(NPG 85-7-24)
Il problema “sbocco” attraversa la vita di ogni gruppo. La sua soluzione, o la prospettiva verso cui si intende procedere, segna e condiziona in profondità la sua esistenza. Non è mai una faccenda privata, anche quando riguarda solo alcuni dei suoi membri.
Tutto il gruppo è chiamato perciò a verificare con attenzione i processi e le dinamiche che sono coinvolte in questo grosso nodo.
Il lungo articolo di R. Tonelli ha offerto una sua lettura dei fatti e una sua proposta di modelli educativi ed ecclesiali. È stata pensata a lungo, nel confronto ripetuto con giovani, educatori, esperti. È però un “modo” di vedere le cose: non è né l'unico né il migliore.
Per di più, fa una proposta generale, in cui i referenti obbligati dello “sbocco” (questo gruppo, i suoi membri, questa comunità ecclesiale, il territorio, il contesto sociale e culturale...) sono considerati in termini generali, sono “immaginati” quasi in una figura ideale.
Le cose proposte vanno verificate seriamente sul piano dei contenuti. E, anche se risultano condivise, vanno ripensate e concretizzate notevolmente sulla propria “misura” storica.
Per aiutare i gruppi in questa operazione importante e decisiva, suggeriamo alcuni “punti di verifica” da meditare e discutere in gruppo: chiariti progressivamente riandando alle pagine dell'articolo, possono dare ad esso un tono operativo e orientarlo verso modelli precisi e verificabili.
La funzione del gruppo
Prima di decidere “quale” sbocco, il gruppo è chiamato a verificare “chi” vuole essere, qual è la sua funzione rispetto ai membri, al territorio, alla comunità ecclesiale.
Questo è il problema più scottante, anche perché la sua soluzione non può mai essere data in termini assoluti e esclusivi.
Il gruppo ha un significato in sé oppure rappresenta solo un momento transitorio, in attesa di concludersi facendo rientrare i suoi membri nelle istituzioni tradizionali? Il gruppo rappresenta un “luogo caldo e accogliente”, alternativo a quello che si respira “fuori” oppure è una esperienza intensa e privilegiata, destinata a sostenere, incoraggiare, potenziare un più vasto servizio verso l'esterno?
Rispetto alla esperienza ecclesiale, quale funzione viene attribuita o riconosciuta al gruppo: è tutta la Chiesa, una sua espressione, o soltanto uno strumento propedeutico alle comunità attualmente esistenti?
Ci vuole uno sbocco?
Nell'articolo sono state suggerite motivazioni per sollecitare ogni gruppo verso uno sbocco. Queste motivazioni sembrano condivisibili oppure sono valutate non coerenti con gli orientamenti di fondo della vita di gruppo?
Quali motivazioni sembrano più corrette? Le motivazioni che spingono allo sbocco sembrano al contrario poco convincenti e il gruppo pensa di doversi consolidare progressivamente, superando così alla radice il problema dello sbocco.
È importante che il confronto sulle motivazioni non sia fatto in modo generico o in astratto. Vanno soppesate seriamente le difficoltà verso cui il gruppo andrà incontro nello sbocco.
In questo discorso è necessario distinguere bene i problemi personali da quelli del gruppo.
Nell'articolo si afferma la necessità di superare personalmente il tempo caldo e rassicurante del gruppo per decidere, presto o tardi, una presenza più intensa nella storia di tutti. Si parla cioè di un problema di sbocco a titolo personale.
Sí insiste però soprattutto sullo sbocco di gruppo, quello che coinvolge il gruppo in quanto organismo diverso dalla somma dei suoi. membri.
La distinzione porterà ad una doppia verifica: è previsto uno sbocco personale? è previsto uno sbocco di gruppo?
Quadri di riferimento
Nell'articolo sono suggeriti alcuni orientamenti antropologici ed ecclesiologici come “scelte di campo” verso una proposta di sbocco.
Ci vuol poco a constatare che non si tratta di proposte pacifiche: non sono sicuramente le uniche oggi presenti nella ecclesiologia, pratica o teorica, dei gruppi e dei movimenti ecclesiali.
D'altra parte, il discorso sullo sbocco porta subito ai temi di fondo: quale presenza da cristiani nella storia? Qual è il ruolo della comunità ecclesiale nell'impegno storico? Quale collaborazione è possibile tra cristiani e non cristiani?
Sono condivise le linee proposte nell'articolo? Quali alternative o correttivi sono proposti?
Ancora una volta, non basta fare una riflessione teorica e astratta, ma ci si deve concretamente misurare con le proprie situazioni.
Ipotesi di sbocco
L'articolo suggerisce una panoramica di “sbocchi” attuati dai gruppi e poi elabora una sua ipotesi.
Sui due temi il gruppo è chiamato a verificarsi.
Prima di tutto, è necessario valutare attentamente la rassegna di sbocchi praticati oggi dai gruppi. Quelli descritti sono tutti conosciuti? Ce ne sono altri interessanti da aggiungere? Il gruppo ha già un suo orientamento, implicito o esplicito, verso qualcuno di questi modelli?
Quali vantaggi intravvede e quali difficoltà può evidenziare?
In secondo luogo, a freddo (anticipando cioè il tema in un periodo in cui le cose sono ancora tutte centrate sul gruppo), è condivisa l'ipotesi ottimale di sbocco? Se sembra condivisa, quali concretizzazioni richiede, per essere trascritta nella situazione concreta del gruppo e del contesto in cui il gruppo opera?
Se non è condivisa, quali alternative sono proposte?
Vivere nello sbocco e per lo sbocco
Un tema molto ripetuto nell'articolo è l'invito ad anticipare nella vita del gruppo i tempi dello sbocco. Per arrivare maturi allo sbocco, bisogna vivere in gruppo già nella logica dello sbocco.
Il gruppo è d'accordo con questa raccomandazione? Cosa sta già facendo in questa logica (o eventualmente contro questa logica)?
E importante analizzare due ordini di dati. Prima di tutto vanno verificati i modi con cui il gruppo vive la sua vita interna e risolve i processi delle sue dinamiche. La cosa non è facile. Ma non ci sono alternative. Si studino, per esempio, i rapporti gruppo-persona, gruppo-altri gruppi, gruppo-istituzioni e territorio, i modelli di coesione in ordine alla pressione di conformità, la gestione del potere e la funzione affidata aì leaders.
Vanno poi analizzati a fondo i “contenuti” che il gruppo abitualmente fa girare nella sua vita e nelle sue decisioni. Ancora per fare solo degli esempi: il rapporto fede-quotidianità, il significato e il peso affidato alla “laicità” della vita, il riferimento alla comunità ecclesiale e aí suoi gesti e segni, la coscienza di missionarietà, la capacità di interiorità di gruppo e, attraverso il gruppo, dei suoi membri.
Un tema importante ìn questa prospettiva è determinato dal rapporto reale e ideale del gruppo con la comunità ecclesiale di cui è parte ed espressione.
Una programmazione per il tempo dello sbocco
Molte volte nell'articolo è stato ricordato che dire sbocco non significa dire che si chiude una esperienza senza nessuna previsione futura.
Al contrario, le ipotesi di sbocco suggerite prevedono tutte cose da fare: una continuità precisa e concreta.
Tutto questo richiede una saggia programmazione.
Il gruppo è chiamato ad assicurarla. Quando i suoi membri si ritroveranno, chiusa l'appartenenza diretta al gruppo? Con quali scadenze? Con quali obiettivi? Chi progetterà questi incontri? Sono previsti incontri in continuità con l'attuale vita di gruppo oppure sono preferite appartenenze nuove? Esiste già un elenco di queste possibili nuove appartenenze? Ci sono già contatti? Coloro che prima di noi sono passati per questo gruppo che fine hanno fatto? Possono rappresentare un modello per gli attuali membri del gruppo? Conviene incontrarli per sentire il loro parere?
Abbiamo fornito degli esempi di “verifica”. Sono tutti discutibili. Quello che ci sembra importante è invece l'intenzione con cui li abbiamo offerti: allargare nel gruppo la coscienza seria dello sbocco e permettere al gruppo di anticipare nell'oggi quello che è chiamato a vivere domani.
Questo è un fatto impegnativo: per non bruciare in un fuoco di paglia una esperienza che ha rappresentato per molti una alternativa affascinante.
La redazione ringrazia in anticipo tutti coloro che invieranno osservazioni e appunti relativi a questo argomento.