Il fascino di Gesù
ai miei occhi
Anselm Grün

Icona di Filippo - Gesu


A conclusione di questa serie di immagini di Gesù vorrei esprimere il mio personale credo, dicendo che cosa mi affascina di Gesù. A questo proposito devo dire che la mia immagine di Gesù e il mio rapporto con lui è andato incontro, nel corso degli anni, a una evoluzione.
Quand'ero giovane, Gesù era per me soprattutto un modello, che mi ha entusiasmato, che mi ha spinto a lavorare su me stesso per poter diventare simile a lui. Da giovane, ho lottato contro i miei errori e le mie debolezze per seguire Gesù. Ai miei occhi incarnava soprattutto l'immagine dell'uomo buono, libero, autentico, che si pone a servizio degli altri.
Alla fine degli studi mi divenne familiare il Gesù della mistica. Leggevo soprattutto le parole di Gesù così com'erano riportate nel vangelo di Giovanni. Quello che mi affascinava di questo Gesù mistico era l'idea che Gesù dimorasse in me, il fatto che potessi, grazie a lui, scoprire la mia essenza originaria e autentica, che egli diventasse il mio vero Io, che Gesù mi pervadesse della vita di Dio e mi guidasse all'unità con quest'ultimo.
Negli ultimi anni, il mio rapporto con Gesù ha subito un'ulteriore evoluzione. Quello che maggiormente mi interessa oggi è scoprire come Gesù entra nel mio quotidiano e come posso, controllando i conflitti di ogni giorno, diventare sempre più simile a lui. Il mio credere o meno in Gesù non dipende dalla mia capacità di testimoniare la fede, di ripetere delle formulazioni teologiche, ma dall'atteggiamento che assumo di fronte ai conflitti e alle delusioni di tutti i giorni, di fronte all'incomprensione, alla solitudine, all'abbandono: o divento duro, cinico oppure, proprio quando nessuno sta dalla mia parte, quando tutti mi feriscono e mi offendono, mi lascio pervadere dallo Spirito di Gesù. In simili situazioni Gesù non è diventato duro. Anche di fronte agli attacchi dei suoi nemici non ha smesso di vivere della sorgente interiore che è l'amore. Persino in croce ha mantenuto il suo amore. Questa è, per me, una sfida a lasciarmi pervadere dallo spirito di Gesù nei conflitti e nelle controversie di tutti i giorni. Conosco la tentazione di diventare cinici, di indurire il proprio cuore per non essere feriti. Tuttavia è proprio quando sento crescere in me sentimenti amari e pieni di odio che devo trovare il coraggio di presentarli a Gesù. È in situazioni di questo tipo che si vede se seguo o meno Gesù, se mi arrocco nella mia amarezza oppure se lascio spazio nella mia vita alla mansuetudine e alla misericordia di Gesù. Allora ogni situazione quotidiana diventa una sfida ad accogliere seriamente Gesù nella mia vita e a seguirlo.
Nel mio cammino spirituale, Gesù mi protegge dall'illusione di aver già raggiunto la meta della serenità spirituale. Nel turbinio delle emozioni che nascono in me e che vorrebbero determinare il mio agire, ecco apparire Gesù per invitarmi a «rinnegare me stesso», a dire no al mio Ego e di conseguenza a crescere in una maggiore libertà. Gesù è per me la chiave che apre la porta sulla vita. Spalanca davanti a me la porta che devo varcare per respirare veramente il suo spirito ed essere pervaso del suo amore. E sento che si tratta di decidere ogni giorno se sbarrare la porta che conduce al mio intimo oppure aprire la porta per far entrare l'amore, la misericordia e la mitezza di Gesù. In questo consiste per me la sequela di Gesù.
Conosco i paroloni con i quali chi segue Cristo lascia da parte il suo Io per servire gli uomini in maniera disinteressata. Più invecchio, più divento critico nei confronti dei paroloni. So cosa significa la spiritualità nella vita di tutti i giorni. Di fronte a ogni conflitto, a ogni critica, a ogni delusione, a ogni offesa sono chiamato a decidere se voglio seguire il mio Ego offeso oppure Gesù, che mi eleva a un'altra dimensione, la dimensione di Dio. Il vangelo di Luca è diventato a questo proposito importante per me. Luca ha capito, grazie alla meditazione sulla vita di Gesù, «che è attraverso molte tribolazioni che dobbiamo entrare nel regno di Dio» (At 14,22). Il termine greco thlipsis significa: offesa, impedimento. È attraverso molti ostacoli interni ed esterni, attraverso l'essere messo «alle strette», come dice il mistico Giovanni Taulero, che il mio cammino procede verso il regno di Dio o dóxa theoù, «la gloria di Dio», la forma unica e gloriosa che Dio si è fatto di me. Lungo il cammino ci saranno molti ostacoli esterni che rovineranno questa immagine originaria che Dio ha di me. La lotta quotidiana farà sì che la figura di Gesù appaia sempre più chiaramente nel mio io.
Volendo riassumere la mia fede in Gesù, potrei dire: Gesù è per me colui che dà a Dio un volto umano. Se nel mio teorizzare Dio sembra scomparire, eccolo riapparire nuovamente in Gesù come Dio umano, come un Dio che mi viene incontro come «tu», come un Dio, che rialza dalla polvere, libera, salva, perdona, allarga gli orizzonti, dona libertà e amore. Gesù è colui che mi libera dalla mia ansia di raggiungere degli obiettivi spirituali. Nella croce Gesù «si è messo sulla strada» di tutte le idee umane di cammino spirituale. Ha anche cancellato le mie idee di Dio e di me stesso, per aprire il mio cuore al mistero della vita.
Gesù è per me l'annuncio che Dio mi accoglie senza condizioni. E Gesù si fa garante del fatto che l'amore scaccia qualsiasi paura. Gesù ha vissuto per me l'amore di Dio in modo così convincente, che io posso mettere da parte qualsiasi paura di essere colpevole, di essere rifiutato, di fallire, di essere abbandonato. Gesù è per me la Buona Novella diventata evidente: «Dio è amore e chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui. [...] Nell'amore non vi è timore; anzi il perfetto amore scaccia il timore» (1Gv 4,16.18). Gesù è per me l'amore di Dio fattosi uomo. Se questo amore pervade il mio essere, ecco che sono salvo e completo, salvato e liberato. È questa la speranza che riempie la mia anima. È questo il fondamento sul quale costruisco la mia vita. È questa la fede che alimenta la mia vita.

(Anselm Grün, Nuovi volti di Gesù, San Paolo 2003, pp.224.227)