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    “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49)



    Cesare Bissoli

    (NPG 2005-03-41)


    Dopo la serie dedicata alle domande dell’uomo a Gesù,  iniziamo una serie di lectio attenti alle domande che Gesù fa alle persone che incontra. Lo schema che proponiamo è un itinerario che si apre e si chiude con una preghiera, la prima più di ricerca, quella finale come riconoscimento e grazie. Il percorso si divide in tre parti: l’attenzione al testo evangelico articolato in maniera di cogliere il senso originario della Parola di Dio; l’attenzione alla vita in maniera che la parola evangelica manifesti la sua valenza formativa; l’attenzione alla coscienza per ingenerare conversione e appropriazione. Una citazione di autore sottolinea il valore del messaggio ricevuto.

    Preghiera

    Signore, ci parlano di progetto di vita, ci dicono che è un fattore essenziale per la nostra riuscita. Ma è difficile capire di cosa si tratta e come si fa a riconoscerlo. In particolare che ruolo devono avere i genitori… E poi vale la spesa impegnarsi per realizzarlo, quando sembra che manchino opportunità elementari di lavoro, di sicurezza, di fiducia? Ad essere sinceri fino in fondo, per molti farsi un progetto non interessa molto, dato che si può vivere alla giornata, con piccoli aggiustamenti. Tu, hai avuto un progetto? Come lo hai capito? I tuoi familiari ti hanno aiutato? Cosa apporta un progetto come il tuo, comunemente detto “evangelico”, nella vita di una persona? Signore, aiutaci a capire, ci mettiamo lealmente in ascolto.


    PRIMO MOMENTO:
    LA LETTURA DEL TESTO

    * Dopo la preghiera di apertura viene fatta la lettura ad alta voce di Lc 2,40-52.

    Uno sguardo di insieme

    1. Ci troviamo nel vangelo dell’infanzia secondo Luca, cc. 1-2. In esso Luca presenta le origini di Gesù, sottolineando come siano sotto la guida di Dio. In quel bambino, prima concepito, poi nato, poi diventato ragazzo, Dio manifesta un suo progetto di salvezza, per quanto umile e ordinaria appaia la sua vita. Di qui il paradossale tono del racconto a due livelli: agli occhi degli uomini e agli occhi di Dio.

    SCHEDA

    La condizione umile della nascita e vita di Gesù:
    – concepimento
    – nascita
    – incontro con i parenti (Elisabetta-Maria)
    – circoncisione nel Tempio
    – anni oscuri a Nazaret
    – “perdita e ritrovamento” di Gesù nel tempio.

    Il farsi progressivo di uno straordinario disegno di Dio:
    – annunciazione a Maria
    – tra il coro degli angeli: è il salvatore
    – il dono dello Spirito e il magnificat della fede
    – il riconoscimento messianico (Simeone e Anna)
    – crescita in sapienza età e grazia
    – stare nella casa del Padre.

    L’episodio è certamente una notizia biografica. Ma non basta... Porta in sé una importante rivelazione di Dio, indica lo svelarsi della vocazione di Gesù, il profilarsi del suo progetto di vita.

    2. Il racconto si riferisce a Gesù dodicenne. Viene richiamata l’usanza religiosa del pellegrinaggio che la pia famiglia ebrea faceva al Tempio di Gerusalemme in occasione della grande festa di Pasqua (Es 23,14-17; 34,23). Tale è la famiglia di Gesù. La cornice è dunque quanto mai carica di senso. Molto probabilmente Gesù è presente perché a dodici anni (ma altri dicono a tredici) un ragazzo ebreo è “bar mitzwah, figlio del precetto”, cioè è obbligato a osservare la legge del Signore, dunque anche quella dei grandi pellegrinaggi (Pasqua, Pentecoste, Tabernacoli), cosa che Gesù puntualmente farà lungo tutta la sua vita (Gv 7,2; 12,12).
    In tale contesto nelle adiacenze del Tempio i maestri o scribi tenevano le loro lezioni per questi giovani iniziati alla legge, sui loro diritti e doveri nella comunità, tra cui l’onore e il compito di leggere la Torah nella sinagoga. Gesù partecipa alla discussione ascoltando e ponendo domande secondo il metodo di insegnamento in uso nelle scuole rabbiniche.
    La perdita di contatto di Gesù con i suoi viene motivato dall’usanza dei ragazzi, ieri come oggi, di fare il viaggio in compagnia con altri membri del proprio parentado. È del tutto legittimo pensare che Luca abbia ricevuto questa notizia da familiari di Gesù.

    3. Un terzo contenuto va considerato. Le figure straordinarie del popolo di Israele ai tempi di Gesù erano considerate non solo al momento della nascita o della missione, ma anche nella loro fanciullezza, perché già segnata dalla conoscenza di Dio e dei suoi doni di saggezza. Così è per Mosè, Samuele, Daniele. Così è per Gesù. Il Vangelo dell’infanzia di Tommaso riporta tanti racconti apocrifi fantasiosi. Luca ne parla in termini sobri, e per questo più corretti, affermando che già da ragazzo Gesù dà la priorità assoluta alle esigenze di Dio nei confronti della famiglia, come farà di nuovo nel ministero (Lc 8,21). E le sue prime parole sono la proclamazione che Dio è suo Padre, affermazione che anticipa la voce celeste del battesimo (Lc 3,22).

    La dinamica della vicenda

    Il racconto è semplice. Si articola così:
    – Apertura: il ritornello della crescita (v. 40).
    – Collocazione geografica: Gerusalemme, dove Gesù e i suoi genitori sono saliti (vv. 41-42).
     – Il fatto: i genitori hanno perso Gesù e vanno in cerca di lui (vv. 43-45).
    – Il dialogo esplicativo:
     domanda di chiarimento dei genitori;
     risposta di Gesù: stare con il Padre;
     stupore dei genitori (vv. 46-50).
    – Collocazione geografica: Nazaret, dove Gesù viene con i genitori cui sta sottomesso (v. 51).
    – Conclusione: ritornello della crescita o lo stile di vita di Gesù: crescita in  “sapienza, età e grazia” (v. 52).

    I personaggi

    Al centro stanno Gesù, Maria e Giuseppe; di contorno, i parenti e i dottori del tempio. Si tratta chiaramente di una questione di famiglia, ma che avviene non nel privato bensì nel contesto pubblico del Tempio.

    1. Di Maria e Giuseppe sono evidenziati alcuni atteggiamenti:
    – una sincera fedeltà religiosa con il pellegrinaggio nel tempio;
    – un premuroso senso educativo, per cui coinvolgono il figlio Gesù e lo cercano quando l’hanno perso;
    – la giusta preoccupazione per il figlio smarrito e quindi la diligente ricerca non senza trepidazione anzi angoscia che coinvolge padre e madre, ricerca che non dura qualche ora, ma ben “tre giorni” (in una nostra città un ragazzo che sta via tre giorni viene denunciato alla polizia come scappato da casa!). Quindi è più che normale una richiesta di chiarimento, dove si avverte un tacito rimprovero. Diremmo che Giuseppe e Maria si mostrano genitori responsabili!
    – il dialogo-monito di chiarimento;
    – la sorpresa, anzi la non comprensione delle parole del figlio, ma anche la conservazione nel cuore da parte di Maria;
    – una paternità e maternità pienamente riconosciuta dal figlio e dunque totalmente esercitata.

    2. Di Gesù è posto in risalto:
    – la sua giovinezza di dodicenne;
    – la partecipazione al pellegrinaggio pasquale secondo la fede del suo popolo e i suoi doveri di iniziato;
    – un trattenersi deliberato a Gerusalemme per una intenzione che gli sta a cuore;
    –  il dialogo con i dottori del tempio ascoltando e domandando e rispondendo con “ intelligenza”.
    – di conseguenza una rottura del rapporto armonico con i suoi genitori angosciati;
    –  il dialogo con i genitori: Gesù rifiuta o quanto meno mette in discussione una ricerca così apprensiva nei suoi confronti, e dà una motivazione di tale condotta: egli è nelle cose o casa del Padre;
    – ritorno alla casa di Nazaret, sottomissione piena a Maria e a Giuseppe;
    – processo di crescita in età, sapienza e grazia di Dio.

    3. Dei dottori del tempio si dice che facevano il loro compito di parlare (insegnare la Torah) e di ascoltare le domande degli allievi (Gesù). Vi è la novità provocata da questo discepolo singolare che è Gesù: la sorpresa per la sua intelligenza e qualità delle risposte. Sorpresa condivisa da Maria e Giuseppe. 

    SCHEDA

    Si noterà che non veniamo a sapere di cosa concretamente parlassero Gesù e i maestri del Tempio (si può pensare a questioni inerenti la conoscenza di Dio e la condotta di vita, secondo le Scritture e le tradizioni dei padri); di certo Luca non vuole mostrare Gesù come ragazzo prodigio, ma piuttosto affermare la sua identità di figlio del Padre che dava novità e profondità a quanto diceva. Questa, che è la verità centrale, è però fonte di sorpresa, anzi di un certo disagio, come se l’uomo non potesse afferrare la verità con le sole sue forze. Come Maria occorre ascoltare Gesù, non capire appieno il senso di ciò che dice e fa, raccogliendo però con cura, “nel cuore”, per una meditazione che si fa invocazione e si apre alla fede.

    Il messaggio

    1. Con R. Brown evidenziamo nel racconto tre aspetti di importanza crescente:
    * Per prima cosa Luca richiama l’attenzione sulla pietà di Gesù e della sua famiglia. Lungo tutto il vangelo dell’infanzia i genitori di Gesù appaiono obbedienti alla legge di Dio: realizzano il censimento pagano, impongono al bambino il nome dato da Dio, Gesù; compiono i riti prescritti nel Tempio; osservano il pellegrinaggio pasquale. Questa pietà del Tempio caratterizzerà la vita dei primi cristiani negli Atti degli apostoli (2,46; 3,1; 5,12).
    Tra Gesù e gli elementi migliori del giudaismo non vi fu mai conflitto: Gesù vi nacque e crebbe!

    * Luca richiama l’attenzione sulla sapienza di Gesù.. Si osservino i due ritornelli di crescita (2,40.52). Soprattutto lo dimostra lo stupore degli scribi del Tempio. Vi è l’anticipazione dello stupore che susciterà l’insegnamento di Gesù a Nazaret (4,22), nella sinagoga (4,36), davanti ai capi (19,47). La matrice di tale stupore non è Gesù come fanciullo prodigio, ma Gesù Figlio del Padre, che sta con il Padre.

    * Luca richiama infine il mistero di Gesù, la sua identità profonda, che come tale rompe schemi di appropriazione puramente logica, mondana, fosse anche sostenuta da ragioni plausibili, quale è la doverosa ricerca di un figlio perduto. Cosa che fanno Maria e Giuseppe: “Figlio, perché ci hai fatto questo?”. A cui però Gesù risponde appellandosi ad un mondo di pensieri diversi, quelli che gli provengono da una speciale, singolare, unica relazione con Dio che chiama Padre e da cui si sente chiamato figlio. È una sfasatura tra Gesù e i suoi che apparirà ancora nella vita di Gesù, ed è superabile solo nell’ordine della fede (Mc 3,21.33-34: l’incontro con i suoi; Gv 2,3-4: a Cana; Lc 18,34: annuncio della passione).

    2. Al centro sta l’identità vera di Gesù, colta dentro la sua manifestazione umana di dodicenne. Secondo il testo, Gesù afferma di sé che “deve stare nella casa del Padre mio”, (od “occuparsi delle cose del Padre mio; ciò che riguarda il Padre mio”) dove il verbo “dovere” (18 volte in Luca) riflette la relazione intima e stabile di Gesù con Dio che esige obbedienza. “Gesù non è soltanto l’inviato del Padre, tutto dedito alla missione conferitagli, ma la sua intelligenza e sapienza sono la conseguenza del suo rapporto con Dio. La sua vita e il suo ministero non sono stabiliti o determinanti da volontà umane, ma unicamente dal rapporto con il Padre” (S. Grasso). È l’affermazione del primato del volere del Padre, che nel Padre Nostro viene detto come preghiera, e che ora Gesù preannuncia come regola della sua vita. Resta assai significativo che le prime parole di Gesù in Luca dicano questa totale relazione con il Padre.

    3. Chiaramente si propone la questione della coscienza messianica di Gesù, fin da ragazzo. A parte che non è questione centrale del racconto, rimane vero che Luca presenta Gesù, da bambino ad adulto, sempre in stretta relazione con il Padre, ma in maniera tale però da non farne un “mostro sacro”, che sa tutto prima del tempo! Ciò che Gesù è da sempre, cresce con lui che cresce, si configura come processo di maturazione secondo i tre parametri di “età” che significa lo sviluppo visibile, “sapienza” che indica la sintesi di sapere ed esperienza alla scuola della Scrittura nella sinagoga e della vita in famiglia e nella società nazaretana, “grazia” che esprime la stabile benevolenza di Dio per Gesù e la sua risposta filiale alla totalità della legge.
    Questa corrispondenza tra componente divina e umana di colui che è il Verbo incarnato, si manifesta in una composizione armonica nei riguardi di Maria e Giuseppe. Maria lo chiama “figlio” così come il Padre; Gesù ubbidisce al Padre e dunque si fa sottomesso ai suoi genitori. Per trent’anni. Il Figlio del Padre vive come il figlio di Maria e di Giuseppe.

    4. Maria e Giuseppe si trovano di fronte ad una situazione che in linguaggio biblico si può chiamare, almeno allusivamente, vocazione del figlio, anche se non è una scena di chiamata come nei profeti, come potrebbe essere la scena del Battesimo (cf Lc 3,21-22).
    Questo figlio riafferma un proprio progetto di vita, svincolato dai familiari nella misura che questi non fossero capaci di riconoscerlo e accettarlo. Capiterà altre volte nel Vangelo. E in verità sono loro (Maria, Giuseppe, i “fratelli e sorelle”) che non riescono a comprenderlo, almeno da subito. Lui li aiuta a capire. Potremmo dire che con il manifestarsi della vocazione del figlio, anche i genitori vengono a riconoscere la propria: accettare Gesù fino in fondo, per quello che è, non per quello che si vorrebbe che fosse!
    Rimarchiamo due connotati di questa vocazione di Gesù in “bozza”:
    – Egli vive la sua totale intima ubbidienza al Padre nell’oscurità di una vita ordinaria, dimostrando però che l’ordinario non è banale e mediocre, quando è sotto la legge di Dio.
    – Il genitore, in questo caso Maria, ma con lei ogni discepolo che essa rappresenta, supera questa “discontinuità con Gesù”, non rifiutando né accettando supinamente, ma “conservando questi avvenimenti nel cuore”, facendone una fede riflessiva e attenta che matura fino all’esperienza pasquale.

    * Una seconda lettura del testo conclude questa prima fase di cammino.

    SECONDO MOMENTO:
    IL RIFERIMENTO ALLA VITA

    1. “Perdita e ritrovamento di Gesù fra i dottori del tempio”: è il modo con cui intoniamo un mistero del Rosario. Ma questo è il nostro linguaggio, il nostro punto di vista, Per Gesù e per Luca è esattamente il contrario.
    Quella che consideriamo perdita è in realtà per Gesù, e dunque per noi suoi discepoli, ritrovamento, il ritrovamento del Padre; e quello che consideriamo ritrovamento è sempre un trovare Gesù diverso da quello che ci attendiamo: egli appartiene al mondo di Dio che chiama Padre.
    Per conoscere veramente Gesù, bisogna accoglierlo secondo quello che lui dice di sé, per “rivelazione”, e prepararci ad esserne scossi!

    2. Questo episodio presenta infatti lo scontro di due interrogativi: di Maria, anche a nome di Giuseppe, a Gesù: “Figlio perché ci hai fatto questo? Ecco tuo padre e io angosciati ti cercavamo?”, e di Gesù ai genitori: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi della cose del Padre mio?”.
    Entrambi sono interrogativi legittimi, ma non di eguale valore, dove quello dei genitori non può essere cancellato (altrimenti sarebbero degli irresponsabili!), ma deve subordinarsi alla controdomanda di Gesù che non è automaticamente comprensibile. È il cammino della fede: siamo invitati a cercare colui che riconosciamo che ci sta cercando per primo. Sicché l’unico vero atteggiamento verso Gesù è lo stupore che si interroga, approfondisce, matura, prega, crede, si affida.

    3. È l’unico episodio che abbiamo di Gesù ragazzo, dodicenne, tra gli inizi dell’infanzia e l’età adulta della missione. Più esattamente registriamo la presa di posizione di Gesù adolescente nei confronti degli schemi dei suoi cari. M. Girard parla di “adolescente in cerca di autonomia… Egli prende una decisione molto personale: verosimilmente la sua prima decisione, una decisione conflittuale” e insieme vocazionale.
    Ma attenzione: non è fuga soggettivista, una libertà a capriccio o attratta da miraggi impossibili, come quando “le scelte dei giovani sono chiaramente cattive, dannose o suicide (fisicamente, psicologicamente, moralmente, spiritualmente). Gesù si è staccato da Giuseppe suo ‘padre’ e da Maria sua madre per potersi avvicinare meglio al suo ‘padre’ e ritrovare se stesso a livello della sua identità profonda”. In effetti egli non ricatta i suoi genitori e scappa da casa con il fisico, non con il cuore. Si dice infatti che ritorna a Nazaret con loro e sta loro “sottomesso”, liberamente, volontariamente, accettando questa sottomissione come fondamentale mediazione di crescita adulta.

    4. In termini moderni possiamo parlare di Gesù che dona alla sua vita la figura di progetto e, con linguaggio cristiano, la figura di vocazione. E lo fa andando direttamente alla fonte: il mistero stesso di Dio, che, riconosciuto come Padre, non può non fissare Lui stesso un cammino positivo per il figlio.
    Cammino che non è finzione, ma che si snoda nel complesso degli eventi quotidiani per lo più imprevedibili. Cammino vocazionale che, pur guidato dall’alto, si avvale di quel “sacramento” del Padre che sono i genitori, pur con la novità di impostazione che questa prima decisione ha introdotto in famiglia. Annota ancora Girard: “Il seguito del Vangelo di Luca (e degli altri tre) conferma l’assenza di ogni complesso di Edipo in Gesù diventato adulto. Dopo l’episodio dei dodici anni è chiaro che il cordone ombelicale è definitivamente tagliato. I suoi rapporti con Maria rimangono buoni, ma senza lasciare il più piccolo spazio agli eccessi del maternalismo (cf Lc 8, 19-21; 11,27-28)”.

    TERZO MOMENTO:
    PER LA CONVERSIONE

    Il racconto non manca di provocazioni che stimolano una riflessione di gruppo.

    1. Ci troviamo di fronte a quella che viene chiamata “pagina di rottura evangelica”, ossia un fatto o delle parole di Gesù che superano comprensioni ovvie (come è il rimprovero ad un figlio che abbandona la casa senza avvertire) e attese pur legittime (i genitori interpretano il volere di Dio cercando il figlio). Questo è frequente in Gesù: a riguardo dei beni terreni, della ricerca dei primi posti, della sicurezza umana, della logica del buon senso, della paura nella tempesta, dell’angoscia di fronte alla morte. Il suo punto di vista è diverso dal nostro, sovente in conflitto (cf Lc 13, 6-9; 16, 14-15, 18, 9-14; 18,18-27). Come si spiega questa differenza di prospettive? Perché è giusto ritenere che la contrarietà del Vangelo è garanzia di una pratica fedele? Posso registrare personali esperienze in proposito?

    2. “Essere nelle cose o nella casa del Padre” è per Gesù decisione tale che provoca allontanamento, “perdizione” rispetto alle attese dei propri cari che pure Gesù ama. Come Gesù ha vissuto nella sua esistenza questa connessione al Padre? Si vedano testi significativi, nel racconto del Battesimo (Lc 3,21-22), nell’inno di lode di Gesù al Padre (Mc 11, 25-27), nei discorsi giovannei dell’ultima cena (c. 5; 13-17). Proviamo a riflettere insieme, alla scuola di Gesù, cosa comporta “stare nelle cose o casa del Padre” come ha fatto Lui. Cosa dovremmo cambiare della nostra vita?

    3. “Il cammino di accesso a un ‘autonomia costruttiva’ (come quella di Gesù) costituisce per i giovani d’oggi una sfida assolutamente importante, in una società in cui l’integrazione di una persona attorno al polo spirituale non è più ovvia e in cui, spesso, si rompono le maglie delle reti familiari per poi impigliarsi nelle maglie molto più insidiose e soffocanti delle reti perverse, senza coscienza e senza legge… Nella nostra adolescenza possiamo dire di aver vissuto una vera esperienza di preparazione all’autonomia? Il legame con i genitori ha lasciato qualche ferita? Quali sono gli influssi reali che guidano l’autonomia degli adolescenti?”. Discutere insieme queste affermazioni di M. Girard.

    4. Indubbiamente oggi è difficile parlare di “progetto”, ancor più di “vocazione”, ossia di una visione organica del proprio futuro, con obiettivi, impegni, esercizio di maturazione, accettazione di prove, assunzione di responsabilità. Perché questa difficoltà? Un giovane può accogliere una proposta vocazionale? A quali condizioni? Cosa apporta la componente religiosa (la fede nel Dio di Gesù Cristo) nel progetto di vita? I genitori possono dare un proprio contributo? Quando lo danno in maniera costruttiva e quando invece in misura sbagliata? Come tradurre in termini attuali la sottomissione ai genitori accettata da Gesù?

    5. Non di rado quando un figlio, maschio o femmina, dice ai suoi genitori di volere seguire la propria vocazione alla scuola di Gesù, per diventare concretamente prete, suora, religioso, missionario… apriti cielo!: “Tu non lo farai mai!”, “Così ci uccidi!”, “Avevamo in te tante speranze…”.
    Domanda: quale è normalmente la reazione dei genitori davanti alla vocazione del figlio? Cosa si vorrebbe dire loro per tranquillizzarli? Cosa ci si aspetterebbe dal loro amore nei confronti del figlio?

    * Un’ultima lettura del testo può fare sintesi dei tanti aspetti fin qui raccolti.

    * Una preghiera finale, cui si possono aggiungere libere intenzioni, conclude l’itinerario di fede.

    SCHEDA

    Non possiamo non provare un sentimento di ammirazione, ma anche di sconcerto dopo aver meditato questo episodio della tua vita. Ammirazione per il coraggio di assumere la tua autonomia; sconcerto per come l’hai assunta, buttandoti direttamente su Dio, meglio sul Padre, come lo chiami tu; ammirazione nel vederti “seduto tra i dottori” senza fare il fanciullo prodigio, ma obbligando in certo modo questi maestri ad ascoltarti e a darti la parola, perché avevi qualcosa da dire; e qui nasce ancora lo sconcerto perché sinceramente non avremmo tante cose da dire in maniera costruttiva e non per lanciare soltanto provocazioni; ammirazione nel vedere il coraggio di tenere testa ai tuoi genitori, richiamando il senso della tua vita contro ogni forma di oppressione; ma anche sconcerto (che è ammirazione doppia) perché li hai accettati come tuo padre e tua madre, contribuendo al bene comune con il lavoro, il dialogo, la pazienza, quando si vorrebbe stare in famiglia, ma come in un albergo… Gesù, ci colpisce la sincerità, singolarità e il coraggio del tuo progetto di vita, della tua vocazione. Donaci la grazia non solo di ammirarti, ma di seguirti!
    “Possiamo immaginare facilmente il dialogo, sulla via del ritorno o poco dopo, dei due adulti, che “non compresero” ma cercavano di adattarsi:
    – Senti, Maria, il nostro Gesù dev’essere come tutti gli altri. È stato così anche per noi. E poi, con tutto quello che è accaduto, bisogna capire che questo ragazzo non è nato solo per noi due!
    – Sì, Giuseppe. Ma non è facile da accettare. Certo, il piccolo deve avere ragione. Ci voglio ripensare…
    – Tu pensi alla spada, non è vero? (cf Lc 2,35)”.
    (Marc Girad, Il Vangelo di Luca. Un Vangelo su misura del nostro tempo, Elledici, Leumann (Torino) 2000, p. 63).

    NOTA

    [1] Pubblicato nel 2002 presso la Elledici con il titolo Maestro, dove abiti?


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