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    Fare lectio divina con i giovani - Una proposta


     

    Cesare Bissoli

    (NPG 2001-08-22)



    NPG da un anno sta proponendo una rubrica intitolata «Itinerari biblici giovanili» a firma di chi scrive. È giusto qui, anche su sollecitazione dei lettori, dare ragione della scelta fatta in vista di un utile impiego.

    Ecco di seguito degli stelloncini di spiegazione.

    1. La Parola di Dio nella vita passa necessariamente nell’incontro con la Bibbia.
    Avviare adolescenti e giovani ad un incontro esplicito e diretto con la Bibbia significa non solo affermare il primato della Parola di Dio nella fede cristiana, ma dire anche il luogo prioritario ed indispensabile per farne una concreta esperienza, la Bibbia appunto. È la ragione della scelta di NPG nella prospettiva di aiutare gli animatori a quel cammino di evangelizzazione che tutti riteniamo urgente e che la GMG ha a suo modo rilanciato in termini clamorosi e anche incoraggianti.

    2. L’incontro con la Bibbia in prospettiva di evangelizzazione, nella grande tradizione cristiana, si profila come lectio divina.
    Diversi sono gli approcci possibili ed utili con la Bibbia. Si possono fare per ragioni di studio, di cultura, anche di curiosità. Nel compito di evangelizzazione ha ragione di fine e garanzia di validità l’incontro nella fede e in vista della fede. Significa realizzare un incontro dove il testo diventa segno e stimolo trasparente di dialogo con Dio, con «il Padre che con molta amorevolezza viene incontro ai suoi figli e discorre con essi» (DV 21). Ascolto, meditazione, preghiera diventano momenti intrinseci per tale dialogo. Formano la sostanza della LD, ossia di una «lettura divina», all’altezza di Dio. È stata la scelta della Chiesa fin dalle origini. È la scelta di base nell’azione liturgica, è diventata metodologia tipica dei monaci, trova applicazione tra i fedeli.

    3. La lectio divina è nella sua sostanza un itinerario pedagogico adguato per incontrare la bibbia come Parola di Dio.
    Di origini tanto antiche, la LD ha avuto una grande fortuna per l’intuizione pedagogica che vi sta sotto. L’incontro con la Parola di Dio non può avvenire come folgorazione di un attimo, nemmeno come perdita della propria coscienza e libertà in una specie di raptus mistico, neanche si realizza senza una disciplina interiore ed esteriore in una specie di emozione soggettiva del tutto inattesa.
    Detto al positivo, significa che la LD si propone come un itinerario articolato in momenti, vuole esercizio di ascolto e riflessione, richiede un fedele contatto con il testo come fonte di senso della Parola di Dio. La LD fa parte del mistero dell’Incarnazione e come tale va rispettata.
    Aggiungiamo tra i pregi pedagogici della LD la sua realizzazione comunitaria, ma anche personale, una possibile espansione dell’esperienza in una condivisione, una ordinata distribuzione di passi biblici in maniera di passare in rassegna tutta la Bibbia. Mediatamente un cristiano «normale» conosce forse un decimo di tutta la Bibbia e per lo più nell’area del NT (Vangeli). Probabilmente sono generoso nella valutazione.

    4. La lectio divina ha una sua strutturazione stabile, da rispettare, pur adattandola alle diverse situazioni del popolo di Dio.
    Questo è tipico della LD: che chiunque intende farla deve rispettare alcuni elementi corrispondenti alla sua essenza di dialogo con Dio, ma è anche vero che vi possono essere modulazioni differenti secondo la condizione dei partecipanti.
    Elementi intrinseci ad una genuina LD sono quelli tipici di un dialogo con una persona: «ascolto, rifletto, rispondo». Ovviamente su misura di Dio. Questi tre momenti sono messi in un contesto di preparazione e di congedo. Diciamo una parola su ciascuno degli elementi intervenienti.
    * La preparazione consiste nel sintonizzarsi appieno e rapidamente con l’esperienza di fede che si va facendo. Significa realizzare una buona empatia tra i partecipanti e un atteggiamento di fiducia in Dio. Il saluto reciproco e la preghiera a Dio (al suo Spirito) sono espressioni semplici, ma, se realizzate con intima partecipazione, determinano un coinvolgimento positivo ed immediato.
    * Il primo atto si manifesta nell’ascolto della Parola di Dio comunicata dal passo biblico preso in considerazione. Comprende come momento costitutivo il venire a conoscere tale Parola tramite la lettura, chiamata lectio, ossia l’atto di annunciare chiaro e forte ciò che si è chiamati ad ascoltare.
    A sostegno di ciò diventa ordinariamente necessaria un qualche spiegazione del testo (esegesi) da parte di un competente. Ciò giova non solo ad una comprensione razionale, ma a porre dei precisi, salutari paletti a chi per eccessiva rapidità volesse passare all’applicazione. Questa precipitazione è segno della nostra debolezza biblica, disabituati da secoli ad un ascolto profondo e sistematico del testo.
    * Il secondo atto prolunga il primo diventando approfondimento della Parola. Viene chiamata meditazione (meditatio) e va in due direzioni: all’interno del mondo della Parola, la Bibbia, ossia arricchendo il senso trovato con altri passi biblici dell’AT e NT, ma anche all’interno del proprio mondo di vita, ossia ritrovando echi od attese della Parola dentro di sé. Qui la riflessione e il silenzio diventano fattori principali.
    * Il terzo atto si profila come risposta a Dio che mi/ci ha parlato. È il campo della preghiera sia discorsiva (oratio) sia contemplativa (contemplatio).Lode, grazie, domanda, adorazione diventano atti abituali.
    * Altri atti sono considerati nella tradizione della LD:
    – uno è la condivisione (collatio) che si compie quando la LD è fatta in gruppo. Si motiva perché favorisce la qualità ecclesiale di ogni incontro con la Parola di Dio, che è Padre di tutti e che parla quindi a ciascuno, sia per esprimere una comune partecipazione di fede, sia per irrobustire con il consenso di tanti la personale fragilità;
    – un altro atto è l’impegno che si assume nella vita (operatio). Incontrare Dio significa esporsi al fuoco e venirne bruciati. Le opere testimoniano la serietà della fede. È una decisione che può essere presa dal gruppo come tale, ma certamente deve essere presa da ciascuno per sé.
    * La conclusione è normalmente espressa dall’atto della preghiera cui abbiamo fatto cenno sopra, la cui formulazione deve poter registrare il cammino percorso.

    5. L’adattamento della lectio divina è una misura di saggezza perché ciascuno incontri la Parola di Dio per le sue necessità e con le sue risorse.
    I diversi elementi che fanno la LD hanno avuto una fedele e secolare osservanza da parte dei monaci a partire dai primi tempi della Chiesa.
    Essi potevano e possono esprimere le esigenze nella loro condizione di oranti per vocazione. E gli altri membri del popolo di Dio che vivono situazioni, bisogni e capacità diverse? Opportunamente il card. Martini e molti con lui preferiscono lasciare il titolo LD al modo di fare dei monaci e chiamare con altro titolo (ad esempio «Scuola della Parola», «Scuola della preghiera») la stessa esperienza ma realizzata con adattamenti opportuni. In ogni caso, come si diceva sopra, rimangono essenziali e quindi non possono mancare i tre atti della lectio-ascolto, meditatio-approfondimento, oratio-contemplatio-risposta.
    Gli adattamenti possono consistere nel mettere titoli più comprensibili ed introdurre soprattutto il momento della collatio-condivisione. Bisogna riconoscere che il servizio «funziona», se l’animatore è fedele al suo compito correttamente delineato.
    Il che non avviene sempre, nonostante la dicitura esterna. Per fare un caso, non è LD una riunione di gente con il Vescovo in Duomo dove parlasse solo lui per tutto il tempo. Sarebbe una «predica» (conversazione, esortazione) su un passo biblico. È anche vero che i semplici fedeli, e analogamente i giovani, trovano all’inizio una reale difficoltà perché non abituati né al senso né alla prassi della LD.

    6. In «Note di pastorale giovanile» proponiamo una esperienza di lectio divina con specifici adattamenti in vista dell’educazione alla fede di giovani.
    * Che si tratti di lectio divina appare chiaramente dall’impianto.
    – Si apre con una preghiera espressamente composta; si ha un preciso ed ampio momento di ascolto della Parola di Dio tramite la lettura o lectio di un testo biblico; succede un secondo momento di approfondimento o meditatio; nel terzo momento proponiamo una condivisione o collatio; non manca, anche se solo per farne un cenno, l’invito ad una preghiera magari realizzata con libere intenzioni.
    – Medesimo rimane il clima di fede e dunque il taglio di esposizione.
    * Gli adattamenti pensati sono per intanto i seguenti.
    – Ho voluto usare un vocabolario più comprensibile e più espressivo (itinerari biblici giovanili invece di LD, e poi «lettura del testo» per lectio, il «riferimento alla vita» per meditatio). È stato introdotto il momento della condivisione.
    – Ho accentuato il momento di contatto con il testo (lectio) articolandolo in più passaggi: sguardo di insieme, dinamica della vicenda, i personaggi, il messaggio.
    Vi sta dietro la cura di non sorvolare sul testo, ma di entrarci dentro veramente. Il che non è così facile, se l’animatore non vi mette attenzione.
    – In terzo luogo ho voluto dare uno spessore esistenziale accentuato a ciascuno dei tre momenti, toccando problemi e sensibilità giovanile, rischiando forse un livello piuttosto alto. Così nella scelta del passo biblico mi sono fermato su testi evangelici che riportano avvenimenti, in particolare ho scelto l’area degli interrogativi che le persone fanno a Gesù, come via ad un coinvolgimento migliore del giovane stesso. Nel momento dell’approfondimento e della condivisione ho cercato di toccare quei nodi tra fede e vita, tra ragione e fede, che di più possono toccare la sensibilità giovanile.
    – Certamente un cammino completo richiede di dare forma alla preghiera conclusiva e magari pensare a momenti di contemplazione silenziosa davanti ad una icona di Cristo.
    Non credo che sia difficile di farlo all’animatore.

    7. La meta educativa è di iniziare i giovani alla Bibbia come Parola di Dio e alla Parola di Dio e alla Parola di Dio dentro la Bibbia e sempre in relazione alla vita.
    Intendo dire più di una cosa:
    * provare a realizzare gli itinerari proposti, ad esempio in un momento di ritiro, almeno per imparare a farli meglio;
    * diventa fondamentale educare alla fede per realizzare un incontro con il Libro Sacro che sia fruttuoso e non troppo pesante; come è anche vero il reciproco, occorre educare ad un incontro attraente con esso per rafforzare sempre più l’accoglienza della fede;
    * è la sensibilità educativa che stimola il quanto e il come dell’esperienza da farsi, come pure è suo compito maturare l’esigenza di sostare sulla Bibbia anche per momenti di studio;
    * aspetti concreti cui educare sono: imparare a leggere personalmente e in pubblico una pagina biblica, a saperla ascoltare, a farvi meditazione, ad esprimere una parola di compartecipazione, a formulare sulla pagina letta una intenzione di preghiera.
    Ultimo, ma primo in ordine di valore formativo, ogni educatore abiliterà i giovani a saper collegare il passo incontrato con la vita, o come dice C. Mesters, «saper leggere la vita con la Bibbia e la Bibbia con la vita», insomma fare una pratica della Bibbia che faccia crescere nella fede, nell’umanità, nel servizio.
    Chiaramente sono tutte ben accolte le osservazioni che i lettori volessero mandare.


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