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    Saper sentire, una priorità assoluta: schede di lavoro


    Giuseppe Morante

    (NPG 2011-07-46)


    Premessa

    Le parole declinate nella riflessione, ritmate sugli atteggiamenti fondamentali del protagonista del romanzo di Oscar Wilde, analizzate psicologicamente da Zini, sono «il sentire», «il sentimento», «il pentimento». L’autore afferma nel titolo che il «saper sentire» costituisce «una priorità assoluta».
    In realtà, questo segmento dell’esperienza umana della libertà coinvolge la persona in scelte di vita che possono essere intese in maniera sbagliata e creare equivoci nel processo educativo. Afferma: «Il sentire, dunque. Forse nulla interessa all’uomo più di questo, e forse nulla lo provoca più di questo, in quanto principio di scelte, di azioni, di sofferenze, di gioie».
    Se nella crescita viene a mancare l’orientamento volitivo verso scelte che favoriscano il proprio progetto di vita, si può sbagliare direzione soprattutto quando la volontà «avverte il fascino e il pericolo inscritti nella sua capacità d’iniziativa, nella sua vocazione all’attività, alla creazione».
    Il «dunque» conclusivo dell’articolo ne evidenzia i pericoli che l’educatore deve prevenire, perché «le mire del protagonismo umano possono imporsi agli altri e al mondo, fino a violarli, impedendo al cuore di ascoltarne pazientemente la voce e rispettarne il valore» [...] «Così può prodursi una forma di esistenza che riduce quanto incontra a pretesto di ogni possibile arbitrio e su tutto proietta i propri deliri, riducendosi a minaccia per altri e a vittima devastata dalla propria insolenza». Solo «nel pentimento è data alla fiacchezza, all’aridità, all’inefficacia del sentire una redenzione».

    Per una precisazione dei termini

    Prima di tutto, l’animatore deve coinvolgere, secondo le età, i ragazzi e gli adolescenti nei significato psicologici dei termini. L’obiettivo di questa riflessiva operazione pedagogica è quello di aiutare a discernere il senso esperienziale dei loro significati: che cosa è «sentire» la realtà di se stessi e del mondo in cui si è posti; come si specifica «il sentimento» e come si distingue dalle «emozioni»; come può sorgere il «pentimento» negli errori che ci spinge a fare la nostra volontà.
    Successivamente, per una interiorizzazione personalizzata e per un confronto culturale, si può riflettere (come ricerca) su ciò che dicono, cantano, esprimono altri nei vari contesti sociali: espressioni, proverbi, canzoni…

    1. IL VOCABOLARIO DA ANALIZZARE

    Su un grande tazebao l’educatore segna le parole evidenziate e ne descrive i loro significati, facendo riferimento a qualche esperienza significativa dei ragazzi, procedendo in questo modo:
    – scrive il termine «Il sentire» e spiega che nei meccanismi psicologici dell’io si trova la fonte da cui nascono le emozioni;
    – scrive il termine «Le emozioni» (moto dell’animo) e precisa che indicano ciò che si prova reagendo ad uno stimolo, anzi meglio al significato che si attribuisce allo stesso;
    – scrive il termine «Il sentimento» (derivato dal latino sentire, percepire con i sensi) e descrive che esso è una condizione affettiva che dura più a lungo delle emozioni;
    – scrive il termine «Il pentimento», spiegando che costituisce la sensazione che si prova quando si ritiene di aver commesso qualche errore di valutazione e o di scelte sbagliate e può provocare emozioni diverse, come la colpa, la vergogna o il rimorso, o addirittura reazioni estreme (come l’evasione esistenziale e il suicidio).

    2. NON CONFONDIAMO SENTIMENTI E REALTÀ

    «Imparare a saper sentire» comporta le scelte del proprio progetto di vita. Se il sentire se stessi e la realtà in cui siamo immersi non è chiaro per la persona, si rischia una confusione esistenziale che è il pericolo più grosso nel nostro tempo (depressione, evasioni, perversioni…). Purtroppo, spesso le emozioni sono bloccate da dinamiche complesse che investono anche le sfere del pensare e del volere (la ragione e la volontà).
    Perciò, il processo educativo deve liberare il sentire personale, orientando i ragazzi ad una percezione nuova della vita. Il sentire bloccato crea disagio emozionale profondo che si riflette su comportamenti, scelte di vita, progettualità futura.
    Precisa Zini: «l’immediatezza superficiale e confusa del sentire, il fascino dell’apparenza che consuma apparenze, nelle parole del cattivo maestro, sarebbero le sole ragioni di vita degne dell’uomo». E questo è il vero problema, che si evidenzia in questi passaggi:
    – come il protagonista del romanzo, anche l’uomo d’oggi appare sotto la visione dell’apparenza o sotto la spinta delle emozioni istintive, senza un confronto critico con la ragione e la volontà;
    – come l’eroe tragico e negativo del romanzo, anche l’uomo di oggi passa da esperienza in esperienza, ignaro della verità fondamentale del vivere: la verità, il valore delle cose, degli altri e di sé;
    – come il protagonista del romanzo, anche l’uomo d’oggi «affoga nel vorticoso incalzare di sensazioni sempre più forti», rivelandosi prigioniero di una vita eccitata, incapace di sentire;
    – come il protagonista del romanzo, l’uomo d’oggi «non sa sentire il valore del mondo e degli altri»; è ignoto a se stesso, «affogando in una pericolosa e autistica affermazione di insensibilità».
    E allora? Bisogna far uscire i ragazzi da questa confusione, aiutandoli a spingere lo sguardo dentro l’affascinante mondo del sentire che oggi è ricerca parossistica d’attenzione, per scorgere le ragioni di singolari pericoli. E bisogna decidersi presto, per evitare che sia troppo tardi per un vero pentimento, perché «le tempeste superficiali di sensazioni impediscono di guardare al livello di profondità, dove verrebbero evidenziate la nefandezza dei gesti, ignari del valore delle cose e delle persone e incapaci di rispetto e di relazioni, nella più desolante immoralità».

    3. COSTRUIRE L’ITINERARIO

    Un progetto che appare orientato e selte effimere e/o devastanti

    L’obiettivo: comprendere che «il sentire», se non riesce a trovare canali di comunicazione, vie di soluzione verso l’esterno del proprio io, può essere fonte di squilibrio umano e/o di malattia spirituale devianti.
    Il processo: un’attenta analisi sui dinamismi del pensare, sentire, volere, può consentire di individuare lo squilibrio delle sofferenze emozionali. La stretta connessione delle tre facoltà lascia entrare facilmente in terreni paludosi in cui ci si confonde se non si procede con estrema prudenza.
    Le motivazioni: il sentire comporta una riflessione che permette di passare dalla percezione sensoriale degli eventi alla vicenda degli stati d’animo; dagli umori alle emozioni; dai sentimenti alle passioni. Il sentire se stesso e la realtà deve avvicinare a una miglior comprensione di quell’aspetto della «identità personale» che deve coincidere con la «identità morale»; si tratta del fenomeno più caratteristico e importante della vita, quello della maturazione affettiva, delle sue condizioni, dei suoi modi e dei suoi fallimenti, idealmente coincidente con il profilo vocazionale di ciascuno.
    Il metodo: aiutare a liberare il sentire:
    – dagli abbagli sentimentali, per godere della luce del giorno e delle oscurità notturne;
    – dalla sofferenza di altalenanti emozioni, che impongono una visione distorta della vita;
    – dall’amarsi egoisticamente, a guardare gli altri con sguardo sereno e compassionevole.

    Un progetto che parte dal soddisfare veri bisogni e ricercare desideri e ideali

    Il sentimento è la disposizione del sentire che comporta un consentire più o meno profondo alla realtà di ciò che la ispira: un più o meno profondo dissentire da questo; un atteggiamento caratteristico capace di motivare altri sentimenti, emozioni, passioni, scelte, decisioni, azioni e comportamenti.
    I sentimenti sono quindi sempre matrici di risposte, affettive e di comportamento. Ciascuno incontra veramente se stesso non nel semplice sentire i valori negativi e positivi delle cose, ma nel consentire e dissentire nei confronti di questi valori. Consentire e dissentire sono prese di posizione coscienti e motivate. Ma attenzione: consensi e dissensi, per loro natura, portano a gerarchie di valori o di non valori. Ciò che mi sta a cuore è necessariamente ciò che mi sta più a cuore di altro?
    Un sentimento è una disposizione reale del sentire. Non è una semplice risposta, ma una risposta strutturante, o una matrice di risposte. Ad esempio, il sentimento del pudore comporta un’estensione della profondità del sentire attivato, estensione che il bambino non sperimenta fino a una certa età, e che instaura la disposizione a sentire una nuova sfera di valori preziosi inerenti all’intimità sessuale e sentimentale, minacciata e da proteggersi.
    Qui si pongono le basi di un’etica vocazionale, identificando nello strato personale dell’affettività il profilo individuale e la morale personale: si tratta di consentire o dissentire, in diversa misura e con diversa intensità, nei confronti del sentire il valore iniziale. Attraverso questi consensi e dissensi si manifesta l’intero sistema di priorità di valore di un individuo, in una certa fase della sua vita.
    Ogni persona è in grado di esercitare le funzioni del sentire affettivo e del sentire sensoriale (e delle conseguenti emozioni da essi stimolati:[1]
    – da quali eventi, fra i moltissimi, siamo colpiti e continuiamo a lasciarci toccare;
    – a quale profondità ne siamo toccati,
    – quale presa lasciamo che abbiano su di noi.
    In tutto questo ci può essere un insieme di sì e di no in cui non solo ciascuno scopre se stesso nella sua verità (e può modificare l’ordine delle priorità di valore), ma anche può delineare le strategie personali dell’esperienza possibile; ben sapendo che il sentire viene spesso sommerso da emozioni dense e da una distrazione mentale che ne impediscono l’accesso profondo. Il sentire in profondità permette di passare da un piano superficiale al piano profondo del proprio essere.

    Progetto cristiano nell’alveo della vera libertà

    Per il cristiano il sentimento e l’emozione costituiscono la superficie dell’io; la verità di sé e della vita è nel profondo della realtà, dove risiede la coscienza che permette di distinguere il bene dal male. Il rimanerne alla superficie non permette di essere autenticamente se stessi, ma di commettere errori e di cadere nella confusione dei valori. In senso cristiano questo squilibrio si chiama «peccato».
    E quando questo squilibrio diventa cosciente ci si può correggere. Questa conversione si chiama pentimento: un cambiamento di opinione nei riguardi della superficialità del sentire che produce un mutamento di sentimenti e si traduce in coscienza del male e del peccato nei confronti di Dio.
    Il pentimento è una parola che indica un cambiamento di mente, come atteggiamento diverso. Il pentimento porta alla conversione. Il rimorso e il pentimento possono sembrare in linea di principio la stessa cosa, invece inducono due risposte diverse: una di scoramento e abbandono; l’altra di rinnovamento. Di episodi e personaggi che hanno realizzato queste modifiche di comportamento è piena la Bibbia.
    Una ricerca in tal senso sul testo sacro porterà a scoprirne metodo e significato.
    – Un gruppo di 7 salmi (6, 32, 38, 51, 102, 130, 143) detti «penitenziali» o «di ravvedimento». Nel testo originale sono salmi che hanno un vero insegnamento didattico».
    – 2 Samuele 11, 12-25. Davide racconta la sua esperienza personale (l’adulterio e il conseguente omicidio di Uria) e la utilizza come base per dare delle istruzioni sul pentimento e la confessione. Egli ha peccato, ma per un lungo periodo di tempo si comporta come se non lo avesse fatto; successivamente però dovrà umiliarsi e ammettere il suo errore, chiedendo perdono al Signore. L’esperienza di Davide mostra due atteggiamenti completamente opposti.
    – Un uomo che decide di non pentirsi (vv 3-4). Questo è un uomo che «tace», cioè non ammette di aver peccato. Anestetizza la coscienza, come se nascondesse la testa sotto la sabbia. Il vs. 3 mostra l’inutilità di questo atteggiamento e le sue conseguenze sia a livello spirituale che fisico: l’uomo che tace intorno al suo peccato è un uomo che ha continui rimorsi (v 3), che è tormentato dai sensi di colpa (v 4) e che diventa a poco a poco debole (v 4), sia spiritualmente che fisicamente.
    – Un uomo che decide di pentirsi (v 5). Questo è un uomo che «parla». Davide descrive la progressione del suo pentimento. Prima di tutto riconosce di aver peccato. La mano di Dio ha finalmente vinto il suo rifiuto e lo ha spinto a umiliarsi. Uno dei motivi per i quali spesso non ci si pente è perché si è convinti di non aver peccato e ci si intestardisce a non volerlo ammettere. Davide decide di dire a Dio: «Ho peccato». Questo atteggiamento dimostra che non basta riconoscere il peccato. Bisogna dire a Dio «Ho peccato, ho sbagliato, ti ho offeso». Infine Davide confessa il suo peccato.
    – L’uomo che decide di pentirsi è beato (vv 1, 2, 11). La confessione e il pentimento portano gioia, perché danno la certezza del perdono di Dio. Il perdono di Dio non è una probabilità, ma una promessa! 1 Giov. 1,9 «Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità».
    – L’uomo che rifiuta di pentirsi subirà «molti dolori» (v 10). Di solito il rifiuto di ammettere il proprio peccato porta progressivamente ad allontanarsi da Dio e quando si vive lontani da Dio sono dolori! È triste vedere dei figli di Dio, che non hanno voluto riconoscere il proprio peccato, vivere nella povertà spirituale, nel continuo senso di colpa e nel rimorso.
    – Dio non può benedire quando c’è peccato non confessato (vv 7-8). Questi versetti vengono inseriti nel contesto del pentimento e della confessione. Dio non può dare la sua guida e la sua protezione all’uomo se continua a essere ribelle e a rifiutare di pentirsi e confessare il peccato. Nel Salmo (66, v 18) è scritto «Se nel mio cuore avessi avuto di mira l’iniquità, il Signore non mi avrebbe ascoltato».
    Si confrontino questi atteggiamenti con quelli del protagonista del romanzo descritti nell’articolo. Dagli sviluppi sempre più fallimentari della vicenda di Dorian si può ricavare un monito: non sa vivere chi non impara a sentire, e inizia a sentire solo chi avverte con chiarezza la differenza tra l’essere raggiunto nell’animo dal valore della realtà e l’essere in preda all’eccitazione che assoggetta la realtà alle proprie brame ingovernabili.
    Le cose stanno proprio così: ogni gesto di male indurisce l’animo, ne riduce la sensibilità, rende più pesante e temibile l’ingombro di azioni cieche e sorde rispetto alla realtà, alla sua ricchezza, alle sue attese, al suo valore; in una parola uccide il sentire, i sentimenti. Il sentimento (questa straordinaria possibilità dell’uomo di risuonare al cospetto della dignità, della preziosità, del valore degli altri e del mondo) è il luogo fondamentale della maturità della persona. Chi sa dare la parola alla realtà, coglie le differenze di valore che la abitano e agisce nel rispetto delle esigenze poste da tali differenze.

    Nota metodologica

    L’itinerario descritto può essere supportato, di volta in volta, dall’inserimento nei passaggi della riflessione da «documenti» che possono essere facilmente reperiti dalla cultura del nostro tempo e fare opera di confronto e di critica propositiva: riportare su un manifesto un aforisma trovato, una frase significativa, un sintesi riflessiva…, un proverbio significativo, il pensiero di un autore famoso, ecc. spinge a riflettere e a superare gli ostacoli della superficialità e del conformismo.
    Le esemplificazioni possono essere veramente tante: basta un po’ di riflessività, di ricerca e soprattutto non avere la preoccupazione di fare in fretta, perché le idee vere richiedere molto tempo per l’assimilazione e il cambiamento di mentalità.
    * Su un motore di ricerca scrivere le parole: il sentire, i sentimenti, le emozioni. Si possono evidenziare tanti punti di vista, valori, critiche, riflessioni varie… che bisogna confrontare col proprio pensiero critico riflessivo.
    * Cliccare soprattutto (perché piace di più ai ragazzi) «il sentimento nelle canzoni». Ne viene fuori una carrellata di testi su cui si può riflettere, condividere o prenderne le distanze.
    * Cliccare: «Premio letterario e per canzoni – La forza dei sentimenti». L’Associazione culturale e teatrale Luce dell’Arte di Roma indice la Prima Edizione del Premio di poesia, narrativa e testi per una canzone «La forza dei sentimenti», dando l’opportunità a ciascun autore di sviluppare un’opera in cui si trattino le tematiche più svariate, dall’amore all’amicizia, dall’affetto all’odio, dal sentimento di fratellanza a quello di discriminazione razziale, etc. L’importante è scrivere qualcosa in cui il sentimento descritto trapeli nella sua dirompente energia.
    * Citazioni sul pentimento e sul ravvedimento.
    – «ch’assolver non si può chi non si pente,
    né pentére e volere insieme puossi
    per la contradizion che nol consente» (Dante Alighieri).
    – Esiste un ritorno perverso a se stessi che, invece di provocare l’uomo al ravvedimento e metterlo sul cammino, gli prospetta insperabile il ritorno e così lo inchioda in una realtà in cui ravvedersi appare assolutamente impossibile e in cui l’uomo riesce a continuare a vivere solo in virtù dell’orgoglio demoniaco, dell’orgoglio della perversione (Martin Buber).
    – Guardatevi dal far cosa, di cui dobbiate o tosto o tardi pentirvi (Confucio).
    – Il ravvedimento di un uomo è il coronamento di una speranza di Dio (Charles Péguy).
    * Proverbi italiani (trascriverli e commentarli)
    Chi di cuor si pente, fa penitenza abbastanza. – Chi segue un buon consiglio si risparmia il pentimento. – Chi tardi si pente, si pente invano. – Di cosa fatta male, il ripentir non vale. – È grande follia pagar caro il pentimento. – Il bagno lava di fuori e il pentimento di dentro. – Il colpevole che si pente, non è perduto. – Il pentimento è il modo più sollecito d’ottenere il perdono. – Il pentimento è l’aurora del miglioramento. – Il pentimento è la primavera della virtù. – Il pentimento e le opere buone sono uno scudo contro la collera celeste. – Il pentimento è senno che vien troppo tardi. – Il pentimento è un cattivo compagno di strada, ma una guida eccellente. – Il pentimento è una pillola che s’ingoia di mala voglia. – Mancare è umano, pentirsi è divino, ostinarsi diabolico. – Non è mai tardi per un buon pentimento. – Non v’è contratto o arrangiamento senza pentimento. – Pentimento sincero merita perdono. – Pentirsi è bene, non peccare è meglio. – Quando la morte è sulla lingua, il pentimento non è difficile. – Un buon pentirsi non fu mai tardi.


    NOTA

    [1] Sul tema delle emozioni e del loro accostamento educativo, suggerisco un agile volumetto di Maria Poetto, I colori del cuore. Per un'educazione alle emozioni (Elledici, 2010). Vi si trovano spunti di riflessione, domande provocatorie e di confronto, riferimento a spezzoni di canzoni in voga tra i giovani.


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