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    È possibile pregare

    in ogni momento?

    Commento al Compendio del Catechismo /36

    Enzo Bianchi

     

    Pregare è sempre possibile, perché il tempo del cristiano è il tempo del Cristo risorto, il quale “rimane con noi tutti i giorni” (Mt28,20). Preghiera e vita cristiana sono perciò inseparabili.

    (Compendio del Catechismo n. 576) 

     

    Come ogni autentica opera d’arte, come ogni vero amore, anche la preghiera richiede esercizio quotidiano, perseveranza, continuità. Più volte Gesù ha chiesto ai suoi discepoli la preghiera senza interruzione: “Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai” (Lc 18,1); “Vegliate e pregate in ogni momento” (Lc 21,36). Lui stesso ne ha dato l’esempio in prima persona, come appare in modo particolare nel vangelo secondo Luca (cf. Lc 3,21; Lc 6,12; 9,18.28-29, ecc.). Anche l’Apostolo Paolo ha esortato con molta insistenza le sue comunità alla preghiera incessante: “Siate perseveranti nella preghiera” (Rm 12,12); “Pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1Ts 5,17-1-18)…

    Ora, chiediamoci onestamente: com’è possibile lavorare, mangiare, riposare, incontrare gli altri, fare tutto ciò che la vita ci richiede, e nello stesso tempo pregare continuamente? Occorre intendersi sulle parole. Pregare sempre non significa impegnarsi nel ripetere senza sosta formule o invocazioni, ma vivere un’esistenza contrassegnata da quella che i padri della chiesa chiamavano memoria Dei, “il ricordo di Dio, il risveglio frequente della ‘memoria del cuore’” (CCC 2697): “Preghiera incessante vuol dire avere la mente rivolta a Dio con grande fervore e amore, rimanere sempre sospesi alla speranza che abbiamo in lui, confidando sempre in lui” (Massimo il Confessore).

    In altre parole, è questione di riconoscere che il Dio vivente è costantemente all’opera nella nostra esistenza e nella storia; di lottare per essere sempre consapevoli della presenza di Dio in noi, ossia della comunione che egli ci dona affinché la accogliamo e la condividiamo con quanti vivono insieme a noi. Si tratta anche di confidare nella promessa del Cristo risorto: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20), e di credere che lo Spirito santo viene in aiuto alla nostra debolezza e intercede sempre per noi (cf. Rm 8,26-27).

    Se c’è questa coscienza della presenza in noi del Dio Uno e tre volte Santo, allora la preghiera giorno dopo giorno tende a farsi vita, a permeare l’intera l’esistenza del credente, che può cantare con il salmista: “Io sono preghiera” (Sal 109,4). Egli non fa più semplicemente preghiere ma tutta la sua persona diventa preghiera, come si è potuto scrivere di Francesco d’Assisi: “Non pregava più, era ormai divenuto preghiera”.

    (Famiglia cristiana, 28 aprile 2013

     


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