Editoriale
Mario Pollo
(NPG 2007-07-02)
La ripresa delle attività e degli impegni usuali (scuola, lavoro, relazioni…) non deve dimenticare il «senso» che è consegnato nelle vacanze, anzi, permetterne la autentica realizzazione.
L’estate e le vacanze che da bambini e ragazzi le segnano è una sorta d’archetipo, è l’ingresso in un tempo segnato dalla promessa della felicità e dall’attesa di straordinari eventi in grado di rendere più ricca di sapore la vita. Divenendo adulti, e quindi realisti, le promesse e le attese dell’infanzia scompaiono e l’estate diviene solo più una stagione che contiene un periodo di ferie. Anche se l’archetipo dell’infanzia non è scomparso, in quanto permane annidato nelle profondità del nostro essere, l’estate adulta ricerca il suo compimento esclusivamente nel riposo e nel divertimento acquistabili dall’industria del loisir. In questo si differenzia radicalmente dall’infanzia dove l’estate per compiersi non ha bisogno di luoghi esotici o di divertimenti particolari per donare felicità e realizzare le proprie promesse. Infatti, il quotidiano nell’estate è già di per sé un luogo di potenziale felicità, perché consente la gratuità dell’essere e il gioco vero, che ha come unico scopo della propria inutilità il dare piacere a chi lo pratica. Il tempo dell’estate per i ragazzi è un tempo magico, il cui ricordo nutrirà di nostalgia per una felicità e una pienezza di vita mai più sperimentata la loro vita adulta.
È proprio a partire da questa nostalgia che un giovane, così come un adulto, può riscoprire il senso profondo delle vacanze estive, al di fuori di quello banale dell’assenza del lavoro, delle fatiche e delle frustrazioni che esso spesso comporta, compensate con la ricerca dello svago e del divertimento.
La nostalgia delle estati infantili, infatti, conduce alla ri-scoperta delle vacanze estive come luogo dell’essere, della gratuità come valore fondante della vita che apre alla contemplazione delle cose, degli altri e di sé e, quindi, alle relazioni autentiche della parola fondamentale «io-tu», oltre che della ri-scoperta di un rapporto meno utilitaristico con la natura.
Se nelle vacanze avviene questa «conversione», che compie la promessa della nostalgia, ecco che l’estate, così come avveniva nell’infanzia, svela che la felicità e la pienezza di vita, pur tra mille problemi, sconfitte e dolori, possono accadere nell’orizzonte della vita umana. Che il quotidiano è uno scrigno di senso e che lo stesso lavoro, a saperlo vivere, è un luogo in cui si può contribuire alla costruzione di un mondo più congruente al disegno divino della creazione, in cui la giustizia e la pace si baceranno. A condizione però che il lavoro, o lo studio, sia vissuto come luogo di impegno personale, sociale e politico, di ricerca di un protagonismo e di una partecipazione solidale attiva alla vita del sistema sociale. Ma non solo, la vacanza, così come ogni autentica festa segnata dalla presenza della «Menucha», può essere il tempo dell’ascolto del respiro della trascendenza che è presente nelle cose e nei gesti della vita quotidiana. Concludendo si può affermare che se trasognate dalla nostalgia dell’infanzia le vacanze estive possono essere un tempo di «renovatio» da cui può nascere il miracolo di una vita nuova.