Spirito Santo

e vita morale

Cesare Bissoli 

Offrirò un contributo circa il tema Spirito Santo e vita morale, prestando soprattutto attenzione alla componente teologica che fa da motivazione, mentre lascio da parte ogni considerazione sull’impegno pastorale che ne scaturisce, anche se necessariamente componente teologica e pastorale sono indisgiungibili, come tra l’essere e il dover essere o secondo il più esatto binomio paolino del "Sii ciò che sei”.

Tre i punti in cui articolo il mio intervento: le domande che il nostro tema suscita; ciò che propone la Parola di Dio o rivelazione; l’incidenza sulla vita morale del cristiano.

 

LE DOMANDE

1.1. Partiamo da alcuni interrogativi sostanziali che nascono dalle nostre esperienze, ponendo per prima una domanda di sintesi: la nostra morale (insegnata e vissuta) dà un posto allo Spirito Santo, alla sua ispirazione, alla sua azione, ai suoi carismi? Di qui altre domande specifiche.

* Come coniugare le esigenze della ragione, oggi così attrezzata di tecnicità sempre più rampante in certi ambiti della bioetica, con la Parola di Dio e ciò che noi chiamiamo soprannaturale o meglio oltre il dato naturale?

* Con la bioetica, altre aree del sapere umano tendono di svincolarsi da un dettato religioso trascendente: ad es le scienze dell’area psicologica ritengono che basti un’analisi del profondo (tale è lo il convincimento di molte persone oggi) per risolvere dei nodi dell’anima più che un’assoluzione magari data in fretta in un confessionale. E’ la tipica posizione di Umberto Galimberti nelle risposte ai lettori… Ma è accettabile ciò, quale anima di verità può avere, ma anche quale limite ed errore?

* I fedeli cristiani quando parliamo di ‘grazia di Dio’ di 'aiuto dello Spirito Santo’, lo avvertono come un dato costitutivo di una condotta morale congrua alla fede, o uno vago, sfuggente riferimento spirituale, se non addirittura facile evasione dai problemi reali, come quando capita di dire ad uno che ha un particolare bisogno di salute, abbi fede, di’ tre volte l’Ave Maria alla Madonna e va in pace? Nel caso nostro: fa una invocazione allo Spirito Santo e procedi serenamente. Insomma cosa apporta lo Spirito Santo alla vita morale e che cosa domanda per una vita morale congrua al dono?.

* Lo Spirito Santo si identifica con una spinta emotiva interiore? Quanto vi è dell’affettivo nell’agire di Dio?

Già ai tempi degli apostoli vi erano cristiani che non sapevano dell’esistenza di un spirito santo. La storia continua?

1.2. Dicendo questo metto in luce quattro atteggiamenti di fondo tra i cristiani circa il rapporto Spirito Santo e vita morale:

* l’accessorietà fino all’inutilità dello Spirito Santo, bastando - si dice - le risorse della razionalità tecnica, o una opportuna sensibilità psicologica o una collaudata esperienza di un buon confessore o direttore spirituale;

* secondo atteggiamento, analogo al primo, ma più diffuso sta nel la marginalizzazione dell’effettivo ruolo dello Spirito nella coscienza e nelle decisioni morali, per cui i fatto parlando di morale cristiana si rischia di sottolineare l’aspetto dell’impegno umano e della forza di volontà per compere certi gesti e assumere particolari atteggiamenti. Lo Spirito rimane più oggetto di invocazione che soggetto di animazione;

* vi sono poi fughe carismatiche, per cui allo Spirito tutto si riferisce a prescindere dell’autonomia della persona, o si interpreta l’agire dello Spirito strettamente legato all’emozione, al benessere interiore, come dopo un esercizio di yoga, tutto ciò viene inteso come criterio di verità.

* Infine la verità sui doni dello Spirito Santo pare sfociare nella vita più a livello di spiritualità, che non a quello di azione.

Quale è la strada giusta?

1.3. A questo scopo ho voluto consultare per la sua autorevolezza il CCC. La terza parte dedicata alla morale ha per titolo “La vita in Cristo”. La prima sezione di questa parte ha per titolo: "La vocazione dell’uomo: la vita nello Spirito”. Siamo dunque al nostro tema. Però con questa caratteristica: dello Spirito Santo si fanno sì molti richiami, trattando in particolare della nuova legge, la legge della grazia, che è la legge- grazia dello Spirito Santo con le sue virtù e i suoi doni (n.1803 ss), ma si vede ben chiaro che lo si propone come una realtà già fatta conoscere nelle parti previe del Catechismo, in termini teologici (storici) si tratta di una realtà divina che precede ontologicamente nel soggetto umano l’impegno morale. In effetti nel CCC appare chiaro che lo Spirito non è né una qualità naturale dell’uomo né un fattore marginale, ma sta nell’uomo con l’importanza vitale del respiro per cui lo Spirito Santo, motiva, guida, giudica, premia l’agire umano. Questa è una verità da ben chiarire ai fedeli: lo Spirito Santo è tanto immanente alla vita morale dell’uomo e per essa indispensabile come lo è il respiro, quanto trascendente, in quanto è dono, puro dono, che si riceve e lo assume come grazia di vita. Qui la strada della riflessione sia pur in modo sintetico si deve porre necessariamente in ascolto della Parola di Dio.

 

IN ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO

Sul nostro argomento, disponiamo di una guida eccellente, San Paolo, che per immediate esigenze pastorali di formazione delle prime comunità, ebbe a riflettere in maniera eccellente ed indispensabile sulla presenza ed azione dello Spirito Santo nella vita del credente, dandoci dei criteri insostituibili.

Ma anche Paolo può collegare così profondamente lo Spirito nella vita del cristiano perché tale coniugazione è intensamente operante nei due Testamenti. Facciamo un breve percorso di ripasso.

Partiamo dalla formula dogmatica ben nota così come appare nella preghiera liturgica, che è il contesto più alto della verità cristiana: a te Dio Padre, per il figlio tuo e nostro Signore Gesù Cristo, nell’unità dello Spirito Santo.

2.1. Dello Spirito Santo si può e si deve parlare anzitutto dentro il mistero di Dio Uni-trino, in cui soltanto, lo Spirito Santo va compreso, per cui nella vita trinitaria o ad intra si manifesta quale relazione sussistente di amore attivo e fecondo tra Padre e Figlio. Ebbene tale relazione di amore vivente lo Spirito lo estende proporzionatamente nell’economia o Trinità ad extra, operando la medesima divina relazione di amore attivo e fecondo in noi nel confronto con Dio, con l’umanità e il cosmo.[1]

Prima conseguenza: Non è dunque qualcuno che interviene dopo l’agire del Padre e del Figlio Gesù Cristo, ma ne esprime la divina sinergia vitale nella persona che lo accoglie.

2.2. Sappiamo che l’economia trinitaria si qualifica come progetto di Dio per la nostra salvezza. Ora di questa economia di salvezza la PdD ci rivela i tratti costitutivi: è progetto dell’amore del Padre, ha compiuta attuazione dal Figlio fattosi uomo Gesù Cristo, ed ha lo Spirito Santo come il regista del progetto, per cui avviene nell’uomo ciò che Dio ha progettato ed opera.

Seconda conseguenza: lo Spirito Santo attualizza la salvezza e il progetto che la realizza nel cuore del credente. La salvezza dunque sarà lo scopo, il contenuto e l’ambito dell’opera dello Spirito Santo. nella vita della persona e dunque nella vita morale.

2.3. Come avvenga questo, S. Paolo ce ne da il migliore percorso sintetizzando quanto la Scrittura dice dello Spirito nella storia della salvezza nello splendido c. 8 della Lettera ai Romani, secondo cui “Viviamo dello Spirito e camminiamo secondo lo Spirito” (cf Rom 8,4; Gal 5,16-25). Integrando quanto si dice in Rom 8, cogliamo tre connotati dell’azione dello Spirito che toccano la vita morale, quella vita in cui si fanno scelte che riguardano il bene e il male.

a- Primo connotato. Ricordiamo da Gen 1,2: “Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque”, e da Gen 2,7: "Soffiò nelle sue (di Adam) narici un alito di vita e divenne un essere vivente”. Nel senso plenior, questa ruah indica che la creazione cosmica ed umana è originata e sostenuta da una potenza dinamica, creativa, fonte di vita, paragonabile al respiro, sempre necessario, pervasivo, quasi inavvertito. E’ interessante che chiamiamo spirito la parte dell’uomo che riflette, ragiona decide, esprime la componente morale ed insieme rammentiamo che la stessa parola Spirito dà la forma all’atto morale del cristiano.

Terza conseguenza: Perciò nella vita morale sono intrinsecamente congiunti e quindi dovranno collaborare: lo Spirito di Dio e lo spirito dell’uomo. Questo vale per la creatura come tale, quindi per ogni uomo, anche per i non credenti, anche loro sono contagiati dallo Spirito di Dio, mentre i cristiani hanno la consapevolezza di saperlo e volerlo essere.

In secondo luogo quanto Paolo abbozza in Rom 8,16ss, ci dice che il creato attende la pienezza dello Spirito per essere libero, redento, ridiventare il giardino delle origini. Secondo l’attuale sensibilità potremmo dire che la morale nello Spirito, è radicalmente progressiva in quanto escatologica, ed insieme eminentemente ecologica, capace di dialogo interreligioso e interculturale.

Quarta conseguenza: quella cristiana sarà una morale che non vive di casistica, ma di grande orizzonte come il Regno, in cui ogni singolo caso di vita va compreso. La vita morale nello Spirito Santo è sempre una morale dai grandi orizzonti, non va contro la norma, ma ne allarga il senso e la portata su misura stessa di Dio, opera e dunque si manifesta nella vita terrena, ma ha svelamento oltre la terra.

b- Secondo connotato, nella Bibbia l’opera dello Spirito riguarda soprattutto la persona del Messia. Il Messia sarà per eccellenza l’uomo dello Spirito di Dio con i doni detti appunto dello Spirito Santo (Is, 2-4).

Riconosciamo che nella pienezza dei tempi ciò avviene in Gesù, lo Spirito Santo diventa fattore costitutivo dell’identità e della missione di Gesù, figlio incarnato del Padre: lo Sp.S è in lui dal concepimento nel seno di Maria, è in lui all’inizio e durante la missione (battesimo, Mc 1,10; annuncio nella Sinagoga di Nazaret, Lc 4,18; 10,23), nell’evento conclusivo della vita terrena, la risurrezione gloriosa (cfr Rom 1,4). Gesù è creatura dello Spirito, guidato da Lui verso il Padre e verso di noi. Quindi lo Spirito Santo sarà la realtà più intima e preziosa di Gesù. Sarà perciò il dono più alto che darà ai suoi (cfr Giov 14,15-17; 15,26;16,7-15; 20,22-23), e quindi sarà il dono di se stesso. "Essere in Cristo Gesù” vuol dire essere inseriti in lui, essere in lui incorporati o innestati, essere una cosa sola con la sua vita.

Quinta conseguenza: la morale nello Spirito sarà sempre cristocentrica nel duplice mistero dell’incarnazione e della Pasqua.

c- Terzo connotato, essendo lo Spirito Santo lo Spirito di Gesù, egli è lo Spirito del suo corpo, la Chiesa, sia come tutto (v. la pentecoste in Atti 2), sia in ogni singolo ricreato dallo Spirito Santo in figlio nel Figlio attraverso la divina filiazione secondo la celebre affermazione: "Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: "Abba, Padre”. Lo Spirito stesso, assieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo fili, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria” (Rom 8,14-17).

Sesta conseguenza: punto qualificante della morale nello Spirito Santo è di essere intrinsecamente filiale, cristocentrica (come abbiamo detto) ed ecclesiale, comunitaria.

Questo sarà il criterio fondante e discriminante.

2.4. L’opera della divina filiazione da parte dello Spirito Santo. significa la ri-generazione del cristiano come creatura veramente nuova per una vita nuova animata continuamente dallo Spirito Santo come il respiro, dove tutto ciò che riguarda la condotta morale (senso del bene e del male, coscienza, libertà, legge, sanzione, virtù e vizio…) è intimamente trasformato. Dalla rivelazione è stato mutuato un linguaggio divenuto tradizionale. Il credente per operare moralmente è dotato di varie forze.

a- Il dono dello Spirito Santo, il dono che è lo stesso Spirito, il dono per eccellenza detto anche grazia santificante. E’ Gesù col suo Spirito che vive dentro di noi e ci spinge ad agire come Lui, restando nella grazia di Dio, evitando ogni peccato grave, in stato di santità verso la santità piena.

b- Tale Dono con la maiuscola si manifesta come “legge nuova” scritta nei nostri cuori (nell’intimo dell’essere), detta anche legge dell’amore, in quanto fa agire in virtù dell’amore e non della paura (dal bene perché sotto comando al comando perché è bene in quanto è voluto dall’Amore di Dio); legge della libertà in quanto ci fa agire non da servi ma da figli; legge della fattibilità: il dover essere(la norma buona) è resa possibile e genera pace interiore, e si può superare la legge insidiosa del male.[2]

c- Dallo Spirito fluiscono le tre virtù che esso infonde nel cristiano per comunicare con Dio in modo abituale e fermo. Sono dette perciò virtù teologali o divine: fede, speranza e carità. Non vanno considerate come azioni accanto alle altre, ma dentro ogni altra, umana e sacra, per cui ogni atto morale umano non è solo ricercato con una perfezione umana, ma si ispira a Dio, opera per Dio, da Dio attende il premio, operando con fiducia in Dio, con la speranza di incontrarlo, in un atteggiamento di amore profondo a Dio e di conseguenza immediata ai figli di Dio, al prossimo

d- Il Dono dello Spirito si distende nei doni dello Sp, radunati nei classici e piuttosto dimenticati sette doni dello Spirito Santo, che possiamo definire l’area degli elementi della saggezza naturale che lo Spirito Santo trasforma “in disposizioni permanenti che rendono docile l’uomo a seguire le mozioni dello Spirito Santo. Sono denominati sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio”(CCC, 1830s)-

e-Paolo parla anche di frutti dello Spirito cui si contrappongono le opere della carne (cfr Gal 5,16-23). Il CCC li enumera così: amore, gioia, pace, pazienza, longanimità, bontà, benevolenza, mitezza, fedeltà, modestia, continenza, castità” (n. 1832). Sono perfezioni dello Spirito in noi e criterio di discernimento e di valutazione.

 

INCIDENZA NELLA PRASSI

Cerchiamo ora di fare almeno cenno dell’incidenza nella prassi pastorale più precisamente in ciò che riguarda il nostro compito formativo di pastori. Non sono più che delle indicazioni che mi sembrano più rilevanti, lasciando a Don Valerio annotazioni più pastorali

3.1. Non si può operare il bene e vincere il male, essere persone morali, senza l’azione dello Spirito Santo

* Vi è sicuramente uno scoglio da superare, quella vaghezza secondo cui lo Spirito Santo nella vita morale resta un dato decorativo, che vale perché lo si nomina e non lo si nomina perché vale.

Per qualcuno(o per tanti?), se lo Spirito Santo mancasse, tutto sarebbe come prima. Per fortuna che lo Spirito Santo. non potrà mai assentarsi dai discepoli di Gesù, per quanto lo si spinga fuori, così come non si può staccare la mano o il piede dal corpo, almeno che uno non lo amputi da sè. Ma allora facciamolo entrare e rendiamoci e rendiamo positivamente consapevoli. Questo porta a fare una rinnovata catechesi della realtà e dell’azione dello Spirito Santo nella vita cristiana.[3]

* Più in aderenza alla nostra questione, occorre ritrovare il fondamento teologico dell’agire morale, ossia collegare il fare il bene e il male alla presenza di Dio, anzi ritenendo Dio- nello Spirito Santo-coinvolto ed operativo per fare con noi il bene ed opporsi al male, nel senso che nell’azione morale è con lui che si collabora, o al contrario lo si rifiuta o emargina. Per quanto autonomo(e lo deve essere!), radicalmente l’atto morale è eterenomo, guidato dalla legge dello Spirito di Dio.

* Dunque non va disatteso un punto cruciale della morale cristiana: l’indicativo di grazia (ciò che sei) precede e fonda l’imperativo etico (ciò che devi) e secondo il citato binomio paolino: Sii ciò che sei. Il "sii” senza “il tu sei” diventa coercizione e legalismo; il “tu sei” senza “sii” rimane un pezzo di carta, un invito frustrato, la responsabilità di un auto-amputazione. Invitato nella vigna non ci sono andato.

* Il dato teologico, meglio detto l’azione dello Spirito Santo non è un categoriale, come si dice di cui avvalersi in certi ambiti, ad es. nella preghiera o nella pratica della carità, ma è un trascendentale ossia investe ogni azione morale: tutto è grazia e fatto per grazia. Anche il merito pur reale è grazia, dando al termine grazia il senso di gratuito, non dovuto, ma insieme e soprattutto il senso di una realtà cara, preziosa, bella, appunto ‘grazia’. La morale cristiana in quanto mossa dallo Spirto porta a considerare non tanto o solo il rapporto Spirito e morale, ma tutta la vita nello Spirito che abbraccia anche l’ambito strettamente dell’agire morale.

* Dire Spirito Santo nella vita morale non è soltanto assicurare i limiti necessari per non fare peccato, ma introdurre la grazia di fare una morale che corrisponda al ‘Siate perfetti come.. ', quindi un oltre la pura osservanza materiale per non fare il male, ma la tensione a fare il massimo bene possibile. Richiede disponibilità, generosità, creatività, non senza segni esteriori (atti prodigiosi, martirio…).

3.2. Gesù è la pista su cui ci muove e cammina con noi lo Spirito.

* La figura di Gesù (vita, opere, passione, morte e risurrezione) è il modello e la traccia di una vita morale secondo lo Spirito. Come dice Gesù nella Cena ultima nel IV vangelo (v. sopra), “Egli riceve dal mio, e ve lo comunicherà e vi condurrà alla verità tutta intera”. Ciò comporta una triplice operazione dello Spirito: fa ricordare, cioè toglie l’agire morale dall’ignoranza e dagli stereotipi che lo circondano, attualizza la parola di Gesù assunta come suo volere o norma per oggi (= cosa significa per oggi il comandamento dell’amore al prossimo su cui Gesù tanto insiste per me qui e ora), lo rende operativo in me con me.

* Il DdM è una traccia normativa di come lo Spirito ha guidato Gesù a comprendere e fare la norma, e quindi tale discorso diventa paradigma esemplare per capire come lo Spirito ispira l’agire morale nel discepolo di Gesù: "Siate perfetti/misericordiosi come perfetto/misericordioso come è il Padre vostro celeste” (Mt 5, 48, Lc 6,36).[4]

3.3. “Apparve allo Spirito Santo e a noi” (Atti 15,28). Una indispensabile sinergia e il necessario discernimento.

Per il mistero dell’incarnazione di questo incontro sostanziale tra Dio e l’uomo di cui Gesù è paradigma esemplare, lo Spirito Santo in certo modo vuol avere bisogno dell’uomo come l’uomo ha bisogno di Lui.

Ogni azione morale del cristiano diventa un atto di incarnazione che sviluppa quello di Gesù – ad opera dello Spirito Santo-e umanizza il mondo con la luce del Vangelo. Questo attira l’attenzione su alcuni aspetti dell’ispirazione dello Spirito Santo che agisce dunque con un’azione sinergica con l’uomo.

* Come in Gesù lo Spirito Santo ha operato la duplicità della natura nell’unità della persona, senza separazione né confusione, così nell’atto morale deve poterci essere il contributo dell’uomo inserito nel disegno di Dio. Nasce il compito del discernimento che è garantito dallo Spirito Santo di cui i sette (=totalità!) doni sono coefficiente prezioso. Quindi proprio questa necessità dello Spirito richiede la partecipazione intima dell’uomo (dove intima ricorda il rapporto costitutivo di Gesù operato dallo Spirito nel seno della Vergine Maria, grazie al suo liberò consenso). Ciò significa che più invochiamo lo Spirito per le nostre azioni, ancora maggiore devono comparire attive le nostre risorse di ragione, riflessione, ponderazione, preghiera, decisione. Viene così in rilievo quello che è una tipica caratteristica di una vita nello Spirito: il discernimento dei segni dei tempi alla luce del Vangelo. Non sarà mai una azione che è morale perché stabilita dall’uomo come tale, dove il possibile è equiparato al bene, ma nemmeno perché eventualmente avuta per manifestazione divina che non sia quella apostolica[5], ma in forza di una interpretazione attiva e critica che la realtà offre su un determinato punto.[6] 

Con ciò non ci sarà data la migliore azione morale in assoluto, ma certamente agli occhi di Dio accolta come sufficiente e migliorabile, e dunque gradita.[7]

* Vi sono alcune espressioni che dicono come lo Spirito agisce nell’azione morale. Ne fa sintesi Gesù stesso quando lo qualifica ‘Paraclito’, anzi un “altro Paraclito” (Giov 14,15), un altro come Lui Gesù, cioè –stando al senso complesso del vocabolo- consolatore, avvocato difensore, un supporto indispensabile in una condizione difficile, come è stato da parte di Gesù verso gli altri. In tale termine vi sono alcuni tratti distintivi considerati come propri dell’azione dello Spirito Santo. e dunque contrassegni e criteri della sua presenza: lo spirito di fede, di speranza e di carità, l’amore alla verità e al prossimo, il coraggio e dunque la lotta contro la carne e la vittoria su di essa,la purificazione dal peccato, tutti i frutti già indicati, in particolare la gioia e la pace... Chi si lascia condurre e dunque si muove su questo tracciato opera nello Spirito Santo Tra questi segnali ne evidenziamo quattro: la lotta tra lo Spirito e la carne, il senso della comunità e la reciprocità come prospettiva morale, l’imperativo come amore, il ruolo della coscienza e la sua formazione.[8]

* Parrebbe aspetto modesto, ma forse e senza forse è un aspetto affievolito oggi quasi del tutto, che cioè la vita morale del cristiano è morale di lotta tra lo Spirito d Dio e quello del maligno. Nel passato biblico (AT e NT) e nei Padri è un argomento intensamente trattato, forse con accenti poco soft, crudi. Ma questa è la realtà. Si è evangelicamente morali se si è combattenti vittoriosi. Gesù invia lo Spirito, il Paraclito, dice lui come uno che “dimostrerà la colpa del mondo, riguardo alla giustizia, alla giustizia e al giudizio” (Giov 16,8). Gesù stesso combatte con lo Spirito di Dio e vince lo spirito del male (cf Mt 12,22-32). Paolo vede l’esistenza del credente come pedana per il duello irriducibile tra lo Spirito e la carne (Rom 8), dando i segni, chiamati opere e frutti, in relazione alla natura dei due principi (Gal 5,16-26).

E’ lecito pensare che oggi fra molti cristiani vige il criterio delle briglie sciolte, senza più ascesi, precauzione, vigilanza? Almeno ricordiamo che il Paraclito su questo aspetto della nostra debolezza, almeno per coloro che vi si trovano dentro senza cercarla, assicura un coraggio vittorioso. Si pensi alla prova dei martiri![9]

* In secondo luogo, sempre nello statuto dello Spirito, va riconosciuta la ‘dimensione carismatica’ del soggetto morale, non nel senso di eventuali doni straordinari largiti ad alcuni ma per quella consegna di doni e di servizi dati a tutti dallo Spirito in quanto membri dell’unico corpo di Cristo (cf Rom 12; 1Cor 12; Ef 4).

Questo vuol dire che “ il dono specifico, che ho ricevuto dallo Spirito, non solo non mi contrappone agli altri, ma mi spinge a portare frutto per loro e, al tempo stesso, ad aprirmi la fiducia che i miei limiti vengono integrati dai doni propri dagli altri”. Questo porta a riconoscere la reciprocità e dunque la corresponsabilità nel fare il bene ed evitare il male. L'azione morale prova nel servire, donarsi, camminare insieme la maniera autentica del suo attuarsi. "Oggi non si può prescindere da una lettura critica delle tendenze deresponsabilizzanti presenti nella nostra cultura, che inducono a scaricarla sugli altri, a non esporsi, a cercare sicurezza nel ‘così fan tutti’” (cit. 145). Anche questo è un tratto che caratterizza l'atto morale compiuto nello Spirito.

* Che l’amore come agape sia il contrassegno proprio dello spirito Santo in noi è quanto mai affermato.

Deve essere l’amore secondo Gesù quantomeno orientato nella sua autenticità, ampiezza, stabilità, universalità. Ci limitiamo ad una citazione del Papa Benedetto da Deus caritas est: "lo Spirito Santo è la potenza interiore che armonizza il cuore dei fedeli col cuore di Cristo e li muove ad amare i fratelli come li ha amati Lui, quando si è curvato a lavare i piedi dei discepoli (cf Giov 13,1-13) e soprattutto quando ha donato la sua vita per tutti (cf Giov 13,1; 15,13)” (n. 19). Di quante espressioni e sfumature ha da essere questo amore come agape è ben noto. Ma forse, più che affermare genericamente (si deve amare, fare per amore..) è da specificare ancora nelle situazioni concrete della vita della persona, con sé e gli altri, in privato e in pubblico…[10]

* Questo ultimo avvertimento che entra nella sfera della coscienza richiama appunto una componente della morale nello Spirito Santo, già accennata, ma che merita un sia pur rapido approfondimento. Dire Spirito Santo vuol dire non una normativa celeste, una sorte di cartello di comandamenti come il decalogo, e per questo riconosciuta fortemente da Paolo come legge impossibile da osservare (cf Rom 7), ma vuol dire una relazione interpersonale decisiva che come tale tocca la coscienza, l’interiorità, l’ordine delle motivazioni, delle convinzioni, degli atteggiamenti, della condotta. Il che comporta che il cristiano fa il suo atto morale non partendo dalla norma, ma dalla persona, dal “ma io vi dico” al “fare questo o quello".[11] Questo non significa subordinare la verità alla coscienza, tanto meno creare scappatoie o ridimensionamenti interessati. La coscienza perde la sua dignità quando non è in ricerca leale e in accoglienza pronta della verità (cf Veritatis splendor, 54). Alla teologia morale è perciò richiesto un ulteriore lavoro: non può bastarle la corretta e fondata formulazione delle norme, ma deve preoccuparsi che essi siano significative, possono cioè essere praticamente riconosciuto dalle cui dalle coscienze nel valore che chiedono di attuare. Questa esigenza è maggiore oggi quando sono forti i condizionamenti e le manipolazioni, a cominciare da quelli mediatici.

La meta, verso cui tendere, è quella maturità che rende le persone capaci di discernimento in maniera da vivere evangelicamente la crescente complessità e il rapido cambiamento del nostro mondo. Un insegnamento morale che non promuova positivamente e non si ponga al servizio di una tale maturità difficilmente porterà frutto. Di qui di qui l'affermazione di Presbyterorum ordinis, 6: "è compito dei pastori che ciascuno dei fedeli sia condotto nello spirito Santo a sviluppare la propria vocazione personale secondo il Vangelo”. Ne deriva che “di ben poca utilità saranno le cerimonie più belle o le associazioni più fiorenti, se non sono volte ad educare gli uomini alla maturità cristiana “. Questo comporta la capacità di leggere le esigenze della realtà e la volontà di Dio negli avvenimenti stessi, siano esse di grande o di minore portata. [12]

*Basta un cenno tanto è evidente nella lettera ai Romani: "lo spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili (Rom 8,26). Questo contatto diretto con lo Spirito Santo porta alla preghiera come al respiro, di invocazione, di ringraziamento, di intercessione, e dunque all’Eucaristia, luogo sacramentale dell’azione dello Spirito, come anche alla confessione o penitenza, effuso dal Risorto proprio per questo: rendere morale, corrispondente al volere di Dio, ciò che non lo è o si è indebolito. Da questo punto di vista, la morale si nutre di spiritualità, come la spiritualità si invera nella buona pratica, l’esperienza mistica si radica sui comandamenti, e questi si aprono oltre il criterio del dovere minimo.

3.4. Vorrei concludere riprendendo quella difficoltà di fondo citata in apertura, secondo cui il dover essere dell’uomo, la legge morale il senso del bene e del male si ritiene da molti adeguatamente risolvibile con le sole risorse della ragione e dell’esperienza dell’uomo, in particolare stimolata e garantita e dal sapere scientifico teorico e pratico(tecnica). Una buona terapia del profondo - si pensa - è lo spirito che ci vuole per risolvere in bene ciò che è male, intesi piuttosto- bene e male- come gioco tra benessere e malessere. Qui sono necessarie delle distinzioni.

- Affermare che non vi è assolutamente bisogno dello Spirito di Dio che aiuti l’uomo a fare ciò che è bene, che basta l’uomo da solo con la sua inventiva, magari scientificamente collaudata, questo non si può accogliere non solo per ragioni teologiche, ma semplicemente umane, perché è chiusura delle domande ed aspirazioni dell’uomo nella sua globalità. E’ un errore di antropologia profonda o filosofica, è amputazione dell’umano.

- Riconoscere che già la riflessione razionale ci dice elementi di verità degni dell’uomo (valore della vita, fare ciò che è bene, rispettare diritti dell’uomo, quella che si chiama, pur con certa difficoltà, legge naturale…) significa che lo Spirito della creazione è già all’opera e dunque da seguire con onestà ed apertura almeno del desiderio di avere più luce (“segni dei tempi”).

- In terzo luogo il dono della fede che ritiene che lo Spirito di Gesù o Spirito Santo è condiviso dai suoi discepoli, i quanto figli adottivi grazie a questo Spirito, permette al cristiano di vivere la legge del bene (e superare il buio del male) in termini amplissimi, sconfinati, legge che abbraccia elementi razionali ed elementi rivelati secondo questa dinamica: entrato nel mistero di Dio con la fede, fa non solo parla, fa dal di dentro (con intenzione retta), fa per amore, fa senza confini, fa con la gioia della relazione filiale con il Padre mediante Gesù Cristo nello Spirito Santo.

 

NOTE

[1] L’azione dello Spirito Santo deriva dalla sua realtà personale divina e dalla sua relazione al Padre e al Figlio: egli infatti è l’Amore del Padre e del Figlio e comunica l’amore di Dio: è la vita di Dio e comunica la vita; è la forza e la potenza di Dio, la sua intelligenza, volontà e benevolenza e influenza profondamente la vita. Lo Spirito Santo è il collegamento di tutta l’opera di salvezza di Gesù e la nostra vita, lo SS è la vita di Gesù Cristo:è lui questa capacità, questa potenza divina che è entrata in stretta relazione con la mia persona

[2] Dallo Spirito Santo, l’amore vivificante e unificante, nasce, perché dove c'è l’ amore lì c'è la libertà. “Voi fratelli, siete stati chiamati a libertà… Seguì la scia guidare dallo spirito non siete più sotto la legge(Gal5,13.18).” Poiché la legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte” (Rom 8,2), in questa prospettiva anche i comandamenti vengono visti come strumenti di liberazione, e la legge come” legge della libertà” (Giac 1,25). La legge dello spirito che dona di evitare il male non tanto perché proibito, ma perché è male:” ora, scrive San Tommaso, è questo, appunto quanto opera lo spirito Santo, il quale perfeziona interiormente il nostro spirito comunicandogli un dinamismo(habitus) nuovo, sicché egli si astiene dal male per amore, come se glielo comandasse la legge divina; e in tal modo è libero, non nel senso che non è sottomesso alla legge divina, ma è libero perché il suo dinamismo interiore lo porta a fare ciò che la legge divina prescrive” (in 2Cor 3,17). Questa legge nuova non è altro che lo spirito Santo” (STh I-II, q.106, a.1c), lo spirito di verità (Gv 15,26) che porterà a una pienezza di verità (cf Giov 16,13) di quella verità che fa liberi (Gv 8, 32.36).” il cristiano, scriveva Lutero nel suo manifesto del 1520 e un uomo libero, padrone di tutto; non è assoggettato a nessuno. Il cristiano è un servo pieno di obbedienza; egli si sottomette a tutti” E’ questa la maturità cristiana: l’amore ci libera, la libertà di amare

[3] “La catechesi della ‘vita nuova’ (Rom 6,4)” dovrà essere innanzitutto una catechesi dello Spirito Santo, Maestro interiore della vita secondo Cristo, dolce ospite ed amico che ispira, conduce, corregge e fortifica questa vita” (CCC, 1697. Vedo due conseguenze in ordine alla formazione pastorale: far maturare nei cristiani che la nostra vita morale non è vita solitaria della coscienza, ma vita di convivenza nella coscienza con lo Spirito Santo; in secondo luogo occorre far maturare la convinzione che la visione morale cristiana concentrata di sua natura sulla prassi è preceduta e sostenuta da una preciso evento di cui fare memoria: lo Spirito che opera in nome di Gesù, lo Spirito di cui si parla è sempre Spirito di Gesù, del Gesù del Vangelo.

[4] Vi è l’opera di Gesù Cristo da considerare per comprendere il ruolo dello Spirito Santo, per cui la Pentecoste avviene dopo Pasqua e in ragione di essa., ma la Pasqua avviene grazie allo Spirito che sarà donato alla chiesa nella Pentecoste. La pneumatologia cristiana è cristocentrata. Come è vero che la persona di Cristo e la cristologia che la studia, è animata dallo Spirito Santo. Fuori di questa circolarità interagente si vaga nelle sabbie mobili di uno spiritualismo informe. E’ morale nello Spirito quella che si ispira a Gesù Cristo Signore. E d’altra parte Gesù Cristo dei vangeli non va inteso soltanto secondo il dato storico critico, secondo la lettera, ma appunto secondo lo Spirito, studiando Cristo nella sa vitalità, decisionalità, razionalità, coraggio, fedeltà.

[5] Agire nello Spirito Santo è apparso talora nella storia, tanto più spirituale quanto più fatto in stato estatico, emotivo, fuori di coscienza. Invece è proprio dell’agire di Dio nella storia sollecitare la persona umana, in una reciprocità di dono e di responsabilità e dunque in una coscienza tanto vigile e lucidamente aperta all’Oltre di sé. Negare o trascurare ciò è peccare contro lo Spirito Santo peccato unicamente non perdonabile poiché esso conduce a una impossibilità insuperabile, a causa del rifiuto della partecipazione all’opera da parte di Dio. Può avvenire che l’azione morale, magari formalmente benedetta, sia atea, areligiosa perché lo Sp sta fuori. O viceversa che laddove l’uomo anche non credente pone l’azione etica con sensibilità alla verità e al rispetto del prossimo ivi lo Spirito sta all’opera,” come il vento soffia dove vuole, così lo Spirito” (cf Giov 3,8).

[6] Ciò porta ad un criterio pratico importante: la presenza o meno dello spirito Santo non percepita per una mozione interiore, carismatica, diretta, ma piuttosto per gli effetti o frutti che produce. Come per il respiro, la sua bontà o meno dipende dalle condizioni di vita del soggetto. Lo spirito si fa pura mediazione, totale trasparenza, egli umilmente si nasconde dietro di noi, si identifica con la sua opera: “ Interroga il tuo cuore e se vi trovi la carità verso il fratello stai tranquillo. infatti non ci può essere l'amore senza lo spirito Santo”(Agostino in 1Jo 6,3,10).”Nessun può de Gesù Signore se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (1Cor 12,3) .

[7] L'istanza pneumatologica chiede oggi alla teologia morale di articolarsi evitando scelte metodologiche ed epistemologiche unidirezionali: sia quelle di tipo essenzialmente deduttiviste che fanno della vita e della storia solo il campo di applicazione dei principi; sia quelli di tipo induttivista pronte a trasformare immediatamente il prevalere sociologico in affermazione di valore. Lo Spirito esige che si proceda con una costante circolarità rendendo sicuro il discernimento del cammino mediante i doni e ministeri con cui arricchisce e rinnova la chiesa:” Il popolo di Dio mosso dalla fede per cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l'universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio” (GeS 11). (Majorano S., Spirito Santo e morale cristiana. Conclusioni, in Studia Moralia 36 (1998) 512.

[8] Cfr Majorano S., La teologia morale in prospettiva di spiritualità, in Lateranum 77(2011)n. 1, 135-155

[9] “Finché si è in cammino, l'esistenza cristiana è segnata dalla lotta tra la legge dello spirito e la legge della carne, tra la spinta alla comunione e il ripiegamento nella autosufficienza, e il morire al proprio io perdendo la vita e la volontà di affermazione e di potenza, tra l'esodo paziente da se verso la terra della libertà e l'esistenza faraonica, che spoglia e fa violenza” (F. Lambiasi).

[10] “Interroga il tuo cuore e se vi trovi la carità verso il fratello stai tranquillo. infatti non ci può essere l'amore senza lo spirito Santo” (Agostino in 1Jo 6,3,10)

[11] I fondamentali doveri di tutti gli esseri umani a cercare la verità, specialmente in ciò che riguarda Dio e la sua Chiesa e una volta conosciutala, abbracciarla e custodirla, sono doveri che ”toccano e vincolano la coscienza degli uomini (…dato) che la verità non si impone che in forza della stessa verità, la quale penetra nelle menti soavemente insieme con vigore”. Perciò "l'uomo coglie riconoscere gli imperativi della legge divina attraverso la sua coscienza, che egli è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività, per arrivare a Dio il suo fine” (DH 3).

[12] Majorano, a.c., 153-154.