Il futuro della pastorale

Pastoralisti di lingua tedesca

(NPG 1994-06-58)

Dal 27 al 30 settembre 1993 si è tenuto a Leitershofen, presso Augusta, il congresso della Conferenza dei pastoralisti di lingua tedesca: tema del convegno, sulla base dell'odierna tematica e problematica di chiesa e fede, sono stati i progetti e le visioni per il futuro. Nel corso del convegno sono emersi essenzialmente due concetti di base, identificabili con le espressioni «Pastorale sociale» - a favore di una chiesa dei poveri e dei diseredati - e «Pastorale cooperativa» - ovvero una ristrutturazione del rapporto di cooperazione tra le forze presenti all'interno della chiesa. Questi appaiono in un certo senso tra loro contrastanti. Dal contenuto delle discussioni relative a tale argomento è emersa la dichiarazione che segue. Ci interessa pubblicarla in Italia perché ci fa percepire con evidenza come la pastorale si sta muovendo in altre nazioni dell'Europa.

Quel che ci muove:la ricerca del Regno di Dio

Laddove si trovino uomini che agiscono nella sequela di Cristo, là è il regno di Dio. Questo è stato assicurato all'uomo. Tutto il resto, anche la Chiesa, si misura sul criterio del regno di Dio. La sequela di Cristo si identifica con la ricerca del regno di Dio (cf Mt 6, 33). Una ricerca che richiede impegno da parte di tutti, soprattutto dei più piccoli (cf Lc 4, 18ss.): «Gioie e speranze, afflizioni e timori degli uomini di oggi, soprattutto dei poveri e degli oppressi di qualunque specie, sono anche gioie e speranze, afflizioni e timori degli apostoli di Cristo» (GS 1). L'azione dello Spirito è riconoscibile laddove la vita diviene pienezza per tutti grazie alla speranza e alla solidarietà. Così il Dio cristiano si rivela un Dio dei poveri. La Chiesa segue la propria vocazione solo nel momento in cui riesce a trasformarsi in una Chiesa dei poveri, ovvero di tutti quelli che in un modo o nell'altro si trovano nel bisogno. La dignità dell'uomo merita attenzione somma sia dalla Chiesa che nella Chiesa stessa.
Compito della Chiesa dunque è quello di contribuire a creare un mondo nel quale tutti gli uomini possano vivere in dignità, pace e giustizia (GS 29). Una Chiesa, non staccata dal mondo, ma ad esso anzi «strettamente legata» (GS 1), considera i problemi della società e dell'uomo come sue proprie sfide.

La situazione dell'umanità

Sotto questa prospettiva tutti noi, cristiane e cristiani, percepiamo l'ambivalenza della realtà di vita dell'uomo.
L'umanità è caratterizzata da uno stato di crescente lacerazione. Il divario che divide poveri e ricchi, si acuisce tra i paesi del Nord e del Sud, ma è presente anche all'interno delle società del benessere del Nord. I conflitti armati, i recenti episodi di xenofobia e il radicamento della criminalità organizzata distruggono la vita degli uomini inermi. L'accresciuta mania per il progresso e il denaro hanno causato all'ambiente danni ormai irreparabili.
Non solo il mondo, ma lo stesso uomo rappresenta il problema più grande dell'umanità. Le enormi responsabilità di ogni giorno e l'obbligo della continua scelta tra diverse possibilità di vita sono ormai un peso insostenibile. Il consolidarsi di processi di soggettivizzazione ha gettato l'uomo in uno stato di profondo smarrimento, dovuto alla scomparsa di legami sociali e norme di vita tradizionali. In questo modo la gente si è allontanata dalle istituzioni della vita pubblica e sociale, preferendo a queste uno stile di vita più intimo e riservato. La paura dei propri fallimenti personali o del degrado morale cresce in continuazione. Atteggiamenti psichici sbagliati, come la mancanza di sensibilità o solidarietà e l'avidità, ne sono non di rado la conseguenza. Attanagliato da questa opprimente situazione di vita, l'uomo mostra un crescente bisogno di risposte sensate, di spiegazioni esistenziali, di sostegno e religiosità.
Ciononostante si registrano segnali in direzione contraria. Sembra esistere una nuova disponibilità alla tolleranza e alla considerazione di uomini che manifestano diversità di pensiero e di opinione. Dai paesi del cosiddetto «Terzo Mondo» provengono notizie relative al ruolo fondamentale avuto dalla Chiesa, insieme ad altri, per la liberazione degli uomini e il miglioramento delle condizioni di vita dei poveri. Si affermano stili di vita alternativi. Nei regimi dittatoriali dei paesi dell'Est molte persone, soprattutto uomini e donne di fede cristiana, sono riusciti a tener vivo in loro il pensiero della dignità dell'uomo e della giustizia. La riscoperta delle componenti più umane e civili della nostra cultura (il riposo domenicale, le festività religiose, l'arte, il rispetto dell'uomo per l'uomo, il senso crescente di giustizia, pace e conservazione del creato, la nuova immagine della donna) rappresenta certo un segno di speranza. Noi tutti, uomini e donne di fede cristiana, possiamo considerare tali sintomi come il segno più vero della realizzazione del regno di Dio (GS 38 e 39).

La situazione nella e della Chiesa

I processi sociali comportano oggi una pluralità di espressioni religiose, così anche la Chiesa perde la posizione di monopolio. Si registrano tuttavia segnali di speranza anche all'interno della stessa Chiesa: tutti i cristiani, uomini e donne, si adoperano in favore della giustizia, della pace e della creazione, formano nuove comunità e rivelano un impegno diaconale molto più intenso di qualsiasi aspettativa. Tuttavia siffatti cambiamenti vengono considerati come una prova tangibile della crisi della Chiesa, perché le forme di vita e le posizioni cristiane divergono tra loro e sempre più persone prendono le distanze dalla Chiesa.
Vi sono anche molti fedeli che vivono in prima persona il problema dell'allontanamento della Chiesa dall'uomo, peché restano feriti dal contatto con le istituzioni ecclesiastiche. Chi infatti si trova in una situazione esistenziale difficile o vive ai margini della società, spesso viene lasciato ai margini anche all'interno della Chiesa. Allo stesso modo le penalizzazioni sociali subite dalla donna si ripetono spesso anche nella Chiesa. Proprio coloro che mettono in pratica un vivo impegno socialediaconale sono sì stimati, ma nell'ambito delle strutture ecclesiastiche non riescono a dare alla loro esperienza il giusto rilievo.
Sulla base di tali considerazioni si pone sempre più insistente la domanda: in che modo si deve quindi continuare a praticare la «pastorale»? In che modo la Chiesa deve svolgere in futuro il suo compito di promozione dell'uomo in tutti i contesti della vita?
Molte diocesi e comunità cercano di adeguarsi al cambiamento delle situazioni descritte riprogettando le proprie strutture, apportando modifiche alla distribuzione del personale o ridefinendo il significato delle cariche ecclesiastiche. Tali sforzi devono essere accolti essenzialmente come un segnale della disponibilità della Chiesa a reagire ai problemi. Eppure per molti aspetti tali sforzi appaiono insufficienti. Spesso si concentrano solo sulla risoluzione di problemi interni alla Chiesa stessa, come nel caso della carenza di vocazioni. Manca in realtà un vero confronto con i processi sociali in corso, così che si assiste nella maggior parte dei casi al semplice tentativo di gestire le carenze esistenti o di mantenere intatte le istituzioni ecclesiastiche già costituite. Occorre quindi che venga definito in modo nuovo il senso del compito della Chiesa.

Orientamenti per il futuro

Orientamento sociale

Prendere coscienza oggi della natura mirata della propria missione, rivolta soprattutto ai poveri, non significa per la Chiesa seguire semplicemente una moda, ma agire totalmente nella sequela di Cristo, che visse dedicando per interno la propria esistenza a Dio e agli uomini. Rendere omaggio a Dio e adoperarsi in favore dell'uomo sono due aspetti della stessa missione (cf 1 Gv 4, 20 ss.).
Per avere un'idea del Dio liberatore, è necessario che noi come Chiesa ci convertiamo all'uomo, ritorniamo alla sua realtà di vita e ci orientiamo alle sue esperienze. In questo senso dunque non è esatto interpretare le evoluzioni sociali unicamente come un segno di degrado. Quel che conta è un'analisi approfondita della specifica situazione sociale e delle varie implicazioni in essa contenute. La Chiesa sarà in grado di far fronte al proprio compito solo se eviterà di concentrarsi su se stessa, per dedicarsi invece incondizionatamente alla soluzione dei problemi sociali. Le riforme della Chiesa sono al servizio di tale compito. La Chiesa deve accostarsi alle diverse culture, mantenendo intatto il loro valore singolare e sostenendo gli uomini appunto nella loro diversità. C'è bisogno di un annuncio attuale e adeguato alle diverse situazioni, e della capacità dell'uomo di non lasciarsi inghiottire dalle forze sociali. L'impegno sociopolitico pertanto deve essere uno dei compiti fondamentali della Chiesa. Sostenendo i movimenti sociali di liberazione dell'uomo, essa potrà trarre anche utili insegnamenti dalle iniziative extraecclesiali.

Opzione a favore dei poveri

L'autorilevazione di Dio e l'azione di Gesù mostrano che Dio è vicino ai poveri. Le promesse del Regno di Dio sono visibili soprattutto tra i poveri e nella lotta per la loro liberazione. L'opzione per i poveri quindi non è ordine, ma promessa di Dio, ovvero una «buona novella» anche per chi non è povero.
La solidarietà della Chiesa con i poveri rapresenta l'accettazione di tale messaggio. La Chiesa si pone quindi come obiettivo la liberazione degli uomini, e ovviamente di tutti gli uomini, dalla repressione. Essa non dovrà semplicemente limitarsi a fare qualcosa per i poveri, ma dovrà vivere con loro. Per far ciò occorre che coloro che non sono poveri, e in modo particolare le forze consuete della Chiesa, abbraccino uno stile di vita cosciente e più semplice, che renda credibile il loro atteggiamento di solidarietà verso i poveri. Le situazioni devono essere percepite con gli occhi di questi ultimi. Le decisioni in favore dei poveri, una volta prese, dovranno essere rispettate anche in caso di conflitto con i potenti della società.
Una Chiesa siffatta considera i poveri non come una sua parte marginale, ma come suo centro (GS 3). La diaconia non rappresenta un aspetto qualunque della Chiesa, ma il suo segno dominante Tutto nella Chiesa, anche l'annuncio, L liturgia, la dottrina, le strutture e il dirit to, accade nella sequela di Gesù Cristi «propter nos homines» («per amore d noi uomini»), dunque nel servizio agli uomini e all'umanità. È necessario elimina re le disuguaglianze e con esse le ingiu stizie, cosicché nella Chiesa, dopo un si mile rinnovamento, poveri e membri della comunità si ritrovino in un'unione di tipo nuovo. Per far ciò l'annuncio non deve essere uno strumento di semplice informazione sui contenuti di fede, bensì diventare un mezzo attraverso il quale prendere coscienza della miseria degli uomini e della propria colpa. Anche il concetto di pastorale deve includere l'avvicinamento ai poveri e la visione della realtà e delle possibili soluzioni ai problemi dal loro punto di vista. In questo modo la Chiesa, ad esempio attraverso la messa a disposizione di ambienti, potrà assolvere a una funzione di ricovero per i fuggiaschi.

Autonomia della comunità e responsabilità nella comunità

La chiamata di tutti gli uomini a far parte del popolo di Dio viene attuata nel momento in cui ciascun credente, in modo responsabile, interpreta il Vangelo sulla base delle proprie esperienze. In questo modo ciascuno porà definire la propria cristianità ed ecclesialità.
La costruzione di una comunità si realizza con l'obiettivo consapevole che i membri al suo interno, e quindi la comunità stessa nell'ambito della più grande struttura della Chiesa, vengano considerati come soggetti veri e propri. Le comunità di base intese come forma di comunione (profondamente) vivibile rappresentano l'autentico luogo di formazione della chiesa. Esse non hanno bisogno di ricette contenutistiche «dall'alto»; si formano da sé, anche solo con la competenza della gente semplice, in un processo costante di percezione contingente, giudizio teologico e azione concreta. Presupposto di ciò che è la percezione della necessità di cambiamenti come quelli che andiamo a enunciare: l'immagine dei preti e il loro ruolo nella comunità, così come il concetto e lo stile di guida della comunità stessa, hanno bisogno di essere rivisti. Uomini e donne, a seconda della loro competenza, dovranno avere la possibilità di svolgere specifici compiti di guida all'inter no della comunità. Noi personalmente ci diciamo contrari a un tipo di conduzione comunitaria che offenda il senso di responsabilità di cristiane e cristiani. Per questo occorre che i processi decisionali all'interno delle istituzioni ecclesiastiche siano resi pubblici a tutti i livelli, in modo da garantire la partecipazione ad essi dei diretti interessati. I consigli esistenti hanno bisogno di un effettivo potere discrezionale. Per far ciò è necessario rendere pubbliche le finanze della Chiesa e trasferire ai livelli più bassi la sua sovranità finanziaria.

Formazione

I recenti cambiamenti verificatisi all'interno della nostra società, della Chiesa e dell'uomo aggiungono nuove caratteristiche alla competenza di chi si occupa di pastorale Affinché questi possano entrare in possesso di siffatti nuovi requisiti, occorre fissare nuove strade e nuovi obiettivi della formazione teologica. Essi devono mirare ad accrescere la sensibilità degli studenti nei confronti delle realtà di vita della gente e la loro competenza nel rapporto con essa. Il corso di studi non deve solo includere l'acquisizione di nozioni, ma trasmettere anche esperienza e insegnare a praticare la teologia partendo proprio dall'uomo. Per questo i suoi contenuti devono essere modificati in modo che i giovevoli incontri con la gente, e in particolare la diaconia, possano essere considerati un elemento fondamentale nell'attività pastorale. Quel che occorre è un trasferimento del campo di attività della teologia nei diversi contesti della quotidianità dell'uomo. È da qui che si deve imparare e insegnare la teologia. Infine è auspicabile che tali cambiamenti portino a un miglioramento della capacità di cooperazione tra tutti gli operatori pastorali.

Pianificazione nella Chiesa

Le priorità pastorali qui indicate devono acquisire forma concreta tra l'altro con una pianificazione strutturale della Chiesa e una definizione dell'impiego del suo personale. Ma una siffatta opera di organizzazione, in realtà, può essere effettuata solo una volta che siano stati discussi i contenuti e quindi definiti con chiarezza criteri e obiettivi. Simili processi di organizzazione hanno bisogno di tempo. Né si può pretendere necessariamente il conseguimento di risultati. Occorre provare, molto; e si devono accettare anche eventuali contraddizioni. Tanto più necessaria quindi appare una solida attività di accompagnamento e supervisione delle comunità.
Inoltre bisogna esigere un cambio radicale del modo di pensare. In gioco non è la stabilizzazione delle strutture clericali esistenti, ma l'effettiva corrispondenza dei numerosi programmi pastorali alle esigenze dell'uomo. La soluzione del problema della carenza di vocazioni, ad esempio, non deve essere più cercata nell'ampliamento delle unità strutturali esistenti attraverso il raggruppamento di più comunità. Piuttosto le strutture delle comunità dovranno essere organizzate in modo da garantire la permanenza in vita delle comunità stesse, la tutela del diritto di ciascuna comunità alla propria celebrazione eucaristica e la formazione di nuove comunità ovvero forme di comunità. Solo in un clima di autentica sincerità a favore di programmi pastorali validi, opportuni e mirati, avrà senso allora invocare il carisma di tutti i cristiani, uomini o donne che siano, e stimolare la partecipazione creativa e vocazionale alla vita della Chiesa.

L'aspetto della Chiesa

Dal Concilio Vaticano II in poi la Chiesa si comprende come popolo di Dio (DV 917) nel mondo, al servizio della dignità dell'uomo e soprattutto dei poveri (GS 40 e 27). Il volto della Chiesa deve pertanto riflettere l'eguaglianza e la dignità di tutti gli uomini come immagine di Dio.
Ma questo può realizzarsi solo se la Chiesa prende davvero in considerazione l'uomo. Perciò occorre stabilire al suo interno relazioni che abbiano un'effettiva impronta umana. La vita all'interno della Chiesa deve giovare all'uomo. La misericordia nei rapporti con il soggetto sarebbe un primo segnale in tal senso.
Pensiamo inoltre che l'impulso da parte della Chiesa di un'impronta più partecipata alla vostra vita, ad esempio attraverso la creazione di ulteriori strutture sinodali, non rappresenti uno snatura mento del suo stesso significato.
L'allargamento di corresponsabilità nella Chiesa non rappresenta la negazione della sovranità di Gesù Cristo. È nella solidarietà di Dio con gli uomini e quindi nell'incontro solidale tra gli individui che viene superata la separazione delle Chiese.
I criteri di orientamento da noi indicati per attuare una modificazione nel modo di concepire la Chiesa ci appaiono necessari, perché solo in questo modo si attuerebbe quel che è stato dettato alla Chiesa stessa dal Vangelo: la Chiesa è per l'uomo, non l'uomo per la Chiesa (cf Mc 2, 27).