Sergio Abbruciati
(NPG 2003-02-18)
Vorrei anzitutto mostrare il rapporto che si instaura tra diritti umani e solidarietà, per poi in seconda battuta descrivere alcune situazioni mondiali che palesemente si pongono in rottura con alcuni degli articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 e che comportano una decisa presa di posizione.
Al termine sono indicate alcune esperienze significative, siti di interesse generale e materiali utili per l’approfondimento e per l’azione educativa.
IL LEGAME TRA DIRITTI UMANI E SOLIDARIETÀ
Siamo abituati a interessarci di diritti umani quando le corde della nostra anestetizzata sensibilità vibrano per un qualche evento capace di rivitalizzare ciò che la cultura dell’indifferenza tiene in un comodo (per lei e per noi) letargo. Magari gli effetti poco “chirurgici” di una guerra necessaria per tutti tranne che per la Ragione. Oppure quando torniamo ad occuparci di certi popoli inattuali dei quali ci ricordiamo solamente perché i suoi figli vengono a morire dalle nostre parti, magari soffocati tra la nostra fresca e allegra frutta estiva. Insomma un antipatico argomento per lo più lasciato mediaticamente agli annuali rapporti di Amnesty International, piuttosto che oggetto di una seria riflessione pubblica in grado di misurare il tasso di crescita civile – e non solo economica – di un paese.
Eppure noi italiani non siamo così indifferenti alle tematiche del sociale: l’equivoco sta nel misunderstanding che circola attorno al tema. I diritti umani, infatti, sono stati archiviati – spesso anche presso chi opera nell’associazionismo e nel volontariato – come argomento cavilloso, sterile, astratto, per pochi intimi e distante dall’azione concreta a sostegno di chi è svantaggiato.
In realtà, a ben vedere, tra solidarietà e diritti umani il rapporto è molto più stretto di quello che sembrerebbe esserci. Al riguardo può essere utile soffermarci sull’art. 4 della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino promulgata dell’Assemblea Costituente francese nell’agosto del 1789 e madre nobile di quella del 1948.
In esso troviamo espresso il concetto centrale di libertà in relazione al rapporto con l’altro. Recita il testo che: “La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce agli altri: così, l’esercizio dei diritti naturale di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. Questi limiti possono essere determinati solo dalla Legge”. Questo testo, come suggerisce Armido Rizzi in L’Europa e l’Altro, ci consegna un’ambiguità tipica della cultura illuminista: quella esistente nella locuzione poter fare come condizione allo stesso tempo effettuale e legittima del nostro agire. In effetti è stato sempre sostenuto che la Dichiarazione dell’89 aveva il torto di dar voce ad una cultura dell’individualismo e della volontà di potenza dell’Io. In realtà però vi compare anche l’attenzione all’altro nel senso di un limite ma, come dice Rizzi, “… di un limite che non è la sua volontà che si oppone alla mia, ma la mia che accoglie la sua come istanza ugualmente valida”. [1] Rizzi, evidenziando quest’aspetto del limite in quanto accoglimento dell’istanza dell’altro e non semplicemente come sopportazione, opera dunque un capovolgimento di giudizio verso la Dichiarazione.
Immanuel Kant, anticipandola, sintetizza splendidamente questa posizione attraverso la nota formulazione dell’imperativo categorico: “Agisci in modo tale da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre come fine e mai semplicemente come mezzo”.[2] Kant attraverso la formulazione dell’imperativo ci ricorda il carattere universale dell’agire umano, il quale si colloca proprio nel cuore del problema dell’intersoggettività, dove il famoso “dovere” kantiano non è solo la faccia austera della sua etica ma, come spiega Rizzi, “la mediazione tra il mio diritto e il diritto altrui (e viceversa); l’elemento fondante è il diritto individuale, il dovere è la sua regolamentazione interna”. [3]
L’istanza di universalità che riconduce i diritti nell’alveo originario dell’intersoggettività è ben precisata nel Preambolo della Dichiarazione del 1948, dove vi compare il riferimento, importante per noi, alla libertà dal bisogno e alle barbarie umane che spinsero alla stesura del 1948.
Il richiamo al dovere come elemento di regolamentazione ci permette di virare l’analisi nella direzione dell’etica. Guadagnando il piano puramente etico all’interno della sfera della relazione intersoggettiva, sarà possibile dischiudere la possibilità della connessione con la solidarietà. A tal fine ci serviamo del pensiero di Emmanul Lévinas: in particolare in Totalità ed Infinito [4] il filosofo francese propone un’interessante analisi del fondamento etico del rapporto sociale, cioè quel rapporto che va oltre il faccia-a-faccia nel quale sono in relazione originaria con l’altro (autrui) in modo radicalmente etico. Si tratta dell’argomento del terzo. Per Lévinas se è vero che io sono responsabile dell’altro (autrui) sono però responsabile anche dell’altro dell’altro, appunto del terzo che viene ad aggiungersi alla relazione con altri (autrui). Così la mia responsabilità si allarga fino a farmi custode di ciò che un fratello fa all’altro fratello. È l’idea di umanità non come genere biologico ma come parentela, come famiglia. Lévinas guadagna il piano dell’universalità non attraverso la simmetria della reciprocità del rapporto tra l’io e l’altro – quello che io ti devo tu lo devi a me – ma attraverso l’universalizzazione della mia responsabilità che si estende alla famiglia umana.
Allora può nascere la società con le sue istituzioni, il diritto, la politica. In questo modo la produzione sociale sarebbe innestata sul tronco dell’etica e non autofondata. Da questo punto di vista i diritti umani vanno pensati come fondati nell’intersoggettività etica e perciò ricompresi nel versante della mia responsabilità, e non semplicemente pensati come un complesso dottrinario autonomo e autoreferenziato.
D’altronde la forza prorompente con cui la Dichiarazione del 1948 venne alla luce deve la sua genesi proprio ad una situazione storica in cui l’Umano, inteso come l’autentica relazione con l’altro e tra gli altri, si era perduto.
Proviamo a spingere più a fondo l’analisi per cogliere il nesso tra diritti umani e bisogni. Superficialmente, anche solo dal punto di vista dell’evoluzione storica, i diritti dell’uomo hanno segnato l’agire umano soprattutto in direzione di una “capacità”, di un esercizio individuale. La storia ha però modificato e ampliato la gamma dei diritti umani fino a includere i diritti sociali: l’asse si è spostato verso il problema dei bisogni. Ma, appunto a bene vedere, lo spostamento non denota un tradimento, perché i diritti umani si possono rivendicare sia quando c’è una mancanza, un bisogno effettivo, sia quando avviene una sottrazione, cioè quando ci viene lesa una capacità. In ogni caso si tratta di una privazione che allo stesso tempo rappresenta il cuore della struttura del bisogno. Questo spostamento d’accento ci consente di correggere il pericolo individualista e privatista contenuto nella cultura dei diritti umani, suggerendo che l’autenticità dei diritti umani sta nella loro relazione con l’invocazione dell’altro, dell’altro che soffre, che si dispera, che ci interpella. Il pianto del bambino schiavo o affamato rappresenta la fonte più originaria dei diritti umani nel senso che mi impone la prima cura universale dell’altro: la formulazione del suo diritto – e di quello di tutta l’umanità passata, presente e futura che in lui è inscritta – di venir liberato e di venir sfamato; diritto che in un senso universale viene prima del pane da procurare affinché quello sia un pane “giusto” e non un’elargizione concessa dalla “mia” generosità.
Solo così i diritti umani attivano la circolarità universale del genere umano, cioè laddove io sono soggetto dei diritti quando sono responsabile dei diritti, sono nel dovere etico-giuridico di rispondere.
L’analisi così condotta ha riguadagnato un certo rapporto tra i diritti umani, alterità o intersoggettività e solidarietà configurando i diritti umani come fondati nella solidarietà nella loro doppia relazione con l’altro e con il bisogno, categoria quest’ultima che, lungi dall’impoverire l’essenza umana, ne dice l’aspetto più nobile e vero. La carica utopica che accompagna l’adempimento di siffatti diritti l’affranca da ogni mascheramento privatistico e ne attiva la loro essenza sociale in un modo tale, come chiosa Rizzi, che “i diritti dell’uomo possono diventare di tutti perché sono semplicemente l’attributo politico dei bisogni”.
L'ATTUALE PANORAMA
Nonostante tutte le polemiche culturali nate intorno ad essa, riteniamo che la Dichiarazione Universale del 1948 offra il modello più accettato per valutare e misurare le violazioni dei diritti umani. Il numero sempre elevato di queste ultime ci conferma nell’idea che è alle forme di tutela dei diritti umani che occorre essere attenti per saperle modificare e adattare in base alle nuove situazioni sociali ed economiche che il panorama internazionale presenta. In questo modo è possibile estendere la cultura della difesa dei diritti umani agli innumerevoli campi dell’attività umana nei quali si possono annidare sacche di sottrazione o di privazione della dignità umana, senza che la loro tutela venga lasciata ad un manipolo di specialisti. Proviamo dunque a passare in rassegna alcune situazioni che ci sembrano in evidente contrasto o violazione degli articoli della Dichiarazione.
Art 25: in rif. al 2 comma: “La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale”.
Attualmente troviamo che il mondo dei bambini è uno dei versanti dove le violazioni si vanno facendo sistematiche e odiose. Da una parte vi è la situazione dei bambini di strada originata sia dal degrado urbano, dalla miseria e dai numerosi conflitti che flagellano i paesi poveri. In particolare in questi ultimi i bambini diventano facili serbatoi di reclutamento di nuove milizie, data la loro condizione di sbandamento. Spesso privi di famiglia o di legami parentali e sociali, si legano ai propri capi militari e vengono usati come puro e semplice materiale bellico. Si calcola che attualmente in circa 30 dei 50 conflitti in corso vengano utilizzati bambini–soldato e si stima che il loro numero si aggira intorno ai 300.000. Il loro impiego va dall’utilizzo come soldati a tutti gli effetti alle funzioni ausiliarie nella logistica.
Dall’altra vi è lo sfruttamento a fini sessuali che vede i bambini costantemente vittime delle perverse evoluzioni del nostro consumo di sesso. Pornografia e pedofilia si intrecciano diventando un’emergenza davanti alla quale non si possono formulare più alibi. Il fenomeno della baby prostituzione è in forte crescita e chiama direttamente in causa le responsabilità del mondo occidentale attraverso quei “viaggi del sesso” che dai paesi ricchi vengono intrapresi da persone a caccia di piaceri di poco prezzo. I numeri ci dicono che tra Brasile, Thailandia, India e Filippine sono più di 1.200.000 i bambini coinvolti e che nei grandi USA sono circa 100.000. Anche l’Italia non è esente dalla crescita del fenomeno, soprattutto in relazione al diffondersi dello sviluppo delle tecnologie informatiche che globalizzano lo sfruttamento sessuale.
Art 23: Ognuno ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione.
Ogni individuo ha diritto ad una retribuzione eguale per un lavoro eguale, senza alcuna discriminazione.
Ogni individuo che lavora ha diritto ad una retribuzione equa e soddisfacente che assicuri a lui e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana, usufruendo anche, se necessario, di altri mezzi di protezione sociale.
Chiunque ha diritto di fondare con altri un sindacato e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.
Insieme alla prima parte dell’art. 25, l’art. 23 apre il capitolo sul problema del sottosviluppo. Tutti infatti hanno il diritto innanzi tutto ad un lavoro, che rappresenta non soltanto una fonte di reddito ma un modo di affermare la propria dignità, la propria creatività, la capacità di migliorarsi, di avere un futuro e di sentirsi utili. Nel citato art. 25 viene fatta menzione anche del tenore di vita che deve assicurare salute e benessere, con particolare riguardo all’alimentazione e ai servizi sociali. In realtà le condizioni di vita di circa 4/5 dell’umanità sono un grande schiaffo allo spirito di questi articoli. La fame e l’Aids da sole fanno milioni di vittime ogni anno nei paesi poveri, e ciò rappresenta per il ricco mondo occidentale una vergogna ogni giorno sempre più grande, soprattutto se confrontata con l’incapacità (volontaria o involontaria fa lo stesso) di portare un benché minimo rimedio.
Se poi guardiamo ai dati più generali rispetto alla cosiddetta “sostenibilità” dello sviluppo, dalla vergogna si passa al timore e all’urgenza. Infatti i dati ONU prevedono che per il 2050 saremo 9.3 miliardi e che la maggior parte della crescita demografica avverrà nei PVS: l’Africa passerà dagli attuali 812 milioni e circa 2 miliardi. L’estensione delle foreste, oggi circa 1/3 delle superfici emerse, negli ultimi 10 anni è scesa del 2,4%. La biodiversità è minacciata costantemente: la World Conservation Union ha pubblicato nel 2000 la Red List, cioè l’elenco delle specie minacciate di estinzione, la quale riporta che il 24% delle specie mammifere e il 12% delle specie di uccelli sono globalmente minacciate di estinzione. La desertificazione e la degradazione dei suoli sono un problema sotto gli occhi di tutti: circa 2 miliardi di ettari, pari al 15% della copertura terrestre, ossia una quantità grande come USA e Messico insieme, sono classificate come degradate a causa dell’attività umana, e di questi suoli circa 1/6 è irrecuperabile. Sul versante dell’acqua le cose sono ancora più drammatiche: il 50% dei fiumi mondiali sono degradati o inquinati e circa 80 nazioni che costituiscono l’80% della popolazione mondiale soffrono seriamente carenza d’acqua. Circa 1,1 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile. L’allarme acqua è giunto fino dentro le nostre case, ma il fatto peggiore della vicenda è rappresentato dalle responsabilità umane che vi appaiono, nel senso del cattivo uso di bacini e acquedotti, sia per le speculazioni economiche che si profilano dietro. Si può terminare accennando all’anidride carbonica e all’effetto serra…. Di fronte a tutto questo che configura un prossimo collasso per il pianeta, è il caso di cominciare a parlare anche di diritti della Terra, per non dimenticarci che troppi diritti individuali uccidono la stessa possibilità futura di esercitarne alcunché.
Art 13: Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di uno Stato.
Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese.
Art 14: Ogni persona che è oggetto di persecuzioni ha il diritto di cercare e di ottenere asilo in altri Paesi.
Questi due articoli ribadiscono all’Europa xenofoba (Italia compresa) di questi ultimi tempi che ognuno ha diritto di spostarsi e quindi di migrare, sia per motivi economici, sia per motivi politici. Chiudere le frontiere agli immigrati non sarà, oltre che un gesto inutile, anche una lesione dei diritti umani?
Art 4: Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi, in qualsiasi forma, saranno proibite.
I nostri sono tempi in cui la schiavitù, lungi dall’essere sconfitta, ha ripreso vigore cambiando pelle. Milioni sono i bambini che lavorano in condizioni di schiavitù, così come molte donne e molti uomini costretti dalla fame e dai debiti a condizioni di lavoro disumane. Particolarmente crudele è lo sfruttamento dei minori che lavorano nei più disparati settori (circa 120 milioni fra i 5 e i 15 anni) secondo le stime dell’ILO (International Labour Organization). Spesso questi bambini arrivano al mondo del lavoro per le disgrazie della famiglia (quando c’è) e diventano a volte l’unica modo per affrontare i debiti o la miseria assoluta: proletariato, come lo chiamava Marx. Entrare in questo meccanismo – la schiavitù da debito individuale – comporta la fine della propria indipendenza e della propria famiglia, le cui capacità produttive vengono cedute ai proprietari creditori che “grazie ad una spirale incontrollata di interessi, costi da ripagare, multe delle quale il debitore prede subito il conto e che lo riducono alla mercé del creditore”, [5] alienandosi di generazione in generazione e svelando il vero volto schiavistico di un legame che nasce sotto le mentite spoglie di una relazione finanziaria.
Dunque, alla somma di denaro imprestata fa seguito come garanzia il lavoro che diverrà la sua catena a vita. Esempi eclatanti sono l’attività delle fornaci in Pakistan o i braceros in Repubblica Dominicana o il tessile in India. Non si deve pensare che solo nei paesi poveri avvengano questi fatti.
È notizia dell’estate italiana che nelle vicinanze di Roma è stata scoperta un’attività dove venivano impiegate donne provenienti dall’est europeo senza regolari permessi di soggiorno, che lavoravano in condizioni pericolose e che alloggiavano dietro illecito affitto nello stesso posto dove lavoravano, il tutto nel massimo segreto. Una delle tante situazioni italiane.
Si potrebbe andare avanti in questa disamina portando l’analisi all’art 5 sulla tortura che ancora oggi viene praticata in numerosi Paesi o si potrebbe allargare l’interpretazione dell’art 3 sulla vita e la sicurezza dal momento che vi è un grande movimento di massa per l’abolizione della pena di morte (praticata in molti Stati civili) che ci ricorda che la vita è un bene inalienabile. Da ricordare la discussione sulla vendita e l’uso delle armi in corso in Italia. Infatti recentemente è stato approvato il ddl 1927 [6] che grazie alla cosiddetta autorizzazione globale di progetto rende meno trasparente il sistema di controllo del commercio delle armi con la possibilità che le nostre armi, vadano ad alimentare lo stesso terrorismo che poi velleitariamente combattiamo per puri motivi di facciata.
AGIRE PER IL CAMBIAMENTO
Dall’analisi dello stato di preservazione di questi articoli appare chiaro che occuparsi oggi di diritti umani significa prendere sul serio gravi questioni di ordine sociale ed economico. Il richiamo ai diritti umani non è un mero esercizio di retorica giuridica, ma uno strumento che rende ancora più cogente la necessità di intervenire. L’uso intrecciato dei diritti umani e della cooperazione o dell’azione sociale può rappresentare una nuova strada verso la costruzione di un altro mondo. Infatti la riflessione da sola non basta, occorre suffragare con la prassi l’efficacia dei diritti umani.
In questa terza e ultima parte passiamo in rassegna alcuni strumenti utili per l’azione educativa, accanto ad una lista di indirizzi e di siti internet nei quali poter reperire informazioni o impegnarsi in prima persona.
Le campagne
La “Global March Against Child Labour”
Nata nel 1998 dall’azione di una coalizione di associazioni indiane impegnate nella liberazione dei bambini schiavi in India, la G.M. ha attraversato oltre 90 paesi coinvolgendo migliaia di persone. Grazie alla sua attività di pressione sui governi e sull’OIL, l’iniziativa ha contribuito all’approvazione della convenzione n.182, adottata il 17 giugno del 1999, relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile. Dal 2000 la G.M. è coordinata a livello europeo da Manitese, che ha lanciato la campagna omonima che consiste in un piano di azione triennale per il raggiungimento di due obiettivi fondamentali:
• lotta contro le peggiori forme di sfruttamento;
• garanzia dell’istruzione universale, gratuita e di qualità per tutti i bambini del mondo.
Per informazioni: Mani Tese, www.manitese.it
Sdebitarsi
La piaga del Debito Estero è per molti paesi poveri uno dei più gravi motivi di povertà e di mancato sviluppo. Da alcuni anni la campagna Sdebitarsi, che è parte della campagna internazionale Jubilee 2000, chiede la cancellazione del debito per i paesi più poveri e fortemente indebitati. Sdebitarsi grazie ad una massiccia opera di lobbing sui politici italiani sta ottenendo significativi successi sia sul piano legislativo che su quello effettuale. Numerosi sono state le cancellazioni già ottenute, ma il risultato più importante è che la cancellazione del debito è diventata uno strumento riconosciuto e accettato da quasi tutto il panorama politico italiano. Sdebitarsi è coordinata da una coalizione di associazioni italiane laiche e religiose, del volontariato della cooperazione internazionale, ambientaliste, sindacali e della società civile.
Per informazioni: Sdebitarsi c/o ASAL, www.sdebitarsi.org; e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Il vero costo dei diamanti
In alcuni paesi africani, come l’Angola, la Repubblica Democratica dei Congo (DRC) e il Sierra Leone, i profitti provenienti dal commercio illegale dei diamanti sono utilizzati per finanziare i conflitti armati. Il risultato è che decine di migliaia di civili sono stati uccisi o torturati e che milioni di essi sono profughi.
Circa due milioni di persone, molte delle quali vivevano nelle aree delle miniere o intorno ad esse, sono state costrette a lasciare le loro case per sfuggire ai gruppi armati durante il conflitto nella DRC; molti sono morti per la fame, il freddo e per la mancanza di cure con cui combattere le malattie contratte mentre si nascondevano dai gruppi armati.
Amnesty lnternational ritiene che migliaia, probabilmente decine di migliaia, di civili inermi siano stati deliberatamente e arbitrariamente uccisi dalle forze armate coinvolte nel conflitto fin dall’agosto 1998.
Amnesty international sta guidando una cartello di associazioni per una campagna di pressione che arrivi ad alcuni risultati concreti per rendere trasparente questo commercio.
Per informazioni: www.amnesty.it/primopiano/diamanti oppure www.manitese.it/v/diamanti.htm
Acquisti Trasparenti
La campagna Acquisti Trasparenti è stata organizzata dopo l’esperienza mondiale della Global March contro il lavoro infantile e tante altre campagne a livello mondiale, europeo e nazionale. Nasce con l’intento di promuovere una legge che responsabilizzi le aziende rispetto alle condizioni sociali e ambientali della loro produzione. Nel 1998 la campagna ha raccolto 160.000 firme di appoggio ad una petizione popolare che il 16 gennaio 1999 sono state consegnate nelle mani del Presidente della Camera dei Deputati on. Violante.
Siamo infatti sempre sicuri degli acquisti che facciamo? La camicia che indosso è stata fatta da bambini? La banana che sto per comprare è stata prodotta usando pesticidi pericolosi? Quale salario è stato pagato agli operai che hanno costruito questo giocattolo? La colla usata per le mie scarpe ha avvelenato i polmoni di chi le ha prodotte?
Oggi le domande come queste sono destinate a rimanere senza risposta perché non esiste una legge che obblighi le imprese alla trasparenza riguardo alle condizioni sociali ed ambientali della loro produzione.
Di conseguenza tutti noi rischiamo di essere complici inconsapevoli delle peggiori forme di sfruttamento e inquinamento: sfruttamento del lavoro infantile, lavoro forzato, orari di lavoro massacranti, salari indegni, negazione delle libertà sindacali, maltrattamenti nel luogo di lavoro, assenza delle più elementari norme di sicurezza.
Tutte queste sono cose che quotidianamente milioni di lavoratori in tutto il mondo devono affrontare, molto spesso quei lavoratori che producono le merci che poi noi inconsapevolmente acquisteremo. Analogamente, non è possibile sapere quanta energia viene impiegata durante la produzione, quanti e quali rifiuti vengono prodotti, come vengono trattate le sostanze inquinanti, come vengono controllati gli ambienti di lavoro.
Per informazioni:
- Mani Tese, e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
- Rete Lilliput nodo di Firenze, e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
- CNMS, e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
- Amnesty International, e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
- AIFO, e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
- CTM, e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
SCELTE QUOTIDIANE
Attraverso quali modi è possibile vivere quotidianamente l’impegno verso al tutela dei diritti umani? Il passaggio fondamentale è rendersi conto che viviamo in un mondo interdipendente dove ogni mia azione è legata ad altre, a monte e a valle, come in un gioco del domino. Da questa ottica vestirsi, mangiare, divertirsi, investire i propri soldi ecc. diventano azioni che possono avere una relazione con le violazione dei diritti umani. In che modo vengono usati i soldi che ho investito in banca? Come sono trattati i lavoratori che hanno costruito le mie scarpe? Lavorano bambini nelle piantagioni di cacao da cui proviene la mia “colazione” mattutina? Suggeriamo alcune scelte per testare il nostro grado di impegno:
– il commercio equo e solidale;
– la banca etica;
– il turismo responsabile.
Commercio equo e solidale
Trade not aid (Commercio, non aiuto) è lo slogan che accompagna il movimento del commercio equo e solidale fin dalla sua nascita avvenuta 30 anni fa, quando un gruppo di giovani inaugurò a Breukelen in Olanda la prima bottega del mondo. Ma che cosa è esattamente il commercio equo e solidale?
È un’attività che promuove giustizia sociale ed economica, sviluppo sostenibile, rispetto per le persone e per l’ambiente, attraverso il commercio, l’educazione e l’azione politica.
Si realizza tramite la commercializzazione di prodotti provenienti dai paesi del Sud del mondo al di fuori dei canali che generalmente regolano il commercio internazionale, attivando quindi un contatto diretto tra produttori e consumatori.
In genere l’aiuto pubblico allo sviluppo o la semplice beneficenza non hanno cambiato i rapporti iniqui e non hanno inciso sulle cause della miseria; un cambiamento nel commercio può farlo. È questo in sostanza il significato dello slogan.
Gli obiettivi del commercio equo sono i seguenti:
– Promuovere migliori condizioni di vita nel Sud del Mondo rimuovendo gli svantaggi sofferti dai produttori per aumentarne l’accesso al mercato.
– Tramite la vendita di prodotti, divulgare informazioni sui meccanismi economici di sfruttamento, favorendo la crescita di un atteggiamento critico nei confronti del modello economico dominante e la ricerca di modelli di sviluppo alternativi.
– Organizzare rapporti commerciali e di lavoro non finalizzati al profitto ma al rispetto e alla valorizzazione delle persone.
– Promuovere i diritti umani, in particolare dei gruppi e delle categorie svantaggiate.
– Mirare alla creazione di opportunità di lavoro a condizioni giuste tanto nel Sud come nel Nord del mondo.
Tali obiettivi si realizzano con il soddisfacimento dei seguenti criteri:
– Acquisti diretti eliminando ogni tipo di intermediario commerciale.
– Un prezzo equo concordato con i produttori, che tenga conto del loro lavoro, delle loro necessità di base e del contesto economico in cui vivono.
– La concessione ai produttori di un prefinanziamento per coprire i costi di produzione.
– Trasparenza del prezzo da riportare sul prodotto in modo che il consumatore possa sapere quale percentuale del prezzo va direttamente al produttore del sud e, attraverso schede di accompagnamento, capire quali sono i meccanismi che giustificano un costo del prodotto più alto rispetto al prodotto normale, non etico.
– Acquisti da produttori organizzati in associazioni o cooperative secondo principi di democrazia di base e partecipazione collettiva.
– Sostenibilità e rispetto delle produzioni con metodi tradizionali in modo da preservare e migliorare la capacità tradizionale.
I canali di distribuzione dei prodotti del commercio equo sono le circa 3500 “botteghe del mondo” le quali, oltre al compito di commercializzare i prodotti, svolgono attività di sensibilizzazione e coscientizzazione presso i consumatori, sulla base di una sinergia tra volontariato e figure professionali esperte nel settore commerciale.
Per informazioni: consultare il sito di CTM www.altromercato.com (la più importante centrale di distribuzione italiana) che contiene numerose informazioni e la mappa completa della dislocazione delle circa 3500 botteghe del mondo.
Banca etica
Qualche anno fa molte organizzazioni del volontariato e della solidarietà sociale iniziarono ad interrogarsi sul ruolo del denaro, della finanza e dell’impresa. Presero così coscienza di quanto lo sviluppo e il benessere di una collettività fossero in stretto rapporto anche con il denaro e con le attività ad esso collegate. Ci fu allora la consapevolezza che un atteggiamento di distacco da questi mezzi avrebbe potuto definitivamente sancire una delega che avallava un’idea di sviluppo economico non sempre al servizio dell’uomo. Veniva quindi messo in discussione verso quale sviluppo e crescita fossero finalizzate le attività finanziarie. Si sentì allora l’esigenza di una più ampia concezione dello sviluppo umano e sociale, uno sviluppo, cioè, ove la produzione della ricchezza e la sua distribuzione si fondassero sui valori della solidarietà civile piuttosto che sull’imperativo dell’efficienza. Nacque così l’idea di banca etica, una banca intesa come punto di incontro tra risparmiatori che condividevano l’esigenza di una più consapevole e responsabile gestione del proprio denaro, e quelle realtà socio-economiche che avevano come finalità la realizzazione del bene comune. Banca etica oggi ha la veste giuridica di una banca popolare particolare. Si differenzia dalle altre banche per: la partecipazione del cliente alle scelte degli investimenti; la possibilità per il cliente di determinare il tasso d’interesse; la nominatività dei titoli. In base ai principi della massima tra trasparenza sull’uso dei soldi e della partecipazione Banca etica richiede al cliente la destinazione d’uso dei soldi raccolti: cooperazione sociale e volontariato organizzato; associazioni ambientaliste e agricoltura biologica; cooperazione allo sviluppo del terzo mondo; commercio equo e solidale; iniziative culturali; nessuna preferenza. È la cosiddetta eticità degli impieghi finanziati. Gli strumenti finanziari di cui si serve per la raccolta sono: Certificati di Deposito, Obbligazioni, Libretti di Risparmio, Conti Correnti.
Banca etica è una realtà ormai consolidata e opera sul territorio dal 1999 dopo un lungo periodo di gestazione e di preparazione come cooperativa Verso la Banca etica.
Per informazioni: Banca etica, www.bancaetica.com - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Il turismo responsabile
Il turismo è un fenomeno complesso, le cui conseguenze in termini di impatto ambientale, culturale, sociale ed economico non possono più essere ignorate.
Impatto che spesso è devastante, soprattutto nei paesi del sud del mondo, dove la perdita di valori e tradizioni, la sottrazione di risorse, il disagio sociale dovuti all’invasione del turismo di massa non vengono nemmeno compensati da un’equa redistribuzione del reddito generato.
Di fronte a questa situazione è nata l’esigenza di viaggiare in un modo la cui prima caratteristica è la consapevolezza: di sé e delle proprie azioni, anche quando sono mediate dal comprare (un biglietto, un regalo, una stanza per dormire), della realtà dei paesi di destinazione (sociale, culturale, economica, ambientale), della possibilità di una scelta meditata e quindi diversa. Questo è Turismo Responsabile: un viaggiare etico e consapevole che va incontro ai paesi di destinazione, alla gente, alla natura con rispetto e disponibilità. Un viaggiare che sceglie di non avallare distruzione e sfruttamento, ma si fa portatore di principi universali: equità, sostenibilità e tolleranza.
Il 23 novembre 1997 a Verona undici associazioni impegnate a vario titolo sul fronte del turismo hanno sottoscritto un documento denominato “Turismo Responsabile: Carta d’Identità per Viaggi Sostenibili”, con l’obiettivo comune di promuovere un modo di fare turismo che sia equo nella distribuzione di proventi, rispettoso delle comunità locali e a basso impatto ambientale. Scopo della Carta è evidenziare i punti imprescindibili attraverso i quali è possibile realizzare un viaggio che abbia davvero queste caratteristiche. Attraverso tre fasi temporali – prima, durante e dopo – vengono presi in esame tutti gli aspetti principali del viaggio, fornendo indicazioni concrete sulle modalità da applicare, sensibilizzando sia l’utente che il tour operator.
Le undici associazioni che hanno sottoscritto a Verona la “Carta d’identità per viaggi sostenibili” hanno dato vita a Milano, nel maggio 1998, all’Associazione Italiana Turismo Responsabile per la diffusione e la realizzazione dei principi contenuti nella Carta. AITR è oggi formata da 26 associazioni non profit che si occupano a diverso titolo di turismo e da diversi soci individuali. Sono stati recentemente costituiti, nell’ambito della programmazione 1999, quattro tavoli di lavoro che si occupano rispettivamente di: turismo in uscita dall’Italia, turismo in Italia, scuola e turismo, informazione e turismo. È stata inoltre lanciata una campagna di boicottaggio al turismo in Birmania.
Per informazioni: A.I.T.R. e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
MOSTRE
La città dei diritti umani
La mostra La città dei diritti umani è un’esperienza educativa multimediale, un percorso che porta a comprendere le esigenze e le emergenze che hanno motivato la necessità di formulare una base comune di diritti a tutti gli esseri umani.
Una comprensione che deriva dall’interazione dei visitatori con la realtà di violazione dei diritti umani via via presentate in modo da far “vivere” loro la mostra in prima persona. Una comprensione utile a far nascere la consapevolezza che anche il singolo può essere protagonista del cambiamento e suscitare così il desiderio e la decisione di “fare qualcosa”. L’iniziativa si inserisce nell’ambito del “piano d’azione per l’educazione ai diritti umani e alla democrazia” adottato nel 1993 dall’UNESCO e del Decennio dell’ONU per l’educazione ai diritti umani (1995/2004), adottato anche dal Governo italiano nell’ambito di un Piano d’Azione Nazionale.
Per informazioni: www.mostradirittiumani.it
Centro Ashoka
Comitato per l’educazione
alla pace e ai diritti umani
Via Mariti, 2 - 50100 Firenze
TESTI
Michele Greco (a cura di), Diritti umani e ambiente. Giustizia e sicurezza nella questione ecologica. È recentissima l’inclusione della problematica ambientalista nell’orizzonte di un’organizzazione come Amnesty International. Ma è una strada, a quanto pare, imboccata irreversibilmente. Questo libro non è un rapporto sulla questione, ma dà fondamenti “filosofici” alla collaborazione possibile tra i due ambiti che cominciano a intersecarsi, senza nascondersi le difficoltà: “Tra i due movimenti esistono anche vaste aree di conflitto: è il caso del diritto a formare una famiglia numerosa – rivendicato da alcuni movimenti per i diritti umani e in netto contrasto con quanto asserito dai gruppi ambientalisti in tema di sovrappopolazione – oppure della diversa importanza attribuita al miglioramento, da un lato, delle condizioni di vita degli uomini e, dall’altro, alla preservazione e alla salvaguardia dell’ambiente”. Un caso come l’uccisione del sindacalista brasiliano dei cavatori di gomma, Chico Mendes, “ha dimostrato che diritti umani e questioni legate all’ambiente sono collegati in modo inestricabile”. Edizioni Cultura della Pace (tel. 055 599985), San Domenico di Fiesole (Fi), 2000, pp 232, Lit 15.000.
Rabia Abdessemed, La gatta di maggio. Racconti algerini per un’educazione ai diritti umani. Due parti: la prima, tredici racconti di una scrittrice algerina; quindi un apparato didattico curato dal Cres (Centro ricerca educazione allo sviluppo). Gli insegnanti hanno così a disposizione la proposta di moduli, bibliografie, strumenti per itinerari di approfondimento dei diritti umani. Cres / Edizioni Lavoro, Roma, 2001, pp 214, Lit 25.000.
Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale brasiliana – Nord II, I nuovi schiavi del lavoro. Una ricerca per documentare e denunciare un problema nuovo anche se antico. Perché la schiavitù è il ricordo dei tempi coloniali, ma anche un fenomeno coerente con il processo di globalizzazione ed esclusione sociale. Dopo aver reso cattiva la terra con la conquista, oggi si rende “cattiva” la persona con la marginalizzazione e quella che gli esperti chiamano apartheid sociale. Dalle fazendas brasiliane, allora, non arrivano le grida di un mondo medievale che ancora non ha conquistato il mercato moderno ma, piuttosto, ci viene presentato il dramma tutto attuale della persona ridotta a oggetto. Schiavizzare sembra essere l’ultima tappa di un processo violento di inserimento dell’agricoltura di questo e altri paesi tropicali nel mondo contemporaneo. Emi, Bologna, 2000, pp 190, Lit 18.000.
Vittorino Ferla (a cura di), L’Italia dei diritti. Il testo raccoglie il lavoro del movimento di “Cittadinanza attiva” e si propone come una produzione editoriale e culturale di informazione civica. Limitata, come ci avverte Giovanni Moro nell’introduzione, ma anche stimolo per la costruzione di una “nuova cittadinanza” attraverso l’impegno nella sanità, nei servizi e nella giustizia che sono poi le tre sezioni tematiche di cui si compone l’opera. Cittadino, cioè, non è solo colui che vota, ma anche colui che compra, che studia, che amministra, che educa. Il problema dei diritti del cittadino, poi, è una questione globale e non settoriale se è vero, come sostengono i sostenitori e gli ideatori di questo libro, che la costruzione di un’Italia dei diritti rimane la risposta e l’attuazione più credibile della Costituzione repubblicana. Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole (Fi), 2000, pp 255, Lit 28.000.
Amnesty International, Il tempo dei diritti. Piccolo ‘ideario’ per l’educazione ai diritti umani. Non un breviario, ma un “ideario”, come da sottotitolo, per l’educazione ai diritti umani. Nel campo dei diritti bisogna cioè puntare alto: non solo denunciare un diritto che non c’è, ma educare a un dovere (la giustizia, l’uguaglianza) che lo fonda. Opera indirizzata prevalentemente alla scuola, offre ai suoi operatori una ricca filmografia e bibliografia, e una seconda parte tutta dedicata agli attrezzi didattici (giochi di ruolo compresi) per formare sui diritti umani. Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole (Fi), 1999, pp 204, Lit 15.000.
Nessuno tocchi Caino, La pena di morte nel mondo. Rapporto 2001. Checché se ne pensi delle sue immagini socialcommerciali, non puoi non andare, per prima cosa, al suo “intervento” di cinque scarse pagine. “Sembra di entrare in una prigione africana, non in una prigione degli Stati Uniti”. Oliviero Toscani si aggira per i bracci della morte, e scatta. Impressionato dallo sguardo dei condannati che tutti li accomuna – che esprime “il vuoto del vivere” – “anch’io mi sono spogliato di tutta l’attrezzatura e ho fatto tutte le foto con una macchina semplicissima‚ utilizzando la cruda drammaticità delle luce verdastra delle lampade al neon”. Ma è la Cina che si conferma lo stato più mortifero al mondo (oltre mille esecuzioni nel 2000), seguita (o doppiata, secondo l’opposizione) dall’Iraq. Il numero degli stati abolizionisti è comunque in crescita. E con notizie positive dall’Africa, “il continente con il più alto numero di paesi abolizionisti di fatto”. Questo quarto rapporto dell’associazione Nessuno tocchi Caino è una miniera di informazioni, paese per paese. Uno strumento indispensabile per lottare contro l’omicidio di stato. Marsilio, Venezia, 2001, pp 590, _ 14,46 (Lit 28.000).
Human Rights Watch, World Report 2000. L’ultimo, voluminoso rapporto di una delle più affidabili organizzazioni per i diritti umani, copre il periodo che va dal novembre ’98 all’ottobre ’99. Il maggior numero di pagine è dedicato ai singoli paesi (14 quelli africani); vengono poi alcuni temi: armi, diritti dei bambini e delle donne; e ancora: multinazionali e diritti umani, libertà di espressione su internet, campagna contro le mine, Corte criminale internazionale di giustizia. Una messe di informazioni imperdibile. Human Rights Watch, New York-Washington-London-Brussels, 1999, pp 517.
Bertrand Solet, Tortura. Testimoni contro il silenzio. Due storie di tortura, dal Rwanda e dalla Turchia, accompagnate dalle rispettive schede sulla situazione nel paese africano e del popolo curdo. Poi, nella seconda parte del libro, alcuni approfondimenti sulla tortura, dal punto di vista storico e di oggi, e una presentazione del lavoro di Amnesty International e del rapporto del 1999. “Restituire ai torturati la dignità di persona, la fiducia nel mondo. Conoscere la loro storia, avere la voglia e il coraggio di ascoltare ciò che hanno passato. Questo libro ci aiuta anche a sperare che la battaglia contro la tortura possa davvero essere vinta” (dalla Prefazione). Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1999, pp 96, Lit 18.000.
Undp, Rapporto 2000 sullo sviluppo umano 11. I diritti umani. A dieci anni di distanza il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo rivisita l’intreccio tra economia e diritti umani che era stato alla base della formulazione del nuovo concetto di sviluppo umano, inteso come ampliamento delle scelte a disposizione degli individui. Da allora l’Undp pubblica annualmente un rapporto diventato un punto di riferimento per l’analisi dello stato del mondo, anche grazie all’uso di particolari indici statistici. Il Rapporto 2000 tenta di approfondire il legame tra diritti umani e sviluppo umano tenuto conto dei loro obiettivi comuni: la promozione della libertà, del benessere e della dignità delle persone. Dal punto di vista concettuale il rapporto non aggiunge nulla a quello che alcuni economisti hanno già elaborato da tempo, si pensi ai lavori di Amartya Sen, Nobel per l’economia, a proposito delle carestie: queste non si manifestano laddove la partecipazione politica impone ai governi di prendere misure adeguate per prevenirle. Se l’interdipendenza tra diritti umani, crescita economica e benessere è ben conosciuta, il rapporto si sforza di metterne in evidenza le molteplici possibilità, insistendo in modo particolare sulla necessità della partecipazione, contrapponendo al concetto di democrazia maggioritaria quello di democrazia inclusiva (il potere è distribuito e si regge sul principio del consenso e non sulla brutale legge della maggioranza). In questa prospettiva viene messo l’accento sulla necessità di porre fine alla pratica dei negoziati segreti tra istituzioni internazionali e governi nazionali, all’insaputa di coloro che saranno colpiti dalle decisioni. Il riferimento implicito ai negoziati commerciali e al movimento di Seattle è evidente, appare invece bizzarro il pregiudizio nei confronti delle manifestazioni di piazza, come se queste non fossero forme possibili di partecipazione. La prudenza e un certo equilibrismo addomesticano dunque la denuncia delle innumerevoli contraddizioni del processo di globalizzazione e del tentativo degli stati di governarlo. Si sa, un rapporto non fa il movimento, ma questo può utilmente appropriarsene. Rosenberg & Sellier, Torino, 2000, pp 314, Lit 39.000.
Amnesty International, Diritti senza pace: difendere la dignità umana nei conflitti armati. Il contesto storico attuale impone una novità nella riflessione sui diritti umani: quale rapporto, infatti, tra gli aiuti umanitari e la difesa dei diritti umani? I fatti recenti nei vicini Balcani pongono ancora più urgentemente il problema: quale risposta ad un’emergenza umanitaria che non sia solo e obbligatoriamente l’intervento armato? La domanda, dicono gli autori, pone un problema non solo di efficacia, ma anche e soprattutto di senso: mai più difendere i diritti di alcuni calpestando quelli di altri! Un libro scritto da chi di diritti umani se ne intende, e contro la “sindrome dell’irrilevanza”. Edizioni Cultura della Pace, Fiesole, 1998, pp 130, Lit 15.000.
Amnesty International, Rapporto Annuale 1999. Pochi gli stati che riescono a sfuggire alla lista “di disonore” redatta da Amnesty. Oltre ai rapporti riguardanti circa 140 paesi, ci sono molti altri argomenti generali o specifici: l’apertura è dedicata alla pena di morte; una delle appendici è un commento all’applicazione della legge 185 sul commercio delle armi italiane. Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole (Fi), 1999, pp 592, Lit 33.000.
I rifugiati nel mondo. La ricerca delle soluzioni a cura dell’Acnur. “Nessuno dovrebbe essere costretto a diventare rifugiato per poter sopravvivere”. È il messaggio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), l’organismo istituito nel 1951 con il compito di fornire assistenza e protezione a milioni di persone nel mondo (27,5 al 1° gennaio ’95). Denunciare davanti all’opinione pubblica il ripetersi sistematico delle violazioni dei diritti umani, causa dei massicci spostamenti di popolazioni, è uno degli scopi che l’Acnur si prefigge mediante le sue pubblicazioni. Le informazioni presentate in questo volume sono tratte da documenti inediti sia dell’Acnur che di altri partner operativi e organismi del sistema delle Nazioni Unite. Può essere richiesto gratuitamente a: Acnur (via Caroncini 19, 00197 Roma – fax 06-8076499), 1995, pp 264.
Acnur (ed.), I rifugiati nel mondo. Esodi di popolazione: un’emergenza umanitaria. La principale organizzazione mondiale per i rifugiati assiste 22 milioni di persone, provenienti per lo più dai paesi più poveri. Non solo ospiti di campi profughi, ma anche sfollati in cerca di asilo, vittime di guerra, apolidi. Questo rapporto analizza (con dati statistici, cartine geografiche e opinioni) situazioni in tutto il mondo: per l’Africa la regione dei Grandi Laghi, il Corno d’Africa, il rimpatrio dei Tuareg verso Mali e Niger, l’operazione Lifeline in Sudan. Acnur, ufficio per l’Italia (fax 06-8076499), Roma, 1997, pp 301.
Amnesty International, Liberi di essere. Storie a lieto fine di Amnesty International. A forza di bere dati e informazioni propinati quotidianamente dai mezzi di comunicazione di massa, c’è il rischio che anche la coscienza, dopo la comunicazione, diventi virtuale. Bisogna, come titola l’introduzione, riconoscere il grande racconto vivente che esiste sotto e dentro i dati di torture, violazione dei diritti umani, privazioni di libertà, ecc. Ed è proprio ciò che la sezione italiana di Amnesty International si propone di fare con quest’opera. Sono dieci racconti che fanno vivere i dati e le informazioni di altrettanti casi di violazione dei diritti umani un po’ in tutto il mondo. Sono storie felici eppure vere, perché “la cultura della pace, per alimentare la propria carica utopica, ha un grandissimo bisogno di realtà”. Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole (Fi; tel. 055-580550), 1997, pp 133, Lit 13.000.
D’Andretta P., Il gioco nell’educazione interculturale, EMI, Bologna 1999 (contiene un interessante capitolo sul “giocare” i diritti umani)
Drerup A., Educare ai diritti. Una “cassetta degli attrezzi”, Amnesty International, 1995.
Lotti F. e Giandomenico N., Insegnare i diritti umani, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1998.
Bobbio N., L’età dei diritti, Einaudi Tascabili, Torino, 1997.
Casavola F.P., I diritti umani, Cedam, Padova, 1997.
Cassese A., Umano-disumano. Commissariati e prigioni nell’Europa di oggi, Laterza, Bari, 1994.
Ciaurro L. e Marchesi A., Introduzione ai diritti umani. A cinquant’anni dalla Dichiarazione Universale, Amnesty International, Edizioni Cultura della Pace, 1998.
Amnesty International, Rapporto Annuale 2002
Giuseppe Giliberti (a cura di), Strumenti internazionali sui diritti umani, Amnesty International, 1995.
Sezione Italiana di Amnesty International (a cura della), Il grande libro dei diritti dei bambini, Edizioni Sonda, 1996.
Amnesty International (a cura di), Democrazia e diritti violati (Il caso Stati Uniti), con interventi di
Daniele Scaglione e Marco De Ponte, Edizioni Cultura della Pace, pag. 125, L. 15.000.
D. Archibugi e D. Beetham, Diritti umani e democrazia cosmopolitica, Feltrinelli Editore, 1998.
Jürgen Habermas, La costellazione postnazionale (Mercato globale, nazioni e democrazia), Feltrinelli Editore, 1999.
Pietro Vulpiani (a cura di), L’accesso negato (Diritti, sviluppo, diversità), Armando Editore, 1998.
Michael Walzer, Sulla tolleranza, Editori Laterza, 1998.
Alessandro De Giorni, Zero tolleranza, Edizioni DeriveApprodi, 2000.
LINKS
www.amnesty.it → sito web di Amnesty International-Italia
www.amnesty.org → sito web di Amnesty International
www.cepadu.unipd.it → sito web del Centro di studi e di formazione sui diritti dell→uomo e dei popoli dell’Università di Padova (archivio che raccoglie e rimanda a tanti siti di documenti)
www.cidh.org → sito web della Comisión Interamericana de derechos humanos
www.coe.int → sito web del Consiglio di Europa
www.derechos.net → sito web del Derechos Cafe sui diritti umani
www.echr.coe.int → sito web della Corte Europea dei diritti umani
www.edf.unicall.be → sito web del Forum Europeo Disabilità
www.globalmarch.org → sito web della Campagna Mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile
www.hirondelle.org → sito web sul Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda
www.hri.org → sito web di Human Rights International
www.hrw.org → sito web di Human Rights Watch
www.igc.org/icc/ → sito web di Coalition for International Criminal Court
www.ilo.org → sito web dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro
www.manitese.it → sito web di Manitese-Italia
www.mostradirittiumani.it → sito web della mostra itinerante: “I diritti umani nel mondo contemporaneo”
www.nessunotocchicaino.it → sito web dell’Associazione Nessuno Tocchi Caino, contro la pena di morte
www.oas.org → sito web dell’Organization of American States
www.oau.org → sito web dell’Organization for African Unity
www1.umn.edu/humanrts/africa/comision.html → sito web dell’African Commission of Human and People's Rights
www.un.org → sito web delle Nazioni Unite
www.unhchr.ch → sito web dell’Alto Commissariato dei diritti umani delle Nazioni Unite
www.unhcr.ch → sito web dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati
www.unesco.org → sito web del Fondo delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura
www.unicef.org → sito web del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia
www.unimondo.org → portale sui temi dello sviluppo umano sostenibile (all’interno della sezione guide è possibile trovare articoli, campagne in atto e links sui diritti umani)
www.up.ac.za/chr → sito web dell’Istituto per I diritti umani e lo sviluppo del Gambia che contiene un data base sui diritti umani in Africa e links
www.iidh.org → sito web Istituto Internazionale dei diritti dell’uomo di Strasburgo
NOTE
[1] Rizzi A., L’Europa e l’Altro, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo, MI, 1991 p. 104.
[2] Kant I., Fondazione della metafisica dei costumi, Laterza, Roma-Bari, 1985 p. 61.
[3] Rizzi A., op. cit., p. 104.
[4] Lévinas E., Totalità e Infinito, Jaca Book, Roma 1980, pp. 217-219.
[5] Cospe – Manitese – Ucodep, Mai più schiavi, liberi per cambiare il mondo, Dossier, Firenze 2001, p. 11.
[6] Occorre ricordare per precisione che anche il precedente governo aveva presentato un ddl simile, il 4431. Per maggiori informazioni cf l’articolo di Chiara Buonaiuti, Meno trasparenza nel commercio delle armi, Osservatorio Sul Commercio delle Armi – O.S.C. Ar – Ires Toscana, www.peacelink.it