Silvestro Reimondo
(NPG 1969-10-24)
Per una proposta di riflessione, pubblichiamo volentieri questo contributo sul problema del federalismo.
L'A. – un tecnico nel settore – dopo aver scorso con calore appassionato anche se in panoramica veloce, la situazione politico-economica europea e mondiale, affronta il problema della pace e della sua costruzione: ne conclude indicando la prospettiva federalista come unica alternativa alle gravi crisi attuali.
«La pace s'instaura, scrive, solo con un potere a livello mondiale che possa controllare gli stessi stati, vale a dire con una federazione mondiale».
La Rivista lascia all'A. la responsabilità delle conclusioni, perché l'angolo pastorale la fa «incompetente» nelle soluzioni tecniche. Solo ci preme sottolineare le motivazioni che aprono questo studio e ne giustificano la presenza su Note di Pastorale Giovanile.
Come educatori e come cristiani non possiamo trascurare una problematica così urgente. Purtroppo non è ancora completamente scomparso un tipo di educazione «disincarnata», preoccupata dell'«oggi», del «chiuso dell'ambiente educativo», senza proiezione del dopo – che è la vita, quella vera: l'ambiente di lavoro, l'inserimento nella politica, nella professionalità, nei sindacati, nel «mondo».
Anche perché, forse, non crediamo ancora a sufficienza «nell'uomo», e nella coincidenza del cammino della umanità, nelle sue dimensioni più vere e più costruttive, con quello della redenzione.
PERCHÉ CI INTERESSIAMO DI FEDERALISMO
Affrontare i temi e la problematica dell'impegno federalista nella prospettiva mondiale ed europea in particolare, non significa scantonare dai fini programmatici d'una rivista che si propone di formare ed informare gli educatori e gli insegnanti sulla propria missione e sull'evoluzione delle richieste e delle esigenze obiettive dei giovani nella nostra epoca. Infatti uno dei compiti fondamentali degli insegnanti è l'educazione all'impegno sociale e politico dei giovani.
Per educare l'uomo
La scuola è depositaria dei grandi valori del passato, ma questo immenso patrimonio, che è in fondo la storia dell'uomo e del suo pensiero, non può essere slegato dai problemi del tempo in cui viviamo, non può esimerci dal trascurare le ansie dell'umanità presente di cui i giovani presto saranno parte integrante e di cui sentono l'irresistibile attrazione. Oggi in tema di contestazione può apparire una considerazione ovvia, ma in realtà è un impegno piuttosto scomodo che presuppone una particolare predisposizione psicologica nei confronti dei giovani, una forte tensione morale e culturale. Predisposizione psicologica nel senso di superamento dell'atteggiamento meramente paternalistico nei confronti degli allievi, affermando invece un senso di reciproca fiducia e corresponsabilità. Sostituire alla tentazione dell'ordine e dell'uniformità il desiderio della diversità, cioè stimolare la personalità dell'allievo sviluppando in lui un sano senso critico e tollerando che il suo parere necessariamente non coincida con quello del compagno e dello stesso insegnante.
Tutto ciò presuppone da parte dell'insegnante-educatore il rifiuto di adagiarsi nella routine quotidiana, il tenersi informato sui fatti e pensieri del nostro tempo affrontandoli con onestà morale ed obiettività.
Anche come cristiani operiamo la nostra e l'altrui salvezza in questo mondo di oggi; ricordiamo: «Come Tu mi hai inviato nel mondo, anch'Io li ho inviati... Io non Ti prego di ritirarli dal mondo». Eccoci quindi impegnati alla soluzione dei problemi del nostro tempo; ignorarli per comodità o liquidarli con una terminologia superficiale che non impegna nessuno e promuove l'assenteismo è tragicamente colpevole. I giovani vogliono sentire come propri i problemi della nostra epoca, sono disponibili e pronti a sacrificare molto per, un mondo ed una società migliore. Questo immenso potenziale di sane energie e di forza ideale va stimolato perché s'esprima liberamente e non ci deve fermare la preoccupazione di scuotere la pigra apatia della «gente per bene» o scandalizzare i «benpensanti» che per comodità credono questo il migliore dei mondi possibili a danno di chi soffre le ingiustizie, la miseria morale e materiale. Voler raffreddare o neutralizzare lo slancio giovanile che il contesto sociale già di per se stesso stimola all'impegno ed all'azione, anche se in forme caotiche e confuse, è un disegno ipocrita che non trova giustificazione in nessuna legge che non sia quella dell'egoismo e del quieto vivere.
Il cristiano è un impegnato
Più di chiunque altro proprio il cristiano è vincolato ad un preciso dovere d'impegno sociale e politico poiché alla base della nostra vita c'è Cristo e Cristo non ebbe paura di combattere l'ingiustizia. Come ci ricorda Paul Gauthier, Gesù è stato condannato soprattutto come «agitatore sociale» ed in effetti la liberazione spirituale è gravida di tutte le altre liberazioni. Noi saremo giudicati in base all'affermazione: «Avevo fame, avevo sete, ero perseguitato...» ed aiutiamo Cristo sofferente in una grande massa d'individui della nostra società soprattutto con un coraggioso impegno politico e sociale giacché in termini realistici l'ingiustizia e la povertà allignano nelle strutture politiche superate e di privilegio.
Ecco che diventa indispensabile l'informazione e la meditazione politica e sociale per valutare il senso della storia in cui viviamo e promuoverne lo sviluppo superando le contraddizioni oggi sul tappeto e creando le condizioni affinché si liberino le sane energie d'una umanità veramente libera in spirito di fratellanza universale. Il compito degli insegnanti è da vedersi anche in questa prospettiva assolutamente ignorata dalle circolari ministeriali, ma non per questo ci si può esimere dall'impegno morale di dare ai giovani una formazione profondamente democratica, d'incentivarne l'interesse per la politica e la volontà d'intervenire attivamente nel mondo.
VERSO L'UNIFICAZIONE DELL'UMANITÀ
Pio XII nel Radiomessaggio natalizio del 1940 proclamava la necessità d'un futuro ordine affermando: «Un che di nuovo, di migliore, di più evoluto, di organicamente più sano e libero e forte deve sostituire il passato per evitarne i difetti, la debolezza, la deficienza». Evidentemente per fare ciò oggigiorno bisogna rompere con certi schemi consacrati dall'abitudine e da un certo modo di vivere cristallizzato in forme che si vogliono far credere perenni.
La storia cammina verso l'unità
La storia non si è fermata a questo stadio di sviluppo, il corso storico ci rivela in prospettiva un obiettivo lontano, ma di cui possiamo già individuare la natura: l'unificazione dell'umanità. La grandiosa e progressiva rivoluzione dei metodi di produzione sulla base della scienza e della tecnica moderna, ha impresso un impulso formidabile alla storia dell'intera umanità. Dall'organizzazione della produzione di tipo artigianale dotato di mezzi rudimentali e chiuso negli angusti confini di una economia di consumo locale, si è passati all'organizzazione industriale dotata di strumenti via via sempre più potenti e perfezionati che richiesero mercati sempre più vasti: dalla regione alla nazione, al continente e in prospettiva al mondo intero. Sull'onda portante di tale processo stiamo entrando in una fase d'accentuamento dell'interdipendenza dei rapporti umani nel campo economico, sociale, politico, culturale. Questo dilatarsi dei rapporti e delle azioni umane sta avvicinando gli uni agli altri uomini appartenenti a stati diversi, mai nella storia si vide un fenomeno così esteso e così proteso irreversibilmente verso il mondo intero. Come in una prima fase storica si è avuta l'unificazione degli uomini all'interno degli stati più avanzati dando origine agli stati-nazione e contemporaneamente all'anarchia internazionale che scaturiva dalla lotta di potere degli stati più forti per il dominio del mondo, ora è appena iniziata una seconda fase storica che per vie difficili e tortuose tende al superamento delle divisioni fra gli stati. Anche il terzo mondo, cioè il mondo dei paesi sottosviluppati ed ex-coloniali, che s'affaccia solo oggi alla prima fase storica, è strettamente legato ai paesi più avanzati che vivono l'esperienza dei rapporti supercontinentali poiché è nell'aiuto degli uomini che vivono nelle aree più ricche del mondo che si basano grandemente le speranze di un suo celere ed organico sviluppo.
I due blocchi
Le tendenze unitarie, nei loro diversi gradi di sviluppo, trovano un vigoroso ostacolo nella frattura politica del mondo in due potenti blocchi contrapposti dominati rispettivamente dall'influenza russa ed americana. Il riflesso ideologico di questa divisione si manifesta nella contrapposizione fra comunismo e democrazia che valgono a mascherare e legittimare la brutale frattura dell'umanità.
Il risultato è una politica di conservazione e di mantenimento dello status quo in tutto il mondo che garantisca e possibilmente accresca la supremazia russo-americana. Tale politica s'esprime fondamentalmente nel mantenimento della divisione della terra in nazioni, fermando il processo d'adeguamento delle strutture politiche all'unificazione del genere umano e permettendo il flagello delle guerre locali.
Andando ad analizzare a fondo il perché delle guerre, al di là delle apparenze e delle cause contingenti, troviamo nella «ragion di stato» il motore implacabile delle discordie e della volontà di potenza. Gli uomini rigorosamente irreggimentati in stati nazionali subiscono supinamente le regole dei complessi meccanismi statuali che tendono all'egemonia per assicurarsi i mezzi d'esistenza ed una maggiore ricchezza per i propri cittadini senza dipendere da alcuno. La ragion di stato è il frutto della sovranità assoluta degli stati-nazione che impone come necessità primaria la difesa e la sicurezza nazionale. Di qui il disordine internazionale, l'equilibrio delle forze e la politica di potenza. Una situazione mondiale di questo genere non può essere una situazione di pace, lo stesso equilibrio delle forze non conduce alla pace=stabile, ma solamente alla tregua, cioè ad uno stato transitorio d'assenza di guerra sempre precario e suscettibile d'essere rovesciato dalla guerra. Contro la sovranità assoluta degli stati-nazione non hanno peso reale i pacifismi ingenui e fiduciosi che sperano nella buona volontà delle classi politiche al potere nei diversi stati. È la situazione internazionale di potenza che segna i limiti nel quali I governi possono manifestare le loro ragioni e la loro buona volontà. Così spiegano anche le rivalità fra stati «fratelli», cioè stati che N'ispirano alle stesse ideologie politiche, ma che non sfuggono alla logica dell'egoismo di potenza.
PER UNA POLITICA DI PACE
La pace effettiva, l'ordine della pace s'instaura, come già l'aveva indicato Kant, solo con un potere a livello mondiale che possa controllare gli stessi stati, vale a dire una federazione mondiale.
È inutile far nascere il desiderio e la speranza della pace senza indicare gli strumenti effettivi per ottenerla o indicare strumenti che non tengono conto della realtà delle cose. Il mito del disarmo e dell'ONU è una mistificazione che vale a nascondere la vera natura della pace e le cause della guerra senza chiarire le difficoltà che s'oppongono alla costruzione d'un ordine pacifico mondiale.
La nostra sincera aspirazione di cristiani alla pace, base essenziale alla pratica dell'amore verso tutti gli uomini, trova nel federalismo una soluzione pregiudiziale e realistica che fa sì che non sia una mera aspirazione o virtualità destinata a rimanere tale. L'ideale del superamento pacifico delle divisioni nazionali affermando il metodo federale, è un compito che spetta di diritto ai cristiani in unione con le forze politiche federaliste, infatti il cristiano opera per tutta la famiglia umana poiché è animato da un universalismo che fonda la sua ragion d'essere nella redenzione operata da Cristo che è appunto di destinazione universale e lega tutti gli uomini al Redentore. Dobbiamo promuovere un mondo migliore ove concretamente la fratellanza umana non s'infranga contro le barriere politiche degli stati nazionali che spesso la rendono un'affermazione di principio senza risultanze operative.
A questo proposito ricordiamo la grave accusa che i giovani «contestatori» americani rivolsero alla parte più retriva del clero americano che si prestava ad una ipocrita propaganda politica benedicendo nel nome di Gesù i vessilli dei marines che salpavano con le stive colme di bombe al napalm alla volta del Vietnam.
Il federalismo come esperienza culturale e politica ambra canore poco importante e rimanere sostanzialmente al margini della vita contemporanea. Il campo è ancora tenuto dalle vecchie ideologie politiche: il liberalismo, la democrazia, il socialismo, il comunismo. Tuttavia il mondo si è fatto piccolo sotto la spinta dello sviluppo dei mezzi di produzione e s'affaccia ora ad una nuova fase storica, quella della unificazione sociale del genere umano, che non può essere dominata dalle vecchie ideologie le quali non sanno dare corpo alle esigenze sociali di comunità politiche più vaste. Il metodo federale, invece, realizzando la divisione sostanziale dei poteri fra la sovranità del governo federale e quella dei governi degli stati membri, permette l'unione di diversi stati garantendo l'autogoverno senza conflitti di potere.
DA DOVE INCOMINCIARE
A questo punto viene da porsi il problema del dove incominciare per promuovere il processo politico unitario. Non negli USA o nell'URSS, legati al nazionalismo dal loro orgoglio di potenze egemoni; non dal terzo mondo che sta attualmente creando e consolidando gli stati nazione; ma in Europa e particolarmente nell'Europa occidentale dove lo sviluppo sociale ha assunto un carattere supernazionale entrando in aperta contraddizione con il persistere delle divisioni politiche statuali.
L'economia europea dimostrando una intraprendenza ed una vitalità di molto superiore all'iniziativa dei politici ha valicato in forze le frontiere politiche realizzando un tale sviluppo economico ed una tale produzione di ricchezza da porre la Comunità Economica Europea al primo posto nel mondo come volume d'affari.
I governi nazionali, che in un primo tempo favorirono l'abbattimento delle dogane per scongiurare il pericolo del sottosviluppo economico in un mondo ormai dominato dall'alta tecnologia e dai vasti mercati, attualmente si trovano impotenti di fronte ai gravissimi problemi posti da un mercato così vasto ed incontrollato. Di fronte alle grandi industrie che s'associano in complessi potentissimi, i politici nazionali si trovano ad agire in ambienti ormai troppo ristretti per poter regolare con le sole leggi dei loro parlamenti, un armonico sviluppo dell'economia e della società.
È un assurdo parlare d'una bilancia dei pagamenti italiana, francese, tedesca... e di altrettanti monete nazionali quando i principali apparati produttivi lavorano per un unico mercato; è un assurdo proporre una programmazione nazionale oggi che gli stessi sindacati si sentono esclusi ed indeboliti da una situazione padronale ormai solidamente organizzata a livello europeo; è assurdo che i governi europei cerchino vanamente d'influenzare un processo che a loro sfugge con delle consultazioni fra ministri.
Le contraddizioni si fanno evidentissime e drammatiche, assistiamo ormai preoccupati al caos monetario, finanziario, politico e sociale. I partiti democratici si perdono in alchimie politiche prive di una vera carica innovatrice, poiché mancano d'una strategia europea e dilaga il personalismo e l'opportunismo. Come conseguenza diretta s'estende a macchia d'olio la sfiducia dei cittadini ed il disinteresse per la politica con gravissime conseguenze per la democrazia. È sintomatico l'esempio francese ove in seguito alla caduta di De Gaulle, che con la sua personalità mascherava l'avanzato processo di decomposizione politica dello stato, s'è visto che chiunque ha tentato di presentare la propria candidatura alla presidenza della repubblica ha raccolto intorno a sé una certa forza politica dimostrando come i partiti non controllino più l'elettorato.
La contestazione giovanile
È in questa luce che si comprende la contestazione giovanile europea che avverte un profondo disagio poiché gli ideali di democrazia, di libertà e di rinnovamento sociale trovano un insormontabile ostacolo in questa situazione d'incertezza e di conservatorismo. Di qui certe forme anarcoidi e violente di alcune frange del movimento giovanile frustrate da una situazione senza apparente sbocco.
Nell'Europa occidentale i giovani «contestatori» che rifiutano le maniere irresponsabili cercano a tentoni delle soluzioni impossibili con il ricorso agli ideali della rivoluzione culturale cinese. Ma questa è una tesi che manca di credibilità in una società come la nostra industrialmente avanzata ed agitata da problemi fondamentalmente diversi da quelli della Cina. I comunisti ricorrono all'espediente di «fuori l'Italia dalla Nato» come se si trattasse di rompere un incantesimo con un farmaco miracoloso, ma la realtà è più complessa, l'Italia è una nullità di fronte ai colossi mondiali e la sua autonomia politica e la possibilità di governare, al di fuori d'una federazione europea, è una mitica chimera. I giovani dell'Est europeo aspirano all'autonomia politica dei propri stati e per controbilanciare le pesanti forze centripete russe fanno ricorso ad un nazionalismo di sapore ottocentesco impregnato di sentimento patriottico e genericamente libertario, foriero di ben note esasperazioni, che ben lungi dal creare la stabilità e la libertà, si pone nei fatti in alternativa al superamento degli egoismi delle politiche nazionali.
Lo spettro del prefascismo è ricomparso sulla ribalta europea e le agitazioni sociali dei giovani nella misura in cui avanzano richieste utopistiche e contraddittorie contribuiscono ad allarmare i benpensanti sempre più disposti a tollerare un governo forte che ripristini l'ordine e l'autorità. La democrazia e la libertà sono in grave pericolo poiché i governi europei si dimostrano sempre meno in grado di reggere all'urto d'una società europea industrialmente avanzata che richiede maggiori libertà, una sostanziale eguaglianza fra i cittadini, una più larga compartecipazione alle decisioni, un controllo della economia lasciata al capriccio degli interessi e degli egoismi di pochi.
Soluzioni adeguate
Sono problemi seri che richiedono risposte adeguate, soluzioni che aprano nuove vie alla civiltà umana. Il ricorso alla repressione o alla condanna indiscriminata non fanno che esacerbare i contrasti e promuovere la violenza. Oggi i governi nazionali, chiusi nei limiti ristretti delle divisioni europee, non hanno alcuna risposta da dare se non la repressione o il salto qualitativo all'Europa del popolo europeo, cioè la federazione europea. Solo un governo federale europeo oggi è in grado d'assumere i poteri necessari per porsi alla guida delle immense energie che la società europea oggi esprime caoticamente e rompere il cerchio della conservazione nel mondo introducendo un elemento innovatore e rivoluzionario, cioè il federalismo come antitesi della divisione dell'umanità in stati-nazione ed aprendo la strada all'unificazione del mondo.