S. Giovanni Evangelista
L'aquila di Dio
A cura di Maria Rattà
San Giovanni ha come simbolo l’aquila, perché come si credeva che l’aquila potesse fissare il sole, anche lui nel suo Vangelo fissò la profondità della divinità.
Fra gli antichi era popolare la credenza secondo cui l’aquila potesse rinnovare la sua giovinezza immergendosi per tre volte in una sorgente di acqua pura, una credenza cui allude Davide: «si rinnova come aquila la tua giovinezza» (Sal 103,5), da qui i primi Cristiani, e poi i simbolisti medioevali, usarono l’aquila come simbolo del battesimo, fonte della salvezza, nelle cui acque il neofita veniva immerso tre volte, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per lavare via dalla sua anima il vecchio uomo peccatore e rivestirlo della giovinezza di un bambino di luce. Questo uccello era usato quale simbolo di San Giovanni, poiché nel suo Vangelo, egli si concentra particolarmente sulla divinità del Redentore e contempla con l’occhio irremovibile dell’aquila, le più alte verità.
San Giovanni è il patrono della Turchia e dell’Asia Minore, patronato confermato da papa Benedetto XV il 26 ottobre 1914; giacché Gesù gli affidò la Vergine Maria, è considerato patrono delle vergini e delle vedove; per i suoi grandi scritti è patrono dei teologi, scrittori, artisti; per il suo supplizio dell'olio bollente, protegge tutti coloro che sono esposti a bruciature oppure hanno a che fare con l’olio, quindi: proprietari di frantoi, produttori di olio per lampade, armaioli; patrono degli alchimisti, è invocato contro gli avvelenamenti e le intossicazioni alimentari.
Anche i “Quattro Cavalieri dell’Apocalisse” che rappresentano conquista, guerra, fame, morte, sono un suo simbolo. In Oriente il suo culto aveva per centro principale Efeso, dove visse e l’isola di Patmos nel Dodecanneso dove fu esiliato e dove nel secolo XI s. Cristodulo fondò un monastero a lui dedicato, inglobando la grotta dove l’apostolo ricevette le rivelazioni e scrisse l’Apocalisse.
In Occidente il suo culto si diffuse in tutta Europa e templi e chiese sono a lui dedicate un po’ dappertutto, ma la chiesa principale costruita in suo onore è S. Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma.
Inizialmente i grandi santi del primo cristianesimo Stefano, Pietro, Paolo, Giacomo, Giovanni, erano celebrati fra il Natale e la Circoncisione (1° gennaio); poi con lo spostamento in altre date di s. Pietro, s. Paolo e s. Giacomo, rimasero solo s. Stefano il 26 dicembre e s. Giovanni apostolo ed evangelista il 27 dicembre.
PROFILO DI UN SANTO: APOSTOLO, TEOLOGO, RAPPRESENTANTE DI TUTTA L’UMANITÀ
Giovanni era originario della Galilea, di una zona sulle rive del lago di Tiberiade (forse Betsaida Iulia), figlio di Zebedeo e di Salome, fratello di Giacomo il Maggiore; la madre era nel gruppo di donne che seguivano ed assistevano Gesù salendo fino al Calvario, forse era cugina della Madonna; il padre aveva una piccola impresa di pesca sul lago anche con dipendenti.
Pur essendo benestante e con conoscenze nelle alte sfere sacerdotali, non era mai stato alla scuola dei rabbini e quindi era considerato come ‘illetterato e popolano’, tanto che qualche studioso ha avanzato l’ipotesi che lui abbia solo dettato le sue opere, scritte da un suo discepolo.
In realtà i suoi scritti sono una vetta della teologia cristiana. La sua propensione più alla contemplazione che all'azione non deve farlo credere, però, una figura "eterea". Si pensi al soprannome con cui Gesù - di cui fu discepolo tra i Dodici - chiamò lui e il fratello: «figli del tuono». Lui si definisce semplicemente «il discepolo che Gesù amava». Assistette alla Passione con Maria. E con lei, dice la tradizione, visse a Efeso. Qui morì tra fine del I e inizio del II secolo, dopo l'esilio a Patmos. Per Paolo era una «colonna» della Chiesa, con Pietro e Giacomo.
Il primo degli apostoli chiamati da Gesù
Giovanni è da considerarsi in ordine temporale come il primo degli apostoli conosciuto da Gesù, come è l’ultimo degli Apostoli viventi, con cui si conclude la missione apostolica tesa ad illuminare la Rivelazione.
Infatti egli era già discepolo di s. Giovanni Battista, quando questi additò a lui ed Andrea Gesù che passava, dicendo “Ecco l’Agnello di Dio” e i due discepoli udito ciò presero a seguire Gesù, il quale accortosi di loro domandò: “Che cercate?” e loro risposero: “Rabbi dove abiti?” e Gesù li invitò a seguirlo fino al suo alloggio, dove si fermarono per quel giorno; “erano le quattro del pomeriggio”, specifica lui stesso, a conferma della forte impressione riportata da quell’incontro.
In seguito si unì agli altri apostoli, quando Gesù passando sulla riva del lago, secondo il Vangelo di Matteo, chiamò lui e il fratello Giacomo intenti a rammendare le reti, a seguirlo ed essi “subito, lasciata la barca e il padre loro, lo seguirono”.
Da allora ebbe uno speciale posto nel collegio apostolico, era il più giovane ma nell’elenco è sempre nominato fra i primi quattro, fu prediletto da Pietro, forse suo compaesano, ma soprattutto da Gesù al punto che Giovanni nel Vangelo chiama se stesso “il discepolo che Gesù amava”.
Fra i discepoli di Gesù fu infatti tra gli intimi con Pietro e il fratello Giacomo, che accompagnarono il Maestro nelle occasioni più importanti, come quando risuscitò la figlia di Giairo, nella Trasfigurazione sul Monte Tabor, nell’agonia del Getsemani.
Con Pietro si recò a preparare la cena pasquale e in questa ultima cena a Gerusalemme ebbe un posto d’onore alla destra di Gesù, e dietro richiesta di Pietro, Giovanni appoggiando la testa sul petto di Gesù, gli chiese il nome del traditore fra loro.
Tale scena di alta drammaticità, è stata nei secoli raffigurata nell’«Ultima Cena» di tanti celebri artisti. Dopo essere scappato con tutti gli altri, quando Gesù fu catturato, lo seguì con Pietro durante il processo e unico tra gli Apostoli si trovò ai piedi della croce accanto a Maria, della quale si prese cura, avendola Gesù affidatagliela dalla croce.
Fu, insieme a Pietro, il primo a ricevere l’annunzio del sepolcro vuoto da parte della Maddalena e con Pietro corse al sepolcro giungendovi per primo perché più giovane, ma per rispetto a Pietro non entrò, fermandosi all’ingresso; entrato dopo di lui poté vedere per terra i panni in cui era avvolto Gesù, la vista di ciò gli illuminò la mente e credette nella Resurrezione.
Giovanni fu presente alle successive apparizioni di Gesù agli apostoli riuniti e il primo a riconoscerlo quando avvenne la pesca miracolosa sul lago di Tiberiade; assistette al conferimento del primato a Pietro; insieme ad altri apostoli ricevette da Gesù la solenne missione apostolica e la promessa dello Spirito Santo, che ricevette nella Pentecoste insieme agli altri e Maria.
Seguì quasi sempre Pietro nel suo apostolato, era con lui quando operò il primo clamoroso miracolo della guarigione dello storpio alla porta del tempio chiamata “Bella”; insieme a Pietro fu più volte arrestato dal Sinedrio a causa della loro predicazione, fu flagellato insieme al gruppo degli arrestati.
Con Pietro, narrano gli Atti degli Apostoli, fu inviato in Samaria a consolidare la fede già diffusa da Filippo.
San Paolo verso l’anno 53, lo qualificò insieme a Pietro e Giacomo il Maggiore come ‘colonna’ della nascente Chiesa.
IL TEOLOGO DELLA VERITÀ E DELLA LUCE
Il Vangelo del Logos
Giovanni non è solo apostolo, ma è anche evangelista, come Matteo, Marco e Luca, come sappiamo, ma il suo Vangelo non è “sinottico”, è il Vangelo del Logos. È il Vangelo dell’“aquila”, che ha visto e compreso, ciò che nessun altro uomo aveva potuto mai vedere e comprendere. Teologo altissimo, specie nel mettere in risalto la divinità di Gesù, mistico sublime fu anche storico scrupoloso, sottolineando accuratamente l’umanità di Cristo, raccontando particolari umani che gli altri evangelisti non fanno, come la cacciata dei mercanti dal tempio, il sedersi stanco, il piangere per Lazzaro, la sete sulla croce, il proclamarsi uomo, ecc.
Il Vangelo di Giovanni, ebbe a partire dal II secolo la definizione di “Vangelo spirituale” che l’ha accompagnato nei secoli; Origene nel III secolo, per la sua alta qualità teologica lo chiamò ‘il fiore dei Vangeli’.
Gli studiosi affermano che l’opera ebbe una vicenda editoriale svolta in più tappe; essa parte nell’ambiente palestinese, da una tradizione orale legata all’apostolo Giovanni, datata negli anni successivi alla morte di Cristo e prima del 70, esprimendosi in aramaico; poi si ha un edizione del vangelo in greco, destinata all’Asia Minore con centro principale la bella città di Efeso e qui collabora alla stesura un ‘evangelista’, discepolo che raccoglie il messaggio dell’apostolo e lo adatta ai nuovi lettori.
Inizialmente il vangelo si concludeva con il capitolo 20, diviso in due grandi sezioni; dai capitoli 1 a 12 chiamato “Libro dei segni”, cioè dei sette miracoli scelti da Giovanni per illustrare la figura di Gesù, Figlio di Dio e dai capitoli 13 a 20 chiamato “Libro dell’ora”, cioè del momento supremo della sua vita offerta sulla croce, che contiene i mirabili “discorsi di addio” dell’ultima Cena. Alla fine del I secolo comparvero i capitoli finali da 21 a 23, dove si allude anche alla morte dell’apostolo.
All’inizio del Vangelo di Giovanni è posto un prologo con un inno di straordinaria bellezza, divenuto una delle pagine più celebri dell’intera Bibbia e che dal XIII secolo fino all’ultimo Concilio, chiudeva la celebrazione della Messa: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio….”. Quello di Giovanni è Il Vangelo pasquale per eccellenza, il vangelo del Venerdì santo, perché ci scopre attraverso la lettura della passione la «gloria» dell'Unigenito del Padre. Ed è anche il Vangelo quaresimale; basti pensare ai racconti della Samaritana, dell'uomo nato cieco, della risurrezione di Lazzaro, letti nella terza, quarta, e quinta domenica di Quaresima dell' A. Si possono leggere anche negli anni B e C, che però danno pur sempre a Giovanni la preferenza. Si aggiungano poi i 18 giorni feriali in cui si legge. Ma è il tempo pasquale il periodo più adatto per Giovanni. Ciò è tanto vero che il «ciclo pasquale» è pure chiamato «ciclo di Giovanni». Dalla Veglia pasquale a Pentecoste, 18 brani sono stati scelti per le domeniche e 37 per i giorni feriali. Quaresima-Pasqua sono i periodi privilegiati per la catechesi dei catecumeni e dei neofiti. E Giovanni non è forse il vangelo delle grandi catechesi pasquali dei Padri, come Ambrogio, Agostino, Tertulliano, Crisostomo, Gregorio di Nissa, ecc.? Il battezzato è un illuminato dalla luce di Cristo, e Giovanni è il vangelo di Gesù, Luce del mondo. La tematica della «luce» domina i primi dodici capitoli. Ma si intreccia al tema della vita, strettamente legato a quello dell' «agape» che è l'amore diffusivo. Nello sviluppo di quest'ultimo tema l'amore divino e l'amore umano si incontrano per fondare la nuova vita dell'uomo con Dio. Tutto però nell'uomo parte dalla «fede». La parola è sconosciuta a Giovanni, ma il verbo «credere», che meglio esprime la dinamicità dell'atteggiamento dell'uomo, ha il predominio. Lo si legge ben 98 volte e struttura l'intero Vangelo. Non è forse stato scritto perché l'uomo, «credendo» abbia la vita nel suo nome? (20,32). Ma non si tratta di un credere astratto, ma di un credere che si fa «accoglienza». Ecco allora alternarsi all'infinito nella lettura del Vangelo il verbo «credere» e il verbo «accogliere». Il credere porta all'accoglienza di Gesù, rivelatore del Padre, e in lui del Padre: il dono è la vita. E' entusiasmante il Vangelo secondo Giovanni, ma il cammino per assimilarlo può essere arduo. Si tratta di conquistare Cristo; meglio di lasciarci conquistare da lui, dal fascino della sua persona, che ci fa discepoli e amici.
Le Epistole
Di Giovanni esistono anche tre ‘Epistole’ scritte probabilmente a Efeso, che hanno lo scopo di sottolineare e difendere presso determinati gruppi di fedeli (o uno solo, con la terza) alcune verità fondamentali, che erano attaccate da dottrine gnostiche.
Ma la lettera di Giovanni è per antonomasia la lettera della Carità divina. Egli non è solo l’evangelista del Logos, ma anche il testimone dell’Amore infinito di Dio, che “è amore”.
L’Apocalisse
Giovanni, accecato e spedito in esilio, vede ciò che nessun altro uomo al mondo ha mai potuto vedere: vede la fine dei tempi, la fine della storia, il predominio momentaneo del male e quindi il trionfo eterno del Bene, di Cristo sul mondo e sul suo disperato principe. L’Apocalisse è l’unico libro profetico del Nuovo Testamento e conclude il ciclo dei libri sacri e canonici riconosciuti dalla Chiesa, il suo titolo in greco vuol dire ‘Rivelazione’.
Denso di simbolismi, spesso si è creduto che fosse un infausto oracolo sulla fine del mondo, invece è un messaggio concreto di speranza, rivolto alle Chiese in crisi interna e colpite dalla persecuzione di Babilonia o della bestia, cioè la Roma imperiale, affinché ritrovino coraggio nella fede, dimostrandolo con la testimonianza.
È un’opera di grande potenza e suggestione e anche se il linguaggio e i simboli sono del genere ‘apocalittico’, corrente letteraria e teologica molto diffusa nel giudaismo, il libro si autodefinisce ‘profezia’, cioè lettura dell’azione di Dio all’interno della storia.
Colori, animali, sogni, visioni, numeri, segni cosmici, città, costellano il libro e sono gli elementi di questa interpretazione della storia alla luce della fede e della speranza.
Il libro inizia con la scena della corte divina con l’Agnello - Cristo e il libro della storia umana e alla fine dell’opera c’è il duello definitivo tra Bene e Male, cioè tra la Chiesa e la Prostituta (Roma) imperiale, con la rivelazione della Gerusalemme celeste, dove si attende la venuta finale del Cristo Salvatore.
E con la scrittura dell’Apocalisse, Giovanni, morendo, ha il privilegio ultimo e di una grandezza indefinibile: egli chiude per sempre la Rivelazione divina agli uomini. Poggiando il suo stilo dopo aver scritto l’ultima parola dell’Apocalisse, Giovanni ha simbolicamente chiuso la voce diretta dello Spirito Santo agli uomini. D’ora in poi, Dio parlerà tramite la Chiesa e lo farà fino all’Apocalisse, quando, come Giovanni ci ha detto, verrà in trionfo a chiudere la storia e a giudicare i vivi e i morti.
FONTI
Massimo Viglione e Antonio Borrelli. www.santiebeati.it
"Eagle, Birds" (In Symbolism), Catholic Encyclopidia, www.newadvent.org
Mario Galizzi, Vangelo secondo Giovanni, Elledici, 2001, pp. 5-6