La ripresa irachena: un reality show all’occidentale

 

Virginia Di Cicco

(NPG 2005-01-2)


Ebbene questo quinto anno del nuovo millennio comincia davvero con una notizia incredibile: sta andando in onda un nuovo programma tra gli infiniti che soffocano la nostra etere. Si intitola: Labour and Materials.
Un programma davvero simpatico, utile, ottimista: ecco, direi ottimista (mi spiace che l’ironia del tono non possa trasferirsi alle parole scritte).
Un reality-show davvero originale presentato da una vera stella del panorama televisivo aiutata da un’équipe formidabile. Con la sua chioma color rosso fuoco e i suoi occhioni neri, si presenta alla porta del fortunato, estratto tra tutti quelli che hanno inviato una e-mail alla redazione della trasmissione, e insieme ad una squadra di operai realizza il sogno del fortunato: avere la casa ricostruita.
In poche ore la casa viene riportata al suo aspetto migliore: muri tirati su come nuovi, tappeti, mobili, quadri e perfino elettrodomestici. Tutto donato dai telespettatori che vengono invitati a versare donazioni al programma, rispettando così la “zakat”, l’offerta di carità che è uno dei cinque pilastri dell’Islam.
Già, perché avevo dimenticato di precisare che:
– il programma, utile e ottimista, va in onda sulla prima emittente privata dell’Iraq, al Sharquiya, cioè l’Orientale, finanziata da un personaggio ambiguo, prima fedelissimo di Saddam poi legato ai gruppi dell’opposizione;
– la casa distrutta può essere ricostruita solo se a distruggerla sono stati i bombardamenti degli Americani;
– la star televisiva è la più amata degli iracheni, Shaima Emad Zubair, prima nella tv di stato, ora proiettata nella nuova esperienza dell’emittenza privata.
La nuova tv sta raccogliendo un enorme successo pare proprio per questa ventata di ottimismo che insiste a seminare nelle case di un popolo da sempre martoriato, e questo programma non è il solo del genere: abbiamo fidanzati poveri che non hanno soldi per sposarsi, una lotteria che estrae numeri fortunati che corrispondono ai numeri delle tessere per la sussistenza e anche uno sceneggiato significatamene intitolato “L’amore e la guerra”, dove un ingegnere deve combattere contro la mala che gli rapisce la fidanzata per impedirgli di rimettere in funzione una centrale telefonica.
Inutile sorridere, stiamo parlando di un ingegnere dell’Iraq, non dell’Occidente opulento.
Tanto successo ha subito messo in moto la concorrenza, e Jean Claude Boulos, il fondatore nel 1958 di Tele-Liban, la prima emittente del mondo arabo, ha subito messo sul mercato la sua “creatura”: al-Sumariyah che intrattiene il suo pubblico in ogni modo, con musica e svago e – mi dicono – tante risate. Bah!
Sarà solo l’inizio.
Pensierino per il nuovo anno: ma davvero è possibile che anche in un paese distrutto dalla guerra, l’Occidente riesca a esportare quanto di peggio riesce a produrre?
Meditate, gente, meditate.