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    Solidarietà verso responsabilità



    Giannino Piana

    (NPG 1993-01-40)


    La dimensione sociale della carità ha trovato, nel nostro tempo, la sua espressione compiuta nella virtù della solidarietà. La crescente interdipendenza dei diversi settori della convivenza e dei diversi popoli della terra ha reso sempre più evidente la necessità di uscire da una concezione riduttiva della carità che aveva come campo di espressione le relazioni intersoggettive, per aprirsi ad una visione allargata di essa tendente a coinvolgere gli aspetti strutturali e ad estendere in senso universalistico il proprio raggio di influenza. La solidarietà interpreta in modo adeguato queste nuove dimensioni.
    L'emergenza di questa categoria non è tuttavia esente da rischi. La solidarietà è stata in passato al centro di aspre controversie nell'ambito della cultura laica. Respinta con forza dalle correnti liberiste, in nome di una presunta sacralità delle leggi economiche, la solidarietà era guardata con sospetto anche dai movimenti di ispirazione marxista, in quanto considerata come una forma di copertura dei conflitti sociali, una sorta di comodo alibi dietro cui trincerarsi per evitare di affrontare i nodi strutturali delle ingiustizie sociali.
    Anche all'interno dell'area cattolica il riferimento ad essa non ha sempre avuto un significato univoco. La solidarietà è stata infatti spesso confusa con una generica attenzione all'altro, con un atteggiamento pietistico, che si traduceva in gesti di elemosina individuale o di assistenza privata.
    La parabola di questo termine non è dunque lineare, e la sua attuale riproposizione non è esente dal pericolo di una mancata definizione dei suoi contorni storici. Nonostante una maggiore coscienza della sua valenza strutturale e politica, permane il rischio che si riduca la solidarietà ad una mera istanza emozionale o ad un principio astrattamente proclamato, ma in realtà destituito della capacità di far fronte alle complesse questioni poste dall'attuale congiuntura sociale.

    ECLISSI DELLA SOLIDARIETÀ NELLA SOCIETÀ COMPLESSA

    Ad accentuare tale rischio concorre, in misura determinante, la situazione di oggettiva flessione della solidarietà propria del nostro tempo. Si direbbe - paradossalmente - che l'insistito appello alla solidarietà è oggi inversamente proporzionale alla pratica reale di questo valore nella vita degli uomini, non esclusi gli stessi credenti.
    La crisi delle ideologie del cambiamento storico ha infatti determinato un forte ripiegamento dell'uomo su se stesso - sulla ricerca della propria identità e della propria autorealizzazione - con la conseguente vanificazione della tensione sociale e politica. La giustificata reazione nei confronti di un processo di socializzazione, che ha finito per penalizzare la persona attraverso l'espandersi di fenomeni di massificazione e di omologazione, si traduce di fatto in un'esasperata soggettivazione dei bisogni e dei comportamenti: soggettivazione che ha come esito l'affermarsi di tendenze privatistiche sempre più rimarcate.
    Questa cultura della soggettività selvaggia, che assume i connotati di rivolta del desiderio represso, è d'altronde favorita dalle profonde trasformazioni strutturali in atto. Il passaggio da una società rigidamente dicotomica, caratterizzata dalla contrapposizione delle classi, ad una società complessa, segnata pertanto dal moltiplicarsi delle appartenenze e dalla frammentazione dei vissuti, alimenta lo sviluppo di spinte corporative guidate dalla logica della ricerca del proprio interesse e dalla mancata apertura al bene collettivo. La dialettica pubblico-privato tende a trasformarsi in radicale opposizione, sia per la progressiva perdita di significato dei «mondi vitali» che per la pressione dell'innovazione tecnologica (in particolare dei processi di informatizzazione), che compromette la possibilità di rapporti umani immediati e significanti. La stessa odierna critica allo «stato sociale», pur essendo per alcuni aspetti motivata dalla legittima denuncia dei limiti connessi con la sua attuazione storica, nasconde spesso una chiara volontà di affermazione individuale e di esaltazione del «privato», con la compromissione delle categorie più deboli.

    Crisi dell'éthos, crisi della solidarietà

    Ma la ragione più profonda della crisi della solidarietà deve essere soprattutto ricercata sul terreno morale.
    La soggettivizzazione degli stili di vita e la parallela crescente convinzione dell'impossibilità di convergere su valori comuni e universalmente riconosciuti, dà luogo all'insorgenza di una costellazione di «sistemi di valore» sempre più differenziati, talora tra loro in opposizione e, in ogni caso, non comunicanti. Il che determina, ovviamente, gravi difficoltà in ordine all'elaborazione dei presupposti sui quali costruire la convivenza civile. L'assenza di punti di riferimento condivisi produce infatti la tendenza alla segmentazione e all'atomizzazione del tessuto sociale e spinge verso una concezione della «politica» come pura mediazione tra interessi individuali o corporativi, con il risultato di penalizzare le fasce meno garantite. Laddove non è chiaro il consenso su alcuni fondamentali diritti della persona e dei gruppi sociali - diritti che vanno assolutamente tutelati e promossi - si affermano (e non possono non affermarsi) forme di esercizio del potere fine a se stesso, guidate, in definitiva, da logiche autoritarie.
    Non è difficile intravvedere, d'altronde, alla radice dell'attuale impasse dell'etica, l'accentuarsi del fenomeno della secolarizzazione, che va assumendo nel nostro tempo connotati inediti e di grande portata per la vita quotidiana. Esso non è infatti più semplicemente circoscrivibile alla «crisi del sacro», ma coincide, più profondamente, con la crisi del fondamento e del senso; assume, in altre parole, una valenza etica, identificandosi con la perdita di significato di quelle radici ontologiche e storico-culturali, che costituivano il terreno vitale, l'humus all'interno del quale l'uomo veniva maturando la percezione e l'assimilazione dei valori.
    La tendenza ad assolutizzare il diritto soggettivo, letto nella prospettiva della soddisfazione del bisogno - spesso senza discernere tra bisogni veri e bisogni falsi, indotti dalla pressione della società consumista - e la maggiorazione del principio del piacere come criterio al quale ispirare il proprio comportamento, conducono ad una radicale negazione della solidarietà, alla perdita totale di qualsiasi forma di apertura al bene comune umano.

    UNA RIDEFINIZIONE DELLO STATUTO TEOLOGICO DELLA SOLIDARIETÀ

    Di fronte a questa situazione acquista enorme significato la ridefinizione di tale categoria, che occupa un posto di grande rilievo nella tradizione cristiana. È anzitutto importante sottolineare che la solidarietà si presenta, nel contesto della rivelazione, come un valore teologale prima ancora che come un'istanza etica. È come dire che lo statuto che lo qualifica è uno statuto discendente: il credente è cioè chiamato a vivere la solidarietà tra gli uomini perché fa esperienza di un Dio solidale.
    Tutta la storia della salvezza è segnata dalla progressiva manifestazione di questo volto di Dio, che assume la pienezza dei suoi lineamenti nella persona di Gesù di Nazareth. La chiamata alla vita dell'uomo, nel mistero della creazione, è finalizzata a fare di lui il partner dello stesso Creatore nell'esercizio della signoria sul mondo (Gen 2,15). In quanto «immagine di Dio» (Gen 1,26), l'uomo è l'interlocutore che Dio dà a se stesso, colui che - unico fra tutte le creature - è in grado di ascoltare Dio che parla e di rispondergli, di entrare in un rapporto interpersonale di comunicazione e di comunione. La solidarietà che si stabilisce tra Dio e l'uomo - solidarietà fondata sulla struttura costitutivamente relazionale dell'uomo (Gen 2,7) - non è dunque nel segno della pura dipendenza, ma della responsabilità e della collaborazione. Facendo esistere le cose ed affidandole all'uomo, Dio in un certo senso si ritrae dal mondo, rispettando fino in fondo la libertà umana. La comunione con Dio è perciò alla radice delle relazioni che l'uomo deve vivere con i suoi simili e con il mondo; è il fondamento e il modello di ogni altra forma di solidarietà.
    Il dono dell'alleanza, che subentra al dramma del peccato (Gen 3), rivela il senso profondo della solidarietà divina. L'alleanza ristabilisce la vicinanza di Dio all'uomo, ma ne evidenzia anche l'infinita distanza: il Dio lontano si è fatto vicino, ma il Dio vicino non cessa di essere un Dio lontano, altro, diverso, inaccessibile.
    L'uomo è chiamato a vivere alla presenza del suo Signore, ma deve, nello stesso tempo, riconoscerne l'assenza, impegnandosi a costruire la storia secondo il suo progetto. Il dono di Dio diventa per l'uomo un compito al quale non può sottrarsi; che anzi egli deve esercitare con piena responsabilità se intende essere fedele alla volontà divina.
    La solidarietà di Dio è offerta gratuita di una comunione da realizzare nell'ottica di un rapporto tra soggetti, nel segno cioè di una effettiva reciprocità.
    Ma la rivelazione definitiva di tale solidarietà prende forma nel mistero dell'incarnazione e della pasqua di Cristo. Condividendo la condizione umana, Dio rende trasparente l'amore che ha per l'uomo (Fil 2,6-8): un amore che lo conduce a donare la sua stessa vita per la sua piena liberazione (Gv 15,13).
    La solidarietà assume così i connotati della condivisione (essere-con) e del dono totale di sé (essere-per). Il Dio cristiano - come osserva D. Bonhoeffer - è il Dio povero, spogliato, impotente, ma è soprattutto il Dio essere-per-gli-altri.
    La povertà di Dio in Cristo non è fine a se stessa: è la suprema rivelazione dell'amore di Dio, di un Dio che è per definizione Amore e Dono. Il mistero di un Dio che vive in comunione di persone, le quali si costituiscono nella reciprocità del dono. Dio è Amore in quanto è Trinità ed è Trinità in quanto è Amore.
    La solidarietà, in quanto valore teologale, affonda dunque le sue radici nella stessa natura di Dio. È chiamata alla condivisione e al dono di sé, che ha il suo archetipo nel mistero trinitario, dove la comunione tra persone è il frutto di un dono reciproco ed assoluto. Il credente, che vive in se stesso l'esperienza dell'amore di Dio, è pertanto anzitutto impegnato a rendere trasparente nella vita quotidiana la logica di tale amore: «Amatevi come io vi ho amati» (Gv 13,34).

    La dimensione strutturale-politica della solidarietà

    La solidarietà si trasforma così in istanza etica, in impegno a trasferire nei rapporti con gli uomini il senso di tale esperienza. Essa, sotto questo profilo (considerata soprattutto nel quadro storico-sociale), si presenta come la sintesi di giustizia e di carità, la perfetta congiunzione dei due termini. L'attenzione all'altro implica infatti, in primo luogo, il riconoscimento dei suoi legittimi diritti e la creazione di condizioni, anche strutturali, per il loro pieno esercizio. Non si deve dimenticare - come purtroppo talora è avvenuto anche nella chiesa - che la prima forma di carità è l'attuazione della giustizia, cioè la lotta per la realizzazione di un mondo nel quale i diritti umani (dei singoli e dei popoli) vengono non solo astrattamente proclamati, ma resi concretamente vivibili.
    La solidarietà si identifica perciò anzitutto con l'impegno a denunciare le gravi «strutture di peccato», tuttora presenti nel nostro mondo, e a costruire nuove forme di convivenza civile, che rispettino la dignità di ogni uomo e lo mettano in grado di perseguire la propria liberazione.
    La crescente interdipendenza tra gli altri uomini e tra i popoli rende oggi più urgente il perseguimento di questa dimensione «politica», la cui assenza si trasformerebbe in una vera e propria fuga dalle responsabilità storiche. L'importanza che le istituzioni hanno assunto nel nostro tempo, in ordine alla mediazione dei rapporti interpersonali e sociali, e la valenza universalistica della vita, per l'intreccio complesso dei problemi che toccano la famiglia umana, costringono a porre in primo piano la questione del rinnovamento strutturale. L'esercizio della solidarietà passa attraverso l'azione responsabile nelle e sulle strutture, allo scopo di dar vita ad assetti sociali capaci di rispondere ai reali bisogni umani.
    Ma la solidarietà non può limitarsi al piano della giustizia. Essa la assume, ma al tempo stesso la trascende, in quanto introduce l'attenzione all'unicità della persona umana, all'irrepetibilità delle sue esigenze e alla singolarità della sua vocazione.
    La giustizia è, di sua natura, tendenzialmente oggettiva; tende cioè verso una perequazione dei diritti che, per quanto necessaria, non esaurisce tuttavia in se stessa la dinamica profonda del desiderio umano.
    Solo la carità, intesa come condivisione e dono di sé - fino al punto di rinunciare al proprio diritto - è in grado di dare pienezza di senso alla vita di relazione. Se la nostra società corre oggi, da un lato, il rischio che si smarriscano le istanze di giustizia, è, dall'altro, soggetta al pericolo che si presuma di tutto risolvere attraverso semplici riforme strutturali, che si rivelano, in ultima analisi, disumanizzanti.
    La solidarietà, in quanto integra in se stessa giustizia e carità, costituisce pertanto la strada da percorrere per attuare la mediazione tra istanze personali ed istanze sociali, tra rivendicazione dei diritti e coinvolgimento soggettivo, tra impegno a soddisfare il bisogno e assunzione del desiderio, al quale è possibile dare risposta soltanto nell'orizzonte di un'autentica reciprocità relazionale.

    PROBLEMI E SFIDE DALLA SITUAZIONE ODIERNA

    Risulterebbe tuttavia improduttiva una riflessione sulla solidarietà se non tendesse ad evidenziarne i concreti riflessi nel quadro dell'attuale contesto socio-culturale. Ci limitiamo qui a metterne in luce le possibili applicazioni in rapporto ad alcuni nodi problematici che caratterizzano la situazione contemporanea.

    Solidarietà ed uguaglianza

    La solidarietà si sviluppa anzitutto a partire dal riconoscimento della fondamentale uguaglianza fra gli uomini, cioè della pari dignità e del comune destino, ma insieme dal riconoscimento dell'alterità di ciascuna persona, perciò della sua unicità ed irrepetibilità. Il che comporta tanto il rifiuto di un'esasperata differenziazione, che ha come esito l'affermarsi di ingiuste sperequazioni, quanto di un ugualitarismo appiattente, che conduce a forme di massificazione alienante.
    Se è vero che gli anni '70 sono stati dominati, anche in Italia, dalla tentazione di cancellare la diversità, in nome di un ugualitarismo demagogico, non è meno vero che viviamo oggi una stagione segnata dal radicalizzarsi della differenza con il pericolo di penalizzare le fasce meno garantite della popolazione. La legittima rivendicazione dei diritti della professionalità e della responsabilità sociale si traduce talora in esaltazione della meritocrazia, dando luogo a forme di competitività e di rampantismo del tutto inaccettabili. La rivincita di tendenze neo-liberiste favorisce l'espandersi nel tessuto sociale di sacche di povertà e di marginalità, rese più stridenti dalla innovazione tecnologica. La critica allo «stato sociale» è spesso dettata da una volontà di privatizzazione selvaggia che finisce per determinare condizioni di profonda diseguaglianza.
    È doveroso reagire con coraggio a questo stato di cose, ripensando correttamente il rapporto uguaglianza-diversità, sulla base della tutela di alcuni fondamentali diritti di ogni cittadino. I diritti alla salute, alla casa, all'istruzione, alla sicurezza sociale sono diritti inalienabili che non possono essere conculcati, ma vanno promossi in termini sempre più allargati. Lo «stato sociale», lungi dal dover essere bandito, deve piuttosto ulteriormente espandersi, correggendone gli eventuali limiti assistenzialistici e gli aspetti di burocratizzazione e di spreco.
    Ma diventa soprattutto sempre più urgente ripensare, nel quadro dell'attuale complessità sociale, al rapporto pubblico-privato in una vera logica di solidarietà. Sotto questo profilo, grande interesse riveste il principio di «sussidiarietà», che è uno dei cardini della dottrina sociale della chiesa. Si tratta di inserirlo nell'orizzonte di una solidarietà allargata, che non annulla le differenze, ma le rispetta e le assume - sia come differenze individuali che di gruppo - e ne sollecita la convergenza verso obiettivi di bene collettivo raggiungibili soltanto attraverso la partecipazione di tutti e di ciascuno. Di qui la necessità di restituire effettiva possibilità di espressione ai «mondi vitali» - in primo luogo alla famiglia -, che presiedono ai processi della produzione del senso e nei quali hanno luogo le forme originarie di personalizzazione e di socializzazione. La contrapposizione tra «pubblico» e «privato» è spesso la risultante della mancata valorizzazione di questi momenti significativi della vita degli uomini: momenti che costituiscono la essenziale «cerniera» tra il recupero dell'identità e l'apertura sociale.

    Solidarietà ed efficienza

    La solidarietà sembra, di primo acchito, contrapporsi all'efficienza. Essa si costruisce infatti sulla base dell'impersonalità, mentre l'efficienza economico- produttiva appare incentrata su logiche oggettive e radicalmente impersonali. Se tuttavia l'economia è una scienza umana, essa non può prescindere dall'attenzione allo sviluppo complessivo dell'uomo e dell'umanità nel suo insieme. D'altra parte, a rendere più evidente questa esigenza, hanno concorso, in questi ultimi anni, importanti processi storici, che hanno messo profondamente in crisi le certezze assolute delle leggi economiche classiche. Il modello di sviluppo, al quale esse facevano riferimento, è oggi in grave difficoltà. La dinamica della massimizzazione del profitto e della produttività si basava infatti sulla presunzione di una naturale redistribuzione della ricchezza, nonché dell'esistenza di risorse indefinite e di un impatto ambientale capace di riassorbire gli effetti negativi in condizioni ragionevoli. L'accentuarsi del divario, soprattutto tra Nord e Sud del mondo ma anche all'interno delle stesse nazioni sviluppate - si pensi alle nuove povertà -, e la drammaticità della «questione ecologica» costringono a rivedere radicalmente i parametri ai quali si è fatto per molto tempo riferimento. Ciò che viene messo, in definitiva, sotto processo è il modello di sviluppo, incentrato esclusivamente sugli aspetti quantitativi, perciò disattento alle esigenze di perequazione distributiva dei beni e alla qualità della vita. Alla tradizionale estraneità, e persino opposizione, tra economia ed etica subentra la ricerca di punti di incontro e di convergenza in nome di un comune interesse - i costi ambientali ed occupazionali sono anche costi economici -, che può essere conseguito solo mediante il superamento della rigida legge del profitto aziendale, cioè attraverso l'acquisizione di una più ampia responsabilità sociale.
    La solidarietà assume, in questo contesto, il significato di criterio primario delle decisioni, di orizzonte complessivo entro il quale rivisitare la stessa efficienza economica, se si vuole che essa concorra allo sviluppo globale (anche, ma non solo, economico) della famiglia umana. Grande interesse rivestono, al riguardo, i tentativi messi in atto, in questi anni, di dar vita al sistema cooperativistico, il quale, non rinunciando al criterio dell'efficienza, si propone di attivare una gestione più personalizzata e più socializzata dell'economia, esercitando non soltanto una preziosa azione di supplenza nei confronti di alcune situazioni di disagio - si pensi alla disoccupazione e all'inoccupazione giovanile - ma aprendo piste feconde per una rinnovata concezione dell'attività economico-produttiva.

    Solidarietà e politica

    La solidarietà esige infine, per essere pienamente attuata, il farsi strada di una visione della «politica» come servizio alla collettività umana in una prospettiva vieppiù universalistica.
    Il che comporta non solo l'abbandono di logiche clientelari e di pura spartizione del potere ma, più radicalmente, la riacquisizione da parte della «politica» di un'istanza etica di liberazione, che la spinga a promuovere il bene di tutti, soprattutto dei più poveri.
    Ma comporta, nello stesso tempo, una rinnovata risignificazione della «politica» come momento di sintesi delle istanze emergenti dalla società, e soprattutto dai movimenti portatori di valori (femminismo, pace, ecologia, diritti umani, ecc.), canalizzandole in un progetto globale, capace di farsi interprete dei bisogni di tutti e di ciascuno.
    Si tratta, in altri termini, di ridefinire l'azione politica nel quadro della mediazione tra esigenze soggettive ed esigenze sociali, superando la frattura tra Stato e società civile.
    È allora indispensabile porre attenzione, accogliendo positivamente le domande che nascono dalla attuale complessità sociale, alla presenza di nuovi soggetti - si pensi ai gruppi di volontariato e alle associazioni per i diritti dei cittadini - che operano direttamente all'interno della realtà sociale. È, in altri termini, necessario risignificare l'azione politica, a partire dalla constatazione di un pluralismo di aree entro le quali si svolge - istituzioni tradizionali (partiti, sindacati, ecc.), istituzioni nate dal decentramento amministrativo (quartieri, scuola, USL, ecc.) e nuovi soggetti la cui aggregazione avviene in modo spontaneo ed informale - nel rispetto dell'autonomia di ciascuna, ma insieme offrendo momenti anche strutturali, di comunicazione per far maturare una progettualità più allargata e rispondente alle reali esigenze della collettività umana.
    La solidarietà è, a questo livello,. il frutto di una corretta mediazione istituzionale, che sappia efficacemente recepire e dare sbocco operativo alle provocazioni emergenti dal basso e alle nuove for me di presenza e di impegno, che si manifestano nell'ambito del tessuto sociale.

    Conclusione

    È evidente che quanto si è fin qui detto esige la creazione di condizioni per la crescita di una nuova cultura, che consenta di vincere la tendenza, purtroppo diffusa, all'individualismo e alla privatizzazione della vita: una cultura che alimenti la crescita di una coscienza relazionale, incentrata sui valori della gratuità e della condivisione, della comunione e della reciprocità. L'affermarsi della solidarietà nella nostra società è infatti senza dubbio legato alla costruzione di assetti strutturali più giusti, ma è soprattutto il frutto di un rinnovamento interiore, sviluppo di una coscienza della comune appartenenza e del comune destino, perciò del comune impegno a dar vita alla «civiltà dell'amore».

    (Da Cini Ch. - Martinelli A. (a cura), La dimensione sociale della carità, Roma 1991, pp. 179-189).


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