L’Oratorio Salesiano agli inizi del Terzo Millennio
Dossier di “Note di pastorale giovanile”
(NPG 2002-02-3)
«Rilanciate gli oratori, adeguandoli alle esigenze dei tempi,
come ponti tra la chiesa e la strada, con particolare attenzione per chi è emarginato
e attraversa momenti di disagio, o è caduto nelle maglie della devianza e della delinquenza».
(Giovanni Paolo II, Discorso ai giovani della Diocesi di Roma, 5 aprile 2001)
Dal 15 al 19 e dal 22 al 26 ottobre 2001 più di 600 salesiani (superiori regionali, parroci e direttori di oratorio, direttori di comunità e responsabili di PG, studenti di teologia e di filosofia, tirocinanti, operatori nella scuola) e animatori e collaboratori laici si sono incontrati a Collevalenza per due tornate di convegno (rispettivamente la fascia tirrenica e quella adriatica, da Nord a Sud) per un convegno sull’oratorio salesiano, dopo una lunga fase di preparazione a cura dell’Ufficio Parrocchie, Oratori-Centri Giovanili della Congregazione Salesiana in Italia.
Lo scopo non era tanto quello di riproporne l’importanza o aggiornare qualche tratto nel nuovo contesto socioculturale di oggi, quanto piuttosto un «rifondare» riesprimendo le intuizioni di don Bosco in rapporto all’oggi.
Un convegno sul «criterio oratoriano» (come espresso da vari documenti dei Capitoli Generali e dall’art. 40 delle Costituzioni) come criterio-orizzonte-modalità di educazione e accostamento ai giovani nell’educazione alla fede in ogni presenza salesiana in mezzo ai giovani. Tale «criterio oratoriano» deve poi ovviamente riversarsi anche sull’«istituzione» oratorio-centro giovanile, anzitutto, per aprire lo spazio alla creatività e rinnovamento nella fedeltà al carisma e ai giovani, per «sognare» un oratorio su misura dei nostri tempi e dei giovani, con attenzione soprattutto ai «più poveri» e «oltre i cancelli».
Offriamo i risultati dei lavori agli educatori e alla chiesa italiana, come contributo ed esperienza che riteniamo significativa, o perlomeno capace di offrire stimoli, prospettive, proposte a chi ha a cuore i giovani nella totalità della loro vita e nel desiderio che l’incontro con essi (in qualunque situazione) apra alla possibilità dell’incontro con il Signore della vita.
La prospettiva dei convegni
Dalmazio Maggi – Giorgio Colajacomo
Nell’esperienza salesiana, quando si parla di oratorio non ci si riferisce soltanto a una struttura, ma soprattutto a un criterio di azione, a uno stile di realizzazione del progetto educativo-pastorale salesiano.
L’invito del Papa presenta l’immagine del ponte che per essere tale ha bisogno di due punti di appoggio da curare in modo attento e creativo perché nessuno dei due punti di appoggio ceda, facendo crollare il ponte.
Convinti che il movimento educativo-pastorale che si ispira a don Bosco è sensibile e attento a particolari situazioni dei giovani, abbiamo operato un cambio di ottica: siamo passati dall’essere ponte tra la chiesa e la strada al voler essere ponte tra la strada e la chiesa.
Ci sono di quelli che stanno sulla sponda della chiesa e chiamano gli altri perché facciano la traversata. Ci sono altri che fanno la spola tra un versante e l’altro e si sbilanciano sulla sponda della strada per facilitare il passaggio e dare una mano a chi è in difficoltà.
È facile affermarlo in linea ideale; è impegnativo realizzarlo nella quotidianità della vita, anche perché è più facile «contarsi» con i giovani che frequentano la comunità credente e che oltre tutto sono una minoranza (tra i 15 e i 25 anni, sono il 10% quelli che frequentano), che contare sulla strada dove vivono e operano il 90% dei giovani. È una posizione delicata perché esige impegno continuo di sintesi e unità tra le due sponde, tra i due pilastri: la chiesa dove ci si rafforza nella fede e la strada dove si vive la fede.
Nel 1987 in preparazione al Centenario di don Bosco i Salesiani hanno realizzato un convegno dal titolo «Oratorio tra società civile e comunità credente». Don Egidio Viganò, l’allora Rettor Maggiore, affermò in quella occasione: «Mi piace il titolo del convegno. Centra proprio l’originalità di don Bosco!».
Anche don Alberto Caviglia nel suo commento alla vita di Michele Magone, pensando al don Bosco del cortile, lo ha visto in una posizione interessante e originale: «fuori della scuola, in vista, ma fuori della chiesa».
Per essere con don Bosco e con i giovani e per rilanciare il «criterio oratoriano» si sono incontrati nella riflessione e nella proposta salesiani, giovani e laici impegnati con responsabilità nei diversi ambiti di azione educativo-pastorale.
L’articolazione del convegno era la seguente.
Ci facciamo sollecitare e provocare:
• dai giovani con le loro attese e domande (Franco Garelli);
• dalla Chiesa con le sue attenzioni e risposte (Lorenzo Chiarinelli);
• da don Bosco, con le sue intuizioni carismatiche (Francesco Motto) e con le nostre scelte «oggi» (Antonio Domenech);
• dalla pastorale giovanile della chiesa italiana con le sue opzioni operative (Domenico Sigalini);
• nello spirito a cui ci sollecita il Papa, che «ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro» (NMI, 1).
Come si rileva immediatamente, le persone che hanno accettato di venire ad aiutarci vivono gli stessi nostri problemi, incontrano le stesse nostre difficoltà e hanno le stesse nostre soddisfazioni. Sono stati invitati a ripensare ciò che hanno realizzato o stanno realizzando, per offrirlo ad altri come testimonianza di un cammino che ha bisogno continuamente di confrontarsi, di aggiornarsi e di rinnovarsi.
Prendiamo coscienza della presenza articolata, varia e viva della Congregazione Salesiana in Italia e ci confrontiamo su quanto ciascuno di noi, con la sua passione educativo-pastorale e giovanile, «già» sta progettando, proponendo e realizzando, convinti che ogni nostra realizzazione ha qualcosa di bello e di originale che va comunicato come testimonianza e stimolo di quanto è possibile fare, «perché qualcuno come noi già lo fa». Il «già fatto» di qualcuno può diventare il «non ancora realizzato» di altri. Questo scambio lo realizziamo nei laboratori.
La parola è ora di uso comune nell’ambito ecclesiale, dopo che il Papa l’ha proposta ai giovani. Per noi salesiani non dovrebbe suonare tanto nuova, perché appartiene alla nostra tradizione educativo-pastorale. Tutti poi ricordiamo un fatto simpatico della vita di don Bosco: l’incontro con Pancrazio Soave.
– È vero che lei cerca un sito per fare un laboratorio?
– Non un laboratorio, ma un oratorio!
– Non so che differenza ci sia, ma insomma il sito c’è. Venga a vederlo!
A don Bosco hanno offerto un laboratorio e lo ha trasformato in oratorio: oggi che abbiamo tanti oratori, siamo invitati a trasformarli in laboratori… della fede!
Per la tradizione salesiana i laboratori sono stati e sono essenziali per educare attraverso l’acquisizione di una competenza e facendo esperienza di convivenza con i propri compagni, con la presenza attenta, attiva e propositiva di adulti educatori, che esprimono competenza professionale, capacità educativa e coerenza di vita.
È urgente e necessario riscoprire queste intuizioni e radici carismatiche, interiorizzarle, facendole nostre, rilanciarle con fantasia e creatività, e soprattutto con fiducia e coraggio.
Due affermazioni molto stimolanti.
Il card. Ballestrero, parlando del nostro impegno educativo-pastorale tra i giovani, disse: «Voi li aiutate a maturare e diventare uomini; essi vi mantengono giovani!».
Il card. Suenens a chi gli chiedeva perché il cristiano è uomo di speranza, rispose: «Felici coloro che osano sognare, ma che sanno pagare di persona perché il sogno prenda corpo nella vita degli uomini!».
Siamo dunque in ascolto, in dialogo e in confronto per dare corpo al «sogno» di don Bosco e per mantenerci giovani!
«Don Bosco visse una tipica esperienza pastorale nel suo primo oratorio, che fu per i giovani casa che accoglie, parrocchia che evangelizza, scuola che avvia alla vita e cortile per incontrarsi da amici e vivere in allegria. Nel compiere oggi la nostra missione, l’esperienza di Valdocco rimane criterio permanente di discernimento e rinnovamento di ogni attività e opera» (Costituzioni Salesiane, art. 40).