Pastorale giovanile e territorio /2
Severino Pagani
(NPG 2005-04-56)
Il territorio
La cura pastorale della Chiesa cerca di non trascurare mai i contesti fondamentali in cui vivono le persone. Soprattutto nei momenti di grande transizione culturale, la comunità cristiana è impegnata ad individuare le nuove modalità in cui si struttura la vita. Lo spazio e il tempo definiscono le coordinate principali in cui si muove e cresce la persona umana. Nello spazio e nel tempo la persona si esprime attraverso il corpo, la libertà e la relazione. Quando questi linguaggi sono ben coordinati, allora si può dire che l’uomo ha imparato veramente ad abitare la terra, il deserto urbano diventa territorio abitato.
Una riflessione che cerchi di mettere a tema il rapporto tra pastorale giovanile e territorio deve preoccuparsi innanzitutto di come nei giovani oggi vengono coniugati lo spazio e il tempo, cioè il fatto di vivere in un luogo ben precisato nella sua qualità antropologica e in un tempo fortemente marcato da legami generazionali e vissuti biografici molto singolari. Inoltre, la pastorale giovanile, che è la cura della fede dei giovani, cerca di mettere in luce come è percepita in loro la corporeità e tutto il patrimonio percettivo con cui oggi i giovani si esprimono; inoltre si preoccupa di far crescere un vero senso di libertà unendo saldamente le giuste esigenze del desiderio e del valore; tutto questo si sviluppa in una rapporto di straordinaria apertura a tutte le forme di relazioni, che trovano il loro fondamento e il loro termine nella relazione con Dio.
Il territorio non è semplicemente una coordinata topografica della vita, piuttosto è il contesto relativamente stabile in cui si intrecciano tutti questi linguaggi (tempo, spazio, corporeità, libertà e relazione), in un viaggio continuo dove spesso si alternano fissità e nomadismo, luoghi e non luoghi, radici e partenze, ritrovi momentanei e soste prolungate, anonimato e saluto, estraneità e connivenza, disinteresse e progettualità, giorno e notte, in un via vai continuo da cui è impossibile sradicarsi completamente.
Lo spazio e il tempo
Il territorio si costruisce valorizzando insieme lo spazio e il tempo. Non si tratta semplicemente di dire che i giovani si trovano in un quartiere della città o sulla piazza di un paese, ma è altrettanto importante dire come i giovani si trovano o non si trovano. Perché ci sia una qualità antropologica è necessario prendersi a cuore insieme il dove e il come oggi i giovani costituiscono aggregazione, voglia di vivere, significato dei comportamenti, progettualità personale, risorsa sociale.
L’aspetto locale del territorio dice che uno spazio può essere abitato o semplicemente attraversato; può essere interpretato come terra ospitale o come suolo ostile e straniero, può essere coltivato o calpestato. Lo spazio è specchio di chi lo occupa. Ora, la cura della fede dei giovani cercherà di rendere lo spazio abitabile, salvaguardato dall’anonimato, uno spazio dove non ci siano solo tracce furtive di un disagio o di una protesta, ma una terra dove appaia che si sta coltivando un’esperienza di vita, di crescita, di collaborazione. Umanizzare lo spazio è una buona premessa per la fede.
Lo spazio ritrova le strade di umanizzazione se si amalgama con la dimensione del tempo: nello spazio passano persone che crescono. Come lo spazio dà situazione alle biografie, così l’elemento biografico delle persone dà umanità allo spazio. In questo modo il territorio diventa luogo di familiarità. La temporalità divide gli spazi, li distribuisce, li organizza, li fa parlare: la differenza generazionale è uno dei più grandi criteri dell’organizzazione degli spazi. Il giovane cerca uno spazio per le cose dei giovani; così alcuni posti sono dei bambini, altri degli adulti, altri delle famiglie, altri ancora degli anziani; ci sono dei posti che sono di nessuno. Un territorio è disumano se ci sono molti spazi di nessuno, al contrario il tempo della vita addomestica (rende domestici) gli spazi.
La pastorale giovanile sul territorio ha il compito di addomesticare gli spazi, perché in questa domestica dimora ci sia la possibilità di una maturazione umana dei ragazzi e dei giovani e, insieme, diventi credibile e affascinante l’esperienza ecclesiale, che fa di uno spazio la comunità cristiana della parrocchia.
Il corpo e la libertà
L’abitare sereno di una persona o il ritrovarsi di una comunità avviene sempre attraverso l’espressione del proprio corpo e della propria libertà. In particolare i giovani investono molto sul loro corpo e sulla loro libertà. L’investimento del corpo è grandissimo se pensiamo alla freschezza della percezione giovanile, alla bellezza dell’età e della salute, alla predisposizione verso la sfera della ricerca affettiva, al linguaggio sportivo, alla preparazione professionale e alle energie che un corpo giovane sa esprimere. Legato al corpo c’è il cibo e il vestito e con questi la necessità di avere i soldi per vivere. Ci possono essere anche espressioni della propria corporeità che soffrono e che hanno bisogno di sostegno. Un corpo giovane soffre tutte le volte che si scontra con la noia, il disgusto, la debolezza della sensazione stanca e materializzata, il principio del piacere come unico criterio interpretativo dell’orientamento corporeo, e tutte le altre forme in cui la sensazione non è ravvivata da un valore spirituale.
Accanto al corpo, anzi dentro il corpo, c’è la libertà: libertà di pensiero, di movimento, di decisione. La libertà giovanile cerca un orientamento di valore o si smarrisce in incontrollabili forme di spontaneità. Libertà significa programmazione, studio, progettualità professionale e vocazionale; significa anche stanchezza o delusione della libertà, nelle forme della solitudine, della sfiducia o della violenza.
La pastorale giovanile sul territorio deve collaborare con tutti per comporre armonicamente insieme il corpo e la libertà, espressioni irrinunciabili della persona, così che cresca nella forma matura della relazione e della progettualità del bene comune. Tutti gli uomini e le donne di buona volontà e tutte le istituzioni veramente democratiche possono concorrere insieme perché il territorio diventi teatro di progettualità e di relazione. In modo particolare la cura della fede dei giovani, che è la pastorale giovanile, troverà nella contemplazione della persona di Gesù un altissimo modello, perché in Gesù Dio ha insegnato come abitare la terra. Questo benessere della fede è un dono per tutti.
La relazione e l’abitare di Dio
Il territorio, questo spazio umanizzato dal tempo, diventa perciò il luogo in cui porre le tende, le case, le chiese. gli uffici, le scuole e tanti altri luoghi che siano spazi vivi e laboratori concreti di umanità. Il territorio non è muto, ma prende la parola: la gente si conosce e si saluta, si aiuta, si aspetta, mette insieme i progetti e le esigenze, si fa sentire, collabora e ringrazia. Il territorio diventa il luogo delle relazioni. La mobilità giovanile di oggi non cancella drasticamente lo spazio, ma lo fa diventare occasione di incontro, perché solo così il terreno edificabile diventa veramente una promessa.
Nelle relazioni umane si configura l’abitare di Dio. Gesù è l’icona irrinunciabile di questa straordinaria e fedele presenza. Quando un corpo e una libertà si uniscono strettamente in relazioni capaci di dire la fedeltà di Dio, in quel momento le persone diventano spirituali, cioè si esprimono come si esprimerebbe Gesù, diventano un riflesso del tempio di Dio, quello che mille volte si distrugge e viene ricostruito nella Pasqua del Signore. Le relazioni spirituali rendono un territorio abitato da Dio, lo spazio della creazione ha raggiunto il kairòs della salvezza, il deserto è sempre pronto per una nuova fioritura e la pace diventa l’orizzonte di ogni città.
La pastorale giovanile
La pastorale giovanile ha il compito di costruire nel territorio reali relazioni spirituali; cioè di aiutare a confidare nel Signore e a fare il bene; ad abitare la terra e a vivere con fede (Salmo 36,3). Per raggiungere questo scopo ci sono molti linguaggi e molti passaggi. I linguaggi sono l’ascolto, la collaborazione, la chiarezza della propria identità, la passione per le persone, la dedizione per il mondo e l’amore per il vangelo; così si esprime la presenza paziente e perseverante della comunità. Alcuni passaggi, invece, possono essere questi : la conoscenza delle abitudini concrete delle persone, le loro possibilità e le loro fatiche; le occasioni di aggregazione, il rispetto per le differenze, la diversità delle proposte, le varie progettualità di bonifica antropologica, i tempi di maturazione, il coraggio di una proposta cristiana impegnativa e serena.
Infine, soprattutto di fronte ai giovani, la cura pastorale della fede dovrebbe emergere come il frutto di una vita consolata e illuminata dallo Spirito Santo. Quando i giovani capiscono veramente che incontrare il Signore è una ricchezza per la loro vita, allora emerge in loro una voglia grandissima di ritrovarsi insieme, per costruire preghiera e carità, e i territori delle nostre città si esprimono con un’anima nuova.