Giancarlo Milanesi
(NPG 1989-02-13)
L'area dell'etica risulta alquanto trascurata dagli studiosi della condizione giovanile, i quali in generale hanno preferito associare questo tema a quello della religione. In realtà il comportamento morale può essere` considerato uno dei dati sintomatici per la conoscenza globale della condizione giovanile, proprio perché attorno ad esso si intrecciano le questioni dei bisogni e dei valori, dellescelte e dei progetti, e si coagulano le tematiche centrali dell'autorealizzazione e dell'identità, della felicità e della qualità della vita.
Per analizzare adeguatamente il quadro attuale degli orientamenti morali dei giovani è necessario rifarsi brevemente all'evoluzione che la coscienza morale sembra aver avuto negli ultimi decenni nelle successive generazioni giovanili.
LA CONTINUITÀ PRIMA DELLA CONTESTAZIONE
Gli studi riguardanti la coscienza morale dei giovani prima del 1968 si sono rivolti soprattutto al contemito dei loro orientamenti morali.
All'inizio degli anni '60 e fin verso la metà del decennio si poteva, a tale riguardo, notare una situazione di so-stanziale continuità con il passato:
- la moralità fondamentale si esprimeva in un profondo rispetto della persona singola, che era ancora radicato in motivazioni essenzialmente religiose e vissuto in un quadro di solidarietà particolaristiche (quelle cioè riferibili alla famiglia, al vicinato, al gruppo amicale, al villaggio);
- avevano invece minor evidenza le componenti universalistiche, cioè gli elementi di una moralità ispirata ad una più generalizzata apertura verso gli altri, cioè verso la più grande comunità, l'intera società.
Al massimo si poteva dire che la moralità caratterizzata da solidarismo universalista era intesa solo come estensione del rispetto tradizionale della singola persona e del solidarismo particolarista.
Queste tendenze erano rapportate dagli studiosi alla condizione di «familismo», termine con cui uno studioso americano (Banfield) aveva cercato di definire una società come quella italo-meridionale, tutta centrata attorno ai valori della istituzione cardine (la famiglia), preoccupata di salvaguardare la propria identità e funzione mediante la massimizzazione dei legami di dipendenza e di appartenenza dei propri membri. Il solidarismo particolarista si specificava così, oltre che come moralità del rispetto della persona, come moralità del gruppo familiare e delle attività emotivo-affettive ad esso connesse.
P.G. Grasso notava inoltre che il quadro dei valori morali appariva ancora, agli inizi degli anni Sessanta, sostanzialmente agganciato alla tradizionale matrice cristiano-latina che ne garantiva una chiara legittimazione di tipo sacrale; infine, tale quadro sembrava godere di una notevole omogeneità rispetto alle variabili di status interne alla condizione giovanile, cioè non metteva grosse differenze tra maschi e femmine, tra giovani di diversa scolarità, estrazione sociale, ecc.
Contemporaneamente a queste osservazioni di Grasso, altri studiosi (tra cui lo stesso Pasolini) facevano notare che già era all'opera un processo di notevole cambiamento della base culturale italiana, con fenomeni di sfaldamento della cultura tradizionale cui tentava di sostituirsi una nuova cultura di massa, ispirata dai valori individualisti-utilitaristi dei ceti medi emergenti, iniziatori e garanti del boom economico. È certo che l'equilibrio descritto da Grasso era destinato a durare poco, sotto i colpi della trasformazione urbano-industriale.
Sintomi di cambiamento
Già alla fine del periodo analizzato (a cominciare dal 1965) si notavano i sintoni di alcuni cambiamenti rilevanti (Milanesi, 1970).
Era in atto anzitutto la rottura dell'unità e della continuità della cultura e della matrice morale tradizionale, con due tendenze abbastanza ben identificabili:
- crescente emergenza di un polo di moralità sociale e progressiva specificazione di tale moralità verso una dimensione chiaramente politica;
- crescente «secolarizzazione» di questa nuova moralità di carattere solidarista e tendenzialmente ugualitaria.
Si potevano nutrire dubbi sulla «originalità» giovanile di questi cambiamenti, in quanto i fenomeni si verificano anche nel più ampio contesto adulto, come sensibilità generale e tendenza comune di tutta la popolazione; sembra certo però che i giovani accolgono con maggior impegno e interesse la nuova moralità e la spingono con maggiore impulso verso il suo esito «politico».
E necessario peraltro analizzare con più attenzione il senso della rottura indicata e dell'emergenza ipotizzata:
La rottura del precedente equilibrio permette di identificare una pluralità di nuclei emergenti di moralità giovanile, ben messa in evidenza dalle ricerche di Grasso (1974) e Milanesi (1970):
- una moralità «naturale», intesa come atteggiamento di condanna verso tutte le forme di venalità, sfruttamento del potere e della forza a scopo di lucro, e come disposizione a condannare come immorale ciò che comporta lo sfruttamento della debolezza o dell'ignoranza altrui, soprattutto nel caso in cui vi sia l'aggravante dell'ingiusta acquisizione;
- una moralità della «lealtà societaria»: atteggiamento crescente di distacco dalla moralità del sotterfugio (secondo cui è importante «farla franca») e crescita del senso comunitario, cioè di un solidarismo non solo e non più particolarista;
- una moralità della «solidarietà con gli uguali»: implica anche un senso di fiducia verso l'area indistinta del «pubblico» e un sospetto generalizzato verso l'area del «privato»;
- una moralità della «liberalità»: comporta apprezzamento per i comportamenti che al di là della giustizia commutativa manifestano un sentimento di generosità gratuita;
- una moralità «difensiva»: esprime una valutazione positiva per i comportamenti che evidenziano moderazione nella difesa dei propri diritti o rifiuto delle forme di prevaricazione di ogni genere;
- una moralità «commutativa»: comprende un alto senso della giustizia sociale, sia a livello privato, sia a livello nazionale o internazionale (cioè nei rapporti micro e macro-sociopolitici);
- una moralità dell'«impegno»: esprime severità verso i comportamenti ludico-evasivi che implicano una certa dispersione o spreco di risorse e calo dell'impegno sociale.
- una moralità della «tolleranza».
Si tratta, complessivamente, di «nuclei emergenti», che però convivono in modo giustapposto insieme a tronconi di moralità tradizionale e che sono comunque distribuiti in misura ineguale nella popolazione giovanile.
Una coscienza politica progressiva
L'emergere di una nuova forma di solidarismo universalista era stato studiato negli stessi anni da C. Tullio-Altan (1976), il quale parlava di una «coscienza politica progressiva», definibile come un «atteggiamento criticamente attivo in rapporto all'assetto attuale della società», fondato su «un certo grado di interesse per i problemi economici e politico-sociali della società» e su una speciale attenzione per «certi tipi di ingiustizie sociali politicamente più significative».
Sono di un certo interesse alcune considerazioni di C. Tullio Altan, tendenti a caratterizzare i modi con cui si presenta la «coscienza politica progressiva» nei diversi strati della popolazione giovanile:
a) si tratta di un fattore diversamente concentrato nei gruppi di giovani appartenenti alle diverse classi sociali; sulla base di questa premessa è possibile articolare una tipologia che comprende giovani borghesi conservatori, piccolo-borghesi, borghesi libertari, ceto medio progressivo, classe operaia, lavoratori sindacalizzati, sottoproletari;
b) si tratta di un fattore diversamente presente nei giovani residenti nelle diverse regioni; e su questa base è possibile evidenziare tendenze specifiche nelle grandi ripartizioni geografiche, con maggiore «coscienza politica progressiva» nelle zone di più grande sviluppo urbano-industriale;
c) si tratta di un fattore molto influenzabile dalle scelte politiche (in particolare da quelle partitiche); in modo specifico sembra associato maggiormente a certi orientamenti partitici verso l'area della sinistra;
d) si tratta di un orientamento ancora controbilanciato in molti giovani da atteggiamenti di segno diverso come la «protesta individualista» e la «indipendenza», che denotano la persistenza di un orientamento di tipo particolarista. Questi atteggiamenti inoltre appaiono distribuiti in maniera omogenea in tutta la stratificazione sociale dei giovani, dimostrando la continuità culturale con il passato;
e) il contenuto analitico delle dimensioni analizzate (cioè «coscienza politica progressiva», «protesta individualista» e «indipendenza») è determinato dalla presenza o assenza combinata di atteggiamenti specifici, aventi uno spessore anche etico, come:
- familismo tradizionale (nel senso già descritto da Banfield);
- il qualunquismo autoritario, contrapposto all'impegno democratico;
- il fedeismo cattolico, contrapposto alla concezione laico-secolarizzata della vita;
- il conservatorismo politico-economico, contrapposto all'apertura verso posizioni di sinistra;
- il rifiuto del «diverso», contrapposto all'accettazione incondizionata dell'altro.
Il contributo di C. Tullio-Altan insieme a quello dei già citati Grasso e Milanesi offre dunque un quadro piuttosto variegato delle posizioni etiche dei giovani alla vigilia del '68: un'incipiente apertura verso una morale di tipo sociale-politico, il persistente impatto della morale particolarista (oscillante tra personalismo socializzato e individualismo familista), una situazione di forme e di atteggiamenti etico-sociali.
LA POLITICIZZAZIONE DELL'ETICA
Il Sessantotto rappresenta, a giudizio di molti osservatori, non un'esperienza globale di tutta la condizione giovanile italiana, ma un avvenimento e un'epoca che vede come protagonisti i giovani dotati di alti livelli di scolarizzazione, appartenenti ai ceti medi e medio-inferiori minacciati da fenomeni di declassamento e proletarizzazione, desiderosi pertanto di non perdere il potere promesso ma non ancora conquistato; giovani che non esitano ad appropriarsi della cultura, del progetto politico e dell'etica che in quel momento sembrano vincenti (cioè l'ideologia della «rivoluzione a sinistra»), anche se si tratta di un contenuto programmatico in gran parte estraneo alla loro appartenenza di classe.
Anche accettando l'ipotesi che il '68 rappresenti un avvenimento di parte (ne sono esclusi ad esempio i giovani lavoratori, specie operai), non si può escludere che la soggettività giovanile da esso espressa, e perciò la sensibilità morale che vi è connessa, abbia avuto un influsso globale sulla intera popolazione giovanile, almeno limitatamente ai tempi e agli ambiti in cui la contestazione studentesca ha esercitato una forte capacità di mobilitazione generale dei giovani.
L'esperienza del '68
Procedendo per generalizzazioni e per necessarie semplificazioni, si può tentare di fissare il contenuto dell'esperienza sessantottesca nel modo seguente.
a) Il posto centrale nella coscienza morale dei giovani più identificati con il movimento è occupato dal valore del «politico», che assume via via, almeno nei più impegnati, il ruolo di valore, capace cioè di subordinare a sé tutti gli altri valori e di costituirsi non solo come criterio fondamentale per l'interpretazione del reale ma anche come norma di azione. Il contenuto specifico di questo «sistema di significato» dominato dal «politico» sembra articolarsi attorno ad alcuni punti che costituiscono l'oggetto dell'agire individuale e collettivo di molti giovani:
- la riscoperta della partecipazione diretta, di massa e dal basso, come sostanza dell'esperienza politica e del vissuto morale;
- la dilatazione della «sfera del politico» verso ambiti precedentemente occupati dal privato o dal sociale (famiglia, scuola, fabbrica, quartiere...);
- la critica antiautoritaria e antiistituzionale generalizzata;
- la critica della scienza di élite e la richiesta di democratizzazione della cultura;
- la ricerca di una nuova collocazione degli intellettuali rispetto alle masse e tentativo di costituire rapporti stabili con esse.
b) Il primato del «politico» e le prassi quotidiane che vi si riferiscono provocano necessariamente una certa eclissi del «privato», spostando la coscienza morale da contenuti e criteri di tipo «individuale» e/o «personale» a contenuti e criteri «collettivi». In questo modo vengono accantonati o rimossi tutti i problemi di significato e di identità non rapportabili ad esperienze di gruppo, anzi di massa; i bisogni fondamentali che devono dare origine alle azioni politiche di segno rivoluzionario sono necessariamente solo quelli collettivi, e la moralità consiste nella loro identificazione, riconoscimento e soddisfazione. Si tratta di bisogni prevalentemente economici, sociali e politici, che non lasciano spazio ad altre necessità di tipo culturale, etico, spirituale.
Naturalmente occorre notare che il privato, anche se «rimosso», cioè accantonato, non cessa di disturbare la coscienza collettiva e rimanere attivo fino a quando trova modo di esprimersi come esigenza esplicita.
c) Il processo sopra descritto avviene in un quadro di accentuata secolarizzazione: il «politico» totalizzante e ideologizzato si presenta come alternativa radicale ai valori religiosi, che vengono progressivamente espulsi dal quadro dei modelli collettivi di comportamento (su questo cf Rusconi, 1969).
Alcune differenziazioni nell'analisi e varietà di letture
Non mancano peraltro contributi di analisi che ritengono più sfumata la situazione e che introducono differenziazioni notevoli nel quadro descritto, nel senso di una più critica lettura dei cambiamenti prodotti dall'esperienza del '68.
In particolare (vedi Scarpati 1973, e Grasso 1974) si può affermare che l'omogeneizzazione dei valori morali della coscienza giovanile verso preferenze di tipo socio-politico non può essere verificata se non a livello di «atteggiamenti culturali» superficiali, cioè di opzioni immediate che non hanno spessore e durata consistenti.
Infatti, a livello di «modelli culturali» profondi sembra persistere una notevole continuità con il passato, anche recente, in cui emergeva certamente la rottura del quadro di valori ispirati al solidarismo di tipo collettivista rigido, permanendo viva in profondità un'istanza di «personalismo» nuovo (cioè i bisogni dell'individuo integrati in una socialità universalista e ugualitaria).
Si fa notare inoltre che la diversa velocità di cambio che caratterizza gli atteggiamenti e i modelli, e l'illusione del mutamento prodotta dal prevalere dei primi sui secondi (almeno a livello di percezione dominante) portano a sopravvalutare le trasformazioni e a mascherare la realtà che non è di tipo rivoluzionario, ma piuttosto di tipo «transizione», ed è accompagnata da ambivalenze e ansie notevoli dei protagonisti, da cui derivano bloccaggi, fughe, irrazionalità.
In rapporto alle diverse letture che si danno del periodo sessantottesco, emergono infine alcune indicazioni sul modo di interpretare il periodo successivo: o come «riflusso» che è definibile in termini di regressione rispetto ai livelli di «modernizzazione» raggiunti dal movimento studentesco, o come processo di lenta ripresa delle tematiche latenti (ma sempre presenti) nell'insieme della transizione in atto.
LA SOGGETTIVIZZAZIONE DELL'ETICA
Il periodo che va dal '68 alla fine degli anni '70 si sviluppa attraverso fasi successive che vedono il progressivo mutarsi delle condizioni obiettive di vita dei giovani, l'apparire di una crisi non momentanea di tutto il sistema sociale, il logorarsi progressivo delle idealità elaborate dal movimento. L'ipotesi di una «cultura giovanile» specifica perde progressivamente credibilità per lasciare il posto a un ritorno di massa a tematiche non specifiche (cioè largamente condivise da giovani e da adulti) e a una frastagliata dispersione di opzioni valoriali ed etiche.
Gli osservatori sembrano abbastanza d'accordo nell'intravvedere in questa nuova situazione alcuni elementi costanti.
a) Il venir meno del «politico» come valore capace di organizzare unitariamente il quadro di scelte che chiamiamo «sistema di significato», e il non emergere di altri valori totalizzanti capaci di sostituirne la funzione (anche la «rinascita del sacro» appare di incerta consistenza e di ambiguo significato); di qui la disgregazione, il frammentarismo, la dispersione delle scelte riguardanti i bisogni, i valori, i progetti dei giovani della recente generazione.
b) Il riemergere delle tematiche del «privato» già rimosse e ignorate. Si tratta di un'istanza che di fatto tende a canalizzarsi verso due direzioni: o verso un'interpretazione individualistica dei bisogni, valori e progetti giovanili e verso una interpretazione consumistico-ludica dell'esperienza personale, oppure verso un'interpretazione personalistica che invece recupera la dimensione individuale entro una dimensione sociale e politica finalmente emancipata dai rischi della totalizzazione e della ideologia.
È chiaro che nel primo caso si afferma una morale di tipo «situazionistico» e opportunistico, capace solo di interpretare le spinte verso la soddisfazione illimitata dei bisogni individuali;nel secondo caso è possibile un più preciso recupero di un'etica personalista dei valori, specificata per altro a seconda delle Weltanschauungen adottate per l'interpretazione della «persona» (vanno dal marxismo ortodosso all'integralismo cattolico).
c) Accanto al «privato» vengono valorizzati gli ambiti del sociale e, più in generale, del prepolitico, cioè in particolare gli ambiti delle relazioni umane microsociologiche (famiglia, amici, gruppi associazioni) e le esperienze di immediato coinvolgimento in cui sia possibile tentare vie non troppo impegnative per il ritrovamento di una migliore qualità della vita (di qui le molte domande di cultura, di impegno ecologico, di lavoro nella lotta all'emarginazione, di religione, ecc.).
d) In una parola, sembra si possa dire che l'orientamento valoriale privilegia la ricerca della identità individuale rispetto a quella collettiva, i progetti di corto respiro e di modesta idealità rispetto alle grandi visioni ideologiche, il prepolitico rispetto al politico; la liberazione collettiva è subordinata alla liberazione individuale, le pratiche di piccolo gruppo sono preferite alle militanze di massa.
Se nell'insieme il panorama è caratterizzato dal riorganizzarsi di un diverso rapporto tra area del privato e area del pubblico (politico) entro un quadro di generalizzata disgregazione del sistema di valori e del referente normativo, esistono ulteriori differenziazioni che attraversano la condizione giovanile, a strato a strato, e ne specificano ulteriormente l'orientamento assiologico.
I nuovi «dati»
Il più recente sviluppo del quadro di valori della generazione postsessantottesca sembra mettere in chiaro che i riferimenti di giudizio normativo sono sempre più ricercati lontano dalle istituzioni, dalle ideologie, dalle utopie. Il riferimento privatistico evolve in alcuni verso una ricerca etica che ha come centro l'interesse per la persona aperta verso il prepolitico (coppia, famiglia, gruppo amicale, associazione) e il sociale, per ritrovare i valori della identità, dignità, sicurezza personali; per altri evolve invece verso esiti unicamente individualisti che lasciano spazi solo per forme di egoismo più raffinato e controllato, entro cui l'evidenziarsi di un interesse etico rimane problematico, proprio perché prevalgono i segni della disgregazione privatistica.
Nel suo insieme l'etica di questa generazione sembra caratterizzata dalla frammentarietà e dalla soggettività. La prima si manifesta come tendenza alla eterogeneità dei punti di riferimento e alla carenza di validi ancoraggi o legittimazioni. La seconda, sia come privatizzazione assoluta, cioè come riduzione dell'etica ad arbitrarietà situazionale, sia, in positivo, come domanda di protagonismo consapevole e creativo nel processo di riscoperta e di legittimazione dei bisogni, valori e progetti riaffioranti dopo la stagione sessantottesca.
Non c'è dubbio che un'etica fondata sulla soggettività rischia di trasformarsi ad ogni momento in un situazionismo molto pericoloso; la valutazione della correttezza morale di un'azione lasciata all'intuizione o alla sensibilità può portare alla relativizzazione completa del comportamento. A questo rischio i giovani sembrano rispondere con un pragmatismo di tipo volontaristico; contro la spinta relativizzante non hanno altro da opporre che un'autoaffermazione volontaristica.
Il sé diventa criterio assoluto di moralità (con un esito oscillante tra narcisismo e gratuità), senza mediazioni istituzionali e ideologiche.
La fragilità di queste posizioni viene legittimata, come già si è detto, da un diffuso «pensiero debole» che predica l'essenziale precarietà delle scelte nella società complessa.
La ricerca di originalità, di distinzione rispetto al mondo degli adulti, si riduce a velleitarismo senza progetto, che si nutre di una povertà ideale desolante.
E d'altra parte la ricerca della distinzione interagisce dialetticamente con l'altrettanto forte spinta al conformismo, predicato e inculcato dai mass media e quasi imposto dall'aggregazione di massa con i coetanei.
In definitiva, se si deve ammettere che anche la presente generazione possiede una sua coscienza morale, si deve dire che per la maggioranza essa si configura come criterio assai fragile di giudizio, che si salva solo nella misura in cui in qualche modo mantiene, nei giovani più avvertiti, un collegamento con le radici dell'etica tradizionale trasmessa per socializzazione o si apre coraggiosamente verso i nuovi orizzonti delineati dalla società complessa o postindustriale.
L'ETICA SESSUALE
Un caso emblematico è rappresentato senza dubbio dall'etica sessuale, che ha rappresentato il punto di rottura più significativo rispetto all'etica tradizionale e tuttora costituisce un banco di prova decisivo delle trasformazioni in atto nella coscienza morale dei giovani.
Attorno all'etica sessuale si intersecano problemi di significato molto articolati (basta pensare al rapporto tra etica sessuale e religione, o tra etica sessuale ed etica politica che ha caratterizzato buona parte della contestazione femminista); e pertanto è un tema di rilevanza centrale per il nostro assunto.
Il punto di partenza di queste considerazioni è il fatto, ampiamente documentato da tutte le ricerche, di una precoce iniziazione degli adolescenti al comportamento sessuale e, in generale, di una generalizzata liberalizzazione dei comportamenti sessuali, favorita da nuove condizioni strutturali e culturali: lo sganciamento dei modelli sessuali dalla morale tradizionale (la secolarizzazione è ancora in atto!), la soggettivizzazione del comportamento insieme alle tendenze narcisiste e consumiste che favoriscono indubbiamente una erotizzazione di massa, il venir meno dei controlli esercitati a lungo dalle agenzie di socializzazione (soprattutto dalla famiglia e dalla chiesa).
Occorre peraltro interrogarsi sul significato che ha la sessualità per questa generazione giovanile e in particolare come viene vissuto il rapporto di coppia.
Quale il significato della sessualità?
Sulla significazione della sessualità influiscono certamente, oltre ai fattori macroscopici già elencati, anche una serie di accentuazioni culturali oggi ampiamente diffuse: la scoperta e riscoperta del corpo come «luogo» dell'identità, generatore di esperienze capaci di conferire valore all'esistenza; la sessualità come strumento di conferimento di identità attraverso il modulo della comunicazione interpersonale; il riemergere della dimensione ludica e spettacolare come ingrediente essenziale della qualità della vita; l'affermarsi di una componente consumista a tutti i livelli dell'esistenza.
La sessualità, così come la intendono in maggioranza i giovani, ne esce caratterizzata come un valore forse non centrale nella gerarchia delle cose che interessano ultimativamente, ma certo importante nella costruzione del sé; vi predomina la componente «relazione e comunicazione» rispetto a quella procreativa; vi si percepisce la tendenza a non separare, almeno idealmente, l'amore dalla sessualità; vi è incluso il valore della fedeltà e dell'esclusività, almeno ad tempus; vi si può scorgere qualche elemento di un'etica della tenerezza che tende a emarginare l'etica tradizionale della donazione.
Se queste sono, per così dire, le componenti positive, non si può negare la presenza di tratti problematici nella concezione della sessualità: una certa stereotipizzazione e banalizzazione dei comportamenti è conseguenza di una tendenza alla mercificazione universale che ha investito anche il comportamento sessuale; la componente ludica rischia di scadere in una sorta di de-responsabilizzazione generalizzata che può preludere al libertinaggio.
In sostanza la sessualità ne esce fortemente «privatizzata», cioè sottratta al controllo sociale, perde di rilevanza sociale, in un certo senso si contrappone per molti versi al sociale, costituendosi come alternativa evasivo-compensativa.
Il rapporto di coppia
Di queste dimensioni si ha una chiara proiezione sul significato del rapporto di coppia.
Esso si presenta come relazione aperta e instabile, anche se ci si attende da esso un forte contributo sul piano della comunicazione interpersonale profonda. Si accetta generalmente il rapporto paritario, fondato su un modulo democratico, anche se emergono i residui del maschilismo tradizionale (vedi le molte violenze sessuali dentro e fuori la coppia stabile). Lo si sperimenta abbastanza precocemente, ma raramente il primo rapporto è quello definitivo o quasi definitivo.
Per alcuni osservatori il rapporto di coppia è molto diversificato nel suo significato profondo presso i giovani; si va dalla coppia-rifugio sostanzialmente difensiva e chiusa, alla coppia-contratto che massimizza le garanzie istituzionali e che si regge su regole abbastanza esplicite di convivenza, alla coppia-momento che invece registra i più alti livelli di instabilità (almeno di fatto se non in linea di principio).
Queste ed altre caratteristiche più o meno contingenti (ad esempio il fenomeno forse transitorio dei matrimoni di fatto e non di diritto) danno la misura dell'evolversi di un costume che svela notevoli innovazioni.
In definitiva, il comportamento sessuale dei giovani rivela nei suoi tratti essenziali quelle connotazioni dell'etica che abbiamo dianzi sottolineato: una forte spinta in senso soggettivistico, uno sganciamento progressivo dalle legittimazioni oggettive ed istituzionali, una certa precarietà delle valutazioni e dei vissuti derivante dalla relativizzazione del quadro dei sistemi di significato, una ricerca preoccupata di auto-securizzazione mediante scelte volontaristiche personali e micro-sociali (vedi il rapporto di coppia), un forte bisogno di distinguersi dagli adulti.
È su questi elementi che gli educatori sono chiamati a riflettere ed operare.
NOTA BIBLIOGRAFICA
AA.VV., Educatore per prevenire: il valore della sessualità nel processo educativo, Roma, Ministero della P.I., 1984.
AA.VV., Stile di vita e comportamenti delle adolescenti oggi in Italia, Roma, CIF, 1987.
ALBERICH E. (a cura di), Educazione morale oggi, Roma, LAS, 1983.
CHELO E. DEI M. (a cura di), Adolescenza e sessualità, Milano, Angeli, 1985.
EMMA M., Giovani: nuove frontiere morali, Napoli, Dehoniane, 1986.
EMMA M., I giovani credono ancora?, Ragusa, COSPES, 1983.
GARELLI F., Il mutamento della coscienza morale nelle giovani generazioni, «Note di Pastorale Giovanile», 1984/6, 4-8.
GARELLI F., La religione dello scenario, Bologna, Il Mulino, 1986.
GASCARD J., Le nuove religioni giovanili, Torino, Paoline, 1986.
GRASSO P.G., I giovani stanno cambiando, Zurich, PAS, 1963.
GRASSO P.G., Gioventù e innovazione, Roma, AVE, 1974.
MELONI F., Giovani nella Chiesa: mappa dei movimenti ecclesiali giovanili, Padova, Messaggero, 1986.
MILANESI G. (a cura di), Oggi credono così, Leumann, LDC, 1981, 2 voll.
MILANESI G., La crisi di socializzazione ed educazione dei giovani, «Note di Pastorale Giovanile», 1987/8, 5-9.
MILANESI G., Valori sociali e motivazioni laiche nel giudizio morale di studenti italiani, «Orientamenti Pedagogici», 1970/3, 562-594.
MION R., Giovani verso il '90: la cultura della sessualità, «Orientamenti Pedagogici», 1988/2, 236-272.
MION R., Fine di un'eclissi?, Leumann, LDC, 1980.
PIAZZI G., CIPOLLA C., Il disincanto affettivo, Milano, Angeli, 1985.
TOMASI L., La condizione giovanile in Europa tra società e religione, Milano, Angeli, 1986.
TOMASI L., La contestazione religiosa giovanile in Italia (1968-1978), Milano, Angeli, 1981.
TRENTI Z. (a cura di), Giovani e problema morale, Leumann, LDC, 1982.
TULLIO-ALTAN C., I valori difficili, Milano, Bompiani, 1974.
TULLIO-ALTAN C., MARRADI A., Valori, classi sociali e scelte politiche, Milano, Bompiani, 1976.
VILLATA G., Giovani, religione e vita quotidiana, Roma, Piemme, 1983.