzioso... se non fosse ricco più di interrogativi che di risposte. Quegli interrogativi che sentono affiorare incalzanti gli operatori pastorali, rotti dentro dal quotidiano servizio di educatori della fede, in questo difficile tempo.