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    Il punto di vista dei ragazzi



    (NPG 1993-07-82)


    Quali tempi e attività scandiscono la giornata di un preadolescente torinese? Come si muove sul territorio cittadino? Quali adulti si occupano di lui? Per rispondere a queste domande si è ascoltata direttamente la voce dei protagonisti dell'indagine, cioè i ragazzi. È stato sottoposto un questionario ad un campione di 1276 alunni delle scuole medie della città, in base all'estrazione a sorte di 23 istituti, uno per quartiere.
    Il questionario è stato distribuito in classe durante le ore di lezione. I ragazzi lo hanno compilato sotto la guida di un intervistatore. In generale le reazioni sono state positive; in alcuni casi, anzi, è stata manifestata una certa fierezza di «rappresentare» tutti i ragazzi della città. Solo tra i più grandi, nelle terze, qualcuno ha espresso atteggiamenti di scetticismo.
    Le risposte fornite ai questionari consentono di delineare un identikit dei preadolescenti torinesi. Tra i 1276 ragazzi del campione (53.1% maschi, 46.9% femmine), 292 sono figli unici, mentre 721 hanno un fratello e 211 ne hanno due.
    Nell'ambito familiare la principale figura adulta di riferimento è la madre. Confrontando alcuni dati riferiti ai genitori, il divario che ne risulta in termini di presenza e cura dei figli è notevole, e meriterebbe qualche riflessione. Al rientro da scuola, ad esempio, il 52.7% dei ragazzi trova a casa la madre, mentre solo nel 3.5% dei casi è presente il padre. Per quanto riguarda le attività del tempo libero, il 46% dei ragazzi viene accompagnato da un adulto, che per lo più è la madre.

    Quasi una strutturazione forzata del tempo di vita

    Per comprendere quanto gli accompagnamenti incidano sull'organizzazione del tempo familiare, e in particolare materno, occorre considerare uno dei principali tratti dell'identikit risultante dai questionari: al di fuori delle ore di scuola i preadolescenti torinesi vivono giornate intense, scandite da tempi e orari che le rendono molto simili a quelle degli adulti. L'85.2% del campione svolge attività organizzate; quasi tutti gli intervistati praticano una disciplina sportiva, oppure vanno all'oratorio e al catechismo.
    Dal momento che il 58.3% dei ragazzi frequenta due o tre attività alla settimana, e che i vari tipi di corso richiedono in genere una frequenza bisettimanale, resta davvero poco tempo libero da obblighi e impegni specifici.
    Soprattutto sembra difficile per un preadolescente torinese godere il tempo del gioco, senza limiti di orario prefissati né regole definite dagli adulti. Anche quando è in casa, meno del 15% dei ragazzi afferma di trascorrere il tempo giocando.
    Per quanto le giornate dei preadolescenti si possano ritenere eccessivamente intense e troppo rigidamente organizzate, rispetto alle esigenze proprie di questa età, bisogna anche tenere presente che i ragazzini considerano un gioco molte delle attività che svolgono.
    La maggior parte dei corsi pomeridiani possiedono una forte componente di gioco e di divertimento. A questo proposito si può notare che alla domanda «perché frequenti le attività?» il 57% dei ragazzi risponde semplicemente «perché mi piace».
    E i preadolescenti che non frequentano attività organizzate? Sono 189 sui 1276 del campione; molti di loro, appartenendo a classi a orario prolungato, hanno meno tempo per frequentare le attività, dal momento che escono da scuola alle 16.30. Il 35%, però, afferma che non ci sono attività che gli interessano, il 18% spiega di non avere tempo, mentre il 13.3% dice di non frequentare attività perché non era informato della loro esistenza. Una percentuale piccola, ma non irrilevante (6.7%) risponde che non è iscritto ad attività extra- scolastiche perché nessuno lo può accompagnare.

    Spazi, possibilità e limiti all'autonomia preadolescenziale

    Uno degli obiettivi della ricerca era di verificare, anche attraverso i questionari, il grado di autonomia negli spostamenti progressivamente raggiunto dai ragazzi. Le risposte indicano che la maggior parte dei preadolescenti va a scuola da sola. Il percorso tra casa e scuola presenta caratteristiche rassicuranti agli occhi dei genitori: ha precisi limiti spaziali e di tempo, ed è sottoposto ad un controllo da parte degli insegnanti. È una delle prime occasioni per sperimentare la propria capacità di spostarsi autonomamente, una sorta di prova su un percorso ripetuto quotidianamente, per imparare a muoversi su distanze più lunghe e percorsi meno noti.
    Più della metà dei ragazzi viene invece accompagnata alle attività. La possibilità di uscire da soli per motivi diversi dalla frequenza a scuola o alle attività segue una evidente evoluzione con la crescita dell'età. A 11 anni esce spesso da solo per «andare in giro» o a trovare gli amici il 24.3% dei ragazzi; a 14 anni questa percentuale sale al 53.6%.
    L'autonomia di movimento dipende dai permessi accordati dei genitori, ma anche dalla tranquillità con cui un ragazzo si sposta da solo nella città. Dalle risposte dei ragazzi che affermano di uscire solo accompagnati da una persona più grande, risultano dati interessanti, ma anche preoccupanti. Il 14.7% dei ragazzi, infatti, spiega di non uscire mai da solo perché «ha paura». Il territorio cittadino, dunque, viene vissuto come uno spazio ignoto, pieno di pericoli più o meno definiti, e, soprattutto, anonimo. Un rapporto di estraneità con il territorio è indicato anche dal fatto che il 32.2% dei ragazzi afferma che non esce da solo perché non saprebbe dove andare; a giudicare da queste risposte, la città sembra priva di punti di riferimento agli occhi dei ragazzi, sia come luoghi fisici che come presenza di persone significative. Il «non saper dove andare» indica comunque anche che a quest'età è ancora molto limitata la capacità di spostarsi per scelta autonoma, al di fuori delle decisioni dei genitori e dei percorsi d'obbligo (la scuola, i corsi, il catechismo, l'oratorio).

    I simboli di una autonomia ricercata

    Il processo di autonomia passa anche attraverso un responsabile uso del denaro.
    Il 49% dei ragazzi riceve dai genitori una paga regolare, che nella maggior parte dei casi non supera le 10.000 lire alla settimana.
    È curioso notare che l'atteggiamento nei confronti dei soldi va da un estremo ancora molto infantile ad un estremo opposto da piccoli serissimi risparmiatori su modello adulto. Infatti c'è chi afferma che vorrebbe una «paghetta» più elevata, e poi spiega che la userebbe per comprare patatine o merendine. D'altra parte tra i 626 ragazzi che percepiscono una paga regolare, 234 affermano di destinarla al risparmio. Dei 335 ragazzi che non ricevono soldi regolarmente, ma che li vorrebbero, 125 dichiarano di volerli risparmiare.
    Avendo chiesto ai ragazzi come spendono la paghetta, è stato possibile registrare alcune differenze di comportamento tra maschi e femmine I ragazzi spendono molto più delle coetanee per giocattoli, dischi, videogiochi. Per le ragazze le principali spese sono dirette all'abbigliamento, alla cancelleri e a fare regali. Per entrambi l'attenzione ai vestiti cresce con l'avanzare dell'età. La voce che in assoluto ha richiamato il maggior numero di risposte, sia dei maschi che delle femmine, riguarda l'acquisto di cibo.

    Le differenze tra i sessi

    Le differenze tra i sessi sono state una delle chiavi di lettura trasversali alle risposte del questionario. Un primo risultato interessante è che nella frequenza alle attività del tempo libero non ci sono differenze significative tra maschi e femmine Per quanto riguarda gli spostamenti, i maschi risultano più autonomi, ma anche in questo caso le differenze non sono di grande entità. Viene accompagnato a scuola, ad esempio, il 29,.8% delle ragazze intervistate, e il 25.3% dei ragazzi.
    Nell'accompagnamento alle attività la differenza è più elevata: non vengono mandate da sole il 59.6% delle femmine, rispetto al 51.9% dei maschi.
    È da notare invece che durante le vacanze estive il rapporto si inverte: il 25% delle ragazze, contro il 22% dei ragazzi, ha trascorso almeno una parte delle vacanze senza familiari adulti. Si può pensare che le femmine abbiano più margini di autonomia durante l'estate perché vengono mandate fuori città, quindi in luoghi che la famiglia considera sicuri.
    Le maggiori differenze tra i sessi si riscontrano nei comportamenti in casa. Quando sono a casa i ragazzi trascorrono molto più tempo a giocare, leggono più giornalini, qualche volta aiutano il padre, ma sembrano mantenere accuratamente le distanze dai lavori domestici: solo il 9.6% aiuta la madre, rispetto al 24.1% delle ragazze. Le femmine leggono più libri (17.4%, rispetto al 9% dei coetanei), e passano più tempo al telefono (telefonare di frequente è un'attività citata dal 13.4% delle femmine e dal 4.6% dei maschi). Nella vita di entrambi la musica occupa un posto rilevante; quando è in casa la ascolta il 45.5% delle preadolescenti e il 36.3% dei loro coetanei.
    Tutti citano la televisione come una delle occupazioni più frequenti, ma i maschi sembrano usarla più delle femmine: il 69% dice di guardare spesso la tv, contro il 53% delle coetanee. Comunque quasi il 40% del campione afferma di non stare davanti allo schermo per più di un'ora al giorno, mentre il 10% vi trascorre più di tre ore.

    Il ricupero del «personale» nel tempo delle vacanze

    Per provare a completare il quadro di attività e relazioni personali dei preadolescenti torinesi, sono state inserite nel questionario anche alcune domande che riguardano il fine settimana e le vacanze estive.
    Il 50% circa del tempo complessivo del weekend viene trascorso con la famiglia, in casa o fuori. In questo modo avviene una sorta di recupero del tempo che durante la settimana genitori e figli condividono scarsamente, spesso frettolosamente.
    D'estate i preadolescenti trascorrono lunghi periodi fuori Torino, nella maggior parte dei casi insieme ad almeno uno dei genitori; più del 60% degli intervistati è stato in vacanza fuori città per un periodo superiore a un mese, il 25% è stato fuori più di due mesi.
    Il 6.9% dei ragazzi intervistati è rimasto sempre a Torino durante l'estate precedente l'intervista. Prendendo in considerazione la professione dei genitori, non è emersa nessuna particolare differenza sociale tra il gruppo di ragazzi rimasti in città e quelli che hanno trascorso le vacanze altrove. Il fatto di non essere partiti non sembra essere vissuto come un elemento penalizzante rispetto ai coetanei; durante l'estate in città i ragazzi sperimentano una maggiore libertà di movimento, si riappropriano in parte di spazi fisici e di tempi che durante il periodo scolastico non possono vivere e apprezzare. Nelle risposte al questionario gli intervistati potevano segnalare più di una attività scelta in un elenco, in modo da offrire un'idea complessiva delle giornate estive trascorse a Torino. Per lo più (23.6% del campione) i ragazzini passano il tempo ai giardini o «in giro» con gli amici; il 22% fa gite di un giorno, il 20% trascorre del tempo in casa, il 13% va in piscina. Le attività dell'oratorio e del Comune sono frequentate rispettivamente dal 7.6% e dal 9% dei preadolescenti.

    UN BILANCIO E UNA LINEA DI PROGETTAZIONE

    Complessivamente le risposte al questionario confermano le indicazioni fornite dalla mappa delle risorse: a Torino ci sono numerose opportunità di tempo libero per i preadolescenti; la maggior parte dei ragazzi le frequenta e ne è soddisfatto.
    È stato chiesto ai ragazzi che cosa desidererebbero fare oltre alle attività che già frequentano. La rosa delle risposte riguarda soprattutto lo sport; i maggiori entusiasmi sono rivolti alla pallavolo, al tennis e al nuoto.
    Vale forse la pena di riflettere sul fatto che anche sul piano dei desideri i ragazzi si rifanno a ciò che già conoscono e praticano. In parte queste risposte possono essere state indotte dall'impostazione stessa del questionario, centrato sulla frequenza alle attività organizzate.
    Manca alla maggior parte dei preadolescenti l'esperienza concreta di un tempo fuori da scuola trascorso in modo diverso dai corsi organizzati, dagli spostamenti su percorsi obbligati con l'accompagnamento di un adulto.
    Si può parlare di una scarsa differenziazione delle opportunità per il tempo libero, mentre il gioco e la possibilità di muoversi senza presenze adulte sembrano non trovare posto.
    Le caratteristiche della città influiscono molto su questa organizzazione delle giornate: un territorio urbano che «fa paura», è «pericoloso», limita ovviamente le autonomie di movimento. Indagini compiute di recente in alcuni paesi della prima cintura torinese, ad esempio, mostrano che in questi centri di minori dimensioni i ragazzi si muovono più facilmente da soli: escono con i coetanei, vanno in bicicletta, ecc.
    Sembrerebbe importante da parte degli adulti educatori, e in particolare delle famiglie, ripensare il tempo dei preadolescenti e il tipo di opportunità a loro disposizione.
    Non si tratta di per sé di ampliare il numero delle proposte per ragazzi che già risultano impegnatissimi, che forse fanno troppo. Occorre invece una capacità di inserire le diverse proposte in veri e propri progetti educativi: attività diversificate, ma effettivamente utili a contribuire alla crescita e alla maturazione dei ragazzi, connesse fra loro da una stessa impostazione educativa. Le attività non come riempitivo di ore che la scuola non colma, ma come percorsi significativi di crescita.


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