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    È la parte del mondo amata da Dio



    Pastorale giovanile e territorio /1

    Pier Codazzi

    (NPG 2005-04-54)

     

    Il perché di una nuova rubrica

    La capillarità della presenza degli oratori in tutti i paesi e quartieri della Lombardia (ma non solo) è uno dei doni più preziosi che la tradizione ci ha consegnato.
    Ma oggi i continui cambiamenti del territorio e la consapevolezza di non avere il monopolio dell’educazione hanno interrogato la pastorale giovanile delle nostre diocesi, ed è questa esperienza che vorrei presentare ai lettori di NPG, e presumere che possa essere di qualche utilità a tutti.
    Siamo partiti dai bisogni dei ragazzi e delle famiglie, perché questa ci è sembrata la priorità.
    Ci siamo incontrati prima di tutto nelle realtà locali, abbiamo discusso e approfondito problemi con assessori, direttori scolastici e assistenti sociali.
    E abbiamo anche dovuto approfondire che legame avesse tutto questo con l’annuncio di Cristo e di Cristo crocifisso.
    Abbiamo prima di tutto deciso di “esserci” e questo non per una moda, ma perché riteniamo che l’incarnazione passi anche attraverso alcune opzioni che oggi ci interpellano. Da questa concretezza abbiamo sviluppato una riflessione sul significato del territorio e sul suo legame con la pastorale.
    È nato il diritto-dovere di sederci ai tavoli di coordinamento (sancito dal principio di sussidiarietà ormai presente in tutte le leggi nazionali e regionali) per condividere le scelte di un territorio e non tanto per “spartire” un po’ di soldi. Abbiamo tentato di costruire una rete di rapporti che, pur nelle giuste e diverse identità, ci permettesse di parlare assieme ad altri soggetti, pubblici e privati, del bene delle giovani generazioni.
    Questa visione è ciò che sta alla radice del rapporto con la nostra Regione, del protocollo d’intesa e della legge regionale sugli oratori, che sancisce prima di tutto il riconoscimento della funzione educativa degli oratori stessi.
    Ci siamo resi conto che per seguire tutto questo serve passione e preparazione, e ci siamo inventati percorsi e laboratori di formazione: alla tradizionale e capillare presenza con i ragazzi abbiamo cercato di unire una buona competenza di lavoro territoriale e di conoscenza legislativa. E ci siamo accorti di essere cercati e ascoltati, anche dall’ente pubblico.
    Da un anno e mezzo gli incaricati di pastorale giovanile e degli oratori delle diocesi lombarde (ODL) hanno voluto una commissione permanente che possa seguire da vicino questi temi, promuovere le progettualità e i rapporti con il territorio, sperimentare non solo collaborazioni ecclesiali (ad esempio con le Caritas), ma anche con soggetti esterni (ad esempio con le Università lombarde).
    In questa rubrica cercheremo di proporre riflessioni pastorali riguardo al legame tra la PG e il territorio, esperienze significative e considerazioni anche tecniche di come muoversi in terreni spesso ostici per linguaggio e finalità, ma carichi di suggestioni e di prospettive.

    d. pier codazzi
    (referente ODL rapporti con la regione Lombardia)

    Quando Dio ha pensato all’uomo, l’ha voluto sulla terra. Una terra che l’uomo deve abitare, guidare e far crescere secondo i desideri di Dio. Allora il luogo in cui abiti non è soltanto uno spazio geografico che il caso ha voluto metterti sotto i piedi, ma è la parte del mondo amata da Dio che ti è affidata. È la parte del mondo in cui si sviluppa una storia: quella del tuo incontro concreto con Dio in quel tempo e in quel posto. E la stessa cosa è capitata ad altri, come è capitato che la tua vita si sia incrociata continuamente con quella di chi ti sta accanto. Questo ha dato origine a relazioni, a luoghi di incontro, a ricordi e a desideri.
    Allora il caseggiato dove abiti non è più soltanto un ammasso di cemento, ma è il faticoso cammino di gente che condivide le tue giornate. La piazzetta o il parcheggio diventano esperienza, magari non sempre chiara, di un modo per fare gruppo.
    L’oratorio non è più solo il luogo dove hai lasciato i figli o dove ti sei dato appuntamento, ma, nel ricordare i tantissimi episodi delle tue giornate, ti accorgi che queste hanno lasciato un segno, che sei cresciuto in quello che non è più “un oratorio”, ma è il “tuo oratorio”.
    E la chiesa, dove a volte a fatica ti sei recato, è il luogo dove alcuni tuoi amici hanno celebrato la loro unione per sempre, dove tanti hanno ricevuto e maturato la propria fede, dove altri, magari a te molto cari, si sono incontrati con Dio nell’eternità.
    Non solo: quelle case, quelle piazze, quell’oratorio e forse anche quella chiesa, sono stati luoghi dove qualcuno è stato escluso, dove altri sono stati giudicati, dove altri ancora hanno dovuto andarsene perché nessuno li ha accolti, o perlomeno loro hanno percepito così.
    È così che il tuo quartiere diventa il segno concreto, molto concreto della storia di ciascun uomo: relazioni, slanci, delusioni e forse anche tradimenti. Ma il tradimento più grande potrebbe essere questo: non tenere conto del luogo dove sei, oppure rinunciare a continuarne la storia.
    Sì, perché se tu ti dimentichi dove sei, dimentichi anche quel Dio che ha voluto continuare ad amare l’uomo non astrattamente, ma su quel pezzetto di terra, in quel determinato tempo e in quel determinato modo; dimentichi anche la faticosa risposta di tanta gente, che si è tramutata in gesti, in parole, in segni, oppure magari soltanto in preghiere nella solitudine della propria casa.
    Oppure, se rinunci a continuare la storia di questo luogo, rinunci a consegnare a chi verrà dopo di te qualcosa di meglio, li privi di qualcosa che altri, con fatica, ti hanno consegnato: e tu non hai nessun diritto di ostacolare la presenza di Dio tra gli uomini, anzi, hai il dovere di favorirla, per quello che ti è possibile.
    Allora e solo allora sentirai tuo il quartiere, il paese, perché tu apparterrai alla storia del tuo quartiere, del tuo paese, anche senza aver fatto cose particolarmente vistose; come vi appartengono le tante persone, anziane o malate, che poche volte hanno messo piede in oratorio, ma lo hanno accompagnato non solo nella preghiera, ma anche nell’affetto.
    Allora sarà relativo il tempo che tu impiegherai per fare questa o quell’altra iniziativa, perché la tensione a vivere e a far crescere il luogo che ti è stato affidato sarà quotidiana, di tutti i giorni e di tutto il giorno, come sarà uguale se quel ragazzo viene o non viene all’oratorio, perché comunque è “tuo”, come sarà identica cosa che quell’insegnante, quell’assessore o quel barista ti saluti oppure no, perché se il Signore te l’ha messo accanto un motivo ci sarà e tu non puoi sostituirti a Dio decidendo chi vuoi o chi non vuoi.
    Tutto questo con molta semplicità, sapendo che non sei tu a salvare il mondo e tanto meno tu da solo, ma sicuro anche che Dio ti ha chiamato a dargli una mano qui, con questa gente, tra queste case, in questa piazza. Questa gente e questo luogo che sono diventati storia, storia concreta.
    Conoscere e apprezzare tutto questo ti permetterà di sentirlo tuo, e solo a questo punto potrai pensare di avere il diritto, ma soprattutto il dovere, di farlo crescere, per poi, a tua volta, riconsegnarlo ad altri sicuramente più ricco della presenza di un Dio che non viene mai meno.
    Chiudo con una citazione: “I cristiani che stanno sulla terra con un solo piede, staranno con un solo piede anche in paradiso” (D. Bonhoeffer, Lettere alla fidanzata. Cella 92, Queriniana, p. 48).
    Buon lavoro.


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