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    L'atteggiamento religioso come oblazione di sé a Dio


     

    Giuseppe Sovernigo

    (NPG 1987-06-47)


    Come per gli altri tratti della persona, quali l'intelligenza, la volontà, la socialità, la moralità, anche per la religiosità esiste una soglia evolutiva che fa accedere ad una forma di maturità propria. Si tratta di un modo di relazionarsi con il radicalmente altro in cui i criteri di specificità e di autenticità segnalati prendono corpo. Caratterizzano in modo sufficientemente chiaro ta
    ile religiosità.
    Tuttavia occorre ricordare che tale maturità religiosa non è uno stato di vita acquisito una volta per sempre o quasi. Va vista piuttosto come un processo di maturazione costante, legato al divenire della vita. Quando viene meno tale divenire strutturale della religiosità, essa regredisce a forme di immaturità. Ciò avviene per ogni realtà relazionale.

    LA RELIGIOSITÀ MATURATA COME RELIGIOSITÀ OBLATIVA

    Nel fondatore religioso delle grandi religioni si trova il vertice di tutte le esperienze religiose. Per il cristiano ciò avviene in Gesú Cristo. Tuttavia nel cristiano concreto questa redenzione della religiosità, rispetto alle sue contraffazioni e deviazioni, sta in un esercizio religioso mai pienamente liberato.
    Ogni religione viva è un processo costante. I criteri nel desumere l'autenticità della religiosità si ricavano solitamente dalla qualità dell'impegno che genera. Forse bisogna arrivare a dire che la redenzione della religione è il piú colossale degli sforzi che il cristianesimo si è trovato ad affrontare.

    Religione e persona

    Secondo Hartmann, «in termini piú specifici la religiosità per essere se stessa deve essere come un'espressione autonoma di quelle posizioni produttive dell'ego, indipendente sia nella genesi, che nello sviluppo, da fattori di carattere istintuale che la moderna psicanalisi ha messo in evidenza».
    La crisi religiosa adolescenziale, ad esempio, richiede proprio un atteggiamento di questo tipo. Il soggetto deve ora liberarsi da ciò che gli era cresciuto dentro in ragione di un ambiente per farne un'esperienza sua, radicata nel vivo della sua persona, in dialogo rispettoso con gli altri tratti della personalità.
    La religiosità maturata è un atteggiamento assunto e fatto proprio dal soggetto il quale si serve di ciò che ha a disposizione per esprimere la sua relazione con il radicalmente altro.
    In particolare la sana religiosità, quella che si può chiamare religiosità normale e maturata in rapporto all'età della persona, non ha abitualmente delle manifestazioni straordinarie né da parte dell'uomo (eccessi nella preghiera e nell'ascesi), né da parte di Dio (miracoli o fatti straordinari).
    L'eccezionale non è escluso, né precluso in partenza. Ne resta aperta la possibilità. Tuttavia lo straordinario non va preso come criterio, come punto di partenza e di arrivo normativo e specifico della religiosità maturata. Anzi la ricerca dello straordinario nell'esperienza religiosa come tale rende sospetta la stessa esperienza.
    In questo contesto vediamo la religiosità maturata soprattutto in riferimento all'affettività della persona, alla sua relazionalità, alla sua capacità di stabilire un adeguato rapporto sia con le persone, con il semplicemente altro, sia con il radicalmente altro.

    Religiosità maturata ed affettività maturata

    Perché la religiosità possa maturare si richiede costitutivamente un minimo di maturazione affettiva, un minimo indispensabile aperto alla crescita. È necessario che la relazione con le persone sia sostenuta e alimentata da una capacità abituale di dono di sé.
    L'affettività, evolvendo nella sua maturazione, diviene sempre piú «allocentrica», pur conservando elementi egocentrici e idealizzanti: rende cioè sempre piú capaci di essere felici della gioia di un altro per se stesso.
    L'allocentrismo si concretizza in dueprincipali forme, tra loro strettamente connesse ed interagenti.
    La prima forma è la reciprocità affettiva. Essa è fatta di relazioni di mutuo riconoscimento su un piano di parità, di stima, di interscambio, di cammino insieme, di alleanza.
    Questo rapporto di reciprocità affettiva ed esistenziale, oltre che su un piano di parità, è fondato sulla effettiva realtà dei partner.
    Nel campo religioso tale rapporto si fonda sulla priorità costitutiva del polo del radicalmente altro rispetto a tutto ciò che è la creatura finita.
    L'affettività nella sua forma piú matura diviene poi oblatività. Essa consiste nella capacità di generosità, di gratuità, di dono di sè incondizionato all'altro, non legato nella sua espressione, alla risposta dell'altro.
    È fatta di capacità di meraviglia per la positività dell'altro entro e oltre le apparenze, di rispetto e di attenzione, di mobilitazione delle proprie energie per l'altro perché possa essere se stesso secondo la sua originalità. Si nutre del dono della propria vita all'altro, di un servizio sostanzialmente disinteressato entro il quotidiano. Può giungere fino al sacrificio della propria vita per la persona amata.
    Dalla fine dell'adolescenza in poi, l'allocentrismo, in una normale evoluzione affettiva, tende a divenire e si afferma come la forza affettiva abitualmente prevalente. È essa che dà il tono alla relazione, pur mescolata a componenti egocentriche e idealizzanti.
    Quando ciò non si verifica, questo avviene a causa di una crescita insufficiente o di una non-crescita, talora di un arresto evolutivo. Questo è dovuto a vari fattori tra cui carenze affettive di infanzia e adolescenza, insufficiente impegno di sè nella crescita, freni socioambientali...
    Queste forze sono presenti ed attive fin dalla prima infanzia. Si vanno progressivamente strutturando, in modo unico secondo ogni individuo, in base al tipo di relazioni che il soggetto vive con le figure parentali, con le altre persone importanti per lui e con il micro-ambiente d'infanzia. Perché la capacità d'amare si affermi sempre piú è necessario che, durante l'età evolutiva e adulta, l'affettività divenga oblativa e che la sessualità maturi e si integri nella stessa affettività. La sessualità infatti ne è per buona parte una forza dinamica e linguaggio espressivo.
    Ma in che cosa consiste piú propriamente tale religiosità maturata sostenuta da un'affettività oblativa? L'analisi del vissuto della religiosità maturata evidenzia da questa angolatura alcuni particolari aspetti.

    La religione come oblazione di sé al radicalmente altro

    Nella concreta persona la religiosità maturata sgorga e si manifesta come un sí incisivo e centrale nella direzione del radicalmente altro, un sí che imprime alla propria vita un preciso orientamento. Esso è costituito da un'opzione in cui la persona entra con tutta la sua responsabilità, che comporta un atteggiamento di oblazione di sé, sempre piú coinvolgente, al radicalmente altro, pur restando il soggetto se stesso.
    Possiamo parlare allora di una religiosità oblativa. Essa comporta un duplice riferimento costitutivo costante.
    - Anzitutto viene la realtà di Dio come preminente in sé e per l'interessato, un Dio incontrato in rapporto all'età ed alle condizioni del soggetto, entro il gruppo umano di appartenenza. Si trattanon di un essere vago, di un'idea piú o meno astratta, ma di un incontro in un qualche modo personale, frutto di un'esperienza religiosa, di un atto fiduciale.
    - Contemporaneamente avviene il dono di sé senza riserve da parte dell'interessato in un moto di affidamento fiduciale: egli offre se stesso a questa realtà, che a poco a poco si fa conoscere e rivela la persona a se stessa. Questo radicalmente altro assume nomi diversi a seconda delle culture e delle epoche, ma, pur con nomi diversi, è la stessa realtà. Assolve alla stessa funzione di fronte alle situazioni cruciali che sollecitano ed interrogano la persona a livello profondo.
    Ma questa religiosità oblativa in che cosa consiste piú propriamente? Come si concretizza e si manifesta nella concreta persona?
    Essa non resta generica. Non è rivolta ad una realtà astratta, immobile e inerte. Essa acquista un volto ed una coloritura caratterizzanti in base al modo prevalente secondo cui vengono percepite e vissute alcune dimensioni del radicalmente altro.
    Queste caratteristiche si rifanno alle prime percezioni dell'altro proprio di ogni essere umano, presenti fin dall'infanzia, alla percezione ed azione strutturanti delle figure materna e paterna. Ne risultano altrettante forme o tipi di religiosità, comuni nelle dimensioni di fondo, caratterizzate per alcuni aspetti propri.

    FORME DI RELIGIOSITÀ OBLATIVA

    Sono molteplici le forme di attuazione della religiosità maturata, legate alle dimensioni costitutive della relazione dell'uomo con il radicalmente altro.
    Dal punto di vista psicologico esse sono riconducibili a due forme principali. Esse sono compresenti in ogni persona a livello minimale. Una di queste emerge dando alla religiosità il tono e la coloritura principale.

    Religiosità dell'impegno

    Si tratta di una forma di religiosità caratterizzata dalla propria missione, vis-suta come attuazione della vocazione personale; dalla testimonianza socioambientale come presa di posizione significativa entro le varie realtà che si presentano come significative per l'esistenza umana; dal servizio attivo che trasforma il reale come concretizzazione della corresponsabilità, dalla generatività a vari livelli come espressione dell'essere adulti.
    Questa forma di religiosità si chiama anche «religiosità del padre». La figura paterna infatti è un'istanza che consente al bambino di superare la tentazione di accontentarsi di una vita ispirata prevalentemente dal principio del piacere. Egli sottrae la persona all'ipoteca di una fissazione a stadi di carattere narcisistico. Apre alla realtà. Crea una breccia entro il muro del piacere, del narcisismo e fa vedere un mondo inaspettato, la realtà. Inizia cosí la scoperta dell'alterità.
    La religiosità del padre è fondamento di una «religiosità di carattere ascetico», dell'apertura verso l'altro, della ricerca, della responsabilità, del realismo, della incarnazione nella vita, della scoperta dell'altro, dell'imitazione dell'altro in un impegno aperto verso la vita, impegno creativo e positivo.
    La religione autentica non è ostile, conservatrice rispetto alla emancipazione dell'uomo. Il riconoscimento del totalmente altro come tale porta ad affrancare contemporaneamente l'uomo e la religione, poiché la religione del Padre è essenzialmente religione della libertà dei figli di Dio. L'adorazione del Padre non deve bloccare. Il riconoscimento di un fine e di un completamento supremo del mondo non isterilisce l'iniziativa umana, anzi la dinamizza e la potenzia.
    La religione, che si struttura nel senso di un rapporto di filiazione, si rende solidale con tutto l'umano. Tutto ciò che è dell'uomo acquista un senso per il Padre; e i figli scoprono alla sua luce che tutto ciò che reca pregiudizio all'uomo e lo aliena, insulta il Padre, poiché egli è con gli uomini, fa la sua storia con loro. La dignità dei figli aumenta la sua gloria.
    A cominciare dal momento in cui la religione non è piú funzionale, diventa una potenza dinamica anche per i valori umani. Superare i conflitti poi comporta «soffrire». Chi rifiuta di restare immaturo e affronta i rischi, deve soffrire per crescere e aiutare a crescere.
    Perciò è necessario, per una religiosità matura, l'affrancamento dai condizionamenti naturali che legano la religione ai suoi motivi affettivi e alle sue solidarietà umane. È necessario poi animare e integrare il complesso dei valori umani, senza tuttavia ridurli in schiavitú.

    Religiosità della comunione

    Questa seconda forma di religiosità maturata è caratterizzata da una relazione con Dio in cui prevale l'intuizione immediata della sua presenza amorosa, l'andare al di là delle apparenze «ingannatrici» delle cose in vista di un incontro personale profondo, tendenzialmente faccia a faccia, quasi al di là dei limiti e della separazione. Ciò dà luogo alla religiosità del patto e dell'alleanza.
    Questa forma di religiosità è detta anche «religiosità della madre». Infatti si tratta di una religiosità contraddistinta dal desiderio o dall'eros unitivo, dalla contemplazione, dalla mistica, dal desiderio unitivo con la radice dell'essere, dalla ricerca di un contatto vitale e diretto con il radicalmente altro che appaga totalmente, dalla ricerca di risposta nella comunione con la sorgente dell'amore.
    Le esperienze mistiche consentono un'esperienza di felicità, di amore, di soddisfazione nel contatto immediato con sé e con l'aldilà di sé, con l'origine di sé e delle cose, con la fonte dell'essere e dell'amore.

    LA STRUTTURAZIONE DELLA RELIGIOSITÀ OBLATIVA: FIDUCIA, GRATUITÀ

    Uno dei tratti caratteristici e necessari della religiosità maturata - si diceva - è la religione come oblazione di sé all'altro dal desiderio.
    Questo tratto la contraddistingue in modo inequivocabile sia dalle forme immature sia da quelle patologiche. Ora come sorge la religiosità oblativa? Come perdura nel tempo? Da che cosa si riconosce? Quali ne sono gli elementi costitutivi?
    La religiosità oblativa non è una realtà statica, acquisita piú o meno una volta per tutte. Essa è strettamente legata, nel suo strutturarsi e perdurare, al continuo cammino in avanti della relazione che la costituisce, del legame tra l'uomo con i suoi interrogativi ed il radicalmente altro. La religiosità è una realtà progressiva. Essa vive nella misura in cui si alimenta dell'oblazione di sé dell'uomo al sacro, dell'affidamento personale come risposta agli interrogativi. Essa è ad un tempo possesso e ricerca; ancora ricerca ed attesa; ancoraggio e navigare al largo.
    In particolare questo perdurare nella maturazione progredendo, è strettamente legato alle seguenti condizioni che funzionano da poli di riferimento.
    Enucleiamo i principali tratti della religiosità oblativa, le componenti costitutive, i principali processi psicologici che le danno vita e consistenza.
    La fiducia motivante nel radicalmente altro
    Si tratta di un saper fare credito, effettivamente ed affettivamente, a ciò che costituisce e alimenta le sorgenti della stessa relazione religiosa. In particolare:
    - far credito al radicalmente altro perché tale. La religiosità comporta un atto fiduciale costante verso il sacro come tale, previamente a qualsiasi dimostrazione logico-razionale. Esso va visto e accolto come una realtà trascendente e immanente ad un tempo che non si impone, ma si propone all'uomo che sperimenta le varie situazioni cruciali e che si pone le domande esistenziali;
    - far giusto credito a se stessi. L'atto fiduciale proprio all'origine di ogni religiosità richiede un rapporto con se stessi sufficientemente sano, ancorato nella verità di sé. È necessario dunque uno sguardo realistico e positivo su di sè, con un senso adeguato del proprio valore e del proprio limite, in rapporto all'età del soggetto. Esso si rende possibile quando a poco a poco si abbandona lo sguardo su di sé centrato prevalentemente sui propri limiti, e su ciò che non si ha, ma che si vuole avere a tutti i costi. Inoltre si impara sperimentalmente a far credito al proprio positivo, anche se piccolo. Ci si rende allora volutamente attenti a ciò che, seppure in misura minima, è sorgente di gusto di vivere, di gioia, di apertura, di coraggio;
    - far giusto credito alla vita. C'è un senso di prevalente fiducia o sfiducia nell'esistenza propria e altrui che fa da stimolo o da freno al cammino della religiosità. Il tipo di attese in ordine alla vita ne sono indicative: possono essere attese frenetiche o prevalentemente passive o morte o illusorie, oppure attese costruttive e operose. La religiosità dà luogo e si nutre a sua volta di attese realistiche e operose;
    - far giusto credito alle mediazioni. Il rapporto con il radicalmente altro solo raramente è immediato. Lo è all'interno di alcune esperienze specificatamente religiose e lo è per dati aspetti.
    Lo snodarsi abituale della religiosità avviene attraverso varie mediazioni umane e strutturali indispensabili. Alcune persone e alcune realtà comunitarie svolgono il ruolo di «testimoni luminosi» di un altro avvenire. Possono esprimere talora un carattere straordinario. Piú spesso si tratta di testimoni feriali, resi luminosi per le persone interessate in base a particolari situazioni;
    - una conoscenza religiosa esperienziale. La maturazione della religiosità è poi strettissimamente legata, da parte della persona, ad una conoscenza esperienziale del radicalmente altro. Essenziale è che il soggetto possa sperimentare, in rapporto alla sua età, le realtà religiose, ovviamente senza pretesa di esaurirne il contenuto. La radicale alterità resterà sempre tale. Senza questa esperienza personale, seppure minimale, la persona resta alla superficie, ancorata ad un nozionismo e ad un intellettualismo.
    Questo livello è indispensabile per operare una verifica critica dell'esperienza. Senza di questo la religiosità rischierebbe di venir assorbita nei meandri dell'emozionismo.
    La conoscenza religiosa esperienziale, si nutre sia dell'intuizione emozionale, come del momento sorgivo, sia della ristrutturazione razionale, come verifica sistematica garante della verità e della consistenza.

    ALTRE CARATTERISTICHE STRUTTURANTI

    Affrontiamo ora altre caratteristiche che strutturano la religiosità maturata e oblativa.

    La gratuità nei confronti del radicalmente altro

    La religiosità maturata è caratterizzata e alimentata da un'affettività altrettanto maturata nei confronti del suo polo oggettuale. Nel cuore di tale religiosità sta la percezione, vissuta al positivo, di una sproporzione tra il sé ed il radicalmente altro. Il soggetto si percepisce finito, parziale, creatura nei confronti di una realtà intuita ed accettata come assoluta, come totale, come creatore.
    Ciò che si ha e chi si è non sono frutto anzitutto di sé, del proprio sforzo e impegno morale o militanza. Prima di tutto sono frutto di un dono ricevuto, di una imponderabilità e imprevidibilità positive, di una sproporzione incolmabile e tuttavia vissuta non come minaccia o concorrenza, ma al positivo, come una possibilità di vita.
    La maturità della religiosità sta nell'affermazione dell'esistenza e nella relazione con il radicalmente altro in se stesso, non funzionalizzato ai bisogni umani. Nella misura in cui l'uomo dimentica l'originalità e la principalità di questa scoperta, egli decade dalla condotta religiosa propriamente detta.
    È necessario allora che l'affettività dell'interessato sia sufficientemente animata da un atteggiamento sociocentrico, nutrito di capacità di amore reciproco e di oblatività o gratuità.
    Infatti la capacità di fare e vivere l'oblazione religiosa di sé in modo effettivo e fecondo richiede un'affettività sostanzialmente sociocentrica. Questa si manifesta nella capacità di amare in modo oblativo e reciproco.
    Un'affettività oblativa, proporzionata all'età, comporta il superamento sostanziale degli atteggiamenti egocentrici e narcisistici; un'abituale capacità di far dono di sé in modo stabile e duraturo agli altri nel proprio ambiente; la capacità di superare le frustrazioni della vita senza squilibri.

    La dedizione di sé

    La religiosità maturata si manifesta e richiede costantemente un movimento di dedizione all'altro dal desiderio. Questo movimento interiore della persona, proprio dell'esperienza religiosa vissuta, può presentarsi di volta in volta in una delle forme seguenti:
    - un movimento di consegna di sé al radicalmente altro, dopo essersi vissuti piú o meno come un'appropriazione o impossessamento di sé nei confronti di Dio, sentito come antitetico a se stessi;
    - un movimento di abbandono fiducioso di sé al radicalmente altro riconosciuto come proprio sommo bene, dopo precedenti forme di sfiducia, di contrapposizione, di timore;
    - un movimento di affidamento di sé, dopo vari tentativi di sottrazione alle sue richieste vissute come pretese indebite sulla propria vita;
    - un movimento di resa incondizionata, dopo la resistenza opposta ad una realtà vissuta come invadente ed opprimente la propria vita;
    - un movimento di offerta e di dono di sé, dopo essersi vissuti come una auto-proprietà in esclusiva;
    - un'adesione profonda ed incondizionata, dopo vari rimandi e le prese di distanza difensive;
    - un radicarsi, un poggiare su Dio come su una realtà indefettibile, dopo varie forme di ricerca errabonda;
    - un vivere protesi verso di lui dopo varie forme di ristagno, di annaspamento, di immobilismo talora di ripiegamento;
    - un movimento di accoglienza, un far posto in sé ad un interlocutore interiore presente alla vita e trascendente ad un tempo, riconosciuto come la realtà significativa e ultima per la propria esistenza di singoli e collettiva.

    Una fiducia ben fondata

    Che cosa rende possibile dal punto di vista psicologico tale movimento? Quali condizioni sono richieste?
    L'oblazione di sé è resa psicologicamente possibile da uno stato di fiducia ben fondata in se stessi e nel radicalmente altro. Ne nasce un atteggiamento e una fiducia che fa aprire se stessi a tale realtà.
    Senza questa fiducia di base è ben difficile un atto ed un atteggiamento fiduciale nella realtà del radicalmente altro. In assenza di questa, spesso al di là della stessa buona volontà dell'interessato, la persona si aggrappa a se stessa, ad un qualcosa di centrale o di periferico, per sentirsi di essere e di valere in un qualche modo. Si afferma una strutturazione di sé modulata prevalentemente sulla difensiva reattiva o sull'autoaffermazione, di fatto ugualmente mascheranti di una insicurezza o dubbio su di sé a livello profondo. La capacità effettiva di dialogo e di relazione religiosa presuppone un minimo di consistenza di sé, a sua volta legato al processo di autoaccettazione.
    L'accesso alla religiosità adulta e maturata avviene poi a condizione che la persona, prima o poi, superi al positivo la prova del «sacrificio del figlio di sé», cioè di quell'ideale di perfezione e di riuscita di sé frutto del proprio lavoro a vari livelli.
    Accordare effettivamente ed affettivamente priorità al radicalmente altro comporta, tramite l'opzione, il cessare di viversi come conquista di sé, per riconoscersi dati, donati a sé e alla vita da questo radicalmente altro su sua misura.
    In questo viversi come donati sta il sacrificio del figlio di sé, come il sacrificio di Isacco da parte di Abramo. Ciò fa accedere alla gratuità di sé come indispensabile per la religiosità maturata.

    Il cambiamento di crescita di sé

    Segno sicuro e frutto necessario di una autentica oblazione di sé è il cambiamento di sé.
    Si tratta di un processo a volte lento, a volte rapido, con tempi di successivo assestamento, di trasformazione di sé conformemente alle attese e ai disegni del radicalmente altro.
    È una trasformazione che investe i livelli profondi della persona, il capire, il sentire, l'operare nella loro globalità.
    Si fonda sulla priorità accordata o riconosciuta alla realtà del sacro nella sua specificità e nelle sue istanze e sulla propria realtà personale come viene colta alla luce dell'incontro con Dio.
    Infatti ogni esperienza religiosa comporta un cambiamento di crescita per la persona che la vive. Si tratta di un cambiamento piú o meno profondo, a seconda del grado di coinvolgimento, nella direzione indicata dalla stessa esperienza.
    Chiamiamo «cambiamento di crescita» ogni effettiva mutazione orientata verso l'accrescimento dell'essere personale.
    Ogni organismo evolve, nella direzione della sua crescita o meno, in base alla qualità e alla direzione delle esperienze che vive.
    Si ha cambiamento di crescita nella personalità nella misura in cui si concretizzano progressivamente questi dati:
    - autoidentificazione individuale e di gruppo (solidità di sé);
    - affrontamento positivo del reale (adattamento positivo);
    - individuazine e attuazione del proprio compito nella vita (missione);
    - adeguata capacità d'amare e inserimento sociale (capacità di reciprocità e di oblatività);
    - scoperta e assunzione di un senso valido per la propria vita (un assoluto vissuto come significativo).
    Tutto questo va visto all'interno di un continuo divenire, in una continua disponibilità all'arricchimento interiore.
    Questo cambiamento di sé, frutto della relazione con il sacro e segno di una religiosità maturata, deve poter essere personalmente e socialmente registrato nei tempi medio-lunghi della propria esistenza. Tale cambiamento, nella misura in cui avviene, risulta socialmente rilevabile.
    In assenza comprovata di tale cambiamento, collegato con l'esperienza religiosa, si può e si deve porre un grosso dubbio sulla autenticità di tale esperienza religiosa. Con quasi certezza si può affermare che si tratta di un'altra esperienza, solo apparentemente religiosa.

    Impegno di sé

    Si può parlare di religiosità maturata autentica nella misura in cui il soggetto, sostenuto anche dal suo incontro con il totalmente diverso, realizza alcune dimensioni che concretizzano un impegno di sé nella realtà della vita individuale e collettiva.
    In particolare occorre che venga dato corpo:
    - ad un effettivo dominio del mondo, collaborando attivamente e positivamente con il creatore, in netto superamento della magia;
    - ad una libertà personale maturata come responsabilità a livello individuale e collettivo, in netto superamento del fatalismo, della rassegnazione passiva, del subimento del reale, della ripetizione;
    - ad un servizio per gli uomini e per la loro promozione, mediante la corresponsabilità e la partecipazione, in superamento dell'oppressione delle persone attuata sotto qualsiasi bandiera o del disinteresse che mette previamente al riparo;
    - ad una conoscenza sempre piú oggettiva e vera della realtà del radicalmente altro, in superamento ed integrazione delle varie forme di soggettivismo religioso.
    Questo impegno di sé si concretizza e si alimenta ad un tempo in un ritmo di vita fatto di «lotta e contemplazione». Lotta in se stessi per liberarsi dalle prigionie interiori e dal bisogno di imprigionare gli altri cosí da respingere tutto ciò che rompe la comunione tra persone.
    E lotta con l'uomo bisognoso perché la sua voce possa farsi sentire, perché siano spezzate le catene dell'oppressione. Non bisogna scordare che il primo impegno si esercita nella vita e nell'ambiente in cui ci si trova a vivere.
    Contemplazione come immersione nella realtà del radicalmente altro incontrato nella maggior gratuità possibile. Questa dimensione contemplativa facilita la religiosità nel suo sottrarsi alle varie possibili strumentalizzazioni di turno.


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