Gli adolescenti e l’imbarazzo del corpo

 

 

Adolescenti che sanno star bene /8

Difficoltà della pastorale liturgica e risorse degli adolescenti

Domenico Cravero

(NPG 2008-03-69)

 


Uno strano paradosso sembra avvenire nelle nostre chiese: gli adolescenti che hanno un rapporto così libero e disinvolto con il loro corpo, che sanno comunicare in modi così efficaci attraverso il loro modo di presentarsi, quando vengono in chiesa e partecipano alle celebrazioni liturgiche sembrano come impacciati, quasi a disagio, come se non sapessero dove posare il loro corpo.
Una recente ricerca che ho coordinato sul territorio della regione piemontese (Una riforma in cammino, a cura di D. Cravero, Effatà 2007), ha fatto emergere come «l’emozione, il visibile trasporto, l’intima gratificazione per la partecipazione ai riti cattolici» sono quasi una rarità (25%) per chi frequenta le celebrazioni liturgiche. In particolare sembra quasi escluderlo il mondo dei giovani (11,9%). Nelle numerose risposte al questionario i giovani credenti praticanti esprimevano una chiara richiesta di aiuto per poter entrare più facilmente nella celebrazione liturgica, così come essa avviene oggi in molte delle chiese frequentate dai giovani.
Il paradosso del corpo impacciato svela, così, esplicitamente una difficoltà reale d’incontro e di comunicazione della pastorale parrocchiale con i mondi giovanili.
Non si può negare che le comunità spendono molte energie verso le nuove generazioni (catechesi, pastorale giovanile, oratori, estate ragazzi...), ma si può anche constatare che i frutti pastorali raccolti non sono proporzionati allo sforzo profuso. Occorre prenderne atto e capirne i motivi.

Le ragioni di un distacco/­fallimento

Ad ascoltare i giovani, infatti, le comunità hanno sempre da imparare, perché gli adolescenti obbligano le comunità a mettersi in discussione, a rivedere e superare i confini abituali e le pratiche tradizionali dell’azione pastorale. Attraverso i loro comportamenti, a volte anche grezzi e provocatori, sono capaci ad intercettare le contraddizioni del presente e ad alludere a possibili direzioni per il domani.
L’abbandono della partecipazione liturgica da parte dei giovani e il successo delle ritualità commerciali (discoteche, stadi, palestre, Halloween…) sono la conseguenza evidente di un’inadeguatezza (di un errore?) delle comunità parrocchiali nella trasmissione della fede.
Credere vuol dire pronunciarsi, e gli adolescenti fanno fatica a scegliere oggi, nel ventaglio senza fine di proposte e di emozioni in cui è difficile orientarsi.
L’adolescente, d’altronde, non accetta più determinate formule di preghiera o altre pratiche religiose se le sente imposte perché si avvia ad una religiosità più soggettiva e personale. Constata poi, che tanti (forse la maggioranza) dei suoi amici senza fede «vivono lo stesso». Altre volte il rifiuto dell’educazione religiosa ricevuta è solo una forma di contestazione e di differenziazione dai genitori, magari per far posto ad interessi più immediati: la moda, lo sport, lo spettacolo e l’evasione in genere. In tutti i casi è lanciata una sfida alla capacità delle famiglie e delle comunità cristiane di trasmettere la fede a partire dalle caratteristiche e dalle risorse degli attuali adolescenti.
La liturgia rinnovata e partecipata, ancorata alla Tradizione ma anche attenta all’evoluzione della società e della cultura, presuppone uno stile nuovo della comunità cristiana, più capace di accogliere le persone e a considerarle a partire dalla loro vita. Esige, in altre parole, una parrocchia missionaria. 
La fede è un percorso che ha bisogno continuamente di sostegno e di conferme: si crede o si perde la fede anche a motivo di chi si frequenta e si conosce, anche in conseguenza delle emozioni che si vivono nelle celebrazioni liturgiche. Il tipo di chiesa cui si partecipa, l’incontro di testimoni autentici e convincenti, l’influsso delle controtestimonianze, non sono esperienze secondarie.
Dall’incertezza e dal paradosso dell’imbarazzo del corpo adolescente, le comunità possono, così, imparare che l’evangelizzazione è il primo e quotidiano compito della parrocchia (e della Chiesa).
Esistono in Italia interessanti esperienze di nuova evangelizzazione; sono proposte in cui si parla di Gesù come di Uno che entra nella vita e la cambia, e sono rivolte ad adolescenti e giovani che spesso hanno rifiutato la partecipazione alla parrocchia ma continuano ad avere un certo interesse per il Mistero di Dio e la persona di Gesù. Escono dalla mentalità catechistica quando essa tende a far coincidere la fede con i discorsi sulla fede e hanno l’obiettivo di accompagnare le persone ad incontrare personalmente e vitalmente Gesù risorto e vivo. Ripropongono, cioè, in modi rinnovati e più completi il kerigma, che è il primo ed insostituibile atto che introduce alla fede.
In queste esperienze è inconcepibile la liturgia senza partecipazione, perché l’annuncio, la ritualità, i Sacramenti coinvolgono la vita e liberano il corpo e la sua espressione.
La liturgia partecipata nasce quindi dalla riscoperta della fede, dalla chiarezza dei suoi contenuti, adeguatamente compresi e liberamente accettati.
La liturgia, da parte sua, sostiene ed orienta la fede; richiede la partecipazione e, al tempo stesso, la orienta. Il rito liturgico contiene, regola, mette ordine, conduce gesti e parole costantemente al fine (la lode al cospetto di Dio e non l’emozione nella fusione di gruppo o nel protagonismo individuale), chiede di uscire rigorosamente dalla logica dello show per entrare in un tempo e in uno spazio che non sono quelli della mondanità. La ritualità liturgica introduce e sostiene la fede, suscita e regola la partecipazione.
La pastorale attenta alle persone, che si pone in stato di missione, quindi, non si propone solo di avere a messa i giovani ma li vuole credenti e fedeli nella testimonianza di vita, partecipi con tutto il loro essere: sentimenti, emozioni, ragione e corpo. Bambini e giovani, adulti e anziani hanno una propria specifica sensibilità, spesso differente e, a tratti, contrapposta, verso riti, simboli, gesti e celebrazioni; tuttavia quando i simboli non dicono, ben difficilmente la fede può essere espressa in termini vitali.
La ritualità astratta, senza intima partecipazione e spontaneità, che nega il vissuto delle emozioni, non può che avere esisti negativi, sia sul versante dell’accoglienza degli adolescenti che nella crescita personale. Più ancora: quando la religiosità e la sua dimensione di mistero non diventano esperienze dirette, ma sono imposte in forme dottrinali incomprensibili e in ritualità spente e coercitive della corporeità, favoriscono lo sviluppo di personalità incapaci di entrare in rapporto con il proprio mondo emotivo, di comunicare con se stessi e con gli altri. Il corpo impacciato in chiesa è un preoccupante segno della prospettiva individualistica con cui ci si dispone alla celebrazione e di una confusione a proposito della fede. È un’espressione del difficile equilibrio tra esteriorità ed interiorità.

Aspetti di un rinnovamento liturgico

La liturgia partecipata in fondo è una questione di «stile»: essere presenti come persone vere e testimoniare la qualità della vita trasformata dalla Grazia, non rendere ridicolo il Mistero con la scarsa qualità della celebrazione, non mostrarsi invasati ed esaltati in un’esteriorità poco convincente.
La pastorale liturgica e la pastorale giovanile devono dimostrare un’attenzione particolare alle nuove sensibilità degli adolescenti, se vogliono facilitare la loro comprensione attiva delle ritualità e l’incontro con una comunità che celebra i misteri della fede.
Gli adolescenti di oggi, in aperto contrasto con la caduta delle ritualità religiose, vivono in un orizzonte simbolico, cosmopolita e inesauribile di immagini, musiche e parole. Cresciuti in famiglie ad alta tensione emotiva, tendenzialmente isolate e centrate su un ruolo materno molto coinvolto verso i figli, le nuove generazioni sviluppano un’esperienza emozionale più ricca e tormentata. Il «sentire» e il «provare» assumono un ruolo sempre più importante come criterio delle scelte operate. Molti valori che oggi non si riescono a proporre come norma etica, sono compresi ed accettati quando diventano esperienze di bellezza e di grazia.
L’educazione al senso genuino della bellezza, l’importanza da attribuire al valore del vero, la formazione del disgusto nei confronti del falso e del brutto, assumono oggi una centralità inedita, diventano i primi obiettivi formativi di chi voglia accompagnare gli adolescenti accogliendo le loro sensibilità e valorizzando le loro risorse. È bello tutto ciò che conferisce completezza alla persona, la fa sentire libera e felice, in piena armonia con sé e con gli altri. La rimozione della domanda di senso banalizza la vita riducendola ad un’esistenza senza scopo e senza passione. La dimensione del mistero, nella ritualità sana e ben curata della preghiera della Chiesa, conferisce, invece, pienezza: libera la persona dalla tirannia del capriccio e del soggettivismo, la rende più recettiva e meno individualista.
L’immaginario del corpo nuovo dispone, nel mondo di oggi, di ben pochi spazi esperienziali per accompagnare la libertà dell’adolescente ad evolvere nella direzione della maturazione della sua interiorità emozionale, là dove si radica l’autentica esperienza religiosa. In una società, consumista e materiale come l’attuale, le alternative al bisogno religioso diventano, così, molteplici e tutte a buon mercato, formano i mille volti di una religiosità multidimensionale e «secolarizzata» (si potrebbe anche dire «commercializzata») che eccede le forme proposte dalla «religione-di-chiesa». 
Perché, allora, le liturgie domenicali, fedeli al loro senso autentico e alla loro Tradizione, non possono essere curate in modo che la lode a Dio, il sacrificio della croce, il memoriale della morte e della risurrezione del Signore, possano toccare anche il corpo dell’adolescente, farlo muovere e vibrare, alzare o camminare o sedere in armonia con il vissuto emozionale di chi è presente e partecipe in un evento che lo coinvolge totalmente?
Alcune produzioni musicali e, soprattutto, soluzioni ritmiche e testuali dei KJ52 e dei Cross Movement (Usa) dei Thousand Foot Krutch (Canada), di Manou Bolomik (Cameroun e Francia), del Christian Rap internazionale incoraggiano la ricerca di soluzioni possibili, serie ed efficaci.