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     Un doppio processo in quattro tappe

    3. La forza lapidaria

    della verità

    «Cristo e l'adultera» di Brueghel il Vecchio

    Note estetico-spirituali di Maria Rattà



    Prosegue la presentazione del tema evangelico «Cristo e l’adultera» nell’arte attraverso un viaggio tra epoche e artisti diversi.
    Il racconto giovanneo si presta a una rilettura in quattro tappe, attraverso differenti opere d'arte che descrivono il "doppio processo" intentato da scribi e farisei ai danni dell'adultera  (prima tappa) e di Gesù (seconda tappa). Ma Cristo, mettendo a nudo i segreti degli accusatori e chiamandoli ad esercitare una giustizia superiore (terza tappa), farà concludere con un lieto fine il dramma della donna, assolvendola dal suo peccato e invitandola a cambiare vita (quarta tappa).
    In questa puntata sarà analizzata la grisaglia di Brueghel il Vecchio, artista del tardo rinascimento fiammingo, capostipite di una vera e propria dinastia di pittori. Il «Cristo e l'adultera» di Brueghel è sorprendentemente eloquente nella sua semplicità pittorica. Linee pulite e chiaroscuri intensi riescono a far balzare quasi fuori dalla tela la forza dirompente, "lapidaria" della verità, capace di mettere in fuga gli accusatori di Cristo e della peccatrice.

     

    3. LA FORZA LAPIDARIA DELLA VERITÀ

    «Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani».
    (Gv 8, 6-9)

    Christ and the Woman Taken in Adultery Bruegel

    Brueghel il Vecchio [1] dipinge il quadro nel 1565. Si tratta di una grisaglia su tavola, ossia di un dipinto monocromo, nei toni del grigio [2].
    Il pittore fonde idealmente due momenti della narrazione giovannea, quella in cui Cristo scrive sul suolo e quella in cui pronuncia le famose parole che mettono in fuga i suoi oppositori, nonché accusatori della donna adultera.

    IL BOOMERANG DEL PECCATO

    Abolito il paesaggio «l’attenzione del maestro si concentra sulle raffigurazioni dei personaggi, che vanno a costituire le pareti della scena» [3], una scena che Brueghel descrive in una resa pittorica che sembra unire l’antico e il moderno: «teatro, scultura, bozzetto, film» [4].
    Scribi e farisei hanno accerchiato Gesù e l’adultera. Sono presenti anche gli apostoli. Questa scelta compositiva si rivela l’espediente scenografico per far emergere maggiormente  i protagonisti dell’episodio - tracciandone quasi un “panorama psicologico” - anche grazie al sapiente uso dei chiaroscuri. La luce inonda in pieno Gesù, l’adultera e i due personaggi in primo piano, lasciando spazio a un’oscurità crescente che sembra avvolgere tutti gli altri astanti.
    I “detentori” della Legge insistono affinché Cristo prenda posizione, si esponga, “decida”. «La scena è carica di drammaticità: dalle parole di Gesù dipende la vita di quella persona, ma anche la sua stessa vita. Gli accusatori ipocriti, infatti, fingono di affidargli il giudizio, mentre in realtà è proprio Lui che vogliono accusare e giudicare. Gesù, invece, è “pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14): Egli sa che cosa c’è nel cuore di ogni uomo, vuole condannare il peccato, ma salvare il peccatore, e smascherare l’ipocrisia» [5].
    E Gesù «interviene. Il suo gesto: si mise a scrivere con il dito per terra, è già un gesto di liberazione; distoglie gli sguardi dalla donna, per osservare che cosa egli fa e per sollecitare da lui una risposta» [6].
    Nel quadro di Brueghel, Cristo sta scrivendo sul pavimento quelle parole che in realtà, nel racconto evangelico, proferisce dinanzi all’insistenza degli accusatori della donna: «Chi è senza peccato scagli la prima pietra» (Gv 8,7).
    In questo modo la domanda iniziale a lui sottoposta viene rigirata ai suoi stessi formulatori: adesso sono proprio scribi e farisei a essere interpellati e a sentirsi "sotto accusa".

    Bruegel details 1

    Certamente l’intento di Gesù non è requisitorio, eppure, attraverso la sua “lapidaria” affermazione, non soltanto riuscirà a evitare la lapidazione della donna, ma - rispondendo ben oltre le aspettative dei presenti - lapiderà l’orgoglio e la presunzione dei suoi interlocutori, e anche la loro patina esteriore di perbenismo e perfezione, di apparente integrità morale e di finta sete di giustizia, dimostrando pienamente quanto «la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12).
    Inoltre, le parole di Cristo appaiono quasi come una “sfida” lanciata all'uomo. Una sfida senza tempo. Una sfida sulla misericordia nella sua duplice accezione: tra Dio e l’uomo e tra gli uomini stessi.

    Il giudizio con cui giudicare

    «Senza peccato. Lo è chi si trova in una giusta relazione con la volontà di Dio, espressa nella Legge. Essa mette sempre l’uomo, e soprattutto un giudice, in situazione di misurarsi personalmente con la norma della Legge e con la vita della persona, caduta sotto la condanna della Legge. È una persona, e come tale dev’essere trattata. Ora è chiaro che, messi di fronte all’adultera senza il suo complice, e per di più strumentalizzata per altri fini, nessuno di loro può dirsi in regola con la Legge: la conoscono, ma “non la mettono in pratica” (7,19)» [7].
    Le parole con cui Gesù sbaraglia i suoi oppositori richiamano allora un'altra pericope evangelica, quella in cui egli asserisce: «Non giudicate, per non essere giudicati, perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi» (Mt 7,2). Gesù non allude a «ordinamenti giuridici. Qui allude a un altro piano, ingiungendoci di non ergerci a depositari del giudizio del mondo, ma di rispettare il mistero della dignità dell'uomo anche quando ci troviamo a dover giudicare gli altri. Gesù fornisce quindi all'ineludibile Bruegel details 2azione del giudicare un parametro interiore [8]. C'è il pericolo, quando ti metti a giudicare qualcuno, di usare due misure, una per te e una per l'altro. Si può essere nei confronti degli altri più rigidi, più puntiglioso, più impazienti di Dio stesso [9]». Scribi e farisei sono capaci di applicare il parametro interiore della dignità solo a loro stessi: si dimostrano capaci di accusare “l’altro” fintanto che la loro personale vita interiore rimane nell’ombra, nascosta sotto quella patina di lucentezza illusoria, che Cristo stesso denuncerà, definendo entrambe le categorie - in un’altra circostanza - come «ipocriti, sepolcri imbiancati» che «all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume» (Mt 23,27).
    Se adesso, “colpiti” dalle parole di Gesù, essi abbandonano il campo, disertando il processo, è perché si sentono - improvvisamente e fuori da ogni loro previsione - messi a nudo, punti nel vivo. Da uomini “superiori” (quali si ritenevano e cercavano di farsi ritenere), passano all'essere accomunati alla categoria dei peccatori: la stessa categoria cui appartiene anche la donna che hanno trascinato davanti al Maestro.  
    Così non hanno più il coraggio di reclamare a gran voce la pena capitale per l’adultera, e neppure per Gesù. Hanno paura che quell’Uomo “pericoloso” conosca le loro malefatte e le denunci pubblicamente? O rimorde loro la coscienza? Si sentono forse “sporchi” per i propri peccati? Si è aperto uno spiraglio, nel loro animo, alla comprensione della quinta beatitudine: «beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7)?
    Non ci è dato saperlo. Il Vangelo cala il sipario sullo stato delle loro anime, ma descrive le conseguenze dei fatti: «la forza di verità, contenuta in questa risposta, è così grande che “se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani”» [10]. Brueghel dipinge sul volto di alcuni di essi lo stupore, quasi lo schianto interiore di chi si trova improvvisamente - e senza mezzi termini - messo di fronte a un’amara e schiacciante verità, che svela l’inganno da loro tramato fino a quel momento. Le braccia si allargano, come ad accompagnare l’emozione interiore per quelle parole tanto inattese, quanto brucianti, pesanti e pungenti.
    Qualcuno comincia ad allontanarsi, con il malcontento dipinto in volto e un borbottio sulle labbra,  scomparendo nell’oscurità, andando a formare una massa anonima, in cui ognuno diviene elemento indistinto fra gli altri, per sfuggire alla luce che ne ha portato a galla le tenebre interiori (cfr. Mt 4,22). Qualcun altro - come il più anziano sulla destra - è presentato in atteggiamento meditabondo, forse sinceramente scosso, “interrogato” dalla risposta-non risposta del Maestro.
    L’adultera spicca al centro dell’opera. «Il suo isolamento è rinforzato dal vuoto del pavimento di fronte a lei. È un’immagine di austera monumentalità e gravità classica» [11]. «Modesta,  dignitosa in mezzo alla confusione degli uomini, tradisce la sua tensione attraverso un superstizioso doppio incrocio delle dita tese» [12]. Si volge verso Gesù, guardandolo con un’espressione che tradisce una certa mortificazione per l’accaduto,  una sorta di mestizia, ma che pure è intrisa di dolcezza, quasi di gratitudine per quel suo gesto così sconvolgente, per quelle parole che sembrano restituirle, dinanzi ai suoi accusatori, la dignità di essere umano.

    bruegel details 5

    I discepoli - sulla sinistra - osservano con la curiosità dell’allievo in attesa di ascoltare la parola del Maestro. Qualcuno sembra essere rimasto letteralmente col fiato sospeso. Gesù sta “scrivendo” (parlando, nel Vangelo) anche e soprattutto per loro: sono i discepoli a dover avere «fame e sete di giustizia» (Mt 5, 6) e a dover essere «misericordiosi» (Mt 5,7) come il Padre (cfr. Lc 6,36).

    INTERPELLATI DAL QUADRO

    La giustizia e la misericordia del discepolo

    «Il discepolo sa che un mondo più giusto non è solo da attendere, ma costruire. Però da costruire nella fede, nella serenità, ben sapendo che Dio è presente nella storia, non solo l’uomo» [13], ben sapendo che l’altro va guardato come Dio lo guarda: con misericordia [14]. «La misericordia è una caratteristica di Dio: Dio è fedele nonostante le infedeltà degli uomini. Dicevano i profeti: Jahvè perdona sempre, perché è Dio e non un uomo. Il discepolo, che sa di essere oggetto dell’amore gratuito di Dio, si fa segno di misericordia, prolunga il perdono agli altri e non lo tiene per sé. Il discepolo vive una solidarietà radicale» [15]. Questa solidarietà è frutto dell’esperienza del perdono ricevuto da Dio.
    Eppure per l’uomo perdonare è difficile, perché - scriveva Albert Schweitzer [16] - «esige da parte nostra che diventiamo umili. Possediamo la forza di perdonare solo quando abbiamo presente tutto quello che Dio, ma anche gli uomini, devono perdonarci [17]. La rigidità e l'ipocrisia nel giudicare sono difetti che si possono evitare, se si ha l'accortezza di iniziare la critica da se stessi. La lealtà di iniziare la critica da se stessi non è solo un fatto di coerenza, ma molto di più. È la condizione indispensabile per vedere con chiarezza, e per valutare con equità, le cose che ci circondano. È nella conoscenza dei propri limiti e delle proprie debolezze che si trova la giusta misura (cioè la tolleranza e la pazienza) per una critica evangelica [18]. La giustizia degli scribi e dei farisei che conducono l’adultera al cospetto di Gesù è una giustizia falsa, perché quegli uomini si ergono a giudici assoluti e immacolati, si fanno quasi essi stessi giustizia.
    Ma il gesto di Gesù che si china a scrivere per terra, si presta anche a una rilettura metaforica:  «osserva sant’Agostino che quel gesto mostra Cristo come il legislatore divino: infatti, Dio scrisse la legge col suo dito sulle tavole di pietra (cfr Comm. al Vang. di Giov., 33, 5). Gesù dunque è il Legislatore, è la Giustizia in persona. E qual è la sua sentenza? “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. Queste parole sono piene della forza disarmante della verità, che abbatte il muro dell’ipocrisia e apre le coscienze ad una giustizia più grande, quella dell’amore, in cui consiste il pieno compimento di ogni precetto (cfr Rm 13,8-10)» [19]. Un amore che non sia lassismo antitetico al rigorismo, bensì capace di conciliare le esigenze della Verità con quelle della misericordia.
    Un amore che sia capace di riconoscere quella che molte volte è una “corresponsabilità” al peccato altrui.

    L’interdipendenza del peccato

    «Gesù entra nella situazione concreta e storica della donna, situazione che è gravata dall'eredità del peccato. Questa eredità si esprime tra l'altro nel costume che discrimina la donna in favore dell'uomo ed è radicata anche dentro di lei. Da questo punto di vista l'episodio della donna “sorpresa in adulterio” (cf. Gv 8, 3-11) sembra essere particolarmente eloquente. Gesù provoca la consapevolezza del peccato negli uomini che l'accusano per lapidarla, manifestando così quella sua profonda capacità di vedere secondo verità le coscienze e le opere umane. Gesù sembra dire agli accusatori: questa donna con tutto il suo peccato non è forse anche, e prima di tutto, una conferma delle vostre trasgressioni, della vostra ingiustizia “maschile”, dei vostri abusi?
    È questa una verità valida per tutto il genere umano. Il fatto riportato nel Vangelo di Giovanni si può ripresentare in innumerevoli situazioni analoghe in ogni epoca della storia. Una donna viene lasciata sola, è esposta all'opinione pubblica con “il suo peccato”, mentre dietro questo "suo" peccato si cela un uomo come peccatore, colpevole per il "peccato altrui", anzi corresponsabile di esso. Eppure, il suo peccato sfugge all'attenzione, passa sotto silenzio: appare non responsabile per il “peccato altrui”! A volte si fa addirittura accusatore, come nel caso descritto, dimentico del proprio peccato. Quante volte, in modo simile, la donna paga per il proprio peccato (può darsi che sia lei, in certi casi, colpevole per il peccato dell'uomo come “peccato altrui”), ma paga essa sola, e paga da sola! Quante volte essa rimane abbandonata con la sua maternità, quando l'uomo, padre del bambino, non vuole accettarne la responsabilità? E accanto alle numerose “madri nubili” delle nostre società, bisogna prendere in considerazione anche tutte quelle che molto spesso, subendo varie pressioni, pure da parte dell'uomo colpevole, “si liberano” del bambino prima della nascita. “Si liberano”: ma a quale prezzo? L'odierna opinione pubblica tenta in diversi modi di “annullare” il male di questo peccato; normalmente, però, la coscienza della donna non riesce a dimenticare di aver tolto la vita al proprio figlio, perché essa non riesce a cancellare la disponibilità ad accogliere la vita, inscritta nel suo ethos dal “principio”» [20].

    NOTE

    [1] Esponente della pittura fiamminga tardo rinascimentale, Brueghel il Vecchio (n. tra il 1526 e il 1531 probabilmente a Breda - m. Bruxelles 1569) è spesso associato all'immagine di un pittore "commerciale", che descrive scene di folklore e vita contadina sulla scia di Bosch. «Lo vediamo noi, oggi, riprodotto su copertine di quaderni scolastici, appeso sopra i camini di osterie pretenziose, stecchito su portaceneri e fermacarte, su calendari e agende da borsetta.Eppure lui fu diverso, tutt'altro che proverbiale: in pieno Cinquecento non decorò altari o chiese o palazzi o altri luoghi pubblici, ma dipinse per gli amici, per i pochi collezionisti che lo amavano molto; fu in Italia per circa due anni, ma di quell'Italia davvero regale, dove lavoravano Michelangelo e Leonardo, non avvertì - sembra - che certi paesaggi; fu amico di incisori, di cartografi, di stampatori anziché, fatte le debite eccezioni, di duchi, re, cardinali, papi; non fu quel "burlone" che parve a diversi critici ottocenteschi francesi, ma un uomo mite, serio, di poche parole, gran lavoratore, attento a scoprire i peccati altrui, pronto a ritrarli, benché odiasse a morte ogni forma di pettegolezzo quotidiano. (Giovanni Arpino, Apocalisse contadina, in Brueghel, Rizzoli, 2003, p. 8). Di certo Pieter non fu un pittore ingenuo perché inventò un linguaggio che divenne genere e stile molto imitato, e questo accade solo quando dietro c'è della genialità (Francesca Bonazzoli, Rinascimento addio. E il grande caos della Natura riduce anche Cristo al ruolo di comparsa, in Corriere della Sera, 23 aprile 2012, disponibile online alla pagina https://www.corriere.it/cultura/eventi/2012/brueghel/notizie/bonazzoli-cambio-scena_167ee5e6-8d47-11e1-a0b5-72b55d759241.shtml). Sull'attenzione di Brueghel ai temi religiosi, spesso al centro della sua pittura, gli studiosi si sono lungamente interrogati. Alcune tesi, sebbene non condivise in toto, vedono nelle sue opere l'espressione delle idee religiose (e morali) di Dirck Coornhert, un moralista che espresse l'idea di una cristianità slegata dai riti esteriori dei cattolici, luterani e calvinisti. Brueghel sarebbe un "moderato" e forse questo si potrebbe anche collegare alle lotte tra Calvinisti e Cattolici che imperversarono nei Paesi Bassi. La sua opera esprimerebbe così «una visione del mondo  ai margini dell'Ortodossia Cristiana» (Peter Brueghel the Elder and religion, Scheda della Conferenza Internazionale del 3-5 luglio 2014 all'Università di Dresda, Sito Internet ArtHist, https://arthist.net/archive/8098). Il problema dell'identità religiosa di Brueghel rimane, tuttavia, ancora un quesito irrisolto. Accusato da alcuni di irriverenza religiosa, da altri visto come simpatizzante della Riforma, in realtà la stessa vita dell'artista è avvolta - per la maggior parte - nel mistero. Il mondo che dipinge è un mondo «mistico, alchimista, esoterico, e insieme ghetto, sudicio e volgare. Un mondo laico, che celebra raramente la divinità, e quando lo fa la pone nello spazio del quadro in subordine alla stessa Natura e spesso nascosta e confusa nel brulicare di una folla indifferente» (La vita e l'arte, in Brueghel, Rizzoli, 2003, p. 24). Da questo punto di vista, «Cristo e l'adultera» offre dunque degli elementi degni di nota, una costruzione diversa dal resto della sua produzione pittorica. Su questo incide anche l'età avanzata del pittore, e la riflessione sul tema della morte. L'opera è datata 1565 e Brueghel morì nel 1569. «Da un certo momento in poi, la brulicante umanità delle prime opere sembra indietreggiare, concedendo una maggiore superficie pittorica a composizioni nelle quali le figure vengono indagate in primo piano, volti di vecchi che riflettono su se stessi, sulla loro condizione, in una meditazione più pacata, lontano dal chiasso delle feste, dei mercati delle fiere. L'uomo si ritrova vecchio, a fare i conti con la morte. Nulla conta più. I volti sono rappresentati con il presagio di una morte prossima, che scava le grasse guance delle prime opere e mette in luce i tratti di un teschio prossimo a comparire» (Ibidem, pp. 30-31). Questo tratto peculiare dell'ultimo periodo bruegheliano lo si ritrova anche nel suo «Cristo e l'adultera», che acquista un sapore vagamente cupo in alcuni dei volti dipinti, caratterizzati da grandi occhi neri, quasi cavi, proprio come quelli di un teschio. La piccola opera (24,1 x 34 cm) era destinata a uso privato, ma dopo varie peripezie che la videre entrare e uscire dal patrimonio di famiglia, se ne persero le tracce fino al 1952, quando venne acquistata, a Londra, dal conte Seilern. Nel 1978 fu acquisita - come lascito ereditario del conte - dalla Courtauld Institute Gallery, dove si trova attualmente.

    [2] Insieme a un’altra grisaglia - «La Morte di Maria» - rappresenta un unicum nella produzione dell’artista.

    [3] La scelta di scrivere le parole potrebbe ricollegarsi ai tentativi, percorsi dalla Riforma Protestante, di rendere la Scrittura accessibile anche ai laici. Cfr.  Christ and the Woman Taken in Adultery, Sito Internet della Society of Biblical Literature, https://www.bibleodyssey.org/en/tools/image-gallery/c/christ_and_the_%20woman_taken_in_adultery.aspx

    [4] Cristo e l’adultera in Brueghel, Rizzoli, 2003, p. 122.

    [5] Ian Sinclair, Ian Sinclair on Christ and the Woman taken in Adultery by Pieter Brueghel the Elder, Sito Internet The Guardian, 30 settembre 2011, https://www.theguardian.com/artanddesign/2011/sep/30/picture-this-iain-sinclair-bruegel

    [5] Benedetto XVI, Angelus, 21 marzo 2010, https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/angelus/2010/documents/hf_ben-xvi_ang_20100321.html

    [6] Mario Galizzi, Vangelo secondo Giovanni. Commento esegetico-spirituale, Elledici, 2001, p. 130.

    [7] Ibidem, pp. 130-131.

    [8] Joseph Ratzinger, Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millennio. In colloquio con Peter Seewald, San Paolo, 2001, pp.260-261.

    [9] Bruno Maggioni, Il racconto di Matteo, Cittadella Editrice, 2004, p. 99.

    [10] Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, n. 13, https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_letters/1988/documents/hf_jp-ii_apl_19880815_mulieris-dignitatem.html

    [11] Helene E. Roberts (a cura), Encyclopedia of Comparative Iconography: Themes depicted in Works of Art, Fitzroy Dearbon Publishers, 1998, p. 29.

    [12] Ian Sinclair, Ult. cit.

    [13] Bruno Maggioni,Ult. cit., p. 69.

    [14] Cfr. Francesco, Angelus, 9 giugno 2013, https://w2.vatican.va/content/francesco/it/angelus/2013/documents/papa-francesco_angelus_20130609.html

    [15] Bruno Maggioni, Ult. cit., p. 69.

    [16] A. Schweitzer (1875-1965) è stato un teologo e pastore protestante, medico attivo in opere umanitarie e premio Nobel per la pace. Benedetto XVI lo citò nel corso dell'Udienza Generale del 13 giugno 2012 (https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2012/documents/hf_ben-xvi_aud_20120613.html) e, più recentemente, da Pontefice Emerito, nella risposta a un libro del matematico Piergiorgio Odifreddi (https://www.lastampa.it/2013/11/23/vaticaninsider/ita/documenti/illmo-signor-professore-odifreddi-35Bvz4nI50PclE2nXb6vrK/pagina.html).

    [17] Albert Schweitzer in Matthieu Arnold (a cura), Albert Schweitzer, 15 Meditazioni, Gribaudi, 2014, p. 40.

    [18] Bruno Maggioni, Ult. cit., p. 99.

    [19] Benedetto XVI, Angelus, 21 marzo 2010, https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/angelus/2010/documents/hf_ben-xvi_ang_20100321.html

    [20] Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, n. 14, https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_letters/1988/documents/hf_jp-ii_apl_19880815_mulieris-dignitatem.html

    BIBLIOGRAFIA DEGLI ALTRI SITI CONSULTATI

    Voce Peter Bruegel the Elder, Sito Internet dell' Encyclopaedia Britannica, https://www.britannica.com/biography/Pieter-Bruegel-the-Elder

    Voce Pieter Bruegel, Sito Internet dell'Encyclopedie Larousse, https://www.larousse.fr/encyclopedie/personnage/Pieter_Bruegel/110393

    Christ and the Woman taken in Adultery, Sito Internet Art and Architecture del Courtauld Institute of Art, https://www.artandarchitecture.org.uk/images/gallery/2edc26bc.html

     

      


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