Discepoli della bellezza /3
Maria Scalisi
(NPG 2010-04-40)
Siamo arrivati al terzo articolo e i discepli della Bellezza hanno ormai capito la necessità dell’esperienza intuitiva e preconcettuale della Bellezza, senza la quale la persona si ammalerebbe del non senso del vivere. Nei due articoli precedenti abbiamo descritto l’esigenza educativa e il bisogno di Bellezza che c’è nella nostra vita. Abbiamo anche detto che la Bellezza è per tutti e, in particolare, per gli educatori: addirittura per loro la parola d’ordine deve essere «Bellezza».
Educare alla Bellezza si può, anche utilizzando contenuti semplici. (come espresso nel racconto di Kahlil Gibran nel primo articolo; e poi l’arte, la seduzione, il fascino e la commozione che sa provocare una pittura o una scultura nel secondo articolo). Musica, pittura, scultura, poesia, canto, immagini, ecc... tutto può esserci di aiuto per educare ai valori esistenziali e morali sottesi alla Bellezza.
L’opera educativa, che continuiamo oggi a presentare per i discepoli della Bellezza, è dedicata alla poesia... in particolare ad una poesia dedicata alla Bellezza.
Ma perché i poeti? perché la poesia? Poeta è colui che è capace di tradurre il linguaggio del mondo visibile in quello dell’invisibile. La poesia, quando è specchio dell’armonia razionale dell’anima, comunica un sentimento di «gioia» e nello stesso tempo contribuisce alla nostra edificazione.
Un testo artistico deve infatti testimoniare l’ingegno morale dell’autore e deve, nel contempo, sollecitare la virtù dell’ascoltatore. La poesia è l’espressione del mondo, a volte intuito a volte vissuto, di chi scrive, ed è sempre una commozione che tende a rappresentare e a trasformare in immagini ciò che l’uomo pensa, desidera, ama, crede, purché siano situazioni universali.
Il concetto «universale» è quello il cui contenuto può essere «predicato» di molti termini presi nella loro singolarità, moltiplicandosi in essi; e il suo «contenuto» normalmente è anche il contenuto ontologico delle cose, per quanto in esse sia realizzato in modo diverso che nel pensiero, e quindi non astrattamente – cioè separatamente dagli altri loro caratteri – ma nella loro unità concreta.[1]
Tutto con la poesia si traduce in versi mostrando gioia, dolore, angoscia, ecc…
Il poeta Ugo Fasolo, in una sua poesia, dal titolo Date Bellezza, ci avverte con un monito tragico che la mancanza di Bellezza conduce l’uomo alla morte. Egli dice: «più del pane c’è bisogno di bellezza», poiché «il pane sazia i vostri ventri», ma «non placa l’angoscia d’essere e il pianto», e ammonisce i ricchi ad investire i loro capitali in bellezza; attraverso gli uomini che hanno «il dono della forma armoniosa» (cioè gli artisti), lancia l’invito a costruire «statue e templi», per «non morire in ansia di Bellezza». Il poeta ha nostalgia, malinconia, rimpianto, desiderio, struggimento al ricordo dei tempi passati, ma carichi di significato. Il poeta si accorge infine che anche il rapporto dell’uomo con Dio viene meno, si spegne, si nega senza Bellezza.
Date bellezza [2]
Date bellezza agli uomini che gridano
il pane e l’odio, cercate bellezza
per gli uomini affamati e d’occhi rossi
conturbati in disperazione,
irosi chiedono il pane poiché non lo sanno
di morire per fame di bellezza.
Il pane è della membra; il cibo uguale
agli uomini e alle bestie sazia i ventri
dentro annodati d’ombra. Ma chi placa
l’angoscia d’essere, il pianto del cuore,
e del passato e futuro ci accresce?
La rosa incurva i petali e splende;
e i poeti tutti, gli artisti e i musici,
a cui è dono la forma armoniosa,
sciolgano il torbido e inquieto sgomento
delle rovine e tornino alla gioia.
L’ansia dell’uomo che va sulla terra
non è di terra; anche amaro è l’amplesso
senza possesso di bellezza. E voi
che detenete potenza e danaro,
e coltivate terre e molte navi,
non dilatata solo nere fabbriche,
imbiancati ospedali o nuove macchine,
ma radunati gli uomini che sanno
le forme intende al ritmo dello spazio,
destate templi sopra le colline,
palazzi splendidi nel volto perpetuo
della bellezza. È il nostro canto d’uomini
e l’abbiamo rinnegato con Dio;
perciò moriamo in ansia di bellezza.
(Ugo Fasolo, da L’Isola assediata, Venezia 1957)
Questa poesia richiama l’educazione classica e la forma di bellezza che l’uomo dovrebbe rincorrere e riscoprire sempre, poiché l’incertezza del pensiero e dei costumi porta alla decomposizione degli spiriti, e l’allontanamento dalla Bellezza porta alla crisi interiore, alla perdita del senso e allo smarrimento, conseguenze dovute al distacco dalla «Forma» e dalle sue radici metafisiche. Prevale così nell’uomo di oggi il ritorno alla sua pura soggettività, diverse l’una dall’altra e in perenne conflitto sul senso e sull’essere. L’uomo in questa rivalità si perde, non riesce più a trovare il nesso logico con la verità, il pensiero estetico è passato dall’oblio all’abbandono.
L’educazione estetica deve essere la fonte primaria per il ricupero dell’essere; l’impegno di tutti può aiutarci a riscoprire la «forma bella» e farla ritornare agli antichi splendori. L’appello è per tutti i discepoli della Bellezza, un impegno arduo e faticoso, che può salvare l’uomo.
In effetti la mancanza di Bellezza mortifica l’essenza spirituale dell’uomo; senza la Bellezza non si realizza la sua ispirazione alla pienezza, non si colma la sete di Verità e di Assoluto. Gli interrogativi che l’uomo si pone dinanzi al dolore e alla morte, senza la bellezza si allontanano sempre di più dalla soluzione, che solo in Cristo trovano la meta finale. La Bellezza apre orizzonti di dialogo e di fede tra i popoli, perché anche in essa c’è il Bene oggettivo, valido per tutti.
La via della Bellezza, va ricercata e percorsa, poiché l’uomo è creatura di ricerca e di speranza e ha in sé la capacità intellettiva di interpretazione dei segni della realtà esperita; per questo dalla realtà visibile può passare all’invisibile.
Educare significa infatti accompagnare ciascun individuo lungo il percorso della vita e farlo diventare persona, cioè uomo o donna. Ed è doveroso educare l’intelligenza e il cuore per indirizzare il desiderio di ognuno verso la pienezza.
La Chiesa oggi ha un progetto umano e umanizzante ben preciso: educare ogni uomo alla Bellezza, ma ciò non potrà avvenire senza l’amorevole opera di educatori qualificati. Inoltre, per educare bisogna avere empatia per l’altro, amore per l’altro. L’amore per sua natura è apertura, relazione verso l’altro; occorre mostrare all’altro ciò che veramente vale. Per raggiungere questo traguardo è necessario aprire e fare aprire le porte della mente e del cuore alla Bellezza.
La poesia è uno dei gradini di quella lunga scala del processo educativo che ci siamo proposti di salire, anche se faticosamente, per raggiungere la vera Bellezza, quella Bellezza che ci rende liberi. La Bellezza ci fa scoprire di essere creature di un mondo bello.
Scrive Agostino d’Ippona che il mondo è un «gran libro»[3] aperto, adatto anche a chi non sa leggere né scrivere.
E Platone scrive nel Fedro che «la Bellezza è l’unica essenza ad essere visibile».[4]
Nel prossimo articolo ci soffermeremo sulla bellezza delle immagini del creato.
NOTE
[1] Cf Dizionario di filosofia, «Universale», a cura di W. Brugger, Marietti, Torino 1959, p. 581.
[2] Cf. S. Spartà, Poesia di ispirazione cristiana, Editrice Rogate, Roma 1996, p. 202-203.
[3] Cf Serm. 68,6: PLS 2,505, NBA XXX/I (51-85), 369. «Magnus liber».
[4] Cf Plat., Phaedr. 250 D-E, 119.