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       Un doppio processo in quattro tappe

      4. Perdonare

      di vero cuore

      «Cristo e l'adultera» di Enrico Barberi

      Note estetico-spirituali di Maria Rattà



      Prosegue la presentazione del tema evangelico «Cristo e l’adultera» nell’arte attraverso un viaggio tra epoche e artisti diversi.
      Il racconto giovanneo si presta a una rilettura in quattro tappe, attraverso differenti opere d'arte che descrivono il "doppio processo" intentato da scribi e farisei ai danni dell'adultera (prima tappa) e di Gesù (seconda tappa). Ma Cristo, mettendo a nudo i segreti degli accusatori e chiamandoli ad esercitare una giustizia superiore (terza tappa), farà concludere con un lieto fine il dramma della donna, assolvendola dal suo peccato e invitandola a cambiare vita (quarta tappa).
      In questa puntata sarà analizzato il bassorilievo di Enrico Barberi (1850-1941), artista bolognese a cavallo tra il realismo e il simbolismo. L'opera in esame si focalizza sulla scena in cui Cristo e la donna rimangono da soli. Attraverso una descrizione intimistica e scevra da elementi secondari, lo scultore permette di portare la riflessione sull'essenziale: il rapporto tra Dio e la creatura umana che può ricostruire una sua dignità anche dopo il peccato.

       

      4. PERDONARE DI VERO CUORE

      «Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo.
      Allora Gesù si alzò e le disse: “Donna, dove sono?
      Nessuno ti ha condannata?”.
      Ed ella rispose: “Nessuno, Signore”.
      E Gesù disse: “Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi
      non peccare più”».
      (Gv 8, 9-11).

       Barberi Accademia
      © Accademia Belle Arti di Bologna - Ph. Raffaella Graziosi

      L’opera di Enrico Barberi [1] ben si adatta a descrivere l’ultimo momento del racconto giovanneo, quello in cui «rimasero lì solo la donna e Gesù: la miseria e la misericordia, una di fronte all’altra [2], una donna accusata di un grande peccato e Colui, che pur essendo senza peccato, si è addossato i peccati del mondo intero» [3].

      UNA SENTENZA DI ASSOLUZIONE

      Cristo «voleva rimanere solo con la donna, voleva parlare al cuore della donna: è la cosa più importante per» [4] lui. Così, «quando gli accusatori “se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani”, Gesù, assolvendo la donna dal suo peccato, la introduce in una nuova vita, orientata al bene: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”» [5].
      Barberi details 1Barberi offre una visione intimistica e solenne del momento. Lo spazio “scenico” è solo accennato, attraverso le due colonne abbozzate. L’attenzione si focalizza sui due protagonisti e sui loro sentimenti. Un Cristo ieratico - ma pur sempre umanissimo - tende la mano destra all’adultera, mentre pare avanzare di un passo verso di lei. La figura di Gesù domina la scena, anche grazie al sapiente gioco di chiaroscuri (creati dal ricco panneggio delle sue vesti) che ne accentuano lo sbalzo volumetrico nel bassorilievo.
      La donna è in ginocchio, curvata su se stessa, e piange (forse sfibrata dalla tensione vissuta fino a quel momento e magari anche per pentimento e vergogna). Non ha il coraggio di alzare lo sguardo verso Gesù e porta le mani al viso. I suoi lunghi capelli spettinati ricadono in avanti, richiamando alla mente dell’osservatore l’iconografia della Maddalena penitente. La miseria interiore dell’adultera è resa evidente anche dal “vestito di fortuna” (il lenzuolo o la coperta del misfatto?) che ne ricopre solo parzialmente il corpo.
      Nel realismo della sua resa - attraverso una serie di minuziosi dettagli, come i tendini tesi del collo di Gesù o la bordura della “veste” dell’adultera - la scena si fa carica di pathos. Il Cristo di Barberi è un Dio che attraverso il perdono vuole “risollevare” la creatura, rimetterla in piedi, restituirle la sua dignità [6].
      «Quando parliamo di misericordia» - scriveva il Card. Montini, futuro Paolo VI - «ricorriamo istintivamente a un concetto di tolleranza, di indulgenza, forse anche di debolezza. Non è così il concetto di misericordia nella economia del Signore: la misericordia è un atto di potenza, è un atto forte, è un atto creativo reintegratore, è un intervento miracoloso, è qualche cosa che rigenera, che riprende ciò che è morto e lo fa rivivere. Questo gesto di Dio che salva l’uomo e lo riprende dall’abisso in cui è caduto, dalla condizione esiziale in cui si trova, nel Vangelo si chiama misericordia» [7].

      Cuore a cuore

      Cristo può e vuole «parlare al cuore della donna» (cfr. nota 4) perché è nel suo cuore umano e divino che si realizzano l'incontro e la conciliazione definitivi tra la giustizia e la misericordia, lo svelamento totale del "cuore" di Dio già intravisto tra le pagine dell'Antico Testamento. Gesù sperimenta nel suo cuore il tradimento, il dolore per il peccato altrui e assume su di sé questo peccato. Perciò Egli può perdonare «di vero cuore» (Cfr. Mt 18,35) e insegnare ai suoi discepoli a fare altrettanto, «fino a settanta volte sette» (Mt 18, 22), cioè senza limite, esattamente come Dio, capace di perdonare infinite volte, capace di accettare il pentimento della creatura fino al suo ultimo istante di vita. Capace di donare il proprio cuore e di donarlo totalmente, fino all'ultima goccia di sangue. «Heinrich Gross ha fatto notare che nell'Antico Testamento si parla ventisei volte del "cuore di Dio". Esso è considerato l'organo della sua volontà, in base al quale l'uomo viene giudicato. Il dolore che il cuore di Dio sente per i peccati degli uomini è il motivo per cui Egli decreta il diluvio. Al contrario, il riconoscimento da parte del cuore di Dio della debolezza degli uomini è anche il motivo per cui Egli in futuro, non terrà mai più un tale giudizio. Questa linea di pensiero viene ripresa da Os 11 e portata a una profondità del tutto nuova. Dio dovrebbe revocare la chiamata di Israele, consegnarlo ai suoi nemici, ma dice: "Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione". Il cuore si commuove. Qui è adoperato lo stesso verbo che la Bibbia usa per descrivere il giudizio di Dio sulle città peccatrici di Sodoma e Gomorra (cf. Gn 19,25); esso è l'espressione di un completo rovesciamento: non resta pietra su pietra. Questo verbo indica ora il cambiamento dell'amore nel cuore di Dio in favore del suo popolo. "Il cambiamento dell'amore divino nel cuore di Dio annulla... la sua sentenza contro Israele; l'amore misericordioso di Dio riporta la vittoria sulla sua inviolabile giustizia, che, nonostante tutto, rimane intatta". Ma in che modo in questo cambiamento dell'amore la giustizia rimane intatta? Questo diventa chiaro solo nel Nuovo Testamento, nel quale il cambiamento dell'amore effettuato dal cuore di Dio si presenta a noi come reale passione di Dio: questo cambiamento consiste nel fatto che ora Dio stesso sopporta nel suo Figlio il ripudio di Israele, che in Osea viene chiamato da Dio "mio figlio". Dio stesso prende su di sé il destino dell'amore distrutto, si mette al posto del peccatore, e così lascia di nuovo libero per gli uomini - non più soltanto per Israele, ma per tutti i popoli - il posto di figlio. Il cuore trafitto del Crocifisso è il compimento letterale della profezia del cuore di Dio, che capovolge la sua giustizia per compassione, e proprio così rimane giusto» [8].

      «Il Cuore di Dio freme di compassione»

      «Il cuore di Dio freme di compassione! La Chiesa offre alla nostra contemplazione questo mistero, il mistero del cuore di un Dio che si commuove e riversa tutto il suo amore sull'umanità. Un amore misterioso, che nei testi del Nuovo Testamento ci viene rivelato come incommensurabile passione di Dio per l'uomo. Egli non si arrende dinanzi all'ingratitudine e nemmeno davanti al rifiuto del popolo che si è scelto; anzi, con infinita misericordia, invia nel mondo l'Unigenito suo Figlio perché prenda su di sé il destino dell'amore distrutto; perché, sconfiggendo il potere del male e della morte, possa restituire dignità di figli agli esseri umani resi schiavi dal peccato [9]. L'eros di Dio per l'uomo è insieme totalmente agape [10]. Non soltanto perché viene donato del tutto gratuitamente, senza alcun merito precedente, ma anche perché è amore che perdona. Soprattutto Osea ci mostra la dimensione dell'agape nell'amore di Dio per l'uomo, che supera di gran lunga l'aspetto della gratuità. Israele ha commesso "adulterio", ha rotto l'Alleanza; Dio dovrebbe giudicarlo e ripudiarlo. Proprio qui si rivela però che Dio è Dio e non uomo: "Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? ... Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all'ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te" (Os 11, 8-9). L'amore appassionato di Dio per il suo popolo - per l'uomo - è nello stesso tempo un amore che perdona. Esso è talmente grande da rivolgere Dio contro se stesso, il suo amore contro la sua giustizia. Il cristiano vede, in questo, già profilarsi velatamente il mistero della Croce: Dio ama tanto l'uomo che, facendosi uomo Egli stesso, lo segue fin nella morte e in questo modo riconcilia giustizia e amore [11]».

      UN MESSAGGIO SUL VALORE DI OGNI UOMO

      «Il messaggio della divina misericordia è, implicitamente, anche un messaggio sul valore di ogni uomo. Ogni persona è preziosa agli occhi di Dio, per ciascuno Cristo ha dato la sua vita, a tutti il Padre fa dono del suo Spirito e offre l’accesso alla sua intimità» [12]. L'adultera, che giace nella sua debolezza e povertà dinanzi a Gesù, a colui che l’ha salvata da morte certa, non è - come lo era per scribi e farisei - una merce di scambio per ottenere un condannato di maggior valore e ben più “pericoloso”. Non è neppure l’oggetto di un desiderio illecito o di un amore proibito, come è stata per l’uomo con cui ha consumato il suo adulterio. Dinanzi a Gesù si ricompone la “preziosità” (cfr. Is 43,4) di questa creatura, perché «Cristo è colui che “sa che cosa c'è nell'uomo” (cf. Gv 2, 25), nell'uomo e nella donna. Conosce la dignità dell'uomo, il suo pregio agli occhi di Dio.

      Barberi details 2

      L'atteggiamento di Gesù nei riguardi delle donne, che incontra lungo la strada del suo servizio messianico, è il riflesso dell'eterno disegno di Dio, che, creando ciascuna di loro, la sceglie e la ama in Cristo (cf. Ef 1, 1-5). Ciascuna, perciò, è quella “sola creatura in terra che Dio ha voluto per se stessa”. Ciascuna dal “principio” eredita la dignità di persona proprio come donna. Gesù di Nazareth conferma questa dignità, la ricorda, la rinnova, ne fa un contenuto del Vangelo e della redenzione, per la quale è inviato nel mondo. Bisogna, dunque, introdurre nella dimensione del mistero pasquale ogni parola e ogni gesto di Cristo nei confronti della donna» [13]. Anche nei confronti di quelle che, come l’adultera, hanno fatto esperienza del peccato mortale.

      «Maschio e femmina Dio li creò» (Gn 1,27): custodi reciproci della dignità

      «È significativo l'atteggiamento di Gesù. Forse in pochi momenti come in questo si manifesta la sua potenza - la potenza della verità - nei riguardi delle coscienze umane. La sua consapevolezza non è forse in contatto col mistero del “principio”, quando l'uomo fu creato maschio e femmina, e la donna fu affidata all'uomo con la sua diversità femminile, ed anche con la sua potenziale maternità? Anche l'uomo fu affidato dal Creatore alla donna. Furono reciprocamente affidati l'uno all'altro come persone fatte ad immagine e somiglianza di Dio stesso. Dopo il peccato originale operano nell'uomo e nella donna forze opposte, a causa della triplice concupiscenza, “fomite del peccato”. Esse agiscono nell'uomo dal profondo. Per questo Gesù nel Discorso della montagna dirà: “Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5, 28). Queste parole, rivolte direttamente all'uomo, mostrano la verità fondamentale della sua responsabilità nei confronti della donna: per la sua dignità, per la sua maternità, per la sua vocazione. Ma esse riguardano indirettamente anche la donna. Cristo faceva tutto il possibile perché - nell'ambito dei costumi e dei rapporti sociali di quel tempo - le donne ritrovassero nel suo insegnamento e nel suo agire la propria soggettività e dignità. In base all'eterna “unità dei due”, questa dignità dipende direttamente dalla stessa donna, quale soggetto per sé responsabile, e viene nello stesso tempo “data come compito” all'uomo» [14].
      Cristo vuole forse risvegliare le coscienze su questa “corresponsabilità” maschile e femminile alla dignità altrui, alla “custodia” [15] dell’altro. Scribi e farisei non si erano fatti carico della dignità dell’adultera. L’avevano anche loro trattata come una “cosa”, da barattare in cambio di Gesù. Anzi «forse alcuni di loro erano adulteri» [16], ulteriormente “violatori” della dignità femminile.
      Ma Gesù vuole ridestare anche la coscienza della donna, farle comprendere il suo valore.
      Egli la riabilita nonostante il peccato che ella ha commesso, un peccato - consumato assieme a un altro essere umano - contro Dio, contro se stessa, contro il vincolo matrimoniale e, dunque, contro il suo legittimo sposo; al contempo, invitandola a non peccare più, la esorta a riappropriarsi della sua vocazione “sponsale”: una vocazione nella sua duplice accezione che essa acquista su un piano reale - sposa di un uomo - e metaforico - sposa del Dio Sposo [17]. Ma Cristo vuole condurre la donna anche - e prima ancora - alla comprensione della vocazione di “donna”, di essere umano.

      Il vero sposo tradito

      «Forse l’autore ha omesso di parlare del marito e dell’amante, pure richiesti dalla situazione, perché vuole che noi vediamo in questa donna concreta, fatta di carne e sangue e di paura, vera sorella di tante altre creature femminili che da sempre sono state e sono vittime della ferocia umana che si nasconde sotto il nome di giustizia, il simbolo di una realtà che va oltre la sua stessa persona…
      Forse cioè l’“adultera”, in sé certo reale col suo dramma e il suo peccato, è figura di qualcun altro… ma di chi?
      In un antico oracolo del profeta Osea, Dio rinfaccia a Israele, con le parole di un marito tradito, le sue numerose infedeltà, e a un certo punto esclama: “Le strapperò via la mia lana e il mio lino, che servivano a coprire la sua nudità. Sì, ora scoprirà la sua vergogna agli occhi dei suoi amanti, e nessuno la salverà dalla mia mano” (Osea 2, 11-12). La donna che “gli scribi e i farisei” hanno trascinato da Gesù è forse allora proprio il simbolo del popolo infedele sorpreso e “svergognato” in pieno tradimento. Questo spiegherebbe perché qui apparentemente non compare l’amante: per Osea gli amanti di Israele erano “gli idoli” dietro ai quali esso andava. Ma successivamente, dal tempo dell’esilio, Israele ha abbandonato ogni culto idolatrico… e però un “amante” lo ha ancora… va ancora “dietro” a un idolo… Quest’amante che allora qui è presente, è la “legge di Mosè” elevata a assoluto, a un insieme di norme da rispettare ad ogni costo, fino a dimenticare Dio, che resta indietro, oscurato dall’ossessione per le minime regole della legge.
      A questo punto è chiaro anche chi sia il “marito” e perché (anche lui apparentemente) non compaia: il marito tradito è proprio lui, il Dio dimenticato in favore della legge.
      “Fu lasciato solo”, dice il testo, parlando di Gesù. E poi subito dopo aggiunge (ed ecco un’altra stranezza!): “con la donna che stava là in mezzo”.È veramente strano… se c’è ancora la donna assieme a lui, come qui qui si dice che Gesù “fu lasciato solo”?
      È perché qui davvero lui e la donna costituiscono un’unica realtà, quasi una sola persona! Hanno dovuto, tutti e due, in qualche modo “insieme”, fronteggiare i tranelli e le accuse dei loro comuni avversari. Adesso sono ancora “insieme”: senza “i Giudei”, e senza più la legge che condanna.
      E la donna, “là in mezzo”, sino a questo momento figura dolorosa di Israele infedele e esposto all’ignominia, viene trasfigurata come per un incanto ad immagine del popolo graziato. È scritto ancora in Osea: “Quel giorno avverrà, dice il Signore, che tu mi chiamerai: "Marito mio" … e io ti dirò "Tu sei il mio popolo", e mi risponderai: "Mio Dio!"” (cfr Osea 2, 18 ss.)» [18].

      LA MISERICORDIA RIVELA LA BELLEZZA

      Il Cristo di Barberi accompagna il gesto della mano tesa allo sguardo puntato sulla donna. È un Uomo - ancora una volta, come in tutte le altre tappe della narrazione giovannea, e come nelle altre opere fin qui analizzate - mite, calmo, che non si lascia “sconvolgere” dagli eventi e travolgere dalle passioni umane, ma che vive radicalmente in sé - quale Dio “appassionato”- il dramma dell’uomo peccatore.
      Così Gesù non ha paura di guardare in faccia il peccato e neppure il peccatore, perché solo nel “faccia a faccia” sincero tra l’uomo e Dio è possibile per la creatura il rinnovamento interiore.
      «Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù» - dice papa Francesco - «scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo. È la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche di quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. Non dobbiamo addomesticare la potenza del volto di Cristo. Il volto è l’immagine della sua trascendenza. È il misericordiae vultus. Lasciamoci guardare da Lui. Gesù è il nostro umanesimo. Facciamoci inquietare sempre dalla sua domanda: “Voi, chi dite che io sia?” (Mt 16,15)» [19].
      Forse anche l’adultera si sarà interrogata sull’identità di Cristo. Forse avrà trovato la risposta nell’amore ricevuto da lui, da quella misericordia fatta carne, capace di guardarla con occhi nuovi. «La bellezza è la gloria del corpo. Ma vari sono i modi, diversi gli sguardi con cui la si può cogliere. Vi sono dei modi molto superficiali di apprezzare la bellezza di un corpo o di un volto. Lo sguardo che parte dal cuore e va verso la persona - è, per eccellenza, lo sguardo d’amore - sa cogliere la bellezza propria di ciascun corpo, di ciascun volto» [20]. «Jean Vanier ha detto che “amare qualcuno significa rivelargli la sua bellezza”, ma è anche vero che amare qualcuno significa rivelare la propria bellezza» [21]. Così, nella scena “successiva” che Barberi lascia immaginare, quella in cui la donna si lascia rialzare da Gesù e finalmente incontra i suoi occhi, si realizza questa duplice rivelazione della bellezza umana e della Bellezza Divina in carne e ossa. Quella Bellezza che risana da ogni bruttura, che salva (cfr. Dostoevskij, L’idiota) e che, «come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini» [22]. Solo l’amore misericordioso di Dio rende possibile questo miracolo, contemperandosi con la giustizia.

      Misericordia e giustizia

      «La misericordia di Gesù non si esprime mettendo tra parentesi la legge morale. Per Gesù, il bene è bene, il male è male. La misericordia non cambia i connotati del peccato, ma lo brucia in un fuoco di amore se c’è nell’uomo una corrispondenza di amore, che implica il riconoscimento della legge di Dio, il pentimento sincero, il proposito di una vita nuova [23]».
      Così si esprime la misericordia di Dio: non condanna, ma chiama a riprendere di nuovo il cammino di conversione» [24]. Gesù, infatti, «che si era presentato come il realizzatore delle Scritture, come colui che porta a compimento una Legge che è stata data per la vita, non per la morte (Dt 30, 15-20), si trova in situazione di dare alla Legge la possibilità di raggiungere il suo scopo. Non nega la colpevolezza della donna. Sa che è sotto la condanna della Legge. Secondo la norma della Legge è già morta. Ma le ridà vita. Annulla la condanna, non la norma della Legge. Alla donna infatti dice: “Va’ e non peccare più”. L’immagine di Gesù è davvero solenne. Egli di nuovo appare come colui che toglie il peccato del mondo, come colui che è venuto non per condannare, ma per salvare e dare la vita eterna» [25].

      SIAMO TUTTI PECCATORI PERDONATI

      L’episodio della donna adultera ha una valenza pedagogica sul rapporto di ogni uomo con Dio: non c’è essere umano esente da peccato, eppure a tutti Dio offre la sua misericordia.
      Non c’è storia che possa definirsi “un capitolo chiuso” fintanto che c’è vita, proprio come non è stata chiusa la storia dell'adultera, bensì "riaperta" da Gesù, capovolta, attraverso il risollevamento di quell'esistenza che sembrava destinata a consumarsi sotto le pietre e gli sguardi dei propri lapidatori.
      La misericordia di Dio è capace di far rotolare via la pietra che tiene l'uomo sepolto nel peccato mortale; è capace di ripulire il cammino da quei peccati veniali, in cui - come in un sassolino - si inciampa, perché in essi, sottolinea la Scrittura, finanche il giusto «cade sette volte al giorno» (Pro 24,16).
      Così, «quella donna rappresenta tutti noi, che siamo peccatori, cioè adulteri davanti a Dio, traditori della sua fedeltà. E la sua esperienza rappresenta la volontà di Dio per ognuno di noi: non la nostra condanna, ma la nostra salvezza attraverso Gesù. Lui è la grazia, che salva dal peccato e dalla morte. Lui ha scritto nella terra, nella polvere di cui è fatto ogni essere umano (cfr Gen 2,7), la sentenza di Dio: “Non voglio che tu muoia, ma che tu viva”. Dio non ci inchioda al nostro peccato, non ci identifica con il male che abbiamo commesso. Abbiamo un nome, e Dio non identifica questo nome con il peccato che abbiamo commesso. Ci vuole liberare, e vuole che anche noi lo vogliamo insieme con Lui. Vuole che la nostra libertà si converta dal male al bene, e questo è possibile - è possibile! - con la sua grazia [26]».

      Il sacramento della Riconciliazione

      «Quante volte noi diciamo: “Ma, questo è un peccatore, ha fatto quello e quello...”, e giudichiamo gli altri. E tu? Ognuno di noi dovrebbe domandarsi: “Sì, quello è un peccatore. E io?”. Tutti siamo peccatori, ma tutti siamo perdonati: tutti abbiamo la possibilità di ricevere questo perdono che è la misericordia di Dio. Non dobbiamo temere, dunque, di riconoscerci peccatori, confessarci peccatori, perché ogni peccato è stato portato dal Figlio sulla Croce. E quando noi lo confessiamo pentiti affidandoci a Lui, siamo certi di essere perdonati. Il sacramento della Riconciliazione rende attuale per ognuno la forza del perdono che scaturisce dalla Croce e rinnova nella nostra vita la grazia della misericordia che Gesù ci ha acquistato! Non dobbiamo temere le nostre miserie: ognuno di noi ha le proprie. La potenza d’amore del Crocifisso non conosce ostacoli e non si esaurisce mai. E questa misericordia cancella le nostre miserie» [27].
      Ma «il perdono di Gesù richiede alla persona perdonata impegno e responsabilità per rinnovare la propria esistenza» [28], così «il cristiano deve impegnarsi, attraverso le opere di misericordia e di carità, come pure mediante la preghiera e le varie pratiche di penitenza, a spogliarsi completamente dell'"uomo vecchio" e a rivestire “l'uomo nuovo”» [29]. La storia dell’adultera diventa allora metafora non solo della misericordia ricevuta da Dio, ma anche di quella da dispensare agli altri. La misericordia che rende volti a immagine del Volto della misericordia.

      Continuare a scrivere «il Vangelo della misericordia»

      Ricevere il perdono “consapevolmente” significa anche saper perdonare. «Quando ti sembra difficile perdonare» «pensa alla tua insincerità - compresa quella che è rimasta nascosta - e che gli uomini dovrebbero perdonarti se la conoscessero» [30]. È questa la "tattica" (pedagogica... ) che Gesù sfodera con scribi e farisei, costringendoli a riflettere sulla loro condizione di peccatori. «Essere umile è dunque la condizione per poter perdonare: può perdonare solo chi conosce l’entità della sua colpevolezza e ne sente tutto il peso» [31]. Così perdona Gesù, che si addossa il peso del peccato umano e si definisce «mite e umile di cuore» (Mt 11,29).
      «In Gesù non solo possiamo toccare con mano la misericordia del Padre, ma siamo spinti a diventare noi stessi strumento della misericordia. È questo un percorso che dura tutta la vita e non dovrebbe conoscere alcuna sosta. Gesù ci ha detto che dobbiamo essere “misericordiosi come il Padre” (cfr Lc 6,36). E questo prende tutta la vita!
      Quanti volti, dunque, ha la misericordia di Dio! Essa ci viene fatta conoscere come vicinanza e tenerezza, ma in forza di questo anche come compassione e condivisione, come consolazione e perdono. Chi più ne riceve, più è chiamato a offrirla, a condividerla; non può essere tenuta nascosta né trattenuta solo per sé stessi. È qualcosa che brucia il cuore e lo provoca ad amare. La misericordia non sta ferma: va alla ricerca della pecora perduta, e quando la ritrova esprime una gioia contagiosa. La misericordia sa guardare negli occhi ogni persona; ognuna è preziosa per lei, perché ognuna è unica.
      La misericordia non può mai lasciarci tranquilli. È l’amore di Cristo che ci “inquieta” fino a quando non abbiamo raggiunto l’obiettivo; che ci spinge ad abbracciare e stringere a noi, a coinvolgere quanti hanno bisogno di misericordia per permettere che tutti siano riconciliati con il Padre (cfr 2 Cor 5,14-20) [32].
      Il Vangelo della misericordia rimane un libro aperto, dove continuare a scrivere i segni dei discepoli di Cristo, gesti concreti di amore, che sono la testimonianza migliore della misericordia. Siamo tutti chiamati a diventare scrittori viventi del Vangelo, portatori della Buona Notizia a ogni uomo e donna di oggi» [33].

      NOTE

      [1] Enrico Barberi (1850-1941) «nato e vissuto a Bologna, frequenta l’Accademia e si forma sotto la guida di Salvino Salvini. Dal 1871 al 1873 usufruisce del pensionato che gli permette un apprendistato fuori città, presso lo studio di Giovanni Duprè a Firenze. I primi riconoscimenti ufficiali giungono con l’assegnazione dei premi Curlandesi per la scultura nel 1868 e ancora nel 1877. Dopo anni di insegnamento all’Istituto di Belle Arti, detiene la cattedra di scultura all’Accademia dal 1895 al 1921, presso la quale si formano artisti famosi della generazione successiva, quali Silverio Montaguti e Giuseppe Romagnoli.
      Artista di indole discreta, meditativo e scrupoloso, è comunque molto attivo localmente e suoi sono diversi monumenti celebrativi.
      La fase più felice dell’opera di Barberi, espressione del passaggio dalla stagione realista a quella simbolista, attraverso la fascinazione del linguaggio tardo romantico legato al realismo storico-letterario, è quella dell’ultimo decennio, con la realizzazione di monumenti di grande impatto e alta qualità esecutiva. Risulta attivo anche per i cimiteri di Cesena e Imola, dove rimangono testimonianze più modeste della sua attività». (Barbara Secci, Enrico Barberi, scheda sul Sito Internet del circuito del Comune di Bologna, Storia e memoria di Bologna https://www.storiaememoriadibologna.it/barberi-enrico-481166-persona#sthash.6CvFeAGe.dpuf ). «Cristo e l'adultera» è conservata all'Accademia di Belle Arti di Bologna.

      [2] Francesco, Angelus, 13 marzo 2016, https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2016/03/13/0185/00397.html ; il papa riprende l’espressione «relicti sunt duo: misera et misericordia» di sant’Agostino, già citato da Benedetto XVI nell'Omelia del 25 marzo 2007, https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2007/documents/hf_ben-xvi_hom_20070325_visita-parrocchia.html

      [3] Benedetto XVI, Omelia, 25 marzo 2007, https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2007/documents/hf_ben-xvi_hom_20070325_visita-parrocchia.html

      [4] Francesco, Meditazione mattutina nella cappella della Domus Danctae Marthae, 7 aprile 2014,
      https://w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2014/documents/papa-francesco-cotidie_20140407_perdonare-accarezzando.html

      [5] Benedetto XVI, Angelus, 21 marzo 2010, https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/angelus/2010/documents/hf_ben-xvi_ang_20100321.html

      [6] Il tema della dignità quale «parametro interiore» (secondo l'espressione di Joseph Ratzinger) nel giudicare è stato affrontato nel terzo articolo di questa serie, in cui si è analizzato il «Cristo e l'adultera» di Brueghel il Vecchio, http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?option=com_content&view=article&id=10720:cristo-e-ladultera-3

      [7] La devozione al Sacro Cuore nei discorsi di papa Montini, Libreria Editrice Vaticana, 1977, p. 47.

      [8] Joseph Ratzinger, Mistero pasquale e devozione al Cuore di Gesù, Adp, 2010, pp. 28-29.

      [9] Benedetto XVI, Omelia, 19 giugno 2009, https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2009/documents/hf_ben-xvi_hom_20090619_anno-sac.html

      [10] «L’Eros greco è un amore cosmico, vasto, indiscriminato, incurante della fedeltà; l’amore celebrato nell’A.T. è l’amore geloso che sceglie il suo oggetto fra migliaia d’altri, lo domina con tutta la forza della passione e della volontà e non ammette infrazioni alla fedeltà.
      Quindi l’amore biblico, espresso normalmente con agapao-agape include anche il significato dell’amicizia (phileo) e della passionalità erotica (erao). Si tratta di un amore che nella forma ideale è globale, integrato e ordinato. Tutte e tre le componenti dovrebbero convergere in maniera armonica, nel senso che si rafforzano, si completano, sempre nell’ordine: spirito, anima, corpo. È quello che esprime lo shema. "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze" (Dt 6,4-5).
      Gesù porta al massimo compimento l’amore nei confronti del Padre ("Io e il Padre siamo una cosa sola": Gv 10,30) e nei nostri confronti ("ci ha amati fino alla fine": Gv 13,1). La sua Passione contiene davvero l’Amore appassionato di Dio: "Ho desiderato ardentemente mangiare questa pasqua" (Lc 22,15). "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra…" (Lc 12,49). "Lo zelo per la tua casa mi divora" (Gv 2,17). È questo Amore appassionato e totale, ossia il fuoco dello Spirito di Dio, che porta Gesù a consumarsi come olocausto sulla croce e a farsi nostro pane.
      L’amore "appassionato" porta Gesù ad accettare liberamente e coraggiosamente la sua "Passione, morte e risurrezione", ossia la sua Pasqua, che Egli chiama la sua Ora (secondo l’evangelista Giovanni)» (Padre Domenico Cancian, Eros, philia e agape "nella storia d’amore che la Bibbia ci racconta", Sito Internet del Santuario dell'Amore Misericordioso di Collevalenza, https://www.collevalenza.it/CeSAM/08_CeSAM_0025.htm)

      [11] Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 10, https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20051225_deus-caritas-est.html

      [12] Giovanni Paolo II, Omelia, 30 aprile 2000, https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/2000/documents/hf_jp-ii_hom_20000430_faustina.html

      [13] Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, n. 13, https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_letters/1988/documents/hf_jp-ii_apl_19880815_mulieris-dignitatem.html  

      [14] Giovanni Paolo II, Ult. cit, n. 14, https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_letters/1988/documents/hf_jp-ii_apl_19880815_mulieris-dignitatem.html

      [15] Francesco, Francesco, Meditazione mattutina nella cappella della Domus Danctae Marthae, 7 aprile 2014,
      https://w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2014/documents/papa-francesco-cotidie_20140407_perdonare-accarezzando.html

      [16] Sul tema della “custodia” si è molto spesso pronunciato papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato. Cfr. Omelia nella Santa Messa di inizio del Ministero Petrino, 19 marzo 2013 (https://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2013/documents/papa-francesco_20130319_omelia-inizio-pontificato.html ); Udienza Generale, 22 aprile 2015 (https://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2015/documents/papa-francesco_20150422_udienza-generale.html );
      Udienza Generale, 6 maggio 2015, https://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2015/documents/papa-francesco_20150506_udienza-generale.html

      [17] Papa Francesco ha sottolineato, nelle omelie di Santa Marta, che il peccato di adulterio ai tempi di Gesù era «un peccato grave» in quanto «si sporcava proprio il simbolo della relazione tra Dio e il popolo, della fedeltà di Dio» (Meditazione mattutina nella cappella della Domus Danctae Marthae, 7 aprile 2014, https://w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2014/documents/papa-francesco-cotidie_20140407_perdonare-accarezzando.html).

      [18] Ruggero Marchetti, Giovanni 8, 1-11. Testo biblico e predicazione, 24 marzo 2013. R. Marchetti è pastore delle Chiese Evangeliche Elvetica, Metodista e Valdese di Trieste. Il testo della predicazione è disponibile sul Sito Internet Triestevangelica, https://triestevangelica.org/2013/03/25/giovanni-8-1-11-testo-biblico-e-predicazione-tenuta-a-scala-dei-giganti-la-domenica-delle-palme-24-marzo-2013/. Vale la pena ricordare che papa Francesco - primo Pontefice nella storia - si è recato in visita al Tempio Valdese di Torino, il 22 giugno 2015.

      [19] Francesco, Discorso, 10 novembre 2015, https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2015/november/documents/papa-francesco_20151110_firenze-convegno-chiesa-italiana.html

      [20] Xavier Lacroix, Il corpo e lo spirito, in Alessandra Peri (a cura), Bellezza, Editori Internazionali Riuniti, 2014, p. 198.

      [21] Luigi Pozzoli, L’acqua che io vi darò. Commento alle letture festive. Anno B. Rito romano e ambrosiano, Paoline, 2005, p. 274.

      [22] Paolo VI, Messaggio agli artisti in occasione della chiusura del Concilio Vaticano II, https://w2.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1965/documents/hf_p-vi_spe_19651208_epilogo-concilio-artisti.html

      [23] Benedetto XVI, Omelia, 17 giugno 2007, https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2007/documents/hf_ben-xvi_hom_20070617_assisi.html

      [24] Benedetto XVI, Angelus, 21 marzo 2010, https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/angelus/2010/documents/hf_ben-xvi_ang_20100321.html

      [25] Mario Galizzi, Vangelo secondo Giovanni. Commento esegetico-spirituale, Elledici, 2001, p. 131.

      [26] Francesco, Angelus, 13 marzo 2016, https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2016/03/13/0185/00397.html

      [27] Francesco, Udienza Generale, 6 aprile 2013, https://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2016/documents/papa-francesco_20160406_udienza-generale.html

      [28] Nunzio Galantino, Nel perdono Dio fa nuove tutte le cose, Omelia, 13 marzo 2016, Sito Internet Ufficiale https://www.nunziogalantino.it/sermon/nel-perdono-dio-fa-nuove-tutte-le-cose/

      [29] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1473.

      [30] Albert Schweitzer in Matthieu Arnold (a cura), Albert Schweitzer, 15 Meditazioni, Gribaudi, 2014, p. 40.

      [31] Ibidem.

      [32] Francesco, Discorso, 2 aprile 2016, https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2016/april/documents/papa-francesco_20160402_veglia-preghiera.html

      [33] Francesco, Omelia, 3 aprile 2016, https://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2016/documents/papa-francesco_20160403_omelia-giubileo-divina-misericordia.html


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