Se il mondo non sente più
il bisogno di una «realtà superiore»
Bernardo Battaglini
Nella società odierna il rapporto dei giovani con la loro spiritualità è spesso messo in secondo piano, considerato di minore importanza rispetto ad altri aspetti della vita. In un contesto culturale che ci spinge a curare ogni aspetto della nostra persona e ci permette di farlo, spesso non è presente nemmeno la curiosità per il mondo spirituale, ormai relegato ad un folklore portato alanti dalle persone più anziane.
Chi ha bisogno di una realtà superiore se nella nostra abbiamo già tutto?
È questa la mentalità che sta via via allontanando l'ambito religioso dai giovani, figlia del benessere in cui abbiamo la fortuna di vivere.
Che la religiosità delle persone sia legata alla loro ricchezza è un dato di fatto, poiché, osservando le statistiche (anche se queste non rappresentano perfettamente la situazione), si può notare come i paesi più religiosi, come Etiopia e Sri Lanka, facciano parte anche di quelli più poveri, mentre i meno religiosi, Svezia e Regno Unito, rientrano nella parte ricca del mondo.
Quindi l'uomo con il denaro perde la sua spiritualità?
No, la dimentica, riempiendo i buchi che lascia con «il benessere» (gli oggetti, il lavoro, la palestra). La «società del benessere» in cui viviamo cerca sempre di riempire i vuoti lasciati dall'assenza delle relazioni attraverso l'emulazione di esse; lo stesso accade anche per la relazione fra la persona e la propria religiosità.
L'altra causa dell'allontanamento dei giovani è anche la concezione della religione come di un qualcosa di limitante, un ulteriore elemento di costrizione che si va ad aggiungere alle già numerose regole sociali, scolastiche e lavorative. Questo succede anche a causa della difficoltà che molte persone hanno nel distinguere la religione stessa dall'operato dei suoi rappresentanti. Per esempio, la Chiesa cattolica viene spesso presa come simbolo di rigore, regole e censura a causa delle azioni dell'istituzione ecclesiastica nella storia, mentre, se si va a vedere, il credo cristiano è tutt'altro che costrittivo e pressante. La soluzione per far sì che le nuove generazioni si approccino in maniera serena e libera alla religione non può che passare da un'apertura da parte dell'intera società su questi temi, evitando di identificare la religione come fonte di tabù e regole. Ciò deve partire dall'infanzia, evitando di obbligare a seguire un percorso religioso solo per usanza comune, ma al contrario promuovendo una progressiva presa di coscienza fin da bambini riguardo ai temi religiosi, in modo che, quando essi cresceranno, avranno gli strumenti per poter scegliere ciò che credono più giusto. Per i giovani di oggi, invece, la strada deve essere diretta ad una riapertura ed un interesse verso l'interiorità e la religiosità personale, anche in questo caso con l'approfondimento e il superamento dei luoghi comuni che caratterizzano ogni religione.
È però molto importante che tutto ciò avvenga nell'apertura e nel rispetto del diverso, tenendo la guardia sempre alta verso le interpretazioni subdole che creano divisione ed estremismi.