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    Credere nel tempo

    della globalizzazione

    Mario Pollo


    L'esperienza religiosa tra globalizzazione o modernità

    Alla domanda, che molte persone si stanno ponendo, se accanto alla globalizzazione delle informazioni, dei linguaggi e dei consumi sia in atto una globalizzazione della religiosità, si deve rispondere affermativamente per un verso e negativamente per un altro. Il versante della risposta negativa è dato dalla constatazione che alcune trasformazioni che le religioni stanno vivendo e che, in qualche modo, sembrano renderle più simili tra di loro, omogeneizzandole, non sono il frutto della globalizzazione ma, bensì, affondano le loro radici profonde nella modernità. In questo caso l'omogeneizzazione non è tanto il risultato della comunicazione, dello scambio e della contaminazione tra culture e religioni diverse, quanto quello dell'azione culturale della modernità che produce alcuni effetti particolari, comuni alle diverse esperienze religiose. Per comprendere questa azione della cultura della modernità, che ha inciso direttamente sulla dimensione religiosa e sull'orientamento temporale della vita umana, è necessario ricordare come l'obiettivo principale della modernità fosse quello di mettere al centro della cultura sociale la razionalità strumentale dell'economia e di eliminare, quindi, da essa tutto ciò che ostacolava un razionale calcolo dei risultati, liberando lo spirito di iniziativa imprenditoriale dalle pastoie dei doveri familiari, dal tessuto degli obblighi etici, ecc.
    Non è un caso perciò che l'ordine economico abbia imposto il suo dominio alla totalità della vita umana, rendendo irrilevanti tutti gli altri accadimenti che in essa potevano manifestarsi. Per raggiungere questo obiettivo la modernità doveva liberarsi, dissolvendolo, di tutto ciò che persiste nel tempo, che è insensibile al suo passare e immune al suo fluire. Questa liberazione doveva necessariamente passare attraverso due strade. La prima è quella della dissoluzione del sacro, che, per antonomasia, è ciò che manifesta l'atemporale e l'eterno nella vita della società. La seconda strada è quella del ripudio e della detronizzazione del passato per mezzo della dissoluzione della tradizione che, come è noto, è il sedimento del passato nel presente'.

    Socializzazione e appartenenza religiosa

    Gli effetti di queste "azioni" della modernità sull'esperienza religiosa sono stati profondi e, per prima cosa, hanno trasformato alla radice i processi della socializzazione religiosa, facendo sì che essa evaporasse, lentamente ma progressivamente e ineluttabilmente, dai processi di socializzazione diffusi, per condensarsi esclusivamente all'interno di forme di educazione specializzate e di processi di socializzazione separati.
    Questo ha comportato, da un lato, una netta separazione dell'esperienza religiosa dalla vita quotidiana della maggioranza delle persone e, dall'altro lato, la perdita dell'identità religiosa tradizionale e dell'appartenenza ecclesiale da parte delle persone non praticanti. La fede tradizionale e il sentimento di appartenenza ecclesiale sono diventate quasi esclusive delle persone che vivono un legame più stabile e frequente con la comunità ecclesiale. Questo vale anche per altre forme di esperienza religiosa, diverse da quella cattolica e cristiana in genere.
    Questo indebolimento dell'appartenenza religiosa in questi ultimi anni è andato diffondendosi anche a una parte delle persone che mantengono una appartenenza ecclesiale, assumendo, in quel caso, i caratteri della fluidità e della mobilità. Queste persone, infatti, tendono a impegnarsi in modo limitato o da una scadenza o dall'entità dei benefici che pensano di ottenere dall'appartenenza.
    Quando poi vivono una delusione tendono ad andare a ricercare una nuova adesione, una nuova appartenenza, altrove.

    L'esperienza religiosa come via dell'autorealizzazione individuale

    In questo indebolimento dell'appartenenza alla comunità di fede religiosa sono leggibili i tratti della liquefazione dei legami comunitari teorizzata da Baumann, che ha come corrispettivo l'emersione di una forte individualizzazione e soggettivizzazione. Questi processi di individualizzazione caratterizzano la modernità liquida, detta anche seconda modernità, che segna la vita attuale delle società economicamente più sviluppate. Infatti, secondo questo autore, dopo il dissolvimento di ciò che persisteva al tempo, in questa seconda modernità, si assiste al dissolvimento di quei legami che trasformano le scelte individuali in progetti e in azioni collettive. Molte delle istituzioni sociali che regolavano la transizione dall'individuale al collettivo sono, di fatto, diventate degli zombie e, nel contempo, l'individuo assume una centralità assoluta, in quanto si vede assegnato, in modo esclusivo, l'onere di tessere l'ordito della sua vita e la responsabilità totale del successo o del fallimento dei suoi progetti di vita, che cade perciò interamente sulle sue spalle2. Anche l'esperienza religiosa assume, in questo contesto culturale, una dimensione sempre più personale e soggettiva, diventando solo una parte del proprio progetto di autorealizzazione.
    Quello che diventa importante in questa esperienza, quindi, è il risultato che essa offre alla persona che la vive, nei termini di un sentimento di autorealizzazione. In altre parole, questo vuol dire che non vale la pena impegnarsi in qualcosa che non produce felicità e che è svolto senza gioia. La disaffezione nei confronti della pratica religiosa è una manifestazione concreta di questa caratteristica e può essere sintetizzata dalla frase: "la messa domenicale mi annoia e non ne ricavo niente”.
    Questa centratura sul soggetto dell'esperienza religiosa, come si vede ha una deriva di stampo narcisistico che è leggibile anche, ad esempio, nella scomparsa dello spirito di sacrificio. Per la stragrande maggioranza delle persone e dei cristiani "perdere la propria vita in nome della Fede e della vita futura" è assolutamente impensabile. Se l'appartenenza ecclesiale e i legami comunitari si dissolvono, se l'individuo assume il centro dell'esperienza religiosa, ecco allora che ciò che un tempo era attribuito alla comunità ed alla società viene attribuito all'individuo.

    La centralità del corpo e delle emozioni nell'esperienza religiosa

    In questo processo, che colloca il vissuto individuale pressoché come unico centro dell'esperienza religiosa, viene anche valorizzata la totalità della persona. Vi è perciò l'emergere di un individuo olistico, ovvero di una persona che percepisce in modo completo e integrato, ciò che sino a poco tempo fa considerava in modo separato e settoriale. Ecco, quindi, la necessità per la persona di prendere in considerazione, nella sua esperienza religiosa, tutte le dimensioni di cui si sente formata: razionale ed emotiva, spirituale e materiale, psichica e corporea.
    Tuttavia questa necessità non ha condotto a una totalità in cui le diverse dimensioni umane si esprimono in modo armonico, essendo ognuna di esse equilibrata rispetto alle altre, ma bensì al prevalere di alcune dimensioni sulle altre. Tra cui, in particolare, dal prevalere delle dimensioni che nel passato erano state maggiormente trascurate. Infatti, in questa fase storica, l'esperienza religiosa è caratterizzata dal ruolo assolutamente dominante che in essa ha acquisito la dimensione emozionale, che si esprime nel primato delle relazioni interpersonali e in quello del sentimento sulla ragione. La deriva emozionale comporta necessariamente una accentuazione del valore dell'esperienza personale soggettiva, dell'autenticità affettiva, della dipendenza da leader carismatici e della ricerca del coinvolgimento del corpo e dei sensi nell'esperienza religiosa.
    Una esperienza religiosa viene sperimentata come autentica e vera solo se lascia una qualche impronta nel corpo della persona che la vive, che è il luogo che la genera e/o la esprime. La verità dell'esperienza religiosa, infatti, non può essere detta dai discorsi razionali o dogmatici, ma solo dall'intensità e dall'autenticità dei sentimenti sperimentati. Ecco il successo di quei riti, di quelle posture, di quei gesti ed espressioni corporee capaci di suscitare emozioni all'interno di contesti di preghiera o di riunione. Tutto questo fa anche sì che le esperienze religiose di tipo "iniziatico" acquisiscano un fascino affatto particolare.

    La religione dell'esperienza sostituisce la religione della Fede

    Un'ulteriore prova del legame intimo tra verità e corpo presente nell'attuale esperienza religiosa è fornito dalle esperienze taumaturgiche di tipo religioso. In molte esperienze religiose contemporanea la ricerca della guarigione occupa un posto centrale. Questo a differenza della tradizione cristiana, in cui la guarigione era considerata secondaria rispetto alla fede, nel senso che essa non era ricercata per se stessa ma come possibile dono supplementare. Questo è spiegabile anche con la centralità che il corpo, il suo benessere e la forma fisica hanno assunto nell'attuale cultura sociale.
    La religione diviene per molte persone una via della ricerca del benessere psico-fisico e non è un caso, perciò, che mentre un tempo a ricercare la guarigione fossero persone sfortunate e disgraziate oggi, invece, la ricerchino persone benedette dalla vita eppure deluse e insoddisfatte da essa perché non hanno ancora ottenuto la felicità e la libertà a cui aspirano. Queste persone manifestano spesso anche un certo risentimento nei confronti della Chiesa, accusata di non valorizzare a sufficienza le qualità emotive e terapeutiche della religione e di insistere, invece, troppo, sugli aspetti morali ed etici e di gestire, quindi, "il patrimonio" spirituale in modo burocratico.
    In questo è leggibile l'effetto dissolutorio che la modernità ha esercitato nei confronti della tradizione. Modernità che, invece, chiede alle persone di cambiare e innovare per diventare se stesse. Per molte persone la religione è anche una sorta di compensazione della delusione per le promesse non mantenute dalla scienze e dalla tecnica in ordine alla ricerca della felicità, della perenne giovinezza e dell'immortalità.

    La crisi dell'esperienza religiosa come esperienza dell'Alterità

    Un altro degli effetti della seconda modernità sull'esperienza religiosa, che a uno sguardo superficiale può essere letto come effetto della globalizzazione, si manifesta nella negazione delle distinzioni classiche che nel fenomeno religioso esistono tra Dio e uomo, tra Dio e natura, tra uomo e natura e tra religione e religione, che alla fine sarebbero identiche. Alla radice di questo sincretismo vi è la credenza nell'esistenza di una realtà comune a tutte le realtà che di solito viene chiamata energia o con altri nomi. Questa credenza, più che verso il panteismo, sembra orientata verso un naturalismo animistico. A questa credenza appartiene l'attuale moda nei confronti del mondo degli angeli che sarebbe un mondo parallelo invisibile e reale. Il Dio personale del cristianesimo trascolora verso un Dio impersonale o, addirittura, delle forze e delle energie impersonali. In questo contesto sparisce anche ogni forma di Alterità, non esiste più il dialogo tra Io e Tu, ma solo la ricerca interiore del proprio Sé, unico luogo in cui si manifesta la verità e lo stesso Dio.
    A questo proposito un settimanale francese intitolava un suo articolo: "come buttare via Dio e tenere la religione". In questa concezione religiosa la spiritualità riguarda esclusivamente l'interiorità della persona, sia che riguardi il superamento dell'Io, sia che, al contrario, riguardi il suo rafforzamento. Tutte le religioni appaiono identiche perché ognuna di esse, con le proprie tradizioni mistiche, garantirebbe questa via all'interiorità. La conseguenza di questo atteggiamento è la relativizzazione delle forme storiche concrete in cui si sono manifestate le religioni a favore dei loro aspetti esoterici e mistici. Basti pensare al tentativo di rivalutazione del vangelo di Tommaso rispetto ai canonici.

    Il sincretismo religioso e la religione alla carta

    Il sincretismo religioso non è, quindi, in senso stretto, il prodotto della globalizzazione ma una evoluzione di quella modernità che ha prodotto la globalizzazione. Il sincretismo non è perciò il risultato dell'incontro tra le differenti tradizioni religiose che è stato reso disponibile a livello di massa dai media elettronici e dallo sviluppo dei mezzi di comunicazione/trasporto, ma ciò che rende particolare quello stesso incontro consentendo, da un lato, l'individuazione di elementi comuni che un tempo sarebbero stati impensabili e, dall'altro lato, l'uso di quegli stessi elementi nella costruzione del proprio immaginario religioso, attuando così, di fatto, i modelli proposti dalla seconda modernità. L'insieme di questi processi spiega la comparsa di una religione alla carta: "scelgo di andare là perché ...."; oppure ci si costruisce con il proprio gruppo una esperienza religiosa su misura. Una scelta alla carta che vale anche per le prescrizioni morali, nel senso che si accettano quelle più gradite e si rifiutano le altre. Un esempio tipico, tra i cristiani, riguarda la morale sessuale.
    Anche per quanto riguarda gli articoli di fede si assiste a una scelta soggettiva. Ad esempio, nella fase storica attuale i cattolici privilegiano l'umanità di Gesù, il Dio Amore rispetto al Dio del giudizio, al Cristo maestoso e lontano, così come, spesso, escludono l'esistenza dell'inferno e del diavolo.
    Nell'esperienza religiosa della maggioranza delle persone non vi è più la distinzione tra il bene e il male, ma tra il gradevole e il penoso o tra ciò che può essere creduto o non creduto. Una variante estrema della religione alla carta è costituita dalla religione "fai da te" che quasi sempre è un bricolage sincretistico. Esempi di questo tipo di esperienza religiosa sono rintracciabili nei comportamenti delle persone che, seppur sedotte dal buddismo tibetano, si recano in pellegrinaggio a Compostela, oppure di quei cattolici che visitando Benares non si limitano a fare i turisti ma cercano di sperimentare l'esperienza religiosa che gli indiani fanno in quel luogo.

    Immaginazione e globalizzazione

    Come già accennato prima, la globalizzazione e la comunicazione di massa rendono disponibile nel mercato dell'immaginazione un numero ampio di soggetti e di materiali con cui costruire la propria sceneggiatura religiosa. È su questo aspetto che la globalizzazione si incontra con la seconda modernità. Infatti, l'immaginazione nél mondo post-elettronico, caratteristico della seconda modernità, ha abbandonato i territori tipici in cui ha sempre abitato, come, ad esempio, quelli dell'arte, del mito e del rito, per entrare a far parte del lavoro quotidiano della gente comune. Nella vita sociale attuale, l'immaginazione ha assunto un ruolo inedito che la vede non più come un'opera della fantasia, una forma di evasione, un passatempo per élite colte, ma come forma di azione individuale e sociale.
    In questo contesto i media elettronici sono divenuti per le persone delle risorse per la sperimentazione di costruzioni di sé. Infatti, "consentono di intrecciare sceneggiature di vite potenziali con il fascino delle star dello schermo e di trame cinematografiche fantastiche, ma consentono anche a quelle vite di agganciarsi alla plausibilità degli spettacoli di informazione, dei documentari, e di altre forme in bianco e nero di telemediazione e di testi a stampa. Solo per via della molteplicità delle forme in cui appaiono (cinema, televisione, computer e telefoni) e a causa della rapidità con cui si muovono attraverso le ordinarie attività quotidiane, i media elettronici forniscono risorse all'immaginazione del sé come un progetto sociale quotidiano`. Oltre che dell'individuo, l'immaginazione odierna è una proprietà della collettività. Infatti, i media rendono possibile la creazione di una "comunità di sentimenti", di un gruppo, cioè, che immagina collettivamente. La fruizione collettiva di video e film può creare quelli che vengono definiti sodalizi di culto e carisma. Questi sodalizi sono comunque sempre comunità che possono passare dall'immaginazione condivisa all'azione collettiva. Il fatto che questi sodalizi siano spesso transnazionali, fa sì che al loro interno si possano intrecciare le diverse esperienze locali, che convergono nella produzione dell'azione trans-locale.
    L'immaginazione nutrita dai media post elettronici non è perciò solo alla base della costruzione di forme religiose "fai da te" e, quindi, del bricolage sincretistico, ma anche della formazione di comunità religiose "virtuali" de-localizzate.

    La reazione identitaria

    Come si è visto, la circolazione delle differenti forme religiose attraverso i media elettronici e, soprattutto, l'opera dell'immaginazione che essa innesca, tende a disancorare le persone dalla loro tradizione storico culturale e a immergerle sempre di più nell'isola della loro personale soggettività, che però nel contempo ha ampie radici nel processo di omogeneizzazione religiosa della seconda modernità.
    Si potrebbe a questo proposito parlare di un individualismo religioso massificato. Accanto a queste caratteristiche dell'esperienza religiosa contemporanea che la caratterizzano in modo inequivocabile come figlia della seconda modernità, ne è però presente una che sembra andare in direzione contraria. Questa caratteristica è presente in quelle esperienze religiose che esprimono una reazione fortissima nei confronti della modernità e della secolarizzazione, oltre che della tendenza del cristianesimo di venire a patti, di scendere a compromessi con queste ultime. A volte questa reazione si esprime solo in modo parziale, perché i movimenti che la manifestano possiedono anche alcuni tratti identitari moderni. Ciò che distingue i movimenti che manifestano questa reazione al processo omogeneizzante della modernità e della secolarizzazione è l'orgoglio di esibire e di manifestare la differenza che contraddistingue la propria religione dalle altre, soprattutto attraverso segni esteriori.
    Il vestiario, le grandi assemblee unitarie che superano le divisioni ideologiche, politiche, sociali ed economiche di cui sono portatrici le persone che le formano, le processioni nel cuore della città, la pubblicizzazione delle conversioni e, infine, l'uso massiccio della comunicazione mediatica sono i segni esteriori di questa esibizione identitaria. La reazione identitaria può essere promossa sia dal vertice che dalla base della Chiesa. Questa reazione non è che l'altro volto della seconda modernità e del suo esito globalizzante e omogeneizzante, il volto nascosto, la faccia non visibile della luna. Il volto che esprime l'angoscia di fronte al terrore che la globalizzazione e il suo correlato di omogeneizzazione distruggendo la differenza, mini alla base la vita e generi violenza. L'angoscia che questo volto esprime spinge molte persone a rifugiarsi nella ricerca della perduta differenza culturale e religiosa e a inibire lo sguardo verso la possibilità di generare una nuova tradizione innervando della memoria il presente.
    I promotori di questa reazione, semplificatrice, non riescono a vedere che le "cose globali" quando vengono importate in società diverse tendono, abbastanza rapidamente, ad essere indigenizzate e a generare una nuova differenza, specialmente se incontrano una memoria viva, non mummificata, capace di confrontarsi con esse.

    Concludendo

    Le caratteristiche dell'esperienza religiosa che sono state descritte non possono non preoccupare chi è radicato nell'autentica tradizione religiosa del cristianesimo, anche perché il loro effetto pratico è quello di creare una cesura tra la minoranza che vive l'esperienza religiosa cristiana all'interno di una appartenenza ecclesiale forte e coloro che vivono con un'appartenenza ecclesiale debole o, addirittura, inesistente. Non accade più, o accade raramente, che la persona "lontana" dalla Chiesa viva un'esperienza religiosa definibile come cristiana in modo chiaro. Questo è particolarmente visibile tra gli adolescenti e i giovani contemporanei, in cui emergono nette differenze rispetto al modo di vive re l'esperienza religiosa tra chi è collocato all'interno di gruppi, di associazioni e movimenti ecclesiali e chi non ne fa parte.
    La prima di queste differenze riguarda la credenza in Dio e quella in Gesù. Per esempio, per quanto riguarda la credenza in Dio, si osserva che tra i giovani più lontani dalla Chiesa è presente o una credenza che ha chiaramente un carattere sincretistico, nel senso che una buona parte di essi ritiene che è lo stesso Dio che si manifesta in modi e forme diverse nelle varie religioni, oppure una credenza che identifica Dio semplicemente in una forza sovrannaturale, impersonale che non possiede i tratti della bontà o della misericordia, ma solo quelli della onnipotenza e onnipresenza. Una variante a questa credenza è quella che concepisce Dio come una forza interna che l'uomo possiede e che si manifesta nei sentimenti di amore e di amicizia.
    Per quanto riguarda Gesù, invece, si osserva che mentre tra i giovani più vicini alla Chiesa Egli è riconosciuto come il Figlio Unigenito di Dio, tra quelli più lontani, specialmente se di età adolescenziale, Egli è ritenuto essere semplicemente un grand'uomo, un leader o, al massimo, un profeta. Questa differenza è indicativa di quanto all'inizio detto circa gli effetti della secolarizzazione nei processi di socializzazione religiosa, in conseguenza dei quali la comunicazione della memoria di Gesù non è più diffusa nella comunicazione sociale, ma solo in quella interna alla comunità ecclesiale. Sino a non molti anni fa, invece, una certa qual socializzazione religiosa cristiana poteva avvenire all'interno delle relazioni della vita sociale quotidiana. La seconda differenza riguarda il modo in cui i giovani si rapportano con Dio, Lo pregano e si affidano a Lui.
    Tra i giovani che non hanno una partecipazione alla vita della comunità ecclesiale la quasi totalità ha un rapporto personale e solitario con Dio, abbastanza discontinuo e, soprattutto, al di fuori delle forme tradizionali della liturgia e della preghiera comunitaria ecclesiale, mentre tra quelli che hanno una partecipazione attiva il rapporto con Dio è condiviso all'interno della comunità ecclesiale. La terza differenza, quella che riguarda l'importanza che la religione ha concretamente nella vita dei giovani, è meno netta delle precedenti, nel senso che ci sono, ad esempio, una quota abbastanza ampia, anche se minoritaria, di appartenenti ai gruppi ed alle associazioni ecclesiali, per i quali la religione è sì importante, ma meno delle loro esigenze personali soggettive. Oppure essa è importante solo nel momento in cui sono all'interno del gruppo e dell'associazione ecclesiale e non negli altri momenti della loro vita. La quarta differenza è prodotta dalla credenza che Dio è il creatore dell'universo e della vita che tra i giovani e gli adolescenti in particolare appare meno estesa di quella generica in Dio. Questo significa che ci sono degli adolescenti che credono in Dio ma non nel suo essere il Creatore. Oltre a questo c'è da segnalare che una parte poi di coloro che credono che Dio sia il loro creatore non riconoscono alcun legame di dipendenza nei suoi confronti, anche perché non percepiscono alcun carattere terrifico in Lui, ma quasi esclusivamente benevolenza e capacità di comprensione e di perdono.
    Anche in questo caso sono leggibili i segni della cultura della modernità che enfatizza l'autonomia, l'autosufficienza e la libertà del soggetto e, quindi, la capacità di autodeterminazione pressoché totale della propria vita. L'aspetto consolante è che le caratteristiche dell'esperienza religiosa descritte sono, da un lato, strettamente relate alla seconda modernità e, dall'altro lato, strettamente individuali e, quindi, legate alla mutevolezza ed alla fragilità delle persone e, quindi, prive dei requisiti necessari alla loro trasmissione verso le nuove generazioni. Questo significa che il futuro non è compromesso. Questo rende possibile prevedere un ritorno dell'Alterità, di una trascendenza non immanente. Forse le reazioni integraliste, con la loro inaudita violenza, sono il sintomo paradossale dell'esistenza di questa possibilità.


    T e r z a
    p a g i n A


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