Il Cuore di Gesù,

rivelazione della
misericordia di Dio

Walter Kasper

sacrocuore

La rivelazione della misericordia di Dio è concretamente avvenuta in Gesù Cristo. In lui Dio ci ha tutti eletti dall'eternità. Chi vede lui, vede il Padre (Gv 14,9). La lettera agli Ebrei dice: per poter essere un sommo sacerdote misericordioso davanti a Dio egli dovette essere in tutto uguale a noi (Eb 2,17). Egli è il trono della grazia, a cui possiamo accostarci con fiducia per trovare perdono e grazia (Eb 4,16). Gesù Cristo, Figlio incarnato di Dio, è il trono della misericordia [1].
La devozione al Sacro Cuore di Gesù fu considerata in molti secoli come espressione particolare della fede nell'amore e nella misericordia di Dío, manifestati in Gesù Cristo; oggi però essa non ci è più tanto familiare. A ciò hanno contribuito i nuovi accenti posti dal movimento liturgico nella vita di pietà; ma anche le rappresentazioni del Cuore di Gesù del XVIII e XIX secolo contribuirono a farla passare in secondo piano. Tali rappresentazioni infatti, che mostrano Gesù con il cuore trafitto e spesso circondato da una corona di spine, ci appaiono oggi indiscrete, pacchiane e di cattivo gusto. Esse sono anche teologicamente problematiche, perché si concentrano sul cuore fisico di Gesù, invece di concepire il cuore come il simbolo originario di tutto l'uomo e come il suo centro" [2].
Una breve rassegna retrospettiva della storia delle pratiche di pietà può aiutarci a superare questa limitazione al cuore fisico di Gesù e aiutarci a riscoprire il centro e il senso profondo della devozione al Sacro Cuore. A questo scopo dobbiamo per prima cosa mostrare che tale devozione ha radici bibliche. Possiamo vedere tali radici già nella promessa del profeta Zaccaria (Zc 12,10), ripresa dal vangelo di Giovanni: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Gv 19,37). In questa predizione il cuore trafitto di Gesù rappresenta tutta l'umanità di Cristo condannata a morte per noi. Lo sguardo rivolto al cuore trafitto permette nello stesso tempo di vedere l'amore di Dio in lui incarnato e divenuto manifesto. In Bonaventura troviamo queste belle parole: «Attraverso la ferita visibile vediamo la ferita dell'amore invisibile – Per vulnus visibile vulnus amoris invisibilis videamus» [3]. Nel Cuore di Gesù riconosciamo che anche Dio ha un cuore (cor) per noi, i poveri (miseri), intesi nel senso più ampio del termine, e che quindi egli è misericors, misericordioso. Perciò il Cuore di Gesù è il simbolo sensibile dell'amore di Dio incarnato in Gesù Cristo.
Queste radici bibliche si sono sviluppate solo lentamente nella storia della vita di pietà e hanno subito anche dei notevoli cambiamenti. Esse non sono affermazioni puramente edificanti, ma hanno un profondo fondamento dogmatico nella dottrina di Gesù Cristo della chiesa antica, vincolante tanto per l'Oriente quanto per l'Occidente. La dottrina ecclesiale ha infatti affermato che Gesù Cristo è, nella sua unità e identità, vero Dio e vero uomo. In questo senso la chiesa parla dell'unica ipostasi, dell'unica persona di Gesù Cristo in due nature. Ne conseguì, già per il terzo concilio ecumenico di Efeso (431) e poi ancora per il secondo concilio ecumenico di Costantinopoli (553), che in Gesù Cristo spetta alla divinità e all'umanità un'unica adorazione, di modo che l'adorazione della divinità è inseparabile da quella dell'umanità [4]. Perciò anche al Cuore di Gesù spetta, quale parte costitutiva concreta e quale centro simbolico dell'umanità di Cristo, l'adorazione (cultus latreiae) [5]. Alla luce della cristologia dogmatica dei primi concili dobbiamo perciò concepire il Cuore di Gesù sofferente per noi e per la nostra salvezza come sofferenza dello stesso Figlio di Dio. Nel cuore del Figlio di Dio incarnato batte e soffre il cuore dello stesso Figlio di Dio. Pio XI poté perciò dire che la devozione al Cuore di Gesù è il compendio di tutta la religione' [6].
Per la configurazione religiosa della devozione al Cuore di Gesù nel tempo dei Padri della chiesa possiamo richiamarci alla ricca esposizione di Hugo Rahner [7]. I Padri della chiesa citano le parole di Gesù, secondo le quali dal suo intimo sgorgheranno fiumi di acqua viva (Gv 7,38) e le interpretano alla luce dell'affermazione che dal suo cuore, trafitto dalla lancia, sgorgarono sangue e acqua (Gv 19,34). Il sangue e l'acqua indicavano per essi i due sacramenti fondamentali della chiesa, il battesimo e l'eucaristia. Sulla base di questo punto di partenza la devozione patristica al Cuore di Gesù assunse un tono oggettivamente sacramentale, più precisamente un tono eucaristico. Agostino interpretò così la ferita inferta al Cuore di Gesù: «In tal modo fu spalancata la porta della vita, da cui fluirono i sacramenti della chiesa, senza i quali non perveniamo alla vita che è la vera vita» [8].
Con Bernardo di Chiaravalle si verificò una svolta dalla mistica oggettiva di Cristo dei Padri in direzione di una devozione soggettivamente interiorizzata per Cristo. Egli si richiamò al Cantico dei cantici e interpretò l'amore lì cantato nel senso dell'amore di Dio divenuto visibile nel cuore trafitto di Gesù [9]. Questa devozione soggettiva per Cristo è rappresentata nella nota immagine, nella quale il Gesù crocifisso si china dalla croce personalmente verso Bernardo. Nel periodo d'oro della scolastica medievale Bonaventura approfondì poi teologicamente questa idea e interpretò la ferita al costato di Gesù come una ferita d'amore; infatti chi ama è ferito dall'amore (Ct 4,9). Perciò il nostro cuore misero e spesso tanto insensibile può lasciarsi continuamente accendere e infiammare dall'ardore dell'amore del cuore di Gesù. L'amore di Gesù può ferire anche il nostro cuore. Chi infatti non amerebbe a sua volta un cuore del genere [10]? Bonaventura può addirittura dire: il cuore di Gesù diventa il nostro cuore [11].
Questa mistica personale di Cristo fu ulteriormente sviluppata nella mistica femminile medievale. Mistiche come Gertrude di Helfta, Matilde di Magdeburgo, Matilde di Hackeborn e altre hanno così dato vita alla devozione al Cuore di Gesù, che noi conosciamo [12]. Troviamo tale devozione anche in Meister Eckhart, Giovanni Taulero ed Enrico Susone. Nell'età moderna essa conobbe una vasta diffusione a partire dalle visioni di Santa Margherita Maria Alacoque di Paray-le-Monial. Successivamente si arrivò a una progressiva introduzione della festa del Cuore di Gesù. I papi Leone XIII, Pio XI, Pio XII, Giovanni Paolo II e, da ultimo, Benedetto XVI hanno sempre promosso la devozione al Cuore di Gesù. Un nuovo impulso le impressero i diari della mistica polacca suor Faustina Kowalska. Per lei la misericordia è la più grande e la più eccelsa delle proprietà di Dio e la perfezione divina per antonomasia [13]. Giovanni Paolo II vide in questo messaggio, a causa delle spaventose esperienze del XX secolo, un importante messaggio per il XXI secolo [14].
Si può essere di diversa opinione a proposito del gusto delle rappresentazioni del Cuore di Gesù degli ultimi secoli, così come a proposito della rappresentazione del Cuore di Gesù ispirata a suor Faustina. Ma tali questioni di gusto non dovrebbero distogliere lo sguardo dal dato di fatto molto più importante, ossia che la devozione moderna del Cuore di Gesù cominciò a diffondersi nel contesto dell'incipiente illuminismo e dell'incipiente secolarizzazione, nonché nel contesto dell'esperienza sempre più intensa dell'assenza, anzi della morte di Dio [15]. Le tenebre del Golgota (Lc 23,44s.) si sono da allora estese come eclissi di Dio sul mondo. Nel mezzo di questa notte di una fede morente in Dio e di una crescente ottusità e insensibilità del mondo per l'amore di Dio in Gesù Cristo, possiamo sperimentare nel cuore di Gesù la sofferenza di Dio per questo mondo e il suo incessante amore per noi uomini.
Nel cuore trafitto del proprio Figlio, Dio ci mostra che egli si è spinto fino all'estremo, per sopportare nella sofferenza volontaria della morte del proprio Figlio l'incommensurabile sofferenza del mondo, la nostra freddezza di cuore e la nostra mancanza di amore e per redimerle. Per mezzo dell'acqua e del sangue sgorgati dal suo cuore trafitto noi siamo purificati nel battesimo da tutte le lordure e impurità che si sono accumulate nel mondo e in noi, e nell'eucaristia possiamo di continuo placare la nostra sete di qualcosa che vada al di là delle banalità che ci circondano e – nel senso traslato dell'espressione – dei soft drink, che ci vengono offerti. Perciò possiamo dire con la preghiera Anima Christi di Ignazio di Loyola: «Sangue di Cristo inebriami, acqua del costato di Cristo lavami».
Per una rappresentazione iconografica, rispondente alla nostra sensibilità odierna, di una devozione al Cuore di Gesù biblicamente, patristicamente e dogmaticamente rinnovata possono essere di aiuto due passi del vangelo di Giovanni. Da un lato si tratta delle rappresentazioni medievali dell'amor cortese per Cristo, le quali mostrano come il discepolo prediletto posa il proprio capo sul cuore di Gesù (Gv 13,23). Tali rappresentazioni possono illustrare come nel bel mezzo dell'inquietudine e delle tribolazioni del mondo esista un luogo nel quale possiamo trovare la quiete e la pace interiore. L'altra immagine deriva dalla scena dell'incontro dell'incredulo" Tommaso con il Signore risorto. In quella occasione lo scettico Tommaso arriva alla fede solo quando può mettere le sue dita nella ferita del costato del Signore pasqualmente trasfigurato (Gv 20,24-29). Questo incontro può essere importante proprio per coloro che oggi domandano e sono tormentati dal dubbio. Tutti noi siamo infatti in qualche modo come questo "incredulo Tommaso". Come Tommaso a volte neppure noi vogliamo semplicemente credere sulla parola degli altri. Come Tommaso anche noi troviamo la fede solo nell'incontro personale con il Signore risorto. Come Maria di Magdala, così neppure noi possiamo toccarlo fisicamente e mettere fisicamente la nostra mano nella ferita sempre aperta del suo costato. Ma in senso spirituale il cuore trafitto di Gesù può diventare anche per noi la via per penetrare nell'amore di Dio ferito per nostro amore. Sembra che Blaise Pascal presentisse questo, quando scrisse: «Mi sembra che Gesù non lasci toccare le sue piaghe che dopo la risurrezione: noli me tangere (Gv 20,17)» [16].
Il fatto che una simile devozione al Cuore di Gesù abbia per sua natura qualcosa di cordiale, anzi qualcosa di sentimentale nel senso buono del termine, non deve essere un argomento che depone contro di essa. Il cuore e le emozioni hanno un loro buon diritto e un loro posto nella religiosità. Dove vengono messe al bando, si arriva a quella emotività disordinata e addirittura sdolcinata, che spesso oggi noi troviamo. Non dovremmo lasciarci togliere le emozioni, né vergognarci di esse. L'amore di Dio prende al proprio servizio, come Gesù dice parlando del comandamento principale dell'amore, tutto l'uomo con tutte le sue energie fisiche, psichiche e spirituali (Mc 12,30 par.). In fondo nella religiosità si tratta della storia d'amore tra Dio e noi uomini, e l'amore è sempre passionale. In fondo si tratta del dialogo personale con Dio, che il cardinal Newman espresse nel proprio motto araldico così: «Cor ad cor loquitur – Il cuore parla al cuore».
L'incontro personale non deve rimanere nel campo puramente personale, ma deve aprirsi a tutti coloro che soffrono accanto a noi e attorno a noi. Guardando il cuore trafitto di Gesù constatiamo infatti che Dio ha tanto amato il mondo da dare il proprio unico Figlio (Gv 3,16). Perciò dobbiamo e possiamo condividere le sofferenze Dio e diventare solidali con tutti coloro che soffrono in mezzo alle tenebre e alle atrocità del mondo attuale. Possiamo immergerci con Gesù nella notte del Golgota del mondo, sopportarla con lui e sopportarla sino alla fine in rappresentanza vicaria per i molti. Tutta la chiesa partecipa, come corpo di Cristo, nello Spirito Santo all'agonia di Cristo nel mondo. L'agonia di Gesù dura, secondo Pascal, sino alla fine del mondo [17]. Perciò la chiesa può partecipare, come corpo di Cristo, in rappresentanza vicaria alla sofferenza del mondo, condividerla e sopportarla sino alla fine. In mezzo alla profonda notte del mondo sappiamo naturalmente anche, con lo sguardo rivolto al cuore trafitto di Gesù, che in esso batte il cuore di Dio per questo nostro mondo. Esso è il cuore del mondo, la sua forza più intima e la sua grande speranza [18]. Perciò possiamo sopportare le tenebre del Venerdì santo nella certezza di un nuovo ed eterno mattino di Pasqua. Esso è la certezza che nulla, né la vita né la morte, possono separarci dall'amore di Dio in Gesù Cristo (Rm 8,35-39).

(da: Misericordia. Concetto fondamentale del Vangelo - Chiave della vita cristiana, Queriniana 2013, pp. 173.181)

 

NOTE

[1] M.J. SCHEEBEN, Handbuch der katholischen Dogmatik 2, cit., 266.
[2] Al riguardo cf. K. RAHNER, Einige Thesen zur Theologie der HerzJesu-Verehrung, in Schriften 3, Einsiedeln 19572, 391-414 [trad. it., Alcune tesi per una teologia della devozione al Sacro Cuore di Gesù, in Saggi di cristologia e di mariologia, Paoline, Roma 1967, 277-316]; J. RATZINGER, Schauen auf den Durchbohrten, Einsiedeln 1984, 44-46 [trad. it., Guardare al Crocifisso, Jaca Book, Milano 20052].
[3] BONAVENTURA, Itinerarium III, 5 [trad. it., Itinerario della mente in Dio, Messaggero, Padova 1985]. A questo passo ha fatto riferimento J. RATZINGER, Schauen auf den Durchbohrten, cit., 46 [trad. it. cit.].
[4] DH 259; 431.
[5] Questa argomentazione è ampiamente esposta da Pio XII in Haurietis aquas (15.05.1956) [in Acta Apostolicae Sedis 48 (1956) 309-353], l'enciclica sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù. Il retroterra storico-dogmatico è stato di nuovo evocato da J. RATZINGER, Schauen auf den Durchbohrten, cit., 41-59 [trad. it. cit.], così come da L. SCHEFFCZYK, Herz Jesu II, in LThIC 5, 53s.
[6] Pio XI, Miserentissimus Redemptor (05.08.1928) [in Acta Apostolicae Sedis 20 (1928) 165-178].
[7] H. RAHNER, Symbole der Kirche, cit., 177-235 [trad. it. cit.].
[8] AGOSTINO, In evangelium Ioannis 120, 2 [trad. it., in Opere di sant'Agostino 24/2, Città Nuova, Roma 19862].
[9] BERNARDO DI CHIARAVALLE, Sermones super Cantica canticorum 61, 4, in WW VI, 315s. [trad. it., in Opere di san Bernardo 5/2, Scriptorium Claravallense, Milano 2007].
[10] Ibid., III, 6 [trad. it. cit.].
[11] BONAVENTURA, Vitis mystica III, 4, in WW VIII, 164 [trad. it., La vite mistica, Pia unione preziosissimo sangue, Roma 1994].
[12] C. RICHSTÄTTER, Die Herz-Jesu-Verehrung des deutschen Mittelalters. Nach gedruckten und ungedruckten Quellen dargestellt, Paderborn 1919.
[13] Trad. ted., Tagebuch der Schwester Maria Faustina Kowalska, Hauteville 1993 [ed. it., Diario di suor Maria Faustina Kowalska, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2000].
[14] Cf sopra cap. 1.
[15] A questo ha accennato soprattutto K. RAHNER, Einige Thesen zar Theologie der Herz-Jesu-Verehrung, cit., 400s. [trad. it., 293].
[16] B. PASCAL, Pensées, 554 [trad. it., 411].
[17] B. PASCAL, Pensées, 553 [trad. it., 413].

[18] H.U. VON BALTHASAR, Das Herz der Welt, Ostfildern 1988 [trad. it. Il cuore del mondo, Jaka Book, Milano 2002].