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    Gesù è risorto: viviamo da risorti



    A cura di Riccardo Tonelli

    (NPG 2009-04-11)


    IL TEMA

    Il viaggio che stiamo facendo assieme, sotto la guida di Paolo, sta portandoci a visitare tutti i temi dell’esistenza cristiana, come motivo di riflessione e come sollecitazione autorevole a riconsiderare la qualità della nostra esperienza e del nostro servizio pastorale.
    Quello che stiamo considerando in questo momento è però certamente il tema centrale. Lo è nella proposta di Paolo e, di conseguenza, lo deve diventare per la qualità della nostra vita e del nostro ministero. Ce lo ricordiamo all’inizio del percorso, per aiutarci a viverlo consapevoli di stare affrontando una questione fondamentale, lo snodo di tutta l’esistenza cristiana. Il contributo, molto ricco e impegnativo di Tarocchi, va quindi meditato con grande attenzione.
    Come guida e stimolo, desidero sottolineare tre indicazioni. Esse riguardano decisamente il nostro servizio pastorale:
    • Il vangelo di Paolo è proprio una grande insperata «bella notizia»: Gesù, il Crocifisso, è Risorto. Ha vinto la morte, a cui era stato ingiustamente condannato, ed è il Vivente, per la potenza di Dio, anche per tutti noi. Siamo testimoni e portatori di una «bella notizia». Riconoscenti a chi ce l’ha consegnata, ne avvertiamo la gioiosa responsabilità di continuare nel tempo a far risuonare questo annuncio.
    • La resurrezione di Gesù è il centro di un processo che va compreso, interiorizzato, vissuto e annunciato in tutto il suo sviluppo: solidarietà con noi nell’Incarnazione e nella vita quotidiana, accettazione della morte come gesto di amore liberatore, vittoria sulla morte per la potenza di Dio, presenza vittoriosa nella storia personale e sociale, riconsegna gloriosa di tutto al Padre alla conclusione della storia. Questo è il «mistero pasquale», centro dell’annuncio e della esperienza cristiana: non possiamo mai rassegnarci ad indebite riduzioni e tutta la proposta cristiana va armonizzata sull’insieme armonico di tutte le dimensioni del processo.
    • L’esperienza del mistero pasquale di Gesù parte da un «indicativo». Lì si fonda la bella notizia. L’annuncio è constatazione solenne che Gesù è Risorto e che anche noi siamo dei risorti in lui e per lui. Le molte impegnative raccomandazioni che riempiono il nostro ministero, scaturiscono da questa constatazione: siamo sollecitati a vivere quotidianamente da risorti. La dimensione etica della vita cristiana è la logica conseguenza del riconoscimento di questo evento, impensabile e sconvolgente.

    LA PROPOSTA

    Il contributo ci ricorda, ripetutamente, che l’annuncio del mistero pasquale di Gesù rappresenta il centro del vangelo di Paolo e, di conseguenza, del vangelo della comunità ecclesiale e della nostra esperienza cristiana. La lettura del contributo ci consegna tantissime preziose espressioni ricavate dai testi paolini, che possono fornirci una strumentazione comunicativa, adeguata e sapiente, per condividere anche oggi questa «bella notizia». Ne abbiamo bisogno, in una stagione pastorale come è quella che stiamo vivendo. Ci riporta all’essenziale, quello della prima ora dell’esistenza cristiana. E ci protegge dai rischi diffusi: l’inondazione di parole, di cui, spesso, constatiamo la terribile irrilevanza per lo scarto culturale oppure la moltiplicazione dei centri di riferimento dell’esistenza cristiana, sulla spinta del pluralismo e della frammentazione diffusa.
    Non c’è solo questo.
    Come ho appena ricordato, l’annuncio del mistero pasquale ricostruisce il percorso teologico della pastorale, ponendo veramente al centro la bella notizia della novità impensabile in cui siamo stati costituiti e restituiti. La giusta preoccupazione etica, con cui cerchiamo di reagire alla soggettivizzazione, scaturisce dalla proclamazione della novità: prima il fatto e poi l’impegno, personale e sociale, e non il contrario, come troppe volte capita nel nostro servizio pastorale. Il fatto «se Cristo è risorto, anche noi siamo dei risorti in lui» pone il fondamento «oggettivo». La «risposta» fa spazio alla libertà e responsabilità di ogni persona, disposta a misurare le sue decisioni e scelte su un evento, esigente, più inquietante di ogni norma.

    E OGGI?

    Pensando ancora al nostro servizio pastorale, due ulteriori indicazioni meritano attenzione. Le rilancio, pensando alle sfide di questo nostro tempo.
    Paolo fonda la certezza della resurrezione di Gesù sui «testimoni». Ricorda i testi delle Scritture che giustificano la proclamazione della sua fede pasquale, perché sa che per i suoi interlocutori sono documenti significativi. Ma insiste sulla forza dei fatti: le apparizioni e la vita dei cristiani che documentano la novità sperimentata.
    Oggi non possiamo produrre questi testimoni di prima mano, come poteva fare Paolo. Possiamo però mostrare con i fatti della nostra vita che il risorto sta cambiando le logiche delle storie, personali e sociali. I «santi» del ricco martirologio cristiano sono i testimoni del risorto. Siamo invitati a recuperarli… e soprattutto aggiornarli in contemporaneità, per mostrare che la bella notizia del Crocifisso risorto è l’evento centrale della storia.
    Un altro tema, profondamente legato al mistero pasquale, che l’autore del contributo ha sapientemente sviluppato, è quello della croce e, come dice lui stesso, del suo linguaggio.
    Anche a questo proposito, la pastorale deve veramente mettersi alla scuola del mistero pasquale. La croce – la sofferenza e la morte – sta di casa nella nostra vita. Non possiamo ignorarla e non serve tentare di esorcizzarla. Va compresa nella sua prospettiva pasquale e «posseduta» come dimensione irrinunciabile della bella notizia di Gesù.
    Parliamo però della sofferenza e della morte nella prospettiva della croce (per parlarne in autenticità) e dell’ottica della resurrezione: la morte non è mai l’ultima parola né tanto meno può diventare l’obiettivo, come purtroppo non pochi modelli di spiritualità hanno fatto. Il mistero pasquale ci consegna l’avventura del chicco di frumento che, sottoterra, muore, per diventare spiga per la vita di tutti.
    La morte è esperienza di solidarietà non solo nella condivisione (l’esperienza veramente comune), ma soprattutto nella funzione (un gesto supremo di amore per la vita di tutti). Nasce veramente una qualità coraggiosa di esistenza spirituale.

    UNA BUONA NOTIZIA

    La bella notizia, da far risuonare continuamente, ce la consegna Paolo stesso, con le parole che ha rivolto agli abitanti di Corinto: «Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto» (1 Cor 15,3-8).
    Di notizie che pretendono di essere «belle»… ne abbiamo ormai tutti la testa rintronata. Non possiamo quindi condannare a questo esito anche la più grande bella notizia della nostra storia… soprattutto se ci preoccupiamo di portarla a compimento: «Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna, infatti, che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti» (1 Cor 15,20-28).
    Le parole diventano «credibili» quando risuonano con forza e con continuità, nonostante tutte le esperienze contrarie. Soprattutto però lo sono se i fatti le verificano e le autenticano. I risorti parlano del Risorto nella qualità della loro vita: la nostra esistenza, nel ritmo normale della vita quotidiana, è la bella notizia della pasqua di Gesù.
    È triste constatare l’accusa – non infondata – che il volto e la prassi di troppi cristiani manifesta poco la novità della pasqua. Lo diceva una volta Nietzsche, e forse lo potrebbe ripetere anche oggi.

    DALLA PAROLA ALLA VITA

    La preghiera
    Prova a pregare, in uno spazio di silenzio e di interiorità pensosa, con le parole del grande inno cristologico di Filippesi 2, 8-11: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che sono stati di Gesù Cristo, il quale, benché fosse chiaramente Dio, non si fece forte dei suoi diritti divini. Anzi, rinuncio a tutto, assumendo l’aspetto di uno schiavo e, diventato uomo, abbassò se stesso e ubbidì fino a morire sulla croce come un criminale. Perciò Dio lo ha grandemente esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro, perché, udendo il nome di Gesù, ogni essere si inginocchi sia in cielo, sia sulla terra, che sotto la terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, per la gloria di Dio Padre».

    L’impegno
    Questo lo devi scegliere tu… con i tuoi amici… per verificare fino a che punto condividi veramente quello su cui abbiamo pensato.


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