Elio Scotti
(NPG 1977-04-2)
Amare tutti i giovani, e tra essi preferire quelli che vivono anonimi nelle masse senza contatti con istituzioni ecclesiali o senza stimoli educativi, può essere utopia o sentimentalismo se non si programma un piano concreto di servizio educativo.
L'educazione è sempre questione di volontà, di impegno e crescita della singola persona, ma anche di corresponsabilità del giovane con le forze educative nella scelta dei metodi ed obiettivi verso cui vuol maturare la propria personalità. Questa maturazione non è solo frutto di uno sforzo interiore ed individuale di dominio e di realizzazione di sé, ma anche capacità di rapporti interpersonali aperti ed autonomi, di socialità corresponsabile, di equilibrio dinamico nel vivere assieme.
Per i giovani d'oggi questo esercizio, che è confronto e stimolo, avviene nel gruppo. Essi, come gruppo, si inseriscono nella comunità educativa, per divenire compartecipi con gli adulti ed educatori
della gestione e del progetto che orienta la loro formazione integrale.
Adeguare le strutture all'uomo e non viceversa
A conclusione di una lunga consultazione tra giovani provenienti da istituti scolastici o da ambienti oratoriani e parrocchiali salesiani di tutte le regioni d'Italia, i rappresentanti delle associazioni giovanili salesiane presentavano all'assemblea generale dei loro educatori nel 1971, come contributo al rinnovamento delle opere educative della stessa congregazione, una sola proposta:
«La situazione giovanile di oggi si caratterizza per l'esistenza di un notevole numero di gruppi sorti con caratteristiche e sensibilità del tutto nuove rispetto alle strutture che siamo abituati a concepire. Vivere in gruppo è il modo nuovo – segno dei tempi che riconosciamo conforme allo stile educativo di Don Bosco – con cui il giovane si scopre e si rende responsabile della propria formazione e della costruzione della società. La novità è globale. I gruppi nascono dalla base giovanile. Si sviluppano in modo spontaneo. Ricercano l'autenticità. Sono costantemente aperti a tutte le nuove problematiche, senza sentirsi legati ad alcuna struttura. Percepiscono la loro presenza missionaria all'interno della tensione sociale. Queste caratteristiche comuni pongono i gruppi in una situazione di rottura con le strutture attuali, in qualsiasi ambiente essi sorgano».
«I gruppi, che inizialmente si configurano come gruppi di interesse e di amicizia, hanno come linea di sviluppo comune la ricerca di una formazione integrale cristiana, verso un preciso impegno di carattere missionario della Chiesa, avendo come meta ottimale la costituzione di vere comunità di base.
è necessario quindi che la congregazione adegui alla realtà dei giovani le sue strutture, se non vuole vedere vanificata la sua azione pastorale» (Notiziario AGS - giugno 71).
Mai massa senza élite e mai élite senza massa
E l'assemblea generale dei Salesiani rispondeva con questa dichiarazione:
«Perché le comunità possano diventare veramente evangelizzatrici, e perché il singolo possa inserirsi nella comunità cristiana, occorre oggi più che in altri tempi una scelta di metodo: " il gruppo ".
Qui davvero ognuno si sente membro responsabile ed ascoltato; qui la comunanza degli atteggiamenti facilita la maturazione della fede; qui gli esempi viventi vengono accolti come autentici valori, e la realtà della salvezza diventa esperienza di vita.
Don Bosco e il sistema salesiano hanno educato facendo gruppo: il sistema preventivo, lo spirito di famiglia, le "Compagnie", i giovani più grandi impegnati per lievitare la massa, sono indicazioni della nostra tradizione per scoprire il gruppo come modo nuovo di evangelizzare» (CGS XX, 321).
Ed ancora: “ mediante le attività di gruppi apostolici le nostre opere giovanili si aprono all'azione sociale e missionaria nel servizio dei più poveri e nella formazione di giovani cristiani impegnati... che si formano alle proprie responsabilità attraverso l'esercizio graduale della libertà e della partecipazione alla stessa organizzazione della loro vita» (Cost. 28).
È superata l'antitesi tra educazione di massa ed educazione di élite, nella ottica del principio evangelico che l'ultimo, il più povero e bisognoso, è il centro a cui tutti rivolgono il loro servizio. Chi è più ricco di valori, perché favorito dall'ambiente familiare o dall'istituzione e dalla associazione cui appartiene, si pone col proprio gruppo di appartenenza al servizio della massa. Non deve normalmente esistere massa di giovani senza gruppi di impegno al proprio interno e mai élite qualificata senza una massa a cui prestare servizio di testimonianza e di annuncio.
Indicazioni di metodo nell'istituto e nell'oratorio
Sul piano concreto, mi sia consentito di completare ed offrire ai lettori di NPG la esperienza teorica della congregazione salesiana a cui si è ispirato in questi 10 anni il cammino ideale della rivista.
Ecco la direttiva già da tempo proposta per le istituzioni educative d'Italia:
Per gli istituti: a è necessario dare agli educandi i mezzi e i modi di esercitare attivamente tutte le loro capacità che vanno man mano acquistando, con gradualità ma veramente. Si propone di articolare l'attività giovanile in gruppi, variamente denominati per le varie attività, con un forte senso di partecipazione responsabile alla vita dell'Istituto. Tutti i giovani inserendosi in un gruppo daranno il loro apporto alla vita della comunità educativa. Si sviluppino per iniziativa spontanea, in gruppi di interesse comune, collegati da presidenze elettive. Il Consiglio dell'istituto, gli insegnanti, animatori dei gruppi, siano continuamente a contatto per guidare e formare spiritualmente e apostolicamente i giovani e in specie i leaders.
Si tratta di una coraggiosa ristrutturazione dei nostri ambienti educativi che può portare a un più impegnato attivismo giovanile e ad un rinnovamento di spirito e di metodi del nostro associazionismo» (La comunità educativa. USI 1966).
Per le opere oratoriane: «Il pluralismo associativo esprime l'accettazione del bisogno e della tendenza dei giovani ad associarsi in molti gruppi omogenei per età, interessi, affinità spirituali e sociali ed ancora esprime il riconoscimento di forme educative ed apostoliche diverse, capaci di incanalare le diverse attitudini degli oratoriani: ammette sia l'esistenza di associazioni istituzionali sia la nascita di gruppi spontanei...
Ogni gruppo deve essere una piccola comunità animata spiritualmente dal sacerdote e da un responsabile laico preparato non solo a dirigere ma ad essere vero e proprio animatore... Questi laici sono i delegati, gli allenatori, i dirigenti dell'attività. Deve partire da essi una carica di forza viva di coesione, di slancio verso obiettivi, di sicurezza e di esemplarità. Essi attuano la consecratio mundi», garantiscono fedeltà, amore, legame all'oratorio e alla Chiesa. Fanno parte di un Cenacolo di animatori per aiutarsi a ricaricarsi spiritualmente ed appartengono al Consiglio oratoriano per il coordinamento unitario delle attività» (La Comunità educativa degli oratori. USI 1966).
Le motivazioni del fare gruppo
Le comunità educative hanno bisogno di una ampia e condivisa esperienza di gruppo per realizzare i loro obiettivi formativi; i giovani ne hanno urgenza per crescere come persone.
«Attraverso il gruppo la comunità acquista una dimensione più a misura d'uomo, più vicina alle reali esigenze di ciascuno; nel gruppo, le proposte si incarnano in concreti modelli di comportamento che facilitano la circolazione e la interiorizzazione dei valori, mettendo un argine alla devastazione dei modelli negativi che la nostra società propone; nel gruppo, la Chiesa diventa esperienza viva, vicina, sia per la reale disponibilità all'ascolto della Parola di Dio, alla celebrazione liturgica e alla catechesi vitale, sia per il clima ecclesiale che si respira; nel gruppo, i giovani vivono reali esperienze di corresponsabilità educativa e diventano capaci di assumersi i primi impegni apostolici; nel gruppo, l'adulto diventa «animatore», educatore capace di testimoniare attraverso una presenza affettuosa, l'amore al Padre che tutti ci accoglie.
Il gruppo è quindi luogo privilegiato per una educazione personalizzante, capace di promuovere la crescita umana, di aprire ad ai annuncio esplicito di fede, di mediare una motivata esperiewa ecclesiale (Associazionismo. CISI 1975).
Verifica realistica delle attuali istituzioni educative
Orientamenti come quelli riportati sono oggi abbastanza comuni tra gli studiosi, ma le realizzazioni concrete trovano molte difficoltà di applicazione.
Rimane insita negli educatori la tentazione di considerare poveri gli altri giovani, ma non quelli di casa nostra, dei nostri istituti ed oratori parrocchiali. Eppure il richiamo autorevole della CEI, della FIDAE e dei Superiori religiosi a «promuovere, annunciare e testimoniare» all'interno delle istituzioni cattoliche suona allarme su una realtà che ha forse rinnovato forme e comportamento, ma che si rivela ancora pagana o agnostica e non stimolatrice di valori e di uomini nuovi. L'istituzione ecclesiale e scolastica, sebbene abbia aggiornato le proprie forme di catechesi e di formazione, può sentirsi oggi incapace a risvegliare in ciascun giovane la attenzione, il desiderio ed ancor più la capacità e la coscienza della propria autoformazione e della crescita personale. All'interno di ogni istituzione molti giovani, già resi insensibili dalle mille proposte di vita che ricevono da ogni parte, tenuti succubi della pace che l'istituzione garantisce per le proprie attese scolastiche, affettive o ricreative, resisi inerti di fronte ai grandi inviti di responsabilizzazione, evadono dai problemi umani più profondi, attenuano le problematiche che la vita e l'età propongono loro, accettano e si adeguano a un comportamento formale fatto di una maschera occasionale adatta all'ambiente fino a che lo frequentano.
Istituzioni non stimolanti
Varie istituzioni possono essere esenti da problemi: l'ordine, le attività, i risultati scolastici od organizzativi proseguono con normalità e persino con le soddisfazioni occasionali di gesti religiosi della massa. Ma le energie vitali di ogni persona non sono stimolate; il senso critico di coloro che capiscono e scelgono non viene apprezzato ma contraddetto; i confronti personali di gruppo o di classe vengono evitati per godere di una falsa tranquillità tra generazioni diverse all'interno della comunità educativa; le verifiche autentiche sulle attività culturali e formative da svolgersi nei consigli di istituto o di oratorio, la presenza di genitori impegnati e non conformisti, e di laici esperti e qualificati in problemi di pedagogia o di politica, attentamente evitata o ritenuta superflua e scomodante. Decreti ministeriali, dichiarazioni di vescovi e superiori religiosi, studi e convegni di enti laici e cattolici, chiedono da anni la partecipazione dei giovani alla organizzazione della loro vita e alla programmazione dei loro obiettivi formativi. Eppure molte istituzioni educative pare rimangano, con mille buone scusanti, inerti e diffidenti.
I giovani esprimono richieste ed attendono di essere aiutati a prendere coscienza della propria autonomia, ad esercitarsi nel proprio autogestirsi, a compartecipare alla scelta degli obiettivi della propria vita, ma sono sovente costretti a rimanere «poveri» ed esecutori di sapienti scelte altrui. Le fughe verso una doppia vita od una sfrenata libertà e la scelta di movimenti estremisti oppure dell'imborghesimento individualista rimangono le facili conseguenze.
Un atto di fede e di coraggio
Ad ogni educatore oggi viene chiesto un atteggiamento di fede nella presenza di Cristo risorto nel cuore di ogni giovane e di fiducia nella disponibilità di tanti giovani che, pur poveri, sono assetati dì liberazione e di annuncio. Cercano amici veri, capaci di perdere con loro la vita, che li aiutino a scoprire il senso e il valore della loro esistenza ed a fare emergere le molte energie con cui essi potranno valorizzarla appieno per sé, per la società e per il regno di Dio. Concretamente le comunità educative stanno prendendo sempre più comunitariamente viva coscienza che l'ordine tradizionale non è più capace di incidere realmente nella mentalità giovanile e che quello nuovo non si è ancora chiarito né affermato. è un faticoso pellegrinaggio di ricerca quotidiana. La crisi delle strutture e dei valori tradizionali costituisce per tutti un punto di partenza comune per elaborare e riscoprire assieme, educatori e giovani, i nuovi valori. Si tratta di abbandonare il tradizionalismo e di rifiutare l'utopia, per programmare un progetto di medio termine, che anno per anno segni le tappe seguenti, come arcate di un un unico ponte per un futuro più lontano sempre nella prospettiva di crescita di un uomo nuovo e di rinnovamento delle persone e delle strutture.
Con coraggio occorre entrare nel gioco, come elementi di connessione tra un progetto tradizionale ed un nuovo progetto d'uomo e di cristiano e accettare il rischio del crescere sempre ed insieme coi giovani.