La preghiera
dei ragazzi
Una pedagogia della preghiera
e appunti di spiritualità
CSPG - Roma
1. LE TUE SFIDE E LE TUE DOMANDE DI RAGAZZO
Non sei più bambino. Addio anni felici e ingenui.
Non vuoi più essere trattato da bambino. Pensi sempre di più con la tua testa e discuti, non per il gusto di parlare ma per difendere davvero il tuo parere, e spesso in modo testardo.
Vuoi scegliere tu i vestiti, gli amici con cui uscire e, perché no?, gli orari in cui rientrare. Non ti va che altri scelgano al tuo posto.
Ti va ancora di giocare con gli amici, ma senti il bisogno di stare con loro al di là del gioco, per chiacchierare e capirsi o anche per ammazzare il tempo a fare niente.
Non sei più bambino. Cosa stai diventando? Difficile dirlo, per ora. Di sicuro stai entrando in una nuova tappa della vita. Gli amici sono non meno importanti dei genitori e il loro parere conta quanto quello degli insegnanti. Il tuo corpo cresce rapidamente (sempre nuovi vestiti, eh?) e senti in te nuove emozioni e sensazioni, anche se non sai ancora percepirle con chiarezza. Ti prendi delle sbandate di cuore per una amica o un amico e provi impensate gioie e sofferenze se per caso ti senti tradito...
Stai diventando giovanotto o ragazza, anche se ci vorrà ancora qualche anno. La tua età è bella e divertente, ma non priva di momenti di inquietudine, solitudine, amarezza, soprattutto se a casa nessuno ti ascolta e prova a capirti e non hai la possibilità di farti veri amici. Al punto che nei momenti più brutti vorresti dire a te stesso: ma perché non posso tornare bambino? Ma bambino, per fortuna, non ci ritornerai.
Tutto cambia dentro di te e nel tuo modo di pensare, agire, amare. Cambia anche il tuo modo di pregare e, prima ancora, di credere in Dio e riconoscerti e vivere da cristiano.
Alcune sfide come cristiano
Sei stato battezzato ed educato alla fede cristiana dai tuoi genitori, hai fatto la prima comunione (e forse la cresima), sei cresciuto da cristiano. Ma ora t'accorgi che devi abbandonare qualcosa e diventare cristiano nuovamente, per non rimanere bambino come cristiano mentre cresci in tutto il resto. La fede cristiana, ricevuta in regalo da altri, e scelta da te la prima volta da bambino, ora sei chiamato a sceglierla da ragazzo.
Tocchi con mano alcune sfide.
Forse finora eri cristiano perché tutti, in famiglia o nel gruppo, lo erano. Andavi a Messa per far piacere ai genitori o perché ci andavano gli amici. Ora che ti rendi indipendente dai genitori, ti chiedi perché andare a Messa e pregare.
Da bambino, a parte i capricci, eri ben disposto a ubbidire a chi si presentava come adulto, più grande di te. Ubbidivi ai genitori, agli insegnanti. Ubbidivi a Dio, il più grande di tutti, e a Gesù, l'amico e il fratello maggiore. Ora cominci a ragionare e decidere con la tua testa. Non sopporti che altri ti dicano che fare. L'uomo o la donna che cresce dentro di te chiede di diventare padrone della sua esistenza.
Ma, come metterla con ciò che è più grande di te? Non basta più ubbidire ai genitori come un bambino senza ascoltare la tua coscienza, ma neppure decidere di testa tua, opponendoti a quel che dicono i grandi. Allo stesso modo: che fare con Dio? Ubbidirgli come un bambino, oppure... fargli vedere i tuoi diritti e tirare per la tua strada, tanto più che forse le cose che piacciono a Dio non piacciono a te e viceversa?
Vuoi rompere anche con le amicizie del passato. I vecchi amici ti stanno bene, se non si comportano più come una volta. Con loro ti piace non solo giocare ma inventare e fare.
Vuoi essere trattato alla imiti e prendere insieme le decisioni. Non ti va che uno comandi e tu ubbidisca. Forse, Gesù lo trovi un amico d'infanzia con il quale decidere se firmare un nuovo trattato di amicizia. Quello precedente è scaduto, perché troppo infantile da parte tua. Ti chiedi a che serve essere amico di Gesù. Forse lo trovi un amico inutile. Oppure un amico scomodo, che pretende di comandare e insegnarti a vivere. Vale la pena firmare un nuovo trattato di amicizia, o è meglio lasciarsi... da buoni amici, sapendo bene che non ci si vedrà più?
È facile che senta disagio verso le attività religiose in quanto fai parte della Chiesa: pregare, andare a Messa la domenica, confessare i tuoi peccati e ricevere il perdono, leggere il Vangelo, far parte di un gruppo cristiano, frequentare la parrocchia o l'oratorio... Che fare di queste attività religiose a cui sei stato abituato da bambino?
Abbandonare tutto e «uscire dalla Chiesa», magari in punta di piedi affinché nessuno se ne accorga?
Le sfide ora accennate fanno capire che il vero problema alla tua età, prima che la preghiera, è che tipo di uomo e di donna diventare e se firmare o meno un nuovo trattato di amicizia con Dio decidendo di imparare a vivere come Gesù.
Due grandi domande
Ti trovi in una situazione difficile ma affascinante.
Man mano che procedi verso il nuovo mondo, non puoi fare a meno di scegliere. Non permettere che scelga il caso, che scelgano gli altri. Scegli tu; ne vanno di mezzo la tua dignità e felicità.
In questo periodo della vita devi attrezzarti per scegliere ed esercitarti, nel tuo piccolo, a scegliere. Renditi forte e coraggioso. Abituati a pensare, riflettere, giudicare. Cercati alcuni compagni di viaggio piuttosto che altri, seleziona gli amici giusti che ti aiutino nella scelta. Ma in che cosa consiste la grande scelta alla tua età? Essa rimanda a due grandi domande tra loro collegate: «credere alla felicità» e «fare il bene per essere felice». La prima è credere o no alla felicità.
C'è felicità dove c'è vita, gioia, entusiasmo, passione per le cose da fare, coraggio nell'affrontare le difficoltà. Davvero tu credi alla possibilità di essere felice alla tua età? Davvero tu sei felice?
Alcuni confondono la felicità con i divertimenti, con le gioie che nascono dal sentirsi belli o essere i primi a scuola o avere più cose degli altri, indossare vestiti di marca. Altri sono felici perché sono bambini e non hanno ancora aperto gli occhi sulla vita e sulla sofferenza di tanti uomini e donne, sulle malattie e sulla stessa morte.
Altri ancora sono proprio tristi e infelici. Hanno paura del futuro e, di conseguenza, il segreto desiderio, forse mai detto a nessuno, di rimanere o ritornare bambini. In fondo il passato, con il suo caldo amichevole e protettivo, non era così brutto. Per loro è complicato vivere: ci si sente impacciati, indecisi, pasticcioni. Si è scoraggiati, soli, abbandonati a se stessi. Ci si lascia andare a vivere, tanto non si capisce niente.
Ecco allora la prima scelta: credere alla possibilità di essere felice.
Credi o no che la vita è bella anche alla tua età, anche se attraversi un momento delicato, dove basta un niente per ferirti a morte? Devi prendere una decisione: trovare il coraggio di dire sì alla vita ora, e trovare il segreto della felicità.
La seconda domanda, legata alla prima, è: come sapere cosa è bene e cosa è male e dove trovare le energie per schierarti sempre dalla parte del bene.
Incontri continuamente forze di male e forze di bene. Del resto, le conosci già: esse vivono anche dentro di te. Nel mondo intero bene e male si fronteggiano, schierati con le loro forze. Tu non puoi far finta di niente. Sei ogni giorno invitato a prendere parte alla battaglia. Da che parte ti schieri? Non ti succede che, mentre vorresti stare con le forze di bene, ti ritrovi tra quelle del male? Non ti accade di fare il male pur volendo il bene? E come riconoscere le forze di bene e quelle di male? Ti basta ascoltare la tua coscienza, o quel che dicono i compagni di viaggio?
Ecco il vero problema: schierarti tra le forze di bene contro quelle del male. Ma chi ti aiuterà a far questo, se le forze di male sono così forti attorno e dentro di te?
È troppo facile denunciare le vittorie delle forze del male. Quando nel mondo d'oggi, così ricco, milioni di bambini muoiono di fame, come non sentire il peso di una sconfitta? Basta dare uno sguardo al giornale o alla TV... Ma basta anche che ognuno dia uno sguardo al suo cuore.
Un compagno di viaggio: Gesù
Hai molte sfide come uomo e come cristiano. Hai domande a cui rispondere e battaglie da combattere.
Perché non scegliere nuovamente Gesù come compagno di viaggio?
Lo conosci già, nel passato (e forse anche oggi) siete stati buoni amici. Ma ora sei chiamato a scoprire nuovamente Gesù. Egli è un personaggio più sorprendente e affascinante di quel che immagini. È un amico, ma molto di più, perché ha qualcosa da dire circa le domande che ti poni e ha energie da offrirti per combattere le tue battaglie. Egli è un maestro e una guida nel diventare uomini e donne secondo il sogno di Dio.
Fin da quando ha dodici anni e nel tempio discute con i saggi, si sente interprete di questo sogno di Dio. A Maria e Giuseppe che lo rimproverano osserva: «Ma non sapete che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».
Quali sono queste cose del Padre? Gesù ha nella mente e nel cuore un progetto da realizzare, ma dichiara che non è suo: è il «progetto di Dio». Egli ha fatto molte cose nella vita, ma sempre alla luce della volontà di Dio e del suo progetto.
Per capire il progetto di Gesù, estendi all'umanità intera quel che tu soffri: la ricerca della felicità contro la voglia di arrendersi, il ritrovarsi a scegliere tra il bene e il male, al punto che non si sa più cosa è giusto fare, o, pur sapendo cosa è bene, si fa il male.
Gesù ha a cuore proprio questi problemi e ha un suo progetto.
Ti interessa?
Così pregano i ragazzi
I risultati di una inchiesta
Una grande inchiesta sui ragazzi italiani ha posto anche domande sulla preghiera. Dalle risposte emergono tre gruppi.
- Gli ingenui e i paurosi. Ci sono anzitutto i bambinoni, quelli che continuano a pregare come hanno loro insegnato da piccoli. Recitano le preghiere al mattino e alla sera e ripetono le parole imparate allora. Sono bambinoni perché, mentre sono cresciuti come ragazzi e ragionano ormai da ragazzi, pregano ancora da bambini. È come se a undici anni si pretendesse di indossare i vestiti di quando se ne avevano sette.
Alcuni di questi sono bravi ma ingenui. Bravi perché a loro piace pregare, ma ingenui perché pregano da bambini. Verrebbe voglia di dirgli: «Svegliati! Dio non è un gigante a tuo servizio, di cui fare quello che vuoi!».
Ma ci sono anche i bambinoni per paura. Pregano perché glielo hanno imposto i genitori, e siccome vogliono bene ai genitori... Pensa a quel che succede il giorno in cui si rendono indipendenti dai genitori. Oppure pregano perché hanno paura di Dio: «Chissà cosa succede se non prego...». Immaginano Dio come qualcuno che è pronto a far arrivare loro qualche disgrazia, se non lo pregano.
- I pigri e i problematici. Alcuni ragazzi non pregano mai o quasi mai. Al massimo si limitano ad andare a Messa la domenica, o a chiedere a Dio aiuto per guarire una persona ammalata.
Fra questi emergono i pigri. Dicono che pregare è importante, ma non trovano mai il tempo per farlo. Come sono pigri nello studio, così lo sono nella preghiera. È della fatica che hanno paura e del rinunciare a guardare la TV.
Oltre i pigri ci sono i problematici, i quali si fanno un bel po' di domande sulla preghiera e prima ancora su Dio, ma non riescono a trovare risposte soddisfacenti. Così concludono che è inutile pregare, tanto Dio non ascolta le richieste. Perché poi Dio dovrebbe essere pronto al tuo servizio per fare bene un compito, e intanto lasciar morire di fame un bambino in un angolo del mondo? Del resto, dicono, chi prega parla con se stesso, non con Dio. E da bambini, aggiungono, voler fare quattro chiacchiere con Dio.
Pigri e problematici non capiscono cosa c'entra Dio con le cose belle e brutte che stanno vivendo e che interessano di più del catechismo, della Messa e della preghiera.
- I chiacchieroni e i creativi. Un terzo gruppo di ragazzi sono degli innovatori. Questi non pregano più come quando erano bambini. Hanno abbandonato un vecchio modo di pregare e, da soli o con l'aiuto di altri, ne hanno inventato uno nuovo. Pregano con loro parole spontanee.
A loro piace chiacchierare con Dio, con tono confidenziale, e raccontargli quel che combinano nella giornata.
A dire il vero alcuni non pregano: essi parlano con se stessi, come se fossero davanti a uno specchio. Trovano gusto a chiacchierare dentro di sé, così come a farsi confidenze tra amici. Pregare diventa un monologo: si parla con se stessi, nel proprio cuore. Rivolgersi a Dio nella preghiera è una finzione, un gioco. Ci sono infine i ragazzi che cercano per davvero il dialogo con Dio. Essi sono dei creativi. Pregano con loro parole, raccontando quel che fanno, ma non vogliono parlare con se stessi, bensì con Dio. Più che di sfogarsi e scaricare le emozioni, sentono il bisogno di ricrearsi e rigenerarsi stando a tu per tu con Dio.
2. GESÙ MAESTRO DI VITA E DI PREGHIERA
Per i cristiani, Gesù è Dio-con-noi, Dio che si è fatto uomo come noi per insegnarci a diventare pienamente uomini. Non è venuto solo per dirci che Dio ama tutti, soprattutto i poveri, i piccoli, gli sfortunati nella vita, quelli che nessuno ama e vuole.
Ci ha detto qualcosa di più forte e impegnativo: l'uomo può diventare pienamente uomo e raggiungere la felicità. Ma per arrivare a questo è necessario mettersi alla sua scuola e seguire i suoi passi, schierandosi dalla parte delle forze del bene e trovando in Dio il coraggio di lottare contro quelle del male. A questa impresa compiuta nel nome di Dio, Gesù dà un nome: progetto del regno di Dio.
Gesù trova la sua felicità nel fare la volontà di Dio. Egli vive per costruire il regno di Dio. Chi dimentica questo impoverisce la sua figura e soprattutto la sua lotta fino alla morte e la sua risurrezione per conquistare a tutti la forza per diventare felici.
Si può dunque diventare felici, ma è necessario lottare contro le forze del male e costruire il regno di Dio. La felicità nasce dal vincere questa battaglia, sapendo che Dio offre ad ogni uomo la forza per vincerla nella situazione in cui egli si trova.
Dietro tutta la vita di Gesù emerge una originale risposta alla domanda appassionante che l'umanità da sempre si pone: chi è Dio?
Quello che Gesù ha predicato per le strade della Palestina fino a che lo hanno messo a morte, è che Dio non è nemico di nessuno ma vicino a tutti, non fa privilegi verso nessuno ma ama tutti, aiuta ogni uomo a qualunque popolo e razza, lingua e religione egli appartenga.
Gesù muore per difendere Dio e il suo volto: non è un Dio nemico dell'uomo, sempre dietro l'angolo per coglierlo a fare il male e mandarlo all'inferno. Non è neppure un Dio bonaccione che regala felicità e Paradiso, qualunque cosa uno faccia nella vita, ma attende che ognuno faccia fruttare i doni che gli ha dato.
Gesù afferma che Dio è anzitutto «Padre» dell'uomo. Egli lo chiama con un nome ancora più dolce e tenero, come raccontano i Vangeli. Gesù si rivolge a Dio chiamandolo «Abbà», che tradotto in italiano vuol dire: «Papà». Gesù si sente in diritto di chiamare Dio «Papà» e invita gli altri a fare altrettanto.
Seguire Gesù è vivere come lui, sapendo che forze di bene e di male attraversano la vita di ognuno e il mondo intero, e schierarsi con le forze di bene senza mai arrendersi. Impegnato in questa battaglia l'uomo ha la gioia, come Gesù, di chiamare Dio «Papà» e sentirsi così amato da lui che la vita diventa una festa.
Gesù cerca e incontra Dio nel povero
Gesù parla di un modo nuovo di entrare in comunione con Dio. Dio diventa vicino di casa, qualcuno con cui si può discorrere e chiamare «Papà», uno che partecipa alle tue lotte e anche alle tue sconfitte.
Secondo Gesù, Dio è partecipe della vita di ogni uomo là dove egli vive. Ora, come può l'uomo comunicare con Dio e raggiungere il massimo della felicità?
Verrebbe da dire che basta mettersi a pregare.
Non sembra questa la grande intuizione di Gesù. Egli è piuttosto del parere che se un uomo vuole mettersi in contatto con Dio, deve andarlo a cercare dove egli si è nascosto: nel povero, in ogni persona che ha bisogno di aiuto. Dovunque nel mondo c'è da dare una mano a un altro lì si può trovare Dio, perché anche lui è sceso a fianco di chi ha bisogno di aiuto. Qui si costruisce il regno di Dio.
Ricordi quel che risponde Gesù ai suoi amici che lo sgridano (proprio così) perché perde il suo tempo prezioso a intrattenersi con i bambini? Alla critica egli reagisce in modo sorprendente: «Questo non è perdere tempo, anzi: chi accoglie uno di questi bambini a cui io voglio bene, vuol bene a me». E prosegue: «E chi accoglie me, Gesù di Nazaret, in realtà accoglie Dio».
L'affermazione di Gesù è affascinante: come Dio si è fatto uomo in lui affinché gli uomini lo sentano vicino alla loro vita, così Gesù si nasconde nei bambini. Chi vuole incontrare Dio deve pertanto mettersi vicino ai bambini, giocare e perdere tempo con loro, aiutarli a crescere. La stessa cosa Gesù ripete nel racconto del giudizio universale, quando tutta la gente della terra è raccolta davanti a Dio per essere giudicata. Il giudice dice ai buoni: «Venite nella mia casa, perché quando avete dato da mangiare a chi aveva fame e da bere a chi aveva sete, lo avete fatto a me». Dare un bicchiere d'acqua a un povero è darlo a Dio. Nell'aiutare il povero, l'uomo costruisce il regno di Dio ed è in comunione con lui. In questo trova la sua vera felicità.
Gesù cerca e incontra Dio nella preghiera
Ma questo, secondo Gesù, non è l'unico modo di incontrare Dio e stare davanti a lui.
C'è un altro modo e i Vangeli ne parlano spesso. Gesù prega da solo, a tu per tu con Dio, e raccomanda di fare altrettanto. Egli prega prima di ogni azione importante della sua vita, sia quelle esaltanti che quelle dolorose e tragiche.
Prega anzitutto quando deve decidere che cosa fare nella vita. Dopo che ha compiuto diversi miracoli, la gente lo cerca per farlo re, ma egli fugge in un luogo solitario a pregare per capire se è giusto diventare re o se Dio attende altro da lui. Prega agli inizi della sua missione quando viene battezzato da Giovanni Battista e quando deve scegliere i suoi discepoli.
Prega quando è chiamato a compiere un miracolo in aiuto di qualcuno che ne ha bisogno.
Ricordi la preghiera di Gesù quando Maria, la sorella di Lazzaro e Marta, lo supplica di far tornare in vita suo fratello? Prega infine da solo mentre gli amici non si rendono conto di quanto sta per accadere e sonnecchiano nell'orto del Getsemani, quando ormai arrivano le guardie a prenderlo per processarlo.
Da queste pagine dei Vangeli emerge che se uno vuol seguire Gesù, non può non pregare.
Non è pensabile un cristiano che non prega, perché nella preghiera Dio si fa vicino all'uomo in modo particolare. Viene a stare con lui, lo conforta, lo illumina, lo incoraggia a non sottrarsi alla vita e ai suoi compiti.
Gesù maestro di preghiera: il «Padre nostro»
Gesù non si limita a pregare da solo. Insegna anche ai suoi amici a pregare. Per capire cosa è la preghiera secondo Gesù, bisogna prendere in mano la preghiera che ha insegnato ai suoi amici: il «Padre nostro», la preghiera che le generazioni di cristiani si tramandano e che le mamme e i papà insegnano ai loro figli. Essa è composta da due parti.
Nella prima parte si fanno degli «auguri». Ci si augura, rivolgendosi a Dio come Padre, che l'uomo prenda a cuore ciò che sta a cuore a Dio, cioè che sia da tutti riconosciuto come Dio benevolo, che tutti credano in lui e lavorino per fare nel mondo il regno di Dio e così portare a compimento il progetto segreto di Dio da quando ha creato il mondo: vivere pienamente felici l'uomo e Dio, a faccia a faccia.
Pregare è aprire allora il proprio cuore di uomini per accogliere non tanto Dio come persona, ma piuttosto quello che Dio vuole da noi a servizio del suo regno. Non si prega per amare Dio e dirgli: «Ecco, io ti voglio bene», ma piuttosto per dirgli: «Ecco, fammi capire cosa desideri e sono pronto a farlo per costruire il tuo regno insieme a Gesù».
Ma questa è solo la prima parte del «Padre nostro».
Ricordi la seconda? «Padre, dacci il pane necessario per vivere, perdonaci e noi diventeremo capaci di perdonare, liberaci dal male perché ci sentiamo deboli e senza forze».
Qui noi uomini chiediamo a Dio di aprire il suo cuore ed esaudire alcune richieste. Non abbiamo paura di presentargli la nostra sofferenza e i nostri problemi. Gli parliamo del pane che ci manca, ma non gli nascondiamo che ci odiamo tra noi e abbiamo paura del futuro, anche perché ci sentiamo senza forze.
Ecco, pregare secondo Gesù è l'incontrarsi dell'uomo con Dio, in cui Dio viene riconosciuto «Papà». Al proprio «Papà» si confida che si desidera amare tutto ciò che a lui sta a cuore, ma anche si raccontano le intime sofferenze.
La preghiera degli appassionati al regno di Dio
Per Gesù pregare ha sempre relazione con una battaglia che si sta svolgendo dentro ogni uomo e nel mondo intero. È sempre, per così dire, una preghiera in tempo di combattimento. Chi ingenuamente crede che tutto vada bene al mondo, è soddisfatto della sua vita e non si preoccupa perché altri attorno a lui soffrono, non riuscirà mai a pregare, o almeno a pregare come Gesù.
Chi non soffre per le cose che non vanno nel mondo e non lavora per far trionfare il bene, non riuscirà mai a proclamare con fede il «Padre nostro».
Nel mondo le forze di male e quelle di bene combattono una immensa battaglia. Ogni uomo si schiera, anche se non è facile indicare da che parte è schierato. Forse un giorno si trova tra le forze del bene e il giorno dopo tra quelle del male. E nessuno, del resto, è schierato sempre dalla parte del male.
In questa grande battaglia l'uomo non può vincere da solo: non sa come si fa a vincere, come condurre la battaglia. Solo Dio lo sa.
Ma questo piano vittorioso esiste e l'uomo invoca che si realizzi. Di qui la grande pace e speranza che traspira dalle espressioni del «Padre nostro».
L'esito della battaglia non è sempre assicurato. Il male è diffuso nel mondo non meno che il bene. Si ama e tanto, ma ancora si odia.
Dio ha assicurato che non ci lascerà mancare le forze, come non ha lasciato mancare le forze a Gesù inchiodato ad una croce. Anche in quel momento Gesù prega, consegnando a noi la forma più grande di preghiera, quella che riassume le altre: «Padre mio, mi abbandono a te!». Pregare, secondo Gesù, è questo confidare in Dio, sapersi tra le sue mani in ogni momento, fidarsi del suo aiuto, sapendo che Dio offre ad ogni uomo la forza per superare il male.
Pregare non è infilare filastrocche di richieste. Però presentiamo a Dio le nostre sofferenze e ci mettiamo nelle sue mani, confessandogli che ci fidiamo di lui e perciò non abbiamo paura per il futuro. Raccontare a Dio le nostre sconfitte fa rinascere le forze, fa ritrovare la pace e la gioia, come regalo gratuito di Dio.
Certe volte preghiamo nella confusione della battaglia. Non si sa bene se abbiamo vinto o perso. La polvere avvolge tutto e c'è il sospetto che, in certi momenti, si è passati con le forze del male. Anche in questo caso ci si affida a Dio.
Quattro proibizioni di Gesù
Gesù maestro di preghiera
- Non confondere Dio e l'uomo. La prima proibizione di Gesù è di non confondere Dio e la sua volontà con l'uomo e i suoi desideri. Dio e l'uomo stanno l'uno di fronte all'altro, ma non sempre ciò che desidera l'uomo e ciò che desidera Dio coincidono, anzi.
È facile pregare dimenticando Dio: si prega parlando solo con se stessi. Ci si intrattiene come davanti a uno specchio e si parla.
Il «Padre nostro» distingue bene i due personaggi del dialogo: da una parte sta Dio con i suoi progetti; dall'altra l'uomo con i suoi problemi. Pregare è anzitutto aprirsi al modo di pensare e agire di Dio, disposti a «fare la sua volontà». Certo, chi prega non dimentica i propri problemi e le proprie difficoltà.
- Non chiedere solo favori. La seconda proibizione di Gesù è di non limitarsi alla sola richiesta di cose e favori. Pregare non è fare una filastrocca di domande o un elenco di pretese che Dio dovrebbe accontentare. Il credente si vergogna di fare questo, anche se non nasconde a Dio i suoi problemi. Parte invece dalla convinzione che Dio vede e soffre per la sua sofferenza.
Al di là del fare le giuste richieste, Gesù propone una preghiera in cui si contempla e si ringrazia, si chiede perdono e si esprime fiducia in Dio. Gesù esalta Dio: «Ti benedico, o Padre, perché hai rivelato queste cose agli umili». Gesù ringrazia Dio: «Padre, ti ringrazio perché mi hai ascoltato. Lo sapevo che mi ascolti sempre». Gesù si abbandona con fiducia a Dio: «Padre mio, se è possibile allontana da me questo calice di dolore! Però, non si faccia come voglio io, ma come vuoi tu». Non si può limitarsi a chiedere favori.
- Non pregare se non si è in pace. La terza raccomandazione è di non mettersi a pregare se non si è in pace con gli altri. Non si può odiare il fratello e pretendere di incontrare Dio nella preghiera. È indegno pregare senza avere perdonato e chiesto perdono. «Se stai portando la tua offerta all'altare di Dio e ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì l'offerta e va' a far pace con tuo fratello; poi torna e presenta la tua offerta» (Matteo 5,23-24). Gesù difende però il diritto di pregare delle persone che sbagliano e si riconoscono peccatori. Davanti a Dio, anzi, è necessario che tutti si sentano peccatori. Ricordi la parabola del peccatore e del fariseo che pregano nel tempio? Chi dei due prega veramente? Non certo il fariseo, ma il peccatore che non nasconde la sua miseria a Dio. Per pregare non si richiede di essere santi, ma di non essere orgogliosi, pieni di sé, convinti di essere migliori degli altri.
- Non farsi vedere a pregare. La quarta proibizione è di non farsi vedere troppo a pregare. Se vuoi pregare, dice Gesù, chiuditi in una stanza e là incontrati a tu per tu con Dio. Non metterti nel mezzo di una piazza a vantarti davanti a tutti che preghi, ma cerca un posto silenzioso e tranquillo dove passi inosservato. Non si prega per farsi vedere, ma per il gusto di stare a faccia a faccia davanti a Dio. Pregare senza farsi vedere, fino a chiudersi nella propria stanzetta, non vuol dire pregare sempre da soli. Egli invita anche a pregare con gli altri, quando si condividono le medesime preoccupazioni. Quando si prega insieme si compie, anche se non per intero, il disegno di Dio: a Dio piace stare con gli uomini, se essi sono in pace tra loro.
3. TRE BUONI MOTIVI PER PREGARE
Perché pregare?
La domanda potrebbe essere posta in termini più duri: cosa si guadagna a pregare? A cosa serve?
I motivi per cui pregare possono essere ricondotti a tre.
Scoprire chi sei e accettarti
Hai un grande bisogno di conoscerti, di sapere come sei fatto nel tuo corpo, nella tua mente e nel tuo cuore. Senti nuove emozioni, provi nuovi sentimenti, cerchi nuove avventure fuori dei soliti giri di famiglia e vecchi amici o amiche... Cosa stai diventando?
A questa domanda tu rispondi continuamente, anche quando non ci pensi, e lentamente costruisci una risposta, bella o brutta che sia. Forse nel dare una risposta tieni anche conto di quanto dice il Vangelo.
Ora nella preghiera la domanda «Chi sono io?» e la risposta «Ecco quel che sono» vengono poste stando davanti a Dio. Di fronte a quel che dici Dio non sta zitto, ma esprime il suo parere fino a che tu scopri cosa veramente sei, qual è la parte più intima di te stesso.
Nella preghiera ti rendi conto che tu sei davanti a Dio, a tu per tu, e che ti ama e ti accoglie tra le braccia.
Con un'importante conseguenza.
Dio si permette di discutere le conclusioni a cui tu, forse, sei arrivato. Se dici che sei un grande uomo, ti prende in giro e sorride amabilmente, indicando con il dito che commetti errori e non sei molto diverso dagli altri. Se sei triste e dici che è brutto vivere, ti guarda con grande affetto e ti sollecita a non arrenderti allo sconforto.
In ogni caso, la preghiera ti aiuta nella scoperta fondamentale che la risposta più seria all'interrogativo: «Chi sono io?» è: «Sono un ragazzo a cui Dio vuol bene personalmente». Proprio perché amato da Dio non ti senti un dio in terra ma neppure ti vergogni di te stesso. Non hai più paura e trovi le energie per lottare nel grande compito di costruire te stesso. Dio ti chiama ad esistere a partire da quello che sei. Il bello è far esistere a questo mondo proprio un ragazzo come te.
Deciderti ad amare gli altri
Un secondo motivo per pregare può essere enunciato così: prega per deciderti ad amare.
Non è detto che chi non prega non ami. Conosci anche tu tanta gente che, almeno a prima vista, non prega, ma sa veramente donarsi agli altri. Però se vuoi imparare ad amare gli altri, la preghiera ti offre un aiuto formidabile.
Quando preghi racconti a Dio quel che progetti e fai, quel che sogni e che non fai. In particolare, parli del tuo rapporto con gli altri. Davanti a Dio senti il bisogno di chiederti: «Ma davvero io amo gli altri?». Qualcuno potrebbe porre la domanda così: «Perché vivere?» e intuire che l'unica seria risposta è: «Per amare». Sei dunque davanti a Dio e ti chiedi se ami davvero. Qui trovi il coraggio di confessare se ami solo a parole, se usi gli altri per i tuoi comodi, se vivi seguendo il principio: «Do a chi mi dà».
Qui non ti inganni, perché Dio ti mette a nudo, se stai ad ascoltarlo.
Ti commuove che Dio ti ami al punto da farsi uomo in Gesù e lottare al nostro fianco fino alla morte affinché abbiamo le forze e il coraggio di fare il bene e così essere felici.
Davanti a tanto amore riconosci che sei egoista e ami sempre giocando al risparmio.
Tuttavia dal confronto non esci umiliato, ma rigenerato. Il Dio che preghi non ti mette in castigo, non ti fa la predica, non ti rimprovera e neppure ti dice che fare. Egli invece rimane davanti a te e continua ad amarti. Non è un padre che al tiglio che torna tardi dice: «Basta, di te non c'è da fidarsi. Ridammi le chiavi di casa, non ne sei degno». Dio non ragiona così. Ti ama a tal punto che ti lascia le chiavi di casa e ti fa festa, sta a giocare e chiacchierare con te, ti fa rinascere la voglia di vivere e, perché no?, di ritornare prima a casa la sera perché ti va di stare con la tua famiglia.
È in questo modo che Dio nella preghiera ti restituisce la gioia di amare.
Togliere il velo dal volto di Dio
Dio è davanti a te, ma non puoi immaginarlo come un uomo o una donna con cui parli o un amico che ti vuol bene. Dio non parla come gli uomini e non si fa vedere come gli uomini. Anche il suo modo di stare vicino a noi è strano. Non è vero, almeno per quel che riusciamo a vedere, che aiuta i buoni e castiga i cattivi. Spesso sembra proprio il contrario. Del resto, quando diciamo che Dio si è rivelato in Gesù, non vediamo affatto tutto chiaro. Dio rimane sempre nascosto. Un velo nasconde il suo volto.
Il grande gioco della vita, da parte dell'uomo, è togliere il velo che Dio sembra aver steso sul suo volto e curiosare al di là per vederlo in faccia.
Questa è una impresa esaltante che l'uomo continua per tutta la vita, fino al giorno della morte in cui entra a vedere Dio «a faccia a faccia».
Ora la preghiera permette di avvicinarsi a Dio in modo più intimo, scoprire il suo volto e stare alla sua presenza. Dio non è mai assente, ma nella preghiera si fa più vicino. In realtà Dio non è lontano o vicino. Siamo noi a farci più attenti o meno alla sua presenza, al suo amore, alla sua parola.
Chi prega comprende più facilmente che Dio è amore, sente che è bello vivere anche se non mancano le sofferenze, riconosce che Dio non abbandona l'uomo ma neppure si sostituisce a lui in nessuna impresa. Nella preghiera si realizza quel che un grande santo dei primi secoli della Chiesa, Ireneo di Lione, aveva detto: «Dio è felice quando l'uomo è felice. E l'uomo, a sua volta, raggiunge il massimo della felicità quando se ne sta con Dio».
Nella preghiera si apprende a intrattenersi con Dio non più come nemico e giudice, quasi che Dio fosse invidioso della felicità dell'uomo, ma come un padre che trova la sua gioia nel vedere i figli felici. Ma è da ricordare anche la seconda parte della frase: noi uomini siamo pienamente felici quando riconosciamo di stare davanti a Dio che ci ama e ci vuole felici. Questa è la grande convinzione che la preghiera alimenta, al punto che chi prega bene si sente più felice degli altri. La preghiera tuttavia non ti evita di soffrire, né ti offre una assicurazione sulle malattie o sugli incidenti. Se chiedi a tua mamma o a tuo papà, ti possono raccontare come momenti di intensa fatica e sofferenza possono essere anche momenti felici. Stanchi ma felici. Addolorati ma non infelici. Ecco quel che si impara a stare davanti a Dio nella preghiera.
4. LA PREGHIERA DI MEDITAZIONE
La preghiera che questo libro ti propone può essere riassunta come «preghiera di meditazione».
È una parola molto antica usata per indicare un modo di pregare. Per meditazione si intende una preghiera, della durata di almeno una decina di minuti, in cui si compiono alcune attività.
La concentrazione e il saluto
La preghiera inizia quando smetti di fare altre attività, ad esempio giocare o studiare o anche solo chiacchierare con gli amici, per dedicarti appunto alla preghiera. Non è facile passare dal gioco o dallo studio alla preghiera. È necessario uno stacco, un taglio, un momento in cui ambientarsi e rendersi conto che non si parla più con gli amici.
Renditi conto che si tratta di un passaggio a volte troppo rapido. Non è sempre facile passare dal guardare la TV o dal giocare al pregare. Si rischia di trovarsi improvvisamente a fare qualcosa senza rendersene conto. Ecco allora l'importanza di un momento di concentrazione o raccoglimento.
Pensa al significato della parola: concentrare, portare al centro o arrivare al centro partendo da diversi luoghi.
Vuol dire portare tutto quel che si vive davanti a se stessi, alla parte più intima di se stessi, per poi portarlo davanti a Dio. Non si comincia a pregare dimenticando quello che si è fatto, ma si porta tutto davanti a Dio, centro dell'universo e della tua vita personale.
- Tre cose da fare. Il tuo corpo e la tua fantasia devono anzitutto rilassarsi e tranquillizzarsi, almeno un poco. Se sei troppo agitato e teso non riesci a concentrarti nella tua parte più intima.
Alcuni cristiani hanno imparato dallo yoga a concentrarsi controllando il respiro, lo sguardo, i movimenti del corpo, la fantasia e il pensiero.
Non è necessario arrivare a tanto. Però è indispensabile che tu apprenda a concentrarti. Altrimenti ti metti a pregare e dopo neanche dieci secondi ti distrai.
Ci sono diversi modi per calmarsi. Qualcuno ascolta un certo tipo di musica, qualche altro passeggia lentamente o spegne la luce e ascolta il silenzio. Quando si è insieme si può fare silenzio, magari con un sottofondo di musica, o cantare in modo non rumoroso.
Fare silenzio e calmarti non basta. C'è una seconda attività da fare: cercare i motivi per pregare pensando a quanto hai vissuto nelle ultime ore o giornate. Cosa è successo di importante che devi parlarne nella preghiera? Rivedi la tua giornata e quanto è successo nel piccolo mondo in cui vivi e in quello più grande che ti presenta il telegiornale.
Una terza operazione è il mettersi volutamente in preghiera rivolgendo la propria attenzione a Dio.
Dio è sempre presente, ma l'uomo non se ne rende conto. Pregare è decidere di «sedersi davanti a Dio» e stare con lui per un certo tempo. Quando, per esempio, all'inizio della preghiera dici: «Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo», ti metti alla presenza di Dio, riconoscendo che lui, come ci ha insegnato Gesù, è Padre, Figlio e Spirito Santo. Se fai con serietà il segno della croce, entri nella preghiera, varchi la porta della casa della preghiera.
- Una scorciatoia. Alla tua età, e probabilmente anche nel futuro, non hai troppo tempo per concentrarti. Non puoi chiedere che a casa tutti facciano silenzio perché tu devi ritirarti nella tua camera a pregare. Allo stesso tempo non è necessario imparare le tecniche dello yoga per rilassare il tuo corpo e la tua mente.
Vuol dire allora che non riuscirai mai a meentrarti per pregare? No, c'è una strada, anzi una scorciatoia.
Immagina una mamma o un papà molto preoccupati per una malattia del loro bambino, oppure due innamorati e la loro gioia, o anche un ragazzo della tua età che ha un amico handicappato e va spesso a trovarlo per fare i compiti e passare il tempo.
Bene, tutte queste persone sono già (o quasi) concentrate, cioè la loro preoccupazione ha già un centro perché è in gioco l'amore. Quando si ama si è già concentrati. Basta un attimo e si è già in stato di concentrazione.
Qualcosa del genere succede per la preghiera a chi è talmente innamorato di Dio e si appassiona a quello per cui ha vissuto Gesù. Chi ama i bambini come Gesù, oppure sa stare vicino ai poveri come lui, oppure lotta con coraggio contro forze del male, trova molto facile concentrarsi e pregare.
Il racconto e la riflessione
Quando preghi normalmente non inizi dicendo a Dio che lo ami, gli vuoi bene, sei pronto a fare quello che si attende da te. Prima c'è il racconto dei fatti della tua vita o di quelli che insieme stiamo vivendo e lo sforzo di capirli alla luce della vita di Gesù e dei fatti della Bibbia.
- L'intreccio con la vita di Gesù. Non c'è preghiera cristiana senza questo riandare con la memoria e il cuore a quanto ognuno sta vivendo. Certo, uno rischia di distrarsi e non pregare più. Ma non si prega come ci ha insegnato Gesù senza portare con noi quelle preoccupazioni di cui parla la seconda parte del «Padre nostro»: abbiamo fame e sete di tante cose, siamo poveri peccatori, abbiamo paura di sbagliare, il male sembra sommergerci... Pregare tuttavia non è far vedere a Dio il telegiornale della nostra giornata. Non è ne cieco né sordo. Piuttosto, pregare è passare al rallentatore certe azioni della giornata per chiacchierarne con Dio e sentire quello che lui ne dice. Parlando con lui riusciamo più facilmente a scoprire dove abbiamo fatto il bene o il male, dove siamo stati altruisti o egoisti, dove siamo stati vinti dal male oppure siamo stati noi i vincitori.
Racconta dunque a Dio quello che hai vissuto. Ma non perderti nei particolari. Va' all'essenziale e, mentre parli, abbi il coraggio e la fantasia di paragonarti a Gesù. Intreccia i fatti della tua giornata con quelli della vita di Gesù.
Mentre racconti di te stesso o del mondo in cui vivi, fa' continuamente il paragone con qualche fatto della vita di Gesù e chiediti cosa avrebbe pensato Gesù, cosa avrebbe scelto Gesù e cosa avrebbe fatto se fosse stato al tuo posto o al posto degli altri uomini.
Parlare con Dio nella preghiera non è parlare con se stessi o guardarsi allo specchio. Se uno specchio deve esserci, è Gesù. A confronto con la sua vita riesci a parlare a Dio della tua in modo originale.
- Pregare con l'intelligenza. In questo raccontare e riflettere sulla tua vita gran parte del lavoro spetta alla tua intelligenza, alla tua testa per così dire (posto che uno pensi con la testa e non, invece, con tutto se stesso). Pregare è usare la propria intelligenza, la propria capacità di riflessione.
Riflettere sulla propria vita vuol dire piegarsi per guardare all'indietro e osservare quel che hai compiuto lungo la giornata. In certi casi puoi partire da una pagina di Vangelo o da qualche frase detta da Gesù e cercare di ricostruire la scena in cui Gesù l'ha detta. Tu sei presente alla scena e quel che succede riguarda anche te. Con la fantasia puoi dunque reinventare il Vangelo, mettendoci qualcosa di tuo, cioè quel che vivi oggi: i tuoi problemi, le tue gioie e le tue sofferenze, le tue invocazioni.
Una forma particolare di riflessione è l'esame di coscienza. È un rapido ma intenso sguardo sul proprio vissuto alla luce del Vangelo. Si tratta di un esame, di una interrogazione, anche se non come a scuola. Qui ti viene chiesto se hai vissuto come Gesù. Più che chiederti: «Cosa ho fatto quest'oggi?», chiediti: «Mi sono comportato come avrebbe fatto Gesù?». Il racconto o riflessione sulla giornata fa emergere i motivi per stare davanti a Dio e parlare immediatamente con lui. La riflessione accumula pian piano emozioni, sentimenti, desideri di dialogo a tu per tu con Dio che non possono essere trascurati. Di fronte al bene che si è fatto, sapendo che è lo Spirito Santo che ci aiuta a farlo, si sente il bisogno di dire grazie e benedire Dio. Di fronte a quei fatti della vita in cui non si sa come comportarsi perché ogni movimento fa soffrire, si sente il bisogno di dire: «Manda il tuo Spirito, Signore». Di fronte al male commesso ci si sente come il figlio prodigo che si butta ai piedi del padre dicendo: «Padre, ho peccato contro di te».
Arrivare a questo è entrare in un'altra stanza della preghiera: la stanza del colloquio.
Il colloquio e il silenzio
La concentrazione e la riflessione aprono al colloquio, allo stare a tu per tu con Dio ed esprimere i sentimenti più profondi di affetto, amore, gioia, fiducia, dispiacere e scusa.
Si sta davanti come due persone che provano a dirsi che si vogliono bene.
- Pregare con il cuore. Se nella riflessione lavorava la testa, ora lavora il cuore. Non si vogliono dire belle parole, molto intelligenti, ma poche parole vere: «Io ti amo e mi sento tra le tue braccia, mio Dio; io credo che Gesù è risorto e che tu ci chiami tutti alla festa: grazie, Signore».
Si vuole fare come Gesù. Come lui ci rivolgiamo a Dio dicendogli: «Ecco, tu sei mio papà e ti voglio bene, mi fido sempre perché non mi abbandoni neanche di fronte alla sofferenza e alla morte; so che mi ami e questo mi rende felice; sono pronto a lottare contro le forze del male dentro di me e attorno a me».
Le parole che vengono pronunciate nel colloquio, oltre che parole vere, sono molto semplici. Le stesse parole vengono ripetute piano piano con calma, quasi si stesse succhiando una caramella. Che gusto c'è a masticare con forza una caramella, senza gustarne il sapore?
Non si dicono troppe parole, ma si fanno emergere dal profondo di se stessi alcuni sentimenti verso Dio, verso Gesù che ha lottato ogni giorno fmo alla morte per sconfiggere le forze di male e dare anche a noi le energie per fare altrettanto.
Il colloquio coinvolge profondamente. Quel che si prova dentro spesso non si riesce a dirlo. Le parole sono povere. Lo sa bene ogni mamma che prova a dire a parole al suo bimbo: «Ti amo». Le parole non bastano a esprimere il suo amore. Lo sanno bene gli innamorati, ma anche gli amici. Il colloquio lascia lo spazio al silenzio a tu per tu con Dio.
- Un fatto di amore. Il colloquio con Dio è un fatto di amore. Amore dice che ci si fida l'uno dell'altro, si è disposti a sacrificarsi perché l'altro sia felice. Nel colloquio comprendi cosa vuol dire che Gesù ha dato la sua vita per difendere Dio e far vedere all'uomo che davvero è possibile vincere contro le forze del male. E comprendi perché viene voglia di dire a Dio: «Ecco, come Gesù metto la mia vita a tua disposizione per lottare anch'io contro le forze del male».
Non è un guardarsi negli occhi con Dio e dire che è bello e buono. Questo è importante, ma non è tutto. È soprattutto dire che si è pronti a vivere come Gesù e che così facendo si è felici, anche se questo comporta fatica e sofferenza. Il colloquio apre a una felicità che si nutre del dare la vita per il figlio, per l'amico, per gli altri e così toccare con mano la felicità più grande.
Il colloquio si svolge rivolgendosi a Dio o a Gesù o allo Spirito Santo, parlando a tu per tu. Non dici: «Un giorno Gesù andò...», ma: «Gesù, un giorno tu sei andato...». Non dici: «È importante amare Dio», ma: «Mio Dio, io ti amo». Non vergognarti di dare del tu a Dio. È lui che lo vuole, dal momento che in Gesù si è fatto vicino a noi.
Il colloquio non è un sentimentalismo dolce, ma un vero sentimento, cioè il trasporto profondo verso un qualcosa. Ora questo qualcosa non è Dio in se stesso, ma Dio nascosto negli altri. Il colloquio allora porta a immedesimarsi in Dio come Gesù: fare la sua volontà, cioè lottare per la felicità di ogni uomo sulla terra.
Il ringraziamento e l'invocazione
Il quarto momento della meditazione è il ringraziamento e la decisione di assumersi le proprie responsabilità con entusiasmo e coraggio nel lavoro, in famiglia e con gli amici, nel gioco e nel servizio. Si decide davanti a Dio di vivere in modo nuovo o almeno di cambiare qualcosa, magari molto piccola, nel proprio modo di fare e pensare.
- La gioia di dire grazie. Dal colloquio si passa anzitutto al ringraziamento per quel che si sta vivendo nella preghiera, ma ancora di più per quello che si vive fuori della preghiera e che ora si guarda con lo sguardo di Gesù, si giudica come Gesù, si ama come Gesù.
Chi prega apprende a lottare contro il pessimismo e la rassegnazione. Il suo cuore e la sua mente si aprono per cogliere le cose buone che ci sono al mondo, nonostante tutto il male, prima fra tutte la vita di Gesù e il suo coraggio di affrontare la morte per diventare vero uomo. Se Gesù ce l'ha fatta a diventare uomo, anche noi ce la possiamo fare. Ecco il vero motivo del grazie: Gesù ha aperto a tutti la strada per diventare uomini e Dio ci dà oggi la forza per percorrerla.
Ringraziare non è chiudere gli occhi sulla sofferenza dei poveri e degli ammalati. È invece gioire a tal punto che la gioia permette ancora di più di soffrire con loro e insieme di non arrendersi di fronte alle difficoltà.
- L'invocazione e gli impegni. Chi dice grazie a Dio, trova spontaneo aggiungere: «Non dimenticarti però, Signore, di tutti coloro che soffrono».
L'aiuto di Dio per i poveri e per coloro che soffrono lo si invoca in due modi. Il primo modo è questo: «O Dio, tu vedi i poveri e quanti muoiono di fame: dona a noi il coraggio per dar loro da mangiare, rinunciando a qualcosa di nostro». Non si dice a Dio di fare il «tappabuchi» per ovviare alle mancanze di noi uomini. Piuttosto si chiede che ci aiuti ad assumerci le nostre responsabilità.
Ma quando si invoca Dio, si può anche chiedere un'altra cosa: «Dio, sii vicino a quei poveri che non riusciamo a sfamare». Sappiamo che possiamo fare molto poco. L'uomo continua a fare le guerre e i bambini muoiono di fame. Ecco allora il nostro grido e la nostra invocazione: «Dio, aiutaci a fare il possibile e sta' vicino tu alle persone che moriranno ancora di fame e di guerra».
La meditazione riporta a interessarci con gioia e con coraggio, ma consapevoli dei limiti della vita che viviamo. Pregare non è dimenticare la vita, ma fermarsi un attimo per trovare con Dio il coraggio di affrontare la vita e le sue difficoltà.
Ci si avvia alla conclusione della preghiera prendendo una decisione, qualche impegno, qualcosa che sembra giusto fare nel futuro. Quel Dio che abbiamo pregato con Gesù ce lo chiede. La meditazione offre le energie per cambiare, suggerisce degli impegni da prendere, indica nuovi sentieri da percorrere.
Si ritorna alla vita di ogni giorno sentendosi missionari, mandati da Dio a diffondere la pace, la gioia, la giustizia che nascono dal colloquio. Chi ha pregato sente di essere mandato agli altri come fermento nella pasta e come sale per dar sapore al cibo.
Le telefonate brevi
La preghiera di chi non ha tempo
Hai un poco di fantasia?
La preghiera di meditazione è come una lunga telefonata con Dio. Sono le telefonate che puoi fare la sera quando hai più tempo e la famiglia si ritrova seduta sui divani o attorno al tavolo di cucina a pregare.
Ma ci sono anche le telefonate brevi, quelle in cui ci si saluta e stop, oppure si fa una breve comunicazione di lavoro e basta.
Quando lungo la giornata studi o giochi, stai con gli amici o mangi a tavola, tu sei già alla presenza di Dio, perché Dio si è nascosto nelle persone e nelle azioni e tu puoi incontrarlo vivendo bene questi momenti e incontri.
- Sempre davanti a Dio. Quando studi in modo appassionato sei in comunione con Dio. Allo stesso modo, quando la sera rallegri con le tue barzellette un papà stanco e una mamma nervosa. In quei momenti non fermarti a pregare, per non imitare quelli che interrompono il film per fare la pubblicità. Sei già davanti a Dio e questo ti rende felice.
Eppure durante la giornata ci sono momenti in cui è simpatico fare una breve telefonata a Dio e salutarlo. Pensa, ad esempio, a quando stai per metterti a studiare, a quando sei in giro per strada o vai a fare una commissione. Del resto, qualcosa del genere forse lo fai già... quando stai per essere interrogato e velocemente supplichi Dio che quel calice amaro... passi a un altro!
Perché non abituarti a fare queste brevi telefonate? Rendono più allegra, divertente e anche più appassionante la giornata. Ci vuol fantasia, gusto, spirito di iniziativa. Queste brevi telefonate ti sollecitano ad esser protagonista della tua giornata, a non arrenderti, non amareggiarti troppo se qualcosa va storto.
- Un poco di fantasia. Soprattutto al mattino, forse hai poco tempo per una lunga preghiera. Se poi sei un dormiglione e la mamma deve buttarti giù dal letto ogni mattina... Beh, in queste condizioni, non è facile trovare il tempo per pregare. Ma non per questo sei dispensato dal pregare al mattino. Puoi invece sostituirlo con alcune brevi telefonate sparse qua e là nella mattinata. Un saluto appena sveglio: «Buon giorno, Dio, come va quest'oggi... Hai sonno anche tu?». Oppure: «Gesù, stammi vicino quest'oggi e non camminare troppo in fretta, se no ti perdo di vista». Oppure: «Mio Dio, aiutami a cercarti nei miei amici a scuola e anche... nei prof!». E se ne hai appena combinata una: «Gesù, voglio guardare avanti senza piangere inutilmente». O ancora: «Grazie, Signore, e scusami se finora mi ero dimenticato di dirtelo».
Se hai fantasia e prendi questa abitudine riempi le tue giornate di telefonate... senza che papà brontoli perché il telefono costa.
È proprio impossibile pregare così, con queste telefonate lampo? Se lo fai, la sera non ti sembrerà di pregare uno sconosciuto, ma di intrattenerti con un amico con cui hai passato la giornata.
Dimenticavo di dirti una cosa scontata: la tua giornata non è cristiana perché la riempi di telefonate a Dio o a Gesù, ma perché ti sei impegnato a incontrare Dio nello studio e nel lavoro, nell'amico e nei genitori. Insomma, le telefonate devono aiutarti a incontrare Dio in quello che stai facendo. Altrimenti sei come quel personaggio di cui parla Gesù che continua a gridare verso Dio: «Signore, Signore, io ti voglio bene», ma poi non fa la volontà di Dio. Del resto, che diresti se tuo papà dall'ufficio continuasse a telefonare alla mamma o a te per dire che vi vuol bene e poi, a fine mese, non portasse a casa lo stipendio?
5. PREGARE IN FAMIGLIA E NEL GRUPPO
Ritagliare nell'arco della tua giornata, non importa se al mattino o alla sera, un po' di tempo per pregare è una scelta importante alla tua età. Se sei fedele alla preghiera personale, ben sapendo che richiede fatica e impegno, tutta la giornata ne trae beneficio.
Ma non basta pregare da soli.- Gesù ha insegnato ai suoi amici a pregare e li ha esortati a riunirsi insieme per pregare. Pregare insieme non vuol dire ritrovarsi con altri, perché così si può cantare e si può organizzare meglio la preghiera. Questo è vero, ma non è la cosa più importante.
Il vero motivo è più profondo: nel pregare insieme si riconosce che ci si vuol bene e ci si ama l'un l'altro. Il fatto che ci si ami formando una comunità e che insieme si preghi, è toccare con mano che Gesù non è morto invano e che l'azione dello Spirito Santo in noi non è vana. Che la gente si ritrovi insieme e in questo si senta felice è il grande sogno di Dio.
Pregare insieme è un fatto di amore: ci si ama e si prega in quanto ci si ama. Si prega dicendo: «Signore, tu ci dai la forza di amare e noi ci amiamo. Gesù, non è vana la tua morte in croce».
Ogni comunità cristiana, cioè ogni gruppo di persone riunite nel nome di Gesù, è invitato a pregare secondo le circostanze. Si prega nelle grandi cattedrali e nelle chiese di campagna, si prega nei conventi e nei gruppi giovanili.
Pregare a casa tua?
A molti, forse anche a te, può sembrare una cosa strana. Alcuni, forse, sorridono nel dire: «A casa mia?».
Capisco alcune difficoltà. Quando in famiglia non c'è pace e amore, come pregare? Se i genitori non si amano più e non si interessano dei figli, come pregare? E poi non è detto che tutti in famiglia credano e si riconoscano cristiani. Papà può esserlo e mamma no, o viceversa. Così qualche fratello o sorella.
Eppure anche in queste famiglie si è invitati a pregare. Basta che tutti si amino e si rispettino profondamente. Se uno non crede neppure prega, ma se ama i suoi cari rispetta chi vuole riunirsi un attimo a pregare. Pregare in famiglia non vuol dire che mattino e sera tutti preghino. Magari ci si può ritrovare anche solo in due, ma si prega a nome di tutta la famiglia. Così ci si può ritrovare anche solo tra figli. Oppure con uno solo dei genitori, anche perché non è facile trovare un orario in cui si è tutti a casa.
Il momento più comodo, e forse anche quello più ricco, è la sera, dopo che tutti sono tornati dal lavoro o hanno fmito i compiti. Non è detto che si preghi tutte le sere. Si può pregare insieme durante la Quaresima e l'Avvento, oppure al sabato sera in preparazione alla domenica. E perché non pregare prima del pranzo o della cena, specialmente alla domenica o nella festa del papà e della mamma o nei vari compleanni?
Insomma, non mancano le occasioni per pregare in famiglia.
Ma, lo sai bene, fare spazio alla preghiera è rinunciare ad altre attività. Se la TV è la vera padrona di casa, addio preghiera. Se i piccoli piangono quando la si spegne per andare a dormire, immagina che allegria se la mamma dice: «Dai, ragazzi, spegniamo e preghiamo un poco!».
Una famiglia ricca di fantasia
Occorre che qualcuno a casa si incarichi della preghiera e la prepari. Può essere uno dei genitori, ma, perché no?, anche i uno dei figli, il quale forse nel gruppo o all'oratorio ha già pregato usando, ad esempio, un libretto e ora propone una preghiera simile. Spesso tocca ai figli insegnare ai genitori nuovamente a pregare.
Qualche volta si può pregare anche invitando a casa gli amici, soprattutto se è vicina qualche grande festa o in occasione della festa dei papà e mamme o del ricordo dei defunti. In alcuni casi si può pregare e poi fare festa.
Ognuno deve avere qualcosa da fare. La mamma può, ad esempio, mettere una bella tovaglia sul tavolo attorno al quale ci si siede. Forse riesce anche a trovare un bel vaso di fiori e una simpatica immagine religiosa. Se poi c'è uno che con la chitarra o il flauto suona un canto e gli altri provano a seguirlo e a pregare cantando, tanto meglio. C'è uno che guida la preghiera e distribuisce le parti da leggere. Solo coinvolgendo tutti, compresi il nonno e la nonna, pregare diventa un gesto della famiglia.
Ci sono azioni che in famiglia acquistano un sapore particolare. Pensa, ad esempio, all'abbraccio di pace dopo una o alcune giornate burrascose. Non sarebbe bello vedere papà e mamma sorridersi e fare pace dopo una litigata? E come non chiedere scusa quando a casa arriva una pagella disastrosa e tu ne sei colpevole? Con un pizzico di fantasia si possono preparare originali preghiere per le feste della famiglia: il compleanno dei genitori e degli altri, la festa del papà o della mamma, il ricordo di una persona cara defunta, la malattia di un amico, la morte di un vicino, l'ansia per la sorte del mondo che rischia una guerra, la ribellione intima per la fame nel mondo... Forse tocca a quelli della tua età preparare una breve preghiera e poi recitarla a nome di tutti.
Non tirare le cose in lungo. Al massimo un quarto d'ora. «Tanto così?», esclamerà qualcuno. Ci vuole un poco di tempo per entrare in clima di preghiera e riflettere insieme, ringraziare, perdonarsi e chiedere a Dio il suo aiuto. Se la preghiera è troppo corta non si riesce a pregare. Ma non è detto che una preghiera che tira in lungo sia più seria e bella. Dopo un poco la tensione cade e ci si distrae.
La preghiera nel tuo gruppo
Un altro luogo importante in cui pregare alla tua età è il gruppo dei tuoi amici all'oratorio o in parrocchia o nell'associazione di cui fai parte. Qui, più facilmente che altrove, puoi imparare a pregare. Il gruppo infatti prepara a diventare cristiani. Oggi è molto difficile rimanere e diventare cristiano alla tua età se non partecipi a un gruppo.
Dentro le tante attività del gruppo, trova spazio anche la preghiera. Fa parte della vita del gruppo. È il momento in cui insieme e davanti a Dio si riconosce il cammino che si sta facendo, non si ha paura di riconoscere i propri errori, ci si lascia prendere dalla gioia per le cose buone che si fanno.
Un gruppo in gamba non abbandona la preghiera all'improvvisazione dell'ultimo momento. Tutti sanno quando è previsto il momento di preghiera e tutti, magari a turno, sono invitati a prepararlo e proporlo agli altri. L'animatore aiuta, ma responsabilizza il gruppo.
Per pregare il gruppo può trovarsi un «deserto», cioè una piccola chiesetta bella e tranquilla. Possono essere presenti anche altri gruppi. Non è detto che si preghi tutti i giorni. Forse la preghiera è prevista anche solo una volta la settimana, in preparazione alla domenica. Anche qui ci vuole fantasia, coraggio e collaborazione fra tutti.
(FONTE: Casa di preghiera. Manuale di preghiera, Elledici 1989, pp. 11-28)