Il Compendio
del Catechismo
della Chiesa Cattolica
Gianfranco Ravasi
La vicenda filologica della parola "catechismo" (come quella di "catechesi" e "catechizzare") ha una sua originalità. Rimanda, infatti, in prima battuta al verbo greco katechéin che risuona solo otto volte nel Nuovo Testamento (non si dimentichi che quest'ultimo si compone di ben 138.013 parole greche), a partire dal prologo del Vangelo di Luca ove si evoca appunto"la "catechesi" ricevuta dal personaggio a cui è dedicata l'opera, "l'illustre Teofilo" (1, 4). Ebbene, questo verbo – che di per sé significa "insegnare, istruire" ma anche "apprendere" – rimanda a sua volta a un altro vocabolo greco, èchos, cioè "suono, squillo, fama", parola che ha dato origine al nostro termine "eco". La catechesi è, allora, una sorta di voce che echeggia attraverso il tempo e lo spazio, conservando il timbro e il contenuto di quell'annunzio primigenio ma anche plasmandosi sui nuovi spazi che attraversa e adattandosi agli orecchi di chi accoglie quella voce echeggiata.
Una sorta di vademecum
Il catechismo è, allora, la cristallizzazione nella pagina scritta e nella memoria del fedele di quella catechesi, ossia di quell'annunzio che è risuonato per la prima volta sulle labbra di Cristo, degli apostoli e dei predicatori cristiani delle origini e che si è poi disteso nei secoli, assumendo nuove tonalità e aggregando attorno a quel filo sonoro fondamentale altre componenti di commento, altre variazioni, altre proliferazioni tematiche. Lo stesso Gesù quando si affaccia davanti al pubblico della sua regione di residenza, la Galilea, proclama una specie di primo catechismo, affidato all'essenzialità lapidaria di quattro frasi: «Il tempo è giunto alla sua pienezza. Il Regno di Dio è vicino. Convertitevi. Credete al Vangelo» (Marco 1, 15). Lo schema "domanda-risposta", che sarà tipico dei successivi catechismi, appare già alle origini stesse del cristianesimo. Infatti gli ascoltatori della prima catechesi di Pietro, il giorno di Pentecoste, domandano: «Che cosa dobbiamo fare?». E Pietro in modo essenziale risponde: «Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo per la remissione dei peccati» (Atti 2, 37-38).
L'idea di catechismo ha, però, nel mondo cattolico il suo modello esemplare concreto nel Catechismus ad parochos, noto anche come "Catechismo romano. o tridentino", emanato da papa S. Pio V nel 1566. all'indomani del Concilio di Trento che ne aveva sollecitato la preparazione offrendone già le linee guida. Lo schema strutturale di quel testo sarà capitale anche per la confezione dei catechismi successivi: commento al Credo, ai sacramenti, al decalogo, al Padre Nostro. Molti dei nostri lettori non più giovani custodiscono forse ancora, in un angolo di quello che suggestivamente s. Agostino chiamava "il palazzo della memoria", qualcuna delle domande-risposte di un altro catechismo, quello promulgato nel 1912 da S. Pio X, vero e proprio viatico della catechesi di alcune generazioni, soprattutto in occasione della prima comunione e della cresima. I vari catechismi, per altro assai pregevoli e innovativi, sorti nelle molteplici Chiese nazionali dopo il Concilio Vaticano ll, non ebbero mai il successo di quel testo così essenziale.
Fu però a vent'anni dalla chiusura del Vaticano Il, nel 1985, che il Sinodo dei Vescovi espresse il desiderio che si elaborasse un catechismo universale che fosse eco non solo dell'assise conciliare ma anche dell'intera tradizione della fede. Nacque, così, nel 1992 il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato da Giovanni Paolo II e destinato a una buona diffusione, ma pur sempre limitata, considerato il "volume" molto consistente di quel libro (quasi 800 pagine!). Si fece strada, allora, l'idea della elaborazione di una sintesi secondo il genere più sobrio e mordente del catechismo per domande e risposte: a partire dal febbraio 2003 una commissione di cardinali presieduta dal cardinale Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ne approntò il testo e toccò allo stesso Ratzinger, ormai divenuto papa Benedetto XVI, promulgarlo ufficialmente il 28 giugno 2005 col titolo di Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica (Libreria Editrice Vaticana - San Paolo). Lo stesso pontefice nel motu proprio di approvazione lo definiva come «una sintesi fedele e sicura del Catechismo della Chiesa Cattolica, contenente in modo conciso tutti gli elementi essenziali e fondamentali della fede della Chiesa, così da costituire una sorta di vademecum che consenta alle persone, credenti e non, di abbracciare in uno sguardo d'insieme, l'intero panorama della fede cattolica».
La fonte insostituibile rimane, quindi, quel catechismo del 1992 che è ricalcato anche dal Compendio nella sua struttura quadripartita, anche se mutata è ormai la tipologia della sua proposizione: qui, infatti, si adotta lo schema classico, a cui sopra si
accennava, della forma dialogica. È a una sequenza incalzante di domande di un ideale discepolo che offre lo spunto perché il maestro possa rispondere con frasi didatticamente limpide e puntuali. La chiarità, che è qualcosa di più della chiarezza, diventa perciò la componente metodologica di fondo per questa catechesi. Essa, tra l'altro, favorisce in molti casi quel recupero – ahimè, del tutto o quasi desueto nella scuola contemporanea – dell'uso della memoria, che è l'archivio vivente, disponibile a ciascuna persona in ogni momento o situazione dell'esistenza. Prima di dare uno sguardo dall'alto a questo strumento e all'articolazione delle sue 598 domande e risposte, vorremmo sottolineare un altro aspetto formale tutt'altro che marginale.
Intreccio tra parola e immagine
Si tratta dell'intreccio tra parola e immagine: il Compendio, infatti, è costellato di raffigurazioni artistiche che non hanno una mera funzione ornamentale, tant'è vero che ad esse è allegata sempre una scheda non solo esplicativa in senso estetico-figurativo ma anche in senso teologico-catechetico. Sono 16 immagini che spaziano dalle icone orientali ai più noti dipinti d'Occidente (come il Beato Angelico del Convento di S. Marco a Firenze); non temono di evocare artisti meno noti, come il fiammingo Joos van Wassenhove; partono dai mosaici paleocristiani della basilica di S. Clemente a Ravenna per approdare a quelli contemporanei della Cappella vaticana "Redemptoris Mater"; alle miniature vengono associate le grandi tele di EI Greco. Sempre, comunque, permane l'intenzione di mostrare l'interazione tra la via veritatis e la via pulchritudinis, tra il nitore della fede e lo splendore dell'arte, per cui vero e bello s'incrociano in modo efficace e fecondo.
Un'ulteriore nota a margine del testo merita l'Appendice finale che raccoglie le preghiere più comuni della tradizione cristiana, sia nel loro testo tradizionale latino sia nella versione italiana. Non è forse vero che ancor oggi noi usiamo denominarle proprio con quella lingua universale della Chiesa, quando parliamo di Magnificat, Te Deum, Veni Creator, Benedictus e così via? E chi di noi, per quanto ormai lontano dalla pratica religiosa, non conosce ancora a memoria il Pater poster e l'Ave Maria in latino? Assieme a questo respiro orante che non è mai venuto "meno nei secoli e in tutte le terre del nostro pianeta, l'Appendice allega una serie di testi e dati che costituiscono una sorta di patrimonio di base della fede cristiana e della sua tradizione catechetica: pensiamo al duplice comandamento dell'amore per Dio e per il prossimo, alle Beatitudini (chi non le conosce e non le medita non sa cosa sia il cristianesimo, diceva lo scrittore francese Francois Mauriac), alle sette virtù teologali e cardinali, ai sette doni dello Spirito Santo, alle sette opere di misericordia corporale e spirituale, ai sette vizi capitali, ai quattro novissimi.
Quattro punti cardinali
Ma ora è giunto il momento di sorvolare il testo nella sua sostanza, invitando il lettore a perlustrarlo poi nella sua realtà, tenendo conto che esso può diventare significativo anche per il non credente il quale ha a disposizione in queste pagine un profilo conciso dei contenuti della fede cattolica. Il cristianesimo costituisce pur sempre un referente fondamentale nella stessa vita civile e nella società, anche quando ci si pone nei suoi confronti in atteggiamento dialettico e critico. Tra l'altro, la stessa straordinaria diffusione in centinaia di migliaia di copie che il Compendio ha registrato negli ultimi mesi, diffusione favorita dalle varie tipologie editoriali (il formato tascabile ha un costo di soli 9,50 euro), attesta un'attenzione molto diffusa e variegata a quest'opera. Le quattro grandi partizioni del testo corrispondono quasi ai punti cardinali dell'essere cristiani cattolici: la fede, il culto, la vita, la preghiera. Noi ora offriremo solo una mappa molto schematica che possa fungere da guida al lettore che percorrerà le vie di quella "terra promessa" spirituale.
Non si può partire se non dalla fede, quella che era detta la lex credendi, scandita da quelle codificazioni ufficiali che sono le "professioni" o "simboli" della fede. aperte appunto dalla parola "Credo", che alla fine le ha designate. C'è, allora, da un lato il "Simbolo degli Apostoli", quel Credo più breve e incisivo che una volta sapevamo tutti a memoria fin da bambini, e c'è, d'altro lato, il più solenne Credo niceno-costantinopolitano che nella memoria forse ha ora soppiantato il primo, perché lo si recita ogni domenica e solennità nella celebrazione eucaristica. Naturalmente per questa via il Compendio ci offre in 217 domande-risposte anche la sequenza integrale della storia della salvezza, dal disegno divino sbocciato nel mistero della Trinità fino alla creazione, al peccato, all'Incarnazione, alla Chiesa giungendo all'escatologia, ossia alla pienezza ultima di quella storia nel giudizio divino sul bene e sul male e nella risurrezione e la vita eterna.
Il secondo punto cardinale è quello che è retto dalla lex celebrandi, cioè dalla celebrazione del mistero cristiano all'interno della liturgia. Essa «comunica i frutti della redenzione di Cristo mediante la celebrazione dei sacramenti della Chiesa, massimamente dell'eucaristia» (n. 220). Sfilano, così, i sette sacramenti che effondono la grazia divina sull'arco intero dell'esistenza cristiana, dal suo awio radicale coi cosiddetti sacramenti dell'iniziazione cristiana (battesimo, confermazione ed eucaristia), passando attraverso i sacramenti della missione come l'ordine e il matrimonio, per approdare ai sacramenti della riconciliazione e dell'unzione degli infermi. A questa costellazione di segni efficaci della salvezza si accompagnano i cosiddetti "sacramentali", ossia le benedizioni, i pellegrinaggi, le pratiche di pietà e devozione come il rosario o la Via Crucis e tante altre espressioni del culto cristiano.
Un punto cardinale scottante
Giungiamo, così, a un'altra area di grande rilievo che comprende quasi 200 domande-risposte e ha al centro "la vita in Cristo". quella che potremmo chiamare – per continuare la nostra ripartizione – la lex vivendi. È stata la sezione più letta e vagliata dai commentatori giornalistici perché tocca le questioni sempre vive e talora scottanti e spinose della morale. In realtà, il testo è attento a impedire ogni moralismo e cerca di inserire i precetti nello sfondo più vasto della grazia, della libertà, dello Spirito, della legge. Certo è che qui incrociamo le grandi questioni etiche, radicate nella dignità della persona umana, nella sua coscienza, nella sua relazione con la società (la giustizia), nella grazia divina e nelle opere giuste umane. Il testo capitale di riferimento è ovviamente il Decalogo, accuratamente presentato nei suoi comandamenti ma anche riassunto nel celebre duplice precetto di Cristo: «Amerai il Signore tuo Dio... Amerai il prossimo tuo come te stesso». Le due tavole del Decalogo sono, appunto, l'articolazione di questo monito biblico fondamentale.
Naturalmente è in queste pagine che il Compendio offre tanti spunti concreti ed esistenziali: pensiamo solo cosa comporti il quinto comandamento, il iiNon uccidere», a proposito dei temi della bioetica e dei relativi corollari (sacralità della vita, omicidio, aborto, eutanasia, guerra, legittima difesa, sperimentazioni scientifiche e così via). Potremmo proseguire a lungo in queste esemplificazioni, ma il nostro vuole essere solo uno stimolo a percorrere la sequenza dei comandamenti la cui sostanza è costantemente illustrata attraverso paragrafi brevi e icastici, evocatori di esperienze e di impegni complessi. Ed è significativo che questa sequenza sfoci in una considerazione finale luminosa, dopo un itinerario in mezzo a tanti interrogativi drammatici, a questioni tormentate e a tensioni frementi: II più grande desiderio dell'uomo è vedere Dio. Questo è il grido del suo essere: Voglio vedere Dio! L'uomo realizza la sua vera e piena felicità nella visione e nella beatitudine di Colui che lo ha creato per amore e lo attira a sé con il suo infinito amore» (n. 533).
Eccoci, infine, al quarto punto cardinale, la lex orandi, la preghiera cristiana che ha il suo modello nel Cristo orante e il suo archetipo nel Padre Nostro, «la preghiera perfettissima, come la chiamava s. Tommaso d'Aquino. Certo, non manca il rimando ai Salmi e al patrimonio orante dell'Israele biblico, ma è «la preghiera del Signore» il vertice di ogni orazione. È per questo che essa è commentata frase per frase. anche in quelle un po' aspre come il celebre «Non ci indurre in tentazione», ove si fa una puntuale e necessaria distinzione tra "prova" e "tentazione" e si precisa che «noi domandiamo a Dio Padre di non lasciarci soli e in balia della tentazione» (n. 596). Il nostro profilo schematico del Compendio si ferma qui, ricordando che esso è simile – come si diceva – allo sguardo gettato da Mosè dall'alto della vetta del Nebo su quella terra promessa che Israele dovrà, invece, percorrere nelle sue strade e nei suoi centri, nelle sue oasi e nei suoi deserti: l'indice analitico svela in modo compiuto l'iridescenza variegata dei soggetti e dei temi che popolano le pagine di questo vademecum del cristiano e di chi vuole interrogarsi sulla sua fede perduta o scoprirne i perimetri ignoti e reali.
Il logo del Catechismo
Vorremmo concludere con una curiosità a cui pochi finora hanno badato. Questo Compendio, come il più sontuoso Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992 da cui esso dipende, è segnato in apertura da un logo: esso potrebbe simbolicamente riassumere quella quadruplice lex (credendi, celebrandi, vivendi, orandi) finora descritta cogliendola nella sua sorgente e nel suo estuario supremo. Si tratta della ripresa di un'immagine incisa su una pietra sepolcrale cristiana delle catacombe romane di Domitilla (fine III sec.). È evidente l'eco bucolica classica, destinata in quella tomba a illustrare la speranza nella pace e nella beatitudine del defunto giunto ai pascoli eterni del cielo. Ma il pastore assiso ormai ha in filigrana un profilo e un rimando ben più alto: è il Cristo, buon pastore che s'appoggia solennemente al bastone pastorale della sua autorità, ma che attira a sé col flauto che regge nella destra i fedeli, desiderosi di essere coinvolti nell'armonia della verità. Essi sono simboleggiati da quella pecora seduta ai piedi del Cristo, con la testa rivolta verso il suono e il volto del pastore. Ma sul pastore divino e sul suo gregge fedele si stende la chioma lussureggiante di un albero fruttifero: è l–albero della vita" eterna, dell'immortalità beata, della risurrezione e del destino di gloria a cui Cristo conduce coloro che hanno ascoltato e osservato la sua parola nella loro esistenza.